CHI SONO I VERI TERRORISTI E PERCHE' UCCIDONO

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A CURA DI RESEAU VOLTAIRE

La paura che i crudeli attentati terroristici rischiano di generare non è di buon auspicio per un momento di riflessione. In passato, questo tipo di attentati hanno precipitato l’Europa nel lutto. E’ accaduto a Bologna (1980) e a Mosca nel 1999. In entrambi i casi le affermazioni sulla responsabilità degli attacchi erano false e le persone accusate non erano colpevoli. In questo tipo di indagini, tutte le ipotesi andrebbero analizzate in modo serio, anche quelle più incredibili come la “strategia della tensione”. L’esempio italiano evidenziò che fu lo stesso Stato italiano, appoggiato dalla NATO, a dirigere gli attacchi per creare attriti tra il popolo italiano e i comunisti. Oggi sarebbe inutile resuscitare lo spettro del “pericolo rosso”. Comunque, esiste il “pericolo islamico”. Fino ad oggi non c’è nulla che permetta di avallare questa pista.

L’11 marzo 2004 le bombe di Madrid erano appena esplose e già il Ministro dell’Interno spagnolo, ancor prima che partissero le indagini, faceva il nome del responsabile degli attentati: l’organizzazione indipendentista basca nota come ETA. Poche ore dopo, altre voci autorizzate accusavano Al Qaeda. Tutti i canali TV interruppero la normale programmazione per dare spazio agli attentati, traendo conclusioni che si fondavano su queste due ipotesi. In questo modo essi fecero il gioco della disinformazione, favorendo i veri mandanti che ci sono ancora oggi ignoti. Perché? Perché, perdendo il sangue freddo e la calma e lasciandosi sopraffare dalle emozioni, i media e i rappresentanti del governo ripeterono migliaia di accuse che non ci aiutano a capire cosa accadde a Madrid ma ci dicono molto sui pregiudizi di coloro che le fabbricarono.

Precedenti storici

Il ruolo di un giornalista dovrebbe essere, principalmente, quello di analizzare gli eventi utilizzando la propria logica, di studiare il “modus operandi” dei terroristi e i loro bersagli, di capire cosa c’è in gioco, chi trae vantaggio da questi crimini e cosa essi possono voler rappresentare. A questo scopo, un giornalista si serve di studi comparati dei precedenti storici. Ecco perché attribuire a un gruppo basco un’operazione di queste dimensioni, solo perché essa ha avuto luogo in Spagna, è una cosa sciocca e inaccettabile.

Eppure è proprio questo che dissero i più alti rappresentanti del partito di governo del presidente spagnolo Aznar. Dobbiamo ricordarci, prima di ogni altra cosa, che i più feroci attentati avvenuti in Europa negli ultimi 60 anni, come quello di Mosca (250 morti nel settembre 1999) e quello di Bologna, in Italia (85 morti nel 1980), furono erroneamente e frettolosamente attribuiti a rappresentanti dell’opposizione o a fanatici, nonostante tali attentati evidenziassero una logica predefinita: la “strategia della tensione”.

Finora niente indica che tale teoria possa applicarsi agli attentati di Madrid. Il problema non è quello di seguire questa ipotesi piuttosto che altre. Nessuna pista dovrebbe essere scartata, ed è questa la cosa più importante. Ma ricordare gli attentati che avvennero in Italia può aiutarci a capire qualcosa di più dei recenti eventi di Madrid.

Come negli attacchi di Madrid, il bersaglio della bomba che esplose il 2 agosto 1980 nella stazione di Bologna, era una linea ferroviaria. In quell’occasione l’attentato provocò 85 morti e 150 feriti. La bomba era stata lasciata in una sala d’aspetto di seconda classe. Era agosto e Bologna era un importante snodo del traffico ferroviario nazionale. L’obiettivo era quello di uccidere quanti più passeggeri possibile. Il bersaglio era la gente comune: Bologna era una roccaforte del Partito Comunista Italiano. A Madrid, i treni colpiti dagli attentati erano usati principalmente da una parte della classe lavoratrice delle periferie, che veniva dai quartieri operai. Erano loro il bersaglio degli attentati terroristici.

Nella loro indagine sull’attentato di Bologna, i magistrati italiani, che avevano una vasta esperienza in materia, avendo avuto a che fare per anni con la violenza e il terrorismo orchestrati in complicità con lo stato italiano, si orientarono ben presto sulla pista dell’estrema destra. Eppure i servizi segreti italiani, guidati dal generale Santovito [1], fecero tutto il possibile per depistare i giudici, fornendo loro informazioni false ed erronee. Secondo i magistrati, le cui affermazioni sono registrate negli archivi della Corte di Giustizia alla data 23 novembre 1995, “il SISMI ci inviò molte informazioni difficilmente verificabili, allo scopo di condurci su piste e/o investigazioni estenuanti e improduttive”.

