In esclusiva per www.comedonchisciotte.org
DI CARLO BERTANI
carlobertani.blogspot.com/
In questo blog la moderazione dei commenti è effettuata in modo molto selettivo. Inutile protestare.
Si rinvia al post del 25 gennaio 2009: “Continuiamo con regole nuove”.
Al che, vado a leggere il post indicato, e che ci trovo?
Quindi d’ora in poi questo è un blog dove si possono inviare commenti ma sapendo che compariranno soltanto quelli che reputo interessanti a insindacabile mio giudizio. Secondo criteri “meritocratici”, tanto per essere coerenti con uno slogan sollevato in ambito scolastico. E chi non è d’accordo può sempre aprirsi un blog per conto suo (Petrolini docet).
In altre parole, il nostro vi dice: se scrivete cose che, in fin dei conti, concordino con le mie posizioni o, al più, non le disturbino troppo, sarete pubblicati. Altrimenti, ciccia: chi decide il merito? Lui.
Ovviamente, Giorgio Israel è padronissimo di fare sul suo blog quel che desidera – ci mancherebbe – ma questa non è la regola comune che la gran parte di chi scrive sul Web ha accettato: in pratica (io mi regolo così), si cancellano solo i commenti che contengono insulti, minacce, ecc e, se un commento ha poco senso, semplicemente lo si ignora. Tanto meno si esclude chi, argomentando e con educazione, critica le nostre posizioni: altrimenti, che senso avrebbe scrivere? Solo per farsi accarezzare?
Stanti i presupposti, il blog di Giorgio Israel non ha nessuna rilevanza nel panorama mediatico italiano, giacché è la proposizione in “salsa” Web dei metodi del suo datore di lavoro, Silvio Berlusconi, il quale non si preoccupa d’elargire panegirici senza contraddittorio, melensi sermoni in completo soliloquio e lungagnate senza che, nessuno, possa contraddirlo. Punto.
Ora, il nostro solerte censore, si preoccupa ed urla ai quattro venti d’esser stato oltraggiato da un commento comparso su un forum di Comedonchisciotte.org: commento che – ai più che frequentano il sito – probabilmente era sfuggito.
Risulta curioso ed ilare il mezzo utilizzato da Israel per urlare il proprio dolore: “Signora maestra, Pierino m’ha punzecchiato con la matita!”. Curioso perché dei commenti sono responsabili gli inserzionisti (facilmente identificabili) ed ilare perché le maestre sembrano proprio il bersaglio preferito di Israel e della sorellastra Gelmini, come vedremo in seguito.
Chi scrive sul Web è abituato alle persone maleducate e violente: già lo afferma l’amico (che saluto) Miguel Martinez – da se stesso definito “traduttore di manuali tecnici”, da me ritenuto ispirato scrittore – il quale, semplicemente, dichiara d’ignorarli.
Per pura conoscenza di Israel, riporto il testo di una e-mail giuntami dopo un articolo nel quale criticavo la politica israeliana per la guerra nel Libano:
“Si dovrebbe vergognare, lei , solo di pronunciare la parola “Pulizia Etnica”.
I suoi simili, con l’odio per ciò che è diverso da loro sono coloro i quali hanno condotto pulizie etniche Lei non è diverso da un SS, con le sue frasi che traboccano un impressionante odio antisemita! Lei non sa cosa è stata la SHOA e le persecuzioni razziali.
Il suo articolo è delirante! Affermare che Israele ha condotto una pulizia etnica in libano vuol dire affermare il falso, scientemente. Lei per suo fortuna, non sa neanche cosa voglia dire vivere nel terrore che i propri figli possano non far ritorno a casa perché qualcuno ha deciso di far saltare in aria il loro autobus, lei non sa neanche cosa voglia dire doversi nascondere dai missili, dopo che il proprio paese è stato aggredito e due dei suoi soldati rapiti.
Con questa lettera non intendo assolutamente far cambiare idea ad un essere spregevole come lei ma semplicemente ricordarle che nella storia dell’umanità in tanti hanno provato ad annientare il popolo ebraico e nessuno vi è mai riuscito, sono tutti scomparsi o morti prima! Amalech, gli egiziani, i papi, i mussulmani, l’inquisizione, hitler.
