OVVERO: QUATTROMILIONISESSANTOTTOMILADUECENTOCINQUANTA, DA REGGIO CALABRIA A BRUXELLES
DI CLACK
comedonchisciotte.org
Quattromilionisessantottomiladuecentocinquanta è il numero delle persone che in Italia sono state costrette a chiedere aiuto per mangiare nel 2013, con un aumento del 10 per cento sull’anno precedente.
Lo ha calcolato la Coldiretti sulla base della relazione che riguarda il “Piano di distribuzione degli alimenti agli indigenti 2013″ realizzato dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (Agea), in riferimento ai dati Istat sulle famiglie senza redditi da lavoro.
Diciamo innanzitutto che quel numero è fortemente approssimato per difetto. Tiene conto soltanto di chi ha chiesto aiuto attraverso canali più o meno ufficiali. Trascura quindi tutti coloro che lo hanno fatto per via privata o informale, rivolgendosi a genitori, amici e via dicendo, ma diamolo per buono.
Sia pure con tutta la sua enormità, tende a perdere significato nel bombardamento sistematico eseguito a cadenza giornaliera dagli istituti di statistica, cui si sovrappone a quello ancora più intenso e menzognero proveniente dal mainstream mediatico.
Risultato il banalizzare, se non lo squalificare, ogni notizia, anche la più drammatica, che in quanto tale meriterebbe almeno una riflessione.
Allora, per rendere più fruibile il concetto, si potrebbe considerare il fatto che se mettessimo in fila quelle persone, dando a ciascuna soltanto mezzo metro di spazio, si formerebbe una fila che parte da Reggio Calabria e finisce a Bruxelles.
Città in cui ha sede il meccanismo di dominazione tirannica basato sullo smantellamento delle istituzioni democratiche e sull’impoverimento generalizzato che si definisce Unione Europea. In quanto tale è il luogo d’elezione verso cui indirizzare una fila fatta da una serie interminabile di drammi esistenziali, uno per ciascuna di quelle persone.
Per forza di cose, ognuno di quei drammi si ripercuote sulle persone vicine agli individui che si sono voluti portare a dover chiedere aiuto persino per il più elementare dei diritti, quello di non morire di fame.
Quante saranno, tre, quattro, per ognuno di loro? Magari qualcuno è rimasto completamente solo, cosa non improbabile quando le cose si mettono male. Allora teniamoci stretti e stimiamo che per ciascuno di quelli che hanno chiesto un pasto caldo o il pacco alimentare, ci sia solo un’altra persona a condividerne in qualche modo o a subirne di riflesso le sofferenze.
Giusto quanti ne bastano per far si che quella fila, una volta arrivata a Bruxelles, possa tornare indietro fino a Reggio Calabria.
Facciamo ora uno sforzo più grande e immaginiamo di prendere non solo gli italiani che grazie ai destini magnifici e progressivi dell’Europa reale hanno dovuto calpestare la propria dignità per avere un piatto di minestra, ma quelli di tutti i paesi che aderiscono all’UE, ridotti in miseria dalla moneta unica.
A quel punto il continente che un tempo possedeva il più avanzato e inclusivo sistema di welfare, e per questo era universalmente stimato e rispettato come quello in cui la sua civiltà millenaria si esprimeva al livello più alto, si vedrebbe attraversato in ogni direzione da file di diseredati, lunghe migliaia e migliaia di chilometri.
Se i progetti grandiosi della UE, come i cosiddetti corridoi ferroviari trans-europei ad alta velocità che avrebbero dovuto attraversare il continente da un lato all’altro sono rimasti in gran parte sulla sulla carta, in compenso l’Europa reale ha realizzato file ancora più lunghe di poveri, disoccupati e affamati, e ha fatto in modo da distribuirle sul territorio in maniera persino più capillare.
Solo la più sanguinosa delle guerre, quella combattuta dal 1939 al 1945, è stata capace di produrre qualcosa di simile. Malgrado le armi convenzionali non siano finora entrate in gioco, le conseguenze della moneta unica sono di entità simile a quelle proprie di un evento bellico di tale portata.
Come ormai sostengono diverse fonti autorevoli, negli stati che dovrebbero essere affratellati dai trattati di unione si sta effettivamente combattendo una guerra, anche se non con i mezzi corazzati e l’aviazione ma con gli strumenti della finanza. Che sono forse più micidiali, essendo capaci di produrre danni ancora maggiori, pur se restano nascosti dietro le pareti domestiche invece di essere allo scoperto come le macerie prodotte da un bombardamento.
Tutto questo per che cosa?
Per dare soddisfazione alla patologia di accumulazione compulsiva di un branco di oligarchi, e il doveroso compenso ai politici non eletti da nessuno al loro servizio, per il prestigio politico da essi speso nella realizzazione del più micidiale strumento di devastazione sociale e istituzionale oggi conosciuto, quello che risponde al nome di Euro.
