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La Redazione

 

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CECITA' AMBIENTALE

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A cura di Davide
Il 13 Dicembre 2004
92 Views

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DI PATRICK SABATIER

Il Protocollo di Kyoto entrerà finalmente in vigore nel febbraio del 2005, grazie alla ratifica della Russia: ci sono voluti sette anni.
Ondate di caldo e scioglimenti della calotta polare o dei ghiacciai hanno avuto il tempo di convincere gli scettici che il riscaldamento del pianetà è una realtà, accellerata dalle emissioni nell’atmosfera dei gas responsabili dell’effetto serra, sprigionati dalle attività umane. Sette anni sono anche il tempo che resta per raggiungere gli obiettivi fissati a Kyoto per il 2012, ma sopratutto per definire un piano molto più ambizioso per il futuro e contrastare una minaccia che, per alcuni, viene subito dopo quella del terrorismo. Se ne sta discutendo in quseti giorni a Buenos Aires, alla conferenza dell’Onu sul clima.Il Protocollo di Kyoto arriva in ritardo e contiene disposizioni inadeguate. Anche se fosse davvero applicato, potrebbe solo rallentare, ma non fermare i cambiamenti climatici. Tuttavia l’iniziativa, benchè tardiva e insufficiente, è meglio di niente.
Sarà un esempio per i paesi in via di sviluppo, soprattutto Cina e India, che vogliono rimontare il distacco imitando le modalità di industrializzazione e il tenore di vita dei paesi avanzati aggravando così i problemi ambientali.

Ecco perchè è gravissimo il rifiuto degli Stati Uniti di sottoscrivere il Protocollo di Kyoto, in base a una concezione arcaica dell’ “interesse nazionale”. La miopia di Bush deriva da una fede cieca nella tecnologia e dal rifiuto di modificare l’american way of life.
E’ vero: solo una rivoluzione tecnologica, e cioè l’abbandono dei combustibili fossili (carbone, petrolio, gas naturale), permetterà di scongiurare le catastrofi climatiche.
Ma serve anche una rivoluzione culturale: politiche di lotta agli sprechi, promozione delle energie rinnovabili e correzione di certi aspetti del nostro stile di vita.

Bisogna convincere gli Stati Uniti che quel che è bene per il pianeta è bene anche per loro. E non viceversa.

Patrick Sabatier
“Libération”
Fonte:www.internazionale.it
10.16. Dicembre 2004

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