Continuare a proteggere quella parte dell’islam che ha intrapreso una guerra contro IL NOSTRO MONDO DEMOCRATICO E LIBERO è semplicemente una manifestazione della sua pochezza e poca intelligenza.
Le auguro di provare sulla sua pelle molto presto cosa voglia dire perdere un proprio caro in un attentato terroristico che verrà compiuto non dagli Israeliani da lei tanto odiati bensì da un integralista islamico…..ma probabilmente anche in quel caso accuserebbe il popolo ebraico della sua disgrazia.”
MArio Rossi
Walla! Mail
L’autore scriveva da un indirizzo relativo al sito riportato in nota [1], che fa capo alla nazione “più democratica” del Medio Oriente.
Questa è solo una delle tante e posso, all’occorrenza, spedire un CD con le nefandezze che ancora conservo: la maggior parte – come del resto afferma Martinez – è finita nel cestino.
Dunque…sarei un SS, un essere spregevole, un antisemita, poco intelligente…e si conclude con un bell’augurio di saltare per aria rivolto ai miei familiari. Che ne dice, Israel?
Come potrà costatare, la madre degli imbecilli è sempre incinta, sotto tutti i cieli.
Nulla da eccepire sul fraseggio e sui termini beceri rivolti ad Israel, Biagi e Brunetta: da tempo – e la dirigenza di Comedonchisciotte ben lo sa – mi batto perché tutti i commenti che contengono insulti siano eliminati. Mantenendo, ovviamente, la piena libertà di critica: in fin dei conti, però, pur usando un linguaggio che mai si dovrebbe usare, il senso di quel che s’andava dicendo (riguardo alle questioni del lavoro e del precariato, non certo per l’appartenenza religiosa) non è campato in aria.
Vorrei approfondire questo aspetto, poiché può diventare un terribile boomerang.
Come chi legge i miei articoli ben sa, spesso ci vado “giù pesante”: quante volte ho maltrattato Brunetta? Il problema non è farlo o non farlo, bensì attuarlo all’interno di canoni che non consentano all’avversario di fiatare: si può essere addirittura feroci nella critica, ma l’eleganza priva l’avversario dal poter aggrapparsi a qualsiasi appiglio.
Alcuni commentatori (una piccola minoranza, a dire il vero) invece, sembra che prima di scrivere non abbiano premuto sul pulsante “ON” del proprio cervello, tanto sono sguaiati e beceri nelle loro affermazioni, per nulla coerenti con le argomentazioni esposte: più volte ho pensato che commentino senza nemmeno leggere gli articoli. Ma c’è una seconda ipotesi.
Siano essi dei “Troll” oppure no, è troppo facile – protetti da un nick – lanciarsi nelle più becere e violente affermazioni, che servono proprio a screditare siti che possono dar fastidio ai poteri forti internazionali, alla Casta, ecc. Tanto, che si potrebbe tranquillamente ipotizzare che lo facciano su commissione.
L’intento di un “Troll” è proprio quello di privarci della possibilità d’esprimerci, a tutto vantaggio di chi ci opprime: perché lasciare loro questa possibilità? Ti piace insultare? Vai da un’altra parte.
L’esempio dell’antisemitismo è il più eclatante, poiché getta il sito in questione nelle fauci di chi ben sappiamo, ovvero di chi ha preparato questa trappola.
Questo comportamento, che potremmo definire ingenuo, lascia a personaggi come Israel, Stella e compagnia cantante la possibilità d’attaccare senza possibilità di replica e consente loro di nascondere ben altre magagne, che non c’entrano niente con le vicende storiche mentre, più prosaicamente, interessano molto da vicino la nostra vita di tutti i giorni. E, qui, hanno parecchie cose da nascondere: cosa c’è di più utile di un’accusa d’antisemitismo per coprire tutte le nefandezze del loro operato? Che sono molte, e che non c’esimeremo dall’approfondire.
Giorgio Israel è stato appellato, sulla stampa, come il “braccio destro” del Ministro Gelmini: non sapremmo tracciare con certezza i limiti del suo agire all’interno dell’Istruzione italiana, ma – vista l’importanza che il Ministro assegna al personaggio – dobbiamo concludere che le mani in pasta, per quanto riguarda le riforme in atto, le abbia, eccome.
Il nuovo sistema di reclutamento del personale scolastico, ad esempio, è stato ed è l’aspetto che più ha coinvolto Israel: ebbene, cosa afferma il Ministro al riguardo?