Di fronte a un disastro simile, causato deliberatamente, il capo del terzo governo fantoccio che si succede in Italia in poco più di due anni non trova di meglio che rispondere con l’elemosina degli 80 Euro una tantum, riguardo ai quali si è già dimostrato che saranno molti di meno. E che dovranno essere ripagati mediante misure più costose e permanenti, come al solito a spese dei redditi medio-bassi.
Soprattutto, quella somma andrà a chi ha già una busta paga, per quanto misera, e dunque ha almeno qualcosa. Viceversa chi non ha niente, ovvero il milione e più di famiglie che non percepiscono reddito di lavoro alcuno, sempre certificato dall’Istat, niente avrà.
Questo in base alla logica consolidata negli anni che prevede l’abbandonare al proprio destino la fascia dei più bisognosi, di giorno in giorno più ampia, e all’assunto che se non si ha nulla, nulla si ha da pretendere e tantomeno da offrire. Ossia il principio fondamentale della politica sociale dei partiti di falsa sinistra, da decenni intenta alla spoliazione e all’impoverimento generalizzato dei ceti subalterni in conto terzi, nei fatti sostenuta da chiunque ne faccia parte a qualsiasi titolo, inclusa la base di consenso.
Quei partiti hanno definitivamente sancito l’assenza di qualunque volontà di porre un benché minimo rimedio alle conseguenze delle loro politiche scellerate, frutto del deliberato rifiuto di riconoscere la valenza concreta delle decisioni, sempre di ordine politico, che a suo tempo hanno effettuato.
Ovverosia l’essersi messi al servizio delle élite per eseguire le politiche più oltranziste della destra finanziaria, che a loro volta sono lo strumento atto a concretizzare gli obiettivi propri del capitalismo assoluto.
Una volta che ci si rifiuta di riconoscere di aver fatto delle scelte, il negare i risultati che hanno prodotto viene da sé.
Si perviene così a una forma di dissociazione dalla realtà in base a ordini superiori, quelli provenienti dai vertici del partito, che a prima vista potrebbe apparire patetica ma in realtà è ignobile e vergognosa.
Non solo per il fatto in sé, che già non è poco, ma anche per il cumulo di fandonie e di argomentazioni pretestuose volte a sollecitare la pancia dell’opinione pubblica, con cui si cerca in maniera di sempre più frenetica e disordinata di nascondere le responsabilità oggettive di chi ha precipitato nelle condizioni attuali un paese che, prima della moneta unica, era ai vertici delle classifiche dei paesi manifatturieri e caratterizzato da un benessere diffuso con equità ragionevole.
E’ vero che ciascuno è libero di sostenere le tesi che vuole, ma in una situazione drammatica come quella attuale si riterrebbe doveroso avere almeno un minimo di senso civico. Quello necessario per adoperarsi affinché prevalga il criterio atto a risolverla nel migliore dei modi.
Se invece si agisce in modo tale da favorire l’aggravarsi delle condizioni generali, oltretutto su mandato di poteri esterni al proprio paese e per questioni che riguardano un malinteso senso di prestigio politico, personale o di partito, o peggio il mantenimento di poltrone e cariche istituzionali coi rispettivi emolumenti, ci si assumono responsabilità enormi. Di fronte alle quali va detto una volta e per tutte che non vi sarà mai pena sufficiente a compensare i danni che ne conseguono.
Tutto questo oggi pone chiunque voglia denunciarlo nelle condizioni di non poterlo fare nel modo più adeguato. Proprio perché la degenerazione valoriale da cui trae origine, e poi riproduce moltiplicata nelle sue stesse vittime, è talmente profonda da non avere più corrispondenza alcuna a livello lessicale. Cosicché sono venute a mancare persino le parole per poterla inquadrare nel modo che merita.
Questo è un elemento che assume sempre maggiore evidenza ogniqualvolta ci si impegni nella lettura di un testo redatto a tale scopo.
Ne è un esempio tra i più recenti l’articolo “
In esso si traccia un parallelo tra l’attività ademocratica e antisociale della politica attuale e il comportamento dei magnate degli inizi dello scorso secolo come Rockefeller. Per il loro arricchimento personale, e migliorare la competitività della propria impresa, non hanno esitato a ordinare che donne e bambini fossero trucidati: erano le famiglie dei lavoratori impiegati nelle miniere del Colorado che chiedevano condizioni di vita meno disumane.
Stante la mancanza di termini più appropriati, suo malgrado Toscano non può fare altro che definire gli autori e gli esecutori della restaurazione iper-capitalistica e della conseguente macelleria sociale oggi in atto come nazisti e moderni Mengele.
