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La Redazione

 

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C'ERA UNA VOLTA L'ISOLA DI CRETA…

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A cura di Truman
Il 23 Ottobre 2007
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Isola bastione della non-violenza sino al 1500 a. C., quando seguì l’emergere delle “civiltà” e del culto della violenza.

Quando si dice Creta, si pensa subito al Minotauro, a re Minosse, al Grande Labirinto. Ma Creta ha molto più da offrirci di questi stereotipi ingannevoli. Creta sino a 1500 anni prima dell’era comune [a.C.], data in cui è stata invasa dai kurgan, orde barbariche, è stata un modello di società organizzata sulla non-violenza, una democrazia egualitaria che aveva sviluppato una tecnologia avanzata per fini pacifici.

Creta società opulenta, modello della società egualitaria di cooperazione.

La società cretese, opulenta, ha sviluppato una civiltà molto evoluta. Questo si è tradotto in pratica nell’organizzazione di città e villaggi ben pianificati composti di imponenti edifici, palazzi, di aree agricole, forniti di reti di distribuzione di acqua ed irrigazione, fognature, fontane e collegate da vie di comunicazione di cui molte pavimentate. In campo culturale, troviamo una letteratura abbondante (in 4 differenti scritture) e produzioni artistiche che gli storici descrivono come raffinate, celebranti la vita, molto ispirate.

Ma questo non basta a farne una civiltà non-violenta. Uno dei tratti essenziali della società cretese è di avere, in un’epoca così remota, saputo sviluppare un modello di società egualitaria. I cretesi erano persone benestanti, ma la cosa più notevole era la ripartizione piuttosto equa delle ricchezze, poiché le ricerche archeologiche hanno evidenziato poca differenza nei tenori di vita. Anche quando i poteri politici sono stati centralizzati, ciò è stato fatto senza gerarchizzazioni né autocrazia e il governo insediato lo fu sotto una forma democratica ben prima che i greci non si appropriassero della parola democrazia. Gli uomini e le donne vi partecipavano paritariamente, soprattutto per quel che concerneva le cerimonie religiose.

Creta una società che ha sviluppato una notevole tecnologia utilizzata a fini pacifici.

Creta ha creato una tecnologia di qualità utilizzando il bronzo, ma non l’ha utilizzata per produrre armi. I cretesi si sono serviti di questa tecnologia per migliorare le loro condizioni di vita, abbellire il loro ambiente, costruire magnifici edifici circondati da giardini molto elaborati. Le poche armi fabbricate, poco sofisticate, lo furono per servire sulle navi mercantili e per difesa contro gli attacchi dei pirati in alto mare. La costa cretese non era fortificata rendendola così vulnerabile agli attacchi dei barbari.

I progressi tecnologici, con lo sviluppo della specializzazione, non hanno avuto effetto sul funzionamento collaborativo ed egualitario della società. I beni e le ricchezze accumulate lo erano a beneficio ed al servizio di tutti ed i poteri che tali progressi conferiscono si sono tradotti con una maggiore consapevolezza delle responsabilità di fronte alla collettività. Questi poteri erano integrati al culto della vita ed in nessun caso potevano servire a togliere la vita con un qualunque atto di violenza.

Questo modo di vita pacifico ed egualitario che l’isola di Creta aveva saputo preservare sino al 1500 prima dell’era comune, si trovava in completa opposizione con quanto si era sviluppato dappertutto altrove dal 4300 a. C. con l’invasione delle orde barbare, i Kurgan [1], che saccheggiavano, violentavano, uccidevano. Benché queste orde nomadi fossero di culture diverse, quel che avevano in comune era il modo di funzionamento societario basato sul dominio, una struttura sociale in cui la gerarchia e l’autoritarismo erano la norma. Creta, ultimo bastione di una società non violenta, egualitaria e cooperativistica, a lungo protetta dalla sua insularità, finì con il soccombere.

L’emergere delle “civiltà” e del culto della violenza

Bruscamente, con il passaggio di numerosi di questi popoli pacifici sotto il dominio di queste orde barbariche, la tecnologia sarà utilizzata per sviluppare il potere di distruzione; togliere la vita diventa la norma. I Kurgan uccidono gli uomini, si impadroniscono delle donne che diventano loro concubine e schiave e dei bambini ridotti anch’essi in schiavitù. D’ora in poi le loro sepolture mortuarie si riempiono di armi e di corpi sacrificati di donne e bambini. Da un punto di vista morale e culturale le società si impoveriscono, ne testimoniano i resti di vasellame e sculture, identiche e qualitativamente inferiori. Le donne sono sessualmente ed economicamente asservite, violentarle e violentare le giovani, sacrificare i loro figli, distruggere città intere, mostrare la propria potenza e la propria ricchezza asservendole diventa pratica corrente, con in più l’aura della religione. È su questo terreno che si sono sviluppate le “civiltà” antiche e le religioni “civilizzatrici” ebraico-cristiana. Le donne sono bandite dalle cerimonie religiose, che diventano appannaggio esclusivo degli uomini, in quanto le leggi religiose che governano oramai le società sono state concepite esclusivamente dagli uomini. Le persone non sono più trattate egualmente né in vita né in morte, le più deboli sono sfruttate, la brutalità, le punizioni sono correntemente praticate. L’ideologia dominatrice e manipolatrice celebrante il potere dello sfruttamento, la guerra, la distruzione era nato.