“L’avanzamento degli insegnanti non può essere solo basato sull’anzianità ma soprattutto sul merito, sugli obbiettivi raggiunti, sulla qualità dell’apprendimento. Questo passaggio necessita di una legge: mi sto prodigando – ha detto – perché il parlamento vari una legge trasversale, appoggiata dall’opposizione, che introduca il meccanismo della carriera e che preveda per il reclutamento veda una maggior autonomia delle scuole. Auspico che questa sia la legislatura in cui si addiviene a una soluzione stabile, non modificata al cambiare del governo” [2].
Il problema del merito, nella scuola, ma potremmo affermare nell’intera Pubblica Amministrazione, è – allo stesso tempo – un tormentone infinito ed un Cavallo di Troia.
Fu malamente affrontato da Berlinguer con il famoso “concorsone” – nel quale, mediante un concorso, si sarebbe stabilito chi fossero i meritevoli – ma quella forma era inadatta a fornire validi risultati, giacché le classi di concorso dei docenti (le materie che insegnano) sono moltissime, mentre erano previste soltanto due aree, umanistica e scientifica.
Inoltre, c’è un secondo problema: quali parametri scegliere per la valutazione? La conoscenza pura e semplice della disciplina? E’ raro, per non dire impossibile, che un insegnante vada in classe senza sapere cosa dovrà insegnare. La metodologia didattica, ovvero come insegnerà quelle cose? Le metodologie sono in simbiosi con la personalità del docente, che sceglierà quella più congegnale al proprio vissuto, carattere, ecc, e, in quel modo, offrirà il meglio di se stesso agli allievi.
Stabilire, per norma, una metodologia comune, quello sì che sa tanto di Minculpop o, addirittura, di Goebbels!
Il Cavallo di Troia che desiderano veicolare è invece quello che abbiamo evidenziato nella dichiarazione del Ministro: una maggior autonomia delle scuole. Perché?
Poiché – visto che è difficilissimo valutare il merito, sembrano affermare – allora tanto vale affidare il compito al Dirigente Scolastico. Tutti potranno rendersi conto di quanto questa scelta sia non solo fuorviante, bensì pericolosa: anzitutto, qualsiasi Dirigente Scolastico rileverà il merito secondo canoni del tutto personali, quando non – addirittura – clientelari. Non nascondiamoci dietro ad un dito.
Inoltre, una simile scelta – senza nessun contrappeso, visto che la Gelmini non ama molto le organizzazioni dei lavoratori – scatenerebbe una bagarre senza fine di veleni, accuse e ritorsioni: già qualcosa del genere avviene con la bella trovata di considerare la scuola come un’azienda (si parte da Bassanini in poi…), figuriamoci con un Dux che tutto decide!
Il tutto, poi, è un trastullo del nulla: si potrà obiettare che non sempre l’anzianità di servizio è coerente con una migliore efficienza nell’operare, però qualcosa significa. Visto che valutare il merito – a meno di farlo in cattiva fede, come sopra riportato – è impossibile, teniamoci un parametro che, almeno, ha coerenza. L’esperienza, di certo aiuta: altrimenti, perché Israel sostiene la necessità di un “apprendistato” in compresenza per i nuovi docenti? Se il docente anziano non fosse più esperto – e quindi più meritevole – la procedura non avrebbe senso.
La soluzione del problema è semplice: stabilito il personale necessario per la scuola (tratto dal numero di pensionamenti, ecc) c’è una via che ha funzionato per decenni a meraviglia: i concorsi! Lo Stato, anno per anno, assume per concorso secondo le necessità. In questo modo, il precariato sarebbe ridotto al minimo, com’era un tempo: perché Israel deve farfugliare una valanga di sofismi al riguardo? Per due motivi.
Il primo è che lo Stato deve risparmiare quasi 8 miliardi sulla scuola per “coprire” il “buco” lasciato dall’abolizione dell’ICI per i redditi elevati (per i redditi più bassi, già l’aveva abolita Prodi): insomma, per il gran cementiere di Arcore e per i suoi compari.
ll secondo, perché il precariato è in simbiosi con la controriforma delle pensioni di quel bel “farinello” di Damiano: se farete 12 anni da precario, ai fini previdenziali ne saranno conteggiati solo 9 (assunti a Settembre, licenziati a Giugno), cosicché non riuscirete mai a mettere insieme 37-40 anni di contributi!