A tale proposito, per quanto forti possano essere tali paragoni, risultano inadeguati. Anche se alle anime belle e tanto volenterose del progressismo nostrano, fedele seguace della sinistra asservitasi al fondamentalismo reazionario del liberismo globalizzato, ciò possa apparire come la più inaccettabile delle enormità.
Nazista è parola assurta a sinonimo universale della crudeltà peggiore e della negazione per il valore e l’intangibilità della vita umana.
Nel mondo occidentale si viene ammaestrati fin dalla più tenera età a riconoscere il nazismo come il male assoluto per definizione, inarrivabile per ogni altra cosa. Dunque, proprio su quella base, oggi, ci si può macchiare di una qualunque azione a sfondo politico o economico, anche la più riprovevole, sicuri di poter rimanere bene al riparo dietro il concetto del nazismo come perversione peggiore dell’animo umano.
Stiamo parlando di quello che i persuasori occulti definiscono frame, ovvero schema mentale, che è stato costruito nei cervelli degli individui, si può sospettare proprio con lo scopo di occultare quanto avviene dinnanzi ai loro occhi.
Il fine è di portare a ragionare non più in base alla propria percezione, messa in relazione al proprio bagaglio esistenziale e culturale, ma su modelli precostituiti in modo da far perdere il legame sostanziale con la realtà. E quindi la capacità di attribuire una valenza ragionevolmente corretta agli eventi che essa sottopone giorno dopo giorno.
Persino i fatti dalla valenza più esplicita, come le conseguenze dell’Europa reale, diventano a quel punto controversi e di interpretazione incerta e condizionabile, malgrado ciascuno si ritrovi con meno soldi in tasca e un potere d’acquisto ridotto ai minimi termini, con la prole ridotta ad accettare l’assurdo della dizione a tempo indeterminato legata non più al suo lavoro, ma alla disoccupazione che la si costringe a subire per decreto, vita natural durante. Intesa e sfruttata con il cinismo più bieco, oltretutto da partiti che pretendono di essere salvaguardia dei diritti dei ceti salariati, quale mezzo di imposizione di sempre più svantaggiosi rapporti di produzione. Inserito, a sua volta, nello scenario di un ordinamento istituzionale sovvertito materialmente, pur se a uno sguardo disattento la sua facciata esterna potrebbe apparire intatta.
La realtà della vita quotidiana determina la netta percezione di tutto questo, che però va a cozzare proprio contro gli schemi mentali appositamente costituiti nella mente degli individui, risultando regolarmente perdente. Da tali schemi infatti viene regolarmente respinta o meglio sbriciolata, il che pone i soggetti vittima di una simile manipolazione nell’incapacità di stabilire persino il più elementare legame di causa ed effetto tra gli avvenimenti vissuti giorno per giorno e il contesto politico, sociale e istituzionale nel quale la collettività nel suo insieme si trova a essere calata.
Ecco allora che, se si riesce a sostituire nella mente degli individui la capacità di raziocinio con una risposta fatta di reazioni preordinate sulla base dei frame o schemi mentali appena descritti, si arriva a ottenere qualcosa di vagamente assimilabile a un automa umano.
Credo sia evidente che non si intende assolutamente negare o ridimensionare in qualunque modo la realtà dell’orrore nazista. Allo stesso tempo però, è ormai improrogabile prendere atto definitivamente che quanto fatto dagli esecutori del massacro sociale odierno e dai loro mandatari va oltre.
Infatti il nazismo, come tutte le altre dittature dello scorso secolo, in primo luogo agiva in nome e per conto del proprio stato o parte di esso, sia pure con metodi condannevoli. La classe politica di oggi, invece, opera su mandato di poteri esterni, dei quali si è fatta collaborazionista, o meglio fantoccio.
Ma soprattutto il nazismo riconosceva la propria natura e non aveva problemi a palesarla. Quindi chi si trovava sotto il suo tallone poteva almeno rendersi conto della valenza di ciò che lo calpestava.
Cosa non da poco, dato che realizzare di essere affetti da una malattia è il primo, fondamentale passo per avviarsi lungo il percorso di guarigione.
Viceversa i moderni sgherri dell’assolutismo iper-capitalista si mascherano vilmente dietro le loro teorie deliranti, basate sulla totale antitesi tra i termini che mettono in relazione reciproca, ma ripetute fino a renderle i dogmi su cui si basa il lavaggio del cervello di massa. E ancor più dietro la facciata delle istituzioni democratiche che nel frattempo hanno provveduto a sovvertire, svuotandole del loro contenuto originario, con lo scopo di trasformarle negli strumenti atti a giungere agli obiettivi di dominazione assoluta che si sono prefissi.
Si adotta questo modello comportamentale in base alla consapevolezza che proprio l’essersi palesate in quanto tali è stato il primo punto debole di quelle dittature, che non a caso a suo tempo sono state finanziate molto generosamente dalle banche controllate da chi oggi persegue il disegno di dominazione globale.