La tragedia di Bologna fu il culmine di una lunga sequenza di attentati mortali che ebbero luogo in Italia nei primi anni ’70. Uno dei primi attentati avvenne a Milano il 12 dicembre 1969. Quel giorno, a Milano, alle 16.37, una bomba distrusse la sala della Banca dell’Agricoltura, uccidendo 16 persone e ferendone 88. Pochi minuti prima, un impiegato della Banca Commerciale Italiana aveva scoperto una valigia nera con dentro una bomba il cui sistema di detonazione non aveva funzionato. Venti minuti dopo, a Roma, una seconda esplosione avvenne nella Banca Nazionale del Lavoro, ferendo 16 persone. Alle 17.22 e alle 17.30 esplosero altre due bombe: una di fronte al Monumento ai Caduti a Roma e un’altra al Museo del Risorgimento in Piazza Venezia. Fortunatamente questa seconda ondata di attentati provocò solo quattro feriti.

Presunzione di colpevolezza

Questi attacchi sincronizzati furono opera dell’estrema sinistra, dell’estrema destra o di altri cospiratori? Gli investigatori incolparono immediatamente gli anarchici italiani delle quattro esplosioni. In un telex inviato dal Ministro degli Interni italiano, il 13 dicembre 1969, a tutte le polizie europee, le autorità italiane affermavano: “I nostri primi sospetti sono rivolti verso i circoli anarchici”. Nella foga degli eventi, la polizia frugò nelle sedi di tutte le organizzazioni di sinistra e anche in alcune di estrema destra, ma evitando le due più importanti: Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale. La stampa parlò di “un’incredibile campagna contro l’estrema sinistra” [2].

Le indagini furono molto rapide: circa una dozzina di anarchici, che erano membri dei circoli “Bakunin” e “22 Marzo”, vennero arrestati. La polizia disse che c’erano forti sospetti contro di loro. Il principale sospetto era Pietro Valpreda, anarchico e ballerino professionista. Alcuni suoi amici erano stati arrestati dopo gli attentati avvenuti a Milano il 25 aprile 1969 contro il padiglione Fiat della Fiera di Milano e contro l’Ufficio Cambi della Stazione Centrale. Miracolosamente saltò fuori un testimone che lo accusava: si trattava di Cornelio Rolandi, tassista, il quale confessò in seguito all’avvocato difensore di Valpreda che il capo della polizia di Milano gli aveva detto chi doveva indicare come colpevole. Membro del Partito Comunista Italiano, ma anche dell’MSI, un partito neofascista, Rolandi morì l’anno seguente di una “polmonite improvvisa senza febbre”, aggiungendo così il suo nome ad una lunga lista di morti sospette. Il presunto complice di Valpreda, Giuseppe Pinelli, un anarchico che lavorava come operaio delle ferrovie, fu gettato dalla finestra durante un interrogatorio. Questo drammatico episodio ispirò al premio Nobel Dario Fo la sua famosa opera Morte accidentale di un anarchico.

Le tracce portavano all’estrema destra e soprattutto all’Ufficio di Controspionaggio italiano (SID) e al coinvolgimento di Mario Merlino e Stefano Delle Chiaie, noti fascisti. Come scrisse Fréderic Laurent: “Il neofascismo è una realtà. Per coloro che lo hanno studiato si tratta di una realtà anche più preoccupante della fantomatica “internazionale del terrorismo”, che viene regolarmente dipinta da certi media come una terrificante minaccia con terrificanti prospettive, con i loro potenti capi che ne reggono le fila dalle tenebre, a Mosca, Tripoli o Pyongyang” [3].

La strategia della tensione

Vista a debita distanza, la fine della Seconda Guerra Mondiale sembra essere stata il vero principio di un uso massiccio del terrore da parte degli stati, allo scopo di destabilizzare i propri sistemi democratici e limitare le libertà individuali. Ecco perché “Lungi dall’essere un evento isolato, la strage di Bologna fu l’apice di un’offensiva di destabilizzazione pianificata portata avanti dal regime parlamentare italiano. Questa “strategia della tensione”, come la chiamò un giornalista dell’Observer, è esemplare perché, dal 1968, trasformò l’Italia in un vero e proprio laboratorio della sovversione di destra e perché rivela le tecniche utilizzate dall’estrema destra, i mezzi a sua disposizione e l’appoggio ricevuto da una parte dell’apparato statale” [4].