In questo modo, vi toccherà lavorare fin quasi alla morte, e con i vostri contributi potranno pagare le sontuose pensioni del ceto politico e le succose “collaborazioni” come quella di Israel. Crediamo bene che il nostro emetta continuamente cortine fumogene!
L’impostazione di Israel è quindi la vecchia ed arcinota concezione gerarchica della società: una ristretta cerchia di “eletti” deve avere il potere d’imporre, proprio perché tali sono.
La vera ragione che è alla base di questa impostazione, deriva proprio da una diversa concezione della società, ed è questo il punto saliente. Per meglio comprenderlo, voglio accennare ad un intervento di Israel nella trasmissione “Otto e mezzo” del 8 Giugno 2008, visibile dal collegamento riportato in nota [3].
Israel porta l’esempio di una maestra elementare la quale, dovendo insegnare ai bambini le divisioni, propone un esercizio così fatto: dovendo dividere 300 per 15, li invita a disegnare 15 alberelli, sui quali dovranno apporre – in egual numero per ciascun albero – le 300 lampadine.
La madre di un allievo (docente di Matematica) protestò, affermando che la Matematica è nata proprio per velocizzare queste operazioni, e quindi non perdersi nelle lungaggini degli alberelli e delle lampadine: Israel, sposa la tesi della madre.
Questa posizione di Israel ci consente d’approfondire meglio il personaggio.
E’ ovvio che una semplice divisione ci toglie dalle angustie degli alberi e delle lampadine ma – stupisce che Israel non se ne renda conto! Uno che si picca d’essere consulente del Ministro! – il bambino non sa cosa sia quella “divisione”! In altre parole, l’esercizio grafico proposto è proprio il “percorso” che conduce a legare l’aspetto visivo (grafico) con quello concettuale (la divisione).
Fra l’altro, Israel non propone nulla d’alternativo: io non sono un maestro però, da quanto m’hanno raccontato maestre con grande esperienza, sfido chiunque ad entrare in un’aula elementare ed a scrivere sulla lavagna 300 : 15 =. Ne ricaverebbe solo visi silenti e nasi all’insù.
Come tutte le teorizzazioni – ed anche una semplice operazione aritmetica lo è – c’è bisogno di comprendere prima il fenomeno che le genera. Si potrà obiettare che esistono persone che meglio comprendono per semplice esposizione di concetti, mentre relegano l’esempio a semplice “verifica”, ed è senz’altro vero, ma le tipologie umane – nell’approccio alla conoscenza – sono più sfumate.
A questo punto, se volessimo seguire Israel, dovremmo iniziare a parlare di didattica, magari di maieutica, di metodi deduttivi ed induttivi, per finire con Russell e Popper. Invece, desideriamo che tutti comprendano le ragioni del contendere, ed useremo quindi un linguaggio semplice, comprensibile anche a chi non è addentro ai problemi della scuola.
Come ricordavamo, c’è chi preferisce l’esposizione di un concetto e relega l’esempio alla sola dimostrazione pratica della teo
rizzazione: altri, invece, partono dall’osservazione della realtà proprio per giungere ad una teorizzazione.
Sono due aspetti relativi alla personalità, che giustamente sono stati dibattuti dalla filosofia e dalla psicologia, ma che rimangono – per quanto riguarda l’apprendere – soltanto due diverse vie.
Gli insegnanti ben conoscono il problema e, senza porsi soverchi problemi, utilizzano entrambi i metodi secondo l’uditorio. Quella maestra, quindi, riteneva che l’approccio più adatto per quella scolaresca fosse partire dalla grafica.
La critica portata da Israel, dunque, supera il problema affermando che uno solo dei due metodi è accettabile e degno d’essere usato: guarda a caso, quello che privilegia la sola esposizione teorica e che non considera “degne” le altre vie. Perché?
Poiché Israel è un fautore del “merito” – e, nella sua accezione più ampia, tutti lo siamo – ma misura il merito adoperando metodi che sono soltanto una parte di quelli potenzialmente usabili: secondo Israel, gli allievi che non riuscivano a comprendere di getto il concetto di divisione, non avevano diritto alla più lunga “via grafica”.