Si tratta di differenze fondamentali. Inoltre, proprio la necessità di tenere nascosto quel disegno, per non renderlo riconoscibile fino al suo compimento definitivo, sta a testimoniare il valore che chi lo ha attuato è il primo ad attribuirgli.
Il che equivale a una piena e inappellabile confessione di colpevolezza.
E a sua volta rappresenta l’elemento atto a far comprendere finalmente all’uomo della strada la realtà che lo circonda.
Va tenuto conto, inoltre, nel tracciare un parallelo tra le dittature storiche e quella attuale, che le prime scatenavano guerre che combattevano alla luce del giorno e solo dopo averle dichiarate o al limite contestualmente, usando in esse armi convenzionali che causavano distruzioni materiali e molto ben visibili. I tiranni di oggi invece muovono guerre invisibili ma ancora più micidiali, che sovente hanno per vittima il loro stesso stato o quelli con cui si è legati da trattati di unione o amicizia. Allo scopo impiegano le armi della finanza, che causano altrettanti danni dei conflitti mondiali, ma che almeno inizialmente sono molto meno evidenti, cosicché i popoli che ne sono vittima non se ne accorgono. E se lo fanno è solo quando è troppo tardi per rimediare.
Dunque la differenza di strategia tra il nazismo e gli altri regimi assoluti dello scorso secolo, che non temevano l’evidenza delle loro azioni, e quella dei restauratori attuali che hanno come istinto primario il nascondersi e nascondere e i propri obiettivi, è fondamentale. Nonché tutta a svantaggio della cripto-dittatura attuale, che proprio perché praticamente invisibile è nei fatti ben più pericolosa e devastante.
Per di più la tirannide attuale ritiene di poter fare a meno di una qualsiasi base di consenso che non sia quella dell’1%, cosa che le permette di colpire indiscriminatamente qualunque ceto sociale e di porsi come obiettivo la distruzione totale di tutto ciò che possa essere assimilato a una qualche forma di welfare. Invece le dittature storiche ricercavano comunque un consenso, il che le portava a realizzare opere di valore sociale, sia pure per motivi demagogici e inserite nel contesto delle loro politiche totalitarie.
Definire nazisti gli autori dell’odierno massacro sociale, dunque, è fuorviante ma soprattutto riduttivo. E, come abbiamo visto, tale da non permettere di descrivere nel modo corretto le loro azioni e le motivazioni che le hanno indotte, cosa che invece è inderogabile.
Il perché ce lo spiega come al solito George Orwell, nel suo capolavoro “1984”. In esso affronta proprio i problemi di percezione indotti da un lato dalla mancanza dei vocaboli atti a definire correttamente soggetti, modelli e tendenze, e dall’altro dalla sottrazione delle facoltà linguistiche atte a coniare quelli più indicati per i nuovi fenomeni che incontriamo.
Ne consegue un difetto cognitivo di importanza capitale, o meglio un vero e proprio corto circuito mentale. Infatti non solo impedisce di attribuire a quei fenomeni la giusta valenza, proprio perché indefinibili, ma addirittura di riconoscerli in quanto tali, poiché vengono sottratti alla percezione dell’uomo comune, che quindi si trova nell’impossibilità di articolare al riguardo un pensiero di senso compiuto..
Assieme alla negazione sistematica della realtà e alla riscrittura altrettanto sistematica del passato, proprio questo va a costituire l’architrave dell’ordinamento tirannico descritto dallo scrittore inglese, cui non a caso la realtà di oggi rassomiglia in maniera sempre più evidente.
A questo punto, allora, si comprende come sia assolutamente necessario che qualche intellettuale di buona volontà si sforzi per coniare un neologismo, o almeno una definizione da due, massimo tre parole, che condensi in sé tutta l’enorme e inedita carica di vile malvagità insita nel disegno restaurativo dell’assolutismo capitalista e dei suoi esecutori, così da permettere di riconoscerne immediatamente la valenza concreta. Proprio perché le immagini create con il linguaggio hanno un impatto emotivo e appunto cognitivo, influendo in quanto tali sulla percezione delle cose che si ha nell’immaginario comune.
Non che sia un compito facile, anche perché in questo paese trovare intellettuali veri, oltretutto non saldamente legati alle pingui mangiatoie di regime, può essere un’impresa destinata in partenza al fallimento, ma a questo punto è da ritenersi improcrastinabile.
Fino ad allora non sarà possibile far si che l’opinione pubblica si renda conto fino in fondo di quanto sta avvenendo, e quindi avviare un processo di cambiamento condiviso, atto al recupero delle condizioni minime che permettono a un qualsiasi ordinamento sociale di definirsi civile, prima ancora che democratico
Clack
Fonte: www.comedonchisciotte.org
27.04.2014