FONTE: ILRIBELLE.COM
Un nostro lettore ha commentato l’articolo “IN ARRIVO IL DEF. DEF COME DEFICIT (MASCHERATO)” pubblicato come apertura nell’edizione odierna.
Ecco il commento:
Non serve votare.
Non serve manifestare. Qual è l’unico modo per sottrarci ai dettami della Troika?
Pensandoci bene, l’unico modo è non pagare più le tasse. È del tutto sensata la mia protesta?Simone Revello
Il tema, siamo convinti, è interessante sotto molti aspetti. Naturalmente è larga opinione della redazione (se non proprio al completo…) così come di Massimo Fini stesso che di questo giornale è fondatore, l’assoluta ininfluenza del voto all’interno di questo sistema pseudo-democratico e parlamentare.
La conferma si manifesta dopo ogni tornata elettorale, del resto. Ammesso che si sia onesti nel vederla. E anche nel caso recente, in cui si è presentata alle urne una forza politica davvero nuova rispetto al panorama conosciuto, al momento i risultati ottenuti sono assai più deludenti rispetto a quanto in molti, tra i suoi elettori, potevano immaginare.
Stiamo parlando del MoVimento 5 Stelle, come si sarà capito. Ovviamente non è ancora possibile tracciare un giudizio definitivo, ma anche solo raccontando i fatti di cronaca parlamentare così come abbiamo fatto sinora, e analizzando i vari aspetti di questo partito con una profondità che non ci sembra di aver rilevato altrove, pensiamo che sia difficile sostenere il contrario. Come i lettori avranno notato, non abbiamo neanche commentato, sino a ora, la querelle attuale, tutta interna al partito di Grillo, in merito alle imbarazzanti diatribe che riguardano la diaria parlamentare dei grillini: c’è chi ne vuole restituire un tot, chi un tot meno qualcosa, chi tenta rocamboleschi computi per definirne modalità e merito. Insomma una cosa avvilente.
In quanto all’efficacia di manifestare, altro tema del commento, siamo parimenti d’accordo proprio per l’evidenza dei fatti. Sia in Italia sia in tutta Europa. Basta guardare il caso Grecia, dove praticamente c’è una manifestazione permanente e anche cruenta, del tutto comprensibile, e verificare che non sta servendo assolutamente a nulla.
Ci vuole la violenza, dunque? La risposta è nei libri di Storia. Il dato di fatto è che quando le condizioni di vita della maggior parte dei cittadini diventano insostenibili, la frustrazione tende a sfociare in reazioni aggressive. Di un tipo o dell’altro. Dal dilagare della delinquenza, che in fondo è una violenza autodistruttiva, alle rivolte contro il potere costituito. La gamma di queste sollevazioni è però assai ampia, a seconda del numero di persone che vengono coinvolte attivamente e, soprattutto, dell’esistenza o meno di una strategia prettamente politica: sintetizzando, la scala va dai tumulti alle insurrezioni e infine, se la repressione non basta a stroncare la rabbia e il processo arriva a compimento, alla rivoluzione che abbatte il regime precedente e lo sostituisce con uno nuovo.
Contro un sistema violento come quello che sta dominando l’Europa, tanto da passare letteralmente sulla vita di intere popolazioni, non è che si possa pensare di opporsi solo con striscioni colorati e sit-in. Ma allo stesso tempo è irrealistico pensare a uno scontro diretto, anche se in quel caso, quando i tempi dovessero diventare ancora più oscuri e gli animi infuocati dal furore di chi ha perso le speranze in un futuro almeno accettabile, tutto dipenderà da come si comporteranno le forze dell’ordine e l’esercito. Cioè se a quel punto difenderanno gli aguzzini, anche di loro stessi, oppure se realmente decideranno di “servire” il popolo del quale fanno parte schierandosi come sarebbe giusto: contro chi ci ha portato a questo stato. Ma questo è, evidentemente, un altro discorso. Al momento c’è solo la dissidenza, come sappiamo. Quella teorica, che consiste innanzitutto nel rigettare le logiche del produci-consuma-crepa, e quella pratica, che sfrutta ogni opportunità di vivere in maniere diverse e che può spingersi alla disubbidienza civile. Non certo lo scontro in campo aperto, che come abbiamo già chiarito altre volte serve solo a farsi criminalizzare. E figuriamoci una manifestazione con a capo i sindacati…
Dunque come sottrarsi? Basta non pagare le tasse, come si chiede il nostro lettore?