Tutto ciò ha un solo significato: chi ci arriva ci arriva (secondo metodologie decise precedentemente, qui sta l’inganno, che è coerente con la decisione d’applicare il “merito” ai commenti del suo blog) e per gli altri…ciccia!
Ora, uscendo dalla scuola e dall’esempio proposto, non scorgiamo che tutta la compagine di governo, compreso il gran capoccia – e, Israel, essendo il “braccio destro” della Gelmini, non può nascondersi dietro ad un filo – si nutre proprio di questi concetti?
Ho ascoltato solo io, durante un dibattito elettorale fra Romano Prodi e Silvio Berlusconi, nel 2006, affermare da quest’ultimo che “la sinistra desidererebbe che il figlio dell’operaio abbia gli stessi diritti di quello dell’imprenditore”? In quel momento, per chi non lo sapesse, Silvio Berlusconi attentò pubblicamente e gravemente alla Costituzione Repubblicana. E proprio qui è il punto.
Tornando al quesito posto prima dell’esempio delle lampadine: cosa ci distingue, partendo da diverse concezioni della società?
Le tipologie umane sono tantissime, diversissime e variegate, e qui non ci piove.
Possiamo quindi raffigurare graficamente (ah, qui, Israel già lancerà anatemi!) la società umana come una sfera – che, guarda a caso, è l’icona del Pianeta – nella quale giacciono culture attigue e più simili, insieme a culture più distanti e, quindi, con maggiori differenze. Oppure, applicare il modello della curva di Gauss, nel quale – in ogni modo – la diversità è rappresentata.
Entrambi i modelli (od altri), non negando ma accettando la diversità, sono di facile comprensione ma di non facile gestione: in altre parole, se si accetta la diversità (nella scuola, nel lavoro, nei rapporti internazionali, ecc) è gran fatica riuscire ad ottenere buoni risultati. Ci vogliono pazienza e metodo, riflessione ed analisi, tempo e disponibilità: è fatica, ma osserviamo, oggi, cosa significa non aver compreso l’Afghanistan, solo morti da piangere.
L’altra concezione della società, invece, proprio perché spaventata dalla complessità del vivere umano, non considera le differenze come ricchezza (nonostante la scienza, per il patrimonio genetico che si ritrae con l’estinzione di molte specie, c’avverta del pericolo) e finisce, con una semplificazione gordiana, per negarle.
Da questa negazione, che deriva dallo spavento, a fronte dell’immensità e della complessità del Cosmo, nascono culture improntate dalla gerarchia: la ferrea gerarchia diventa l’antidoto per “semplificare” fenomeni complessi, con accenni stocastici al loro interno, e tutto dovrebbe risolvere. L’incedere dell’attuale governo ne è intriso: tutti “semplificano”, ed il Paese va a ramengo.
Peccato che la gerarchia sia soltanto una sovrapposizione al reale il quale, in ogni modo, vince sempre. Esempio: dopo tanti anni trascorsi ad imporre la nostra gerarchia occidentale al mondo musulmano, dobbiamo arrenderci, a meno di riportare a casa ogni mese i nostri ragazzi nei sacchi di plastica.
Ecco, dove la gerarchia fallisce: sui monti afgani, nella scuola che vorrebbe occuparsi del solo 10% dei “migliori”, nella competizione forsennata del lavoro considerato come una corsa ad ostacoli, nei modelli prefigurati che il campione della mistificazione mediatica (e gran capoccia di Israel) – altro che Goebbels! – impone fraudolentemente e sprezzantemente, fregandosene della legalità (e Europa 7?) e mettendola sotto i piedi.
Perché? Ovvio: noi occupiamo il segmento più elevato della gerarchia, e siamo quindi autorizzati ad agire come desideriamo (Unti dal Signore, ecc).
Questa impostazione, lascia dietro di sé moltitudini di morti e di visi senza espressione, poiché privati della qualifica di civis, ossia della pienezza dei propri diritti. Cosa racconta la Storia, in merito?
La fine e l’inizio, la discriminante storica fra gli assolutismi e l’età relativista (tuttora in corso), può essere collocata nel Novecento, a ragione considerato come uno dei secoli più “densi” della Storia.