Cultura di violenza, istinto di morte, istinto di vita, cultura della non violenza

Dalla prevalenza di società basate sulla cooperazione, sulla celebrazione della vita, dove le persone lavoravano insieme per soddisfare i propri bisogni, si è passati a società dominatrici in cui le persone soddisfano i loro bisogni prendendoli dagli altri, al bisogno sotto la minaccia, attraverso atti di violenza, seminando ovunque morte. Quel che è stato scritto sulla storia dell’umanità, le riflessioni filosofiche, si sono principalmente sviluppate su questo a priori del dominio attraverso la violenza come elemento “naturale” della natura umana, questo “istinto “ di morte.

Quindi, costantemente, lungo il corso dei secoli sino ai nostri giorni, delle donne e degli uomini hanno voluto reinventare il mondo, assumendo su di sé e sotto forme differenti, questo bisogno di creare pacificamente i legami sociali, in relazione con un sentimento molto forte di appartenenza ad una collettività umana, percependo l’umano come una identità comune da preservare attraverso la non violenza. Allora, è questo una lontana eco di un modo di vivere scomparso o la nostalgia di un passato tribale o ancora una di quelle utopie avanguardiste ogni volta recuperata da una dinamica attivata dall’interesse? E perché non semplicemente una manifestazione persistente di un “istinto” di vita che le capacità di autodistruzione dell’essere umana, su scala individuale o collettiva, non hanno sino ad oggi potuto rimuovere?

La vita, la sofferenza, la gioia, l’estetica, la qualità della vita, le relazioni con l’ambiente naturale, sono delle ricchezze umane non misurabili, non calcolabili, non brevettabili, patrimonio comune dell’umanità che i nostri antenati hanno cercato a modo loro di preservare sperando ogni volta di superare il presente. A noi continuare.

Note:

[1] Con il termine Kurgan, vengono indicate l’insieme delle culture preistoriche eurasiatiche che seppellivano i morti socialmente ritenuti importanti in tumuli funerari spesso di grandi dimensioni. I più antichi kurgan comparvero nel Caucaso e nella steppa ucraina per poi propagarsi nell’Europa orientale e centro-settentrionale. La celeberrima archeologa ucraina Marija Gimbutas, di cui Riane Eisler può essere considerata allieva, ha associato la cultura Kurgan ai proto-indoeuropei, il cui punto di propagazione è stato identificato con le culture kurgan a nord del mar Nero. (N. d. T.)

Bibliografia

Eisler, R. & Loye, D. (1990). The partnership way: New tools for living and learning, healing our families, our communities, and our world. San Francisco: Harper.

Eisler, Riane (1987). The chalice and the blade: Our history, our future. San Francisco: Harper Collins, (tr.it., Il calice e la spada, la nascita del predominio maschile, Pratiche editrice, Parma, 1996, edizione introvabile, ora ristampato dalla casa editrice Frassinelli in modo continuativo). Della stessa autrice ci sentiamo anche di segnalare: Il piacere è sacro, tr. it., di Sacred Pleasure, opera del 1996, ora introvabile ma stampato dall’editore Frassinelli nel 1996, (N. d. T.).

3 Novembre 2004
Link
Fonte:
http://www.planetenonviolence.org
Tradotto per www.comedonchisciotte.org da MASSIMO CARDELLINI

Linkografia ( a cura del traduttore)

Per un inquadramento globale della storia della Creta gilanica, si può consultare questo interessante link in cui illustrazioni e fotografie aiutano nella compressione della tematica:
http://www.url.it/donnestoria/testi/creta/deamadre.htm

Per notizie essenziali sulla ricercatrice Riane Eisler i cui studi sono riassunti nella traduzione di questo articolo:
http://www.tmcrew.org/femm/storiadelledonne/vitaoperaEISLER.htm

Per notizie essenziali sulla ricercatrice Marija Gimbutas di cui Riane Eisler è la più importante divulgatrice e prosecutrice la sintetica voce in Wikipedia: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Maria_Gimbutas&printable=yes

Per una buona impostazione del concetto di gilania:
http://www.universofemminile.it/06_Amore/Amore.htm

Un importante saggio del 1995 di Riane Eisler è consultabile a questo link:
http://isd.olografix.org/faq/faq_uomo-donna.htm

Un interessante saggio sulle ricadute concettuali del rapporto società egualitaria ed ambiente al seguente link: http://www.estovest.net/ecosofia/anticofuturo.html

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