No, non basta. E non perché si tratta di una boutade da rigurgiti leghisti, quanto perché, se l’obiettivo è la troika, così come si legge in questo commento, è evidente che uno sciopero fiscale degli italiani non le apporterebbe altro che un vantaggio.
Esempio pratico: gli italiani non pagano le tasse, dunque il nostro sistema fiscale va ulteriormente a picco, ergo si impone a chi li governa, gli italiani, di svendere a più non posso il patrimonio pubblico. Aziende strategiche, territori, impianti e tutto il resto.
Dal che si ritornerebbe da capo. O non penseremo mica che la nostra classe dirigente sia in grado di gridare nein alla troika, vero?
Anche a livello personale, del resto, il fatto di non pagare le tasse è cosa già molto diffusa, nel nostro Paese, e non ci pare si sia arrivati a qualche soluzione positiva di sorta. Tranne, ovviamente, quella del tutto privata, e del tutto egoistica, di chi riesce a evadere le imposte e a non farsi beccare. Di norma, a chi non paga i tributi pignorano i beni. Dunque si dovrebbe non avere beni. E trovare occupazione e lavoro totalmente in nero. Ed evitare di tenere i propri soldi in banca.
Questo, naturalmente, sino al momento in cui non si inventeranno qualcosa, per i privati, simile a quanto avviene per le aziende e le partite Iva: una sorta di “fallimento individuale”. Situazione della quale ci si potrebbe anche infischiare, beninteso. A meno che il legislatore, a un certo punto, non decida di alzare il tiro e di introdurre un altro genere di sanzioni: dalla detenzione per debiti a una sorta di “lavori forzati”.
Siamo al centro di un triangolo che ha ai suoi estremi il ridicolo, la fantascienza, e l’ironico, come si vede. Eppure potremmo non esserci allontanati troppo dalla realtà che ci attende. Siamo nel campo delle ipotesi, anzi quasi in quello delle profezie. Professione che lasciamo fare ad altri.
Tornando al tema del “che fare?”, che ovviamente non può essere esaurito in un commento sommario come questo ma che invece si snoda e si completa ogni giorno di più nei contenuti del nostro archivio che conta ormai qualche decina di migliaia di articoli, quello che sosteniamo – che possiamo sostenere – non è molto diverso da ciò che scriviamo spesso e che si potrà facilmente intuire.
Sopra ogni altra cosa serve battersi per convincere le persone a capire che serve un pensiero, e una forza politica che ne incarni le istanze, del tutto differenti da quelli attualmente in circolazione. Se non si interviene sulle coscienze, e dunque sulle convinzioni delle persone, è impossibile che si possa diffondere anche solo la consapevolezza della necessità di una “idea” alternativa di mondo, di economia, di cittadinanza, di lavoro, di vita.
Parliamo dunque di un intervento metapolitico, se non si fosse capito. Oggi è impossibile che possa nascere, nel breve termine, una forza politica tanto strutturata e tanto forte da raccogliere un consenso così largo da poter incidere – almeno – sulle decisioni interne dello Stato, in una direzione opposta a quella attuale. Emergesse, una forza del genere, e andasse al governo, tanto per iniziare dovrebbe mandare al diavolo la finanza, i mercati e la troika. E senza restituire il becco d’un quattrino del debito inesigibile col quale ci stanno tenendo la corda al collo. Con le conseguenze del caso, naturalmente. Sociali ed economiche, visto che saremmo isolati dal “resto del mondo”.
Ma ci permettiamo una obiezione, ai tanti che sbraitano urlando le conseguenze negative che avrebbe un comportamento del genere da parte di uno Stato: siamo davvero sicuri che – in una situazione come questa, poniamo in Europa, se fossimo davvero in grado di avere uno Stato (guidato dalla forza politica di cui sopra) in grado di prendere una decisione del genere – rimarremmo sul serio isolati così come si ipotizza? O non è forse più probabile che altri Paesi ci seguirebbero nell’esempio, magari fondando, di lì a poco, una vera Europa federata tra Stati di nuovo sovrani e, a questo punto, compartecipi di una vera lotta di rinascita?
Una sorta di ALBA europea, sul filo di quella sudamericana insomma.
O anche questo è fuori dalla realtà?
Fonte: www.ilribelle.com
Link: http://www.ilribelle.com/lettere-alla-redazione/2013/5/8/che-fare-sciopero-fiscale.html
8.05.2013