La “strategia della tensione” può essere definita come una campagna il cui obiettivo è provocare il crollo dell’ordine e della legge e, di conseguenza, generare una crisi della fiducia dei cittadini nel governo democraticamente eletto, creando così le condizioni necessarie perché forze militari o autoritarie assumano il potere. Essa genera anche la psicosi della sicurezza nella popolazione, in modo da spingerla a rivolgersi ad organizzazioni politiche sempre più autoritarie. In Italia, a causa degli attacchi terroristici e della violenza politica di gruppi di estrema sinistra e, soprattutto, di gruppi neofascisti che avevano l’appoggio delle autorità [5], venne adottata una serie di regolamenti legislativi e di polizia particolarmente lesivi della libertà personale.

E’ il caso della Legge Reale, approvata il 22 maggio 1975, che dava alla polizia il predominio sulla magistratura. La polizia veniva legittimata a svolgere indagini e ad arrestare qualunque sospetto senza l’autorizzazione del magistrato e gli interrogatori potevano essere condotti senza la presenza di un avvocato o di un rappresentante legale. Ciò in violazione dell’articolo 3 della Costituzione relativo all’uguaglianza di fronte alla legge [6]. Nel 1979 il decreto legge Cossiga estendeva la carcerazione preventiva ai casi collegati al terrorismo e autorizzava le intercettazioni. Simili regolamenti sono stati recuperati anche negli Stati Uniti e in molti paesi alleati dopo l’11 settembre 2001, con il Patriot Act americano e altre leggi anti-terrorismo approvate in Inghilterra, Germania e Canada. In Francia, dopo l’approvazione della Legge Perben II e il rafforzamento del Plan Vigipirate, la polizia è stata dotata di poteri eccezionali nell’ambito della lotta al terrorismo [7].

Mobilitare l’opinione pubblica contro un capro espiatorio

Se gli esecutori degli attentati italiani sono stati identificati e, qualche volta, condannati, ancora oggi ignoriamo i nomi dei loro mandanti. Al più, possiamo affermare che questa strategia è stata pianificata dai servizi segreti dell’Alleanza Atlantica, senza scartare la possibilità che i cervelli dietro l’operazione abbiano, in certi casi, perduto il controllo degli esecutori materiali, che erano in genere membri dell’estrema destra fascista, i quali venivano reclutati in questi ambienti operando poi di comune accordo con responsabili di alto livello dello Stato italiano. Per i servizi segreti della NATO e per i neofascisti, il popolo italiano non era consapevole del pericolo rosso ed era necessario farlo soffrire per mobilitarlo contro i comunisti, poiché, secondo loro, il popolo italiano era “incapace di percepire la realtà”.

Questo modo di pensare non è esclusivo dei servizi segreti atlantici. Gli attentati che ebbero luogo a Mosca nel 1999, quando Vladimir Putin prese il potere, furono attribuiti ai ceceni. In seguito, ufficiali dell’LSB (ex KGB, il servizio segreto sovietico) ammisero che si era trattato in realtà di un’operazione condotta da loro agenti allo scopo di fare pressione sul governo per riprendere la guerra, cosa che hanno ottenuto. Comunque, ciò che rende questo tipo di attentati diversi dagli altri, sta nel fatto che la loro priorità è di creare forti reazioni emotive allo scopo di mobilitare l’opinione pubblica contro un capro espiatorio.

Questi esempi ci incoraggiano ad essere cauti e prudenti prima di accusare qualcuno degli attentati di Madrid e anche nel valutare eventuali rivendicazioni.

* * *

[1]. Era salito ai vertici del SISMI grazie alla Loggia Massonica P2, di cui era membro. Nel 1982 fu rimosso dall’incarico a causa dello scandalo esploso in merito a tale associazione. Morì a Firenze nel 1984 in seguito a un’operazione, ma la sua morte viene considerata in realtà un omicidio camuffato dalla Commissione d’Indagine sulla P2.

[2]. The Black Orchestra, di Frédéric Laurent, Stock Publishing House, 1978

[3]. Idem.

[4]. Idem.

[5]. Sulla serie di attentati terroristici che sconvolsero il paese, attribuiti soprattutto all’estrema sinistra dell’epoca (Brigate Rosse, Anarchici e altri gruppi), un rapporto del Ministero dell’Interno del 1981 affermava che il 67,55% degli attentati avvenuti in Italia tra il 1969 e il 1980 potevano essere attribuiti all’estrema destra, il 26,5% all’estrema sinistra e il 5,95% ad altre organizzazioni.

[6]. “Justice of ‘Lead’ in ”, di Anne Schimel, Le Monde Diplomatique, Aprile 1998.

[7]. Per informazioni più dettagliate circa la legislazione adottata dopo l’11 settembre, si veda «Le Top 15 des États les plus liberticides» by Group of Unchanging Liberties (Human Rights Watch, Reporters sans frontier

Versione originale:

Fonte: http://www.voltairenet.org (articolo del 2005)

Versione italiana:

Fonte: http://blogghete.blog.dada.net
Link
02.08.2007

Traduzione italiana cura di GIANLUCA FREDA

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