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DI MASSIMO FINI
Il Gazzettino

Che penosa rappresentazione di sè – l’ennesima – ha dato mercoledì il Parlamento. Si sono visti noti guerrafondai votare contro la missione in Afghanistan – perché di questo si trattava – e pacifisti a tutto tondo costretti quasi con la forza o con l’intimidazione a votare a favore se non volevano fare la fine di quel Ferdinando Rossi che, essendosi comportato secondo le proprie convinzioni, si è beccato dello “stronzo”, del “pezzo di merda”, del “figlio di puttana”, Mi scuso con i lettori, ma questo è il linguaggio dei nostri parlamentari quando c’è di mezzo il potere. Perché mercoledì al Senato non ci si è mossi, dall’una e dall’altra parte, per i principi o per gli interessi nazionali o per quelli dei cittadini, ma per il potere, per mantenerlo o riconquistarlo.

Io penso che una questione come quella dell’Afghanistan meriterebbe un comportamento un po’ più serio e un’analisi nel merito. Il 20 febbraio il liberale Piero Ostellino in un articolo significativamente intitolato “La seconda guerra dell’Afghanistan” (in riferimento a quella che gli afghani combatterono per dieci anni, e vinsero, contro l’invasore sovietico) scriveva: “Fra due mesi in Afghanistan ci sarà probabilmente una guerra. Non una guerra asimmetrica fra una forza convenzionale e una guerriglia clandestina. Ma una guerra tradizionale fra due eserciti. Da una parte le truppe dei talebani… dall’altra quelle della Nato”. Quindi in Afghanistan c’è stata, c’è e ci sarà una guerra. Che sia “asimmetrica” o convenzionale poco cambia, perché sempre guerra è. Nessuno può spacciare la presenza della Nato in quel Paese come una “missione di pace”. Nè come lotta al terrorismo. Per la ragione, minore, che i Talebani non sono terroristi. Perché non lo sono gli afghani. Il terrorismo è estraneo alla loro cultura guerriera. Non c’era un solo afghano nei commandos che abbatterono le Torri Gemelle. Non è mai stato trovato un afghano nelle cellule, vere o presunte, di Al Qaeda. Gli afghani non sono arabi, sono afghani, un antico popolo tradizionale. E per la ragione, maggiore, che quando c’è una guerriglia di decine di migliaia di uomini, appoggiati da una parte consistente della popolazione, contro un esercito occupante questo non è terrorismo, ma una lotta di liberazione, anche se può concretarsi in atti di terrorismo (comunque assai rari in Afghanistan) come fu per la Resistenza italiana.

Dunque in Afghanistan c’è una guerra. Io ho scritto un libro che si intitola “Elogio della guerra”. Non sono un pacifista, non sono a priori contrario alla guerra. Sono contro questa guerra. Proterva, perché vuole sostituire una storia afghana con una storia occidentale. Vigliacca, perché noi combattiamo con elicotteri corazzati, con aerei che bombardano da diecimila metri di altezza e addirittura con aerei senza piloti (i Predator e i Dardo) teleguidati da migliaia di chilometri di distanza, uomini che si battono, con grandissimo coraggio, con dei fucili, dei mitra, delle armi convenzionali. Ma queste sono considerazioni mie che riguardano l’estetica – che però è anche un’etica – della guerra. Ma non è una mia considerazione che la Costituzione italiana, all’articolo 11, recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. In Afghanistan noi non ci stiamo difendendo da nulla, stiamo facendo la guerra ai Talebani che saranno anche “brutti, sporchi e cattivi”, ma non costituiscono una minaccia per l’Italia e per l’Occidente, a meno che avere leggi, costumi, tradizioni, concezioni diverse dalle nostre non sia già, di per sè, una minaccia. Che il liberale Ostellino consideri carta straccia i principi fondanti di una Costituzione liberale è cosa che riguarda solo lui. Ma che il governo, il Parlamento e il Presidente della Repubblica, che ne è il supremo custode, considerino la Costituzione liberal-democratica carta straccia è una questione un po’ più seria. E allora ditecelo una volta per tutte che la Costituzione non vale nulla, che i “sacri principi” non contano nulla, che son solo, come scriveva Hans Kelsen (che non è un estremista talebano, ma un giurista liberale), “fictio iuris”, fumo gettato negli occhi dei cittadini per ingannarli e piegarli al comodo dei propri interessi di bottega.

Massimo Fini (http://www.massimofini.it)
Fonte: http://gazzettino.quinordest.it
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23.02.2007

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