Non a caso, segmenti apparentemente distanti per cultura, oggi si saldano in un comune attacco al relativismo: la Chiesa di Ratzinger, i neocon statunitensi, l’attuale governo italiano, settori della finanza internazionale, ecc. Alcuni preferiscono riunirli in universali denominati “Illuminati” o cose del genere, ma poco importa.
Ciò che è interessante notare è che queste elite, ai vertici della piramide gerarchica, appartengono alla medesima visione: un diritto (non più divino!) mi consente di regnare, e questo mi è concesso perché gli altri – le formichine – non saprebbero farlo.
Ovviamente, finché si arrogheranno questo diritto, per le formichine non ci sarà mai speranza né la possibilità della prova.
Sappiamo quanto spregio essi abbiano per i comuni mezzi della democrazia: le macchinette elettorali di Bush, i trucchi mediatici di Berlusconi, le protervie finanziarie delle grandi banche internazionali, le menzogne di un giornalismo asservito ed ammutolito, ecc. Ovvio: siamo in alto – pensano – è nostro diritto.
Il desiderio, nemmeno poi così nascosto, è di ripercorrere – all’opposto – il cammino che fu intrapreso dal pensiero illuminista, poiché la ragione illuminista – che ha poi trionfato nel Novecento – ha lasciato una scia di sangue, e questo è innegabile. Ma, le scie di sangue – nella Storia – sono, purtroppo, l’evento più frequente.
Pur ammettendo le difficoltà insite nel relativismo, il fallimento del loro tipo di pensiero è nei fatti, sotto gli occhi di tutti: il sistema gerarchico vagheggiato da questa sorta di zotico neoplatonismo è un mondo violento come non mai, nel quale l’avversario può essere incenerito da un missile sparato da un robot volante, attivato da qualcuno che ha premuto un pulsante da un altro continente.
E’ questo il mondo che desideriamo?
Qui, signori miei – poche balle – ci si divide: c’è chi ritiene che un bambino nato nel Darfur ed uno nato nella Grande Mela debbano avere uguali diritti e possibilità, come in qualsiasi altra parte del mondo. Accezione puramente ideale? Certo: sorretta, però, dall’Habeas Corpus, dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e dalla carta fondante delle Nazioni Unite. Che non sono proprio, nella Storia, barzellette della Settimana Enigmistica.
Coloro i quali, invece, ritengono che un afgano abbia meno diritti di un indiano, che un moldavo abbia meno diritti di un francese e che un israeliano ne abbia di più o di meno di un palestinese, s’accomodino dall’altra parte: hanno il completo diritto di farlo, basta essere chiari!
Le accezioni “meritocratiche” di Israel sono legate – uso la semplice logica aristotelica – al governo per il quale lavora, che si diceva “amicissimo” di George W. Bush, il quale era l’esponente di
spicco (perché Presidente) dei neocon americani [4], i quali s’erano formati sotto la guida di Leo Strauss, colui ch’era giunto alla fondazione Rockefeller di New York, nel 1937, con una borsa di studio caldeggiata, per lui, da Hjalmar Schacht, il Ministro dell’Economia di Hitler, processato a Norimberga ed assolto, con alcuni dubbi, dalla Corte.
Comprendiamo il disgusto che potrà provare Israel, ma il sillogismo proposto ha basi storiche inoppugnabili, e ci limitiamo nell’esposizione per semplici ragioni di spazio: forse, prima di conferire ad altri la “patente” di “figliocci” di Goebbels, bisognerebbe guardare in casa propria.
Carlo Bertani
Fonte: http://carlobertani.blogspot.com/
Link: http://carlobertani.blogspot.com/2009/09/chi-e-nipotino-di-goebbels.html
28.09.2009
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[1]
[2] Fonte: agenzia ASCA 10/9/2009 http://www.asca.it/news-SCUOLA__GELMINI__CARRIERA_INSEGNANTI_DOVRA__BASARSI_SU_MERITO-858017-ORA-.html
[3] Vedi: http://www.la7.it/approfondimento/dettaglio.asp?prop=ottoemezzo&video=13725
[4] Lo storico Gordon S. Wood considera l’impatto di Strauss sulla vita intellettuale americana come il “più ampio movimento accademico del XX secolo”. Gli straussiani hanno elaborato e continuano ad elaborare le dottrine di punta del movimento neoconservatore americano. http://it.wikipedia.org/wiki/Leo_Strauss
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