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Ho trascorso praticamente tutto il giorno leggendo quanto più possibile riguardo al più che controverso studio del “contagio emotivo” di Facebook, nel quale la compagnia ha intenzionalmente alterato il suo algoritmo di feedback sulle notizie al fine di rilevare se ciò potesse manipolare le emozioni dei contatti. Nel caso non ne foste a conoscenza, Facebook altera costantemente il vostro feedback sulle notizie presupponendo che che non vi sia modo di riempirlo con tutti gli aggiornamenti insensati, sciocchi ed autoindulgenti dei vostri amici… (vi è semplicemente “troppa spazzatura”…).
Come tale, Facebook filtra costantemente il vostro feed sulle notizie, qualcosa che i pubblicitari devono trovare particolarmente vantaggioso. In ogni caso, la specifica alterazione sotto inchiesta si è verificata nell’ arco di una settimana di gennaio 2012, e la compagnia riempì alcuni feeds di utenti con posts positivi, mentre ad altri assegnarono posts negativi.
Una volta compilati i dati, i professori dell’Università della California, San Francisco e Cornell vennero chiamati ad analizzare i risultati. Le loro scoperte furono quindi pubblicate nella prestigiosa “Proceedings of the National Academy of Sciences”. Essi rilevarono che:
“Per individui che hanno visto ridurre i commenti positivi nei loro feed delle notizie, una più alta percentuale di parole negli aggiornamenti di stato delle persone erano negative, e una percentuale inferiore era positiva. Quando la negatività era ridotta, si verificava lo schema opposto. Questi esiti suggeriscono che le emozioni espresse dagli amici, tramite social networks in rete, influenzano i nostri umori, costituendo, per quanto ne sappiamo, la prima prova sperimentale di un contagio emotivo su larga scala per mezzo di social networks”.
Probabilmente ne conoscete già buona parte, ma è qui che le cose cominciano a farsi davvero strane.. Da principio, la pubblicazione proveniente da Cornell che evidenziava lo studio riportava in fondo: “La ricerca è stata finanziata in parte dalla Fondazione James S. Mc Donnell, in parte dal Dipartimento di Ricerca dell’ Esercito”. Quando la gente cominciò a interrogarsi su ciò, Cornell sostenne di aver commesso un errore, e che non vi era alcun supporto finanziario esterno. Jay Rosen, docente di giornalismo alla NYU, ritiene che questo sia fortemente sospetto. Egli ha scritto sul suo profilo Facebook:
“La strana svolta dello studio di FB sul contagio emozionale. La pubblicazione dello scorso mese da Cornell riguardante lo studio, riportava al fondo: “La ricerca è stata finanziata in parte dalla Fondazione James S. Mc Donnell, in parte dal Dipartimento di ricerca dell’ Esercito”. Perché mai i militari dovrebbero interessarsene? Volevo saperlo. Così ho chiesto ad Adam D.I. Kramer, ricercatore di FB, questa domanda, postata sul suo profilo Facebook, sulla quale egli ha pubblicato ciò che ha ritenuto una spiegazione pubblica. (Egli non ha replicato né ad altre mie domande né di chiunque altro). V. https://www.facebook.com/akramer/posts/10152987150867796
Ora pare che Cornell si sbagliasse! La versione stampata corrente ora recita: “correzione: una precedente versione di questo resoconto riportava che la ricerca era stata finanziata dalla Fondazione James S. Mc Donnell, e dal Dipartimento di Ricerca dell’ Esercito. In effetti, la ricerca non ha ricevuto alcun fondo esterno.”
Perché ritengo strano ciò? Ogniqualvolta un mio lavoro figurava in una pubblicazione della NYU, gli agenti dell’ ufficio stampa coinvolti mi mostrano le opzioni, e si coordinano strettamente con me, per il semplice motivo che non vogliono spersonalizzare il lavoro accademico. Così ora noi dovremmo credere che il Professore di divulgazione e informazione scientifica di Cornell, Jeffrey Hancock, non aveva letto o non era a conoscenza del comunicato stampa nel quale è menzionato negli esiti dello studio (strano) o che lo ha letto ma in qualche modo ha mancato di rilevare che esso riportava che la sua ricerca era sponsorizzata dall’ Esercito mentre in verità non era così (ancor più strano).
Credo che mi accorgerei se la mia università raccontasse menzogne al mondo sul fatto che la mia ricerca ricevesse fondi parzialmente dall’ Esercito… ma, andiamo, forse c’è una spiegazione noiosa ed innocente che mi sfugge…
Ed ora si fa ancor più interessante… Il Professore di Scienza della Comunicazione ed Informazione, Jeffrey Hancock, che il Sig. Rosen ha citato sopra, ha una storia di collaborazione con l’ Esercito USA, specificamente l’ Istituto Minerva. Nel caso aveste scordato di cosa si tratti, il Guardian ne ha dato un resoconto ad inizio anno. Esso spiegava:
“Un programma di ricerca del Dipartimento della Difesa sta finanziando le Università per modellare le dinamiche, i rischi e i punti salienti di eventuali disordini civili su larga scala in tutto il mondo, sotto la supervisione di varie agenzie militari USA. Il programma multimilionario è progettato al fine di sviluppare “capacità di analisi in campo bellico” ad immediato e lungo termine per ufficiali veterani e responsabili operativi nella comunità delle politiche di difesa, e per diffondere una politica implementata su “comandi di combattimento”.
Avviata nel 2008 , l’ anno della crisi bancaria globale, l’iniziativa”Ricerca Minerva” collabora con le Università “per incrementare la comprensione basilare nel Dipartimento della Difesa delle forze sociali, culturali, comportamentali e politiche che modellano aree del mondo di importanza strategica per gli USA”.
SCG News ha scritto uno degli articoli più belli che io abbia visto sui legami tra lo studio di Facebook e il Dipartimento della Difesa. Vi si dice:
Nei crediti ufficiali per lo studio condotto da Facebook, troverete Jeffrey T. Hancock della Università di Cornell. Se vi recate sul sito dell’Iniziativa Minerva troverete che Jeffrey Hancock ha ricevuto fondi dal Dipartimento della Difesa per uno studio chiamato “Cornell: modelli di discorsi e dinamiche sociali in regimi autoritari”. Se andate sul sito del progetto per quello studio, troverete un programma di visualizzazione che modella la diffusione di credenze e disagio. Attualmente l’Università di Cornell riceve fondi per un altro studio della Difesa ora chiamato “Cornell: rintracciamento di focolai di epidemie a massa critica in contagi sociali” (troverete la descrizione di questo progetto sulla pagina di raccolta fondi dell’Iniziativa Minerva).
Così ho proseguito e ho dato un’ occhiata allo studio sopra menzionato, trovando questo:
Eccolo lì, Jeff Hancock, lo stesso tipo che ha analizzato i dati Facebook per Cornell, che da principio dichiarò la provenienza di fondi dal Pentagono per poi negarla.
Sento puzza di stronzate.
Così sembra che FB e i militari USA stiano lavorando insieme per studiare dinamiche di sommosse di civili e approntare metodi per manipolare le masse fino all’ apatia o inducendo sentimenti di noncuranza nei confronti del furto perpetrato da banchieri ed oligarchi. Tutto ciò è estremamente disturbante, ma l’intera faccenda è fonte di gravi problematiche…
Ad esempio, malgrado il governo e le università necessitino di un certo grado di precauzioni quando conducono simili “ricerche”, sembra invece che compagnie private come FB non ne abbiano bisogno. Piuttosto, tutto ciò che occorre loro è che gli utenti clicchino “accetto” sui termini di accordo del servizio, che nessuno legge, e che consentono alle compagnie di fare praticamente qualsiasi cosa esse vogliano, a voi, ai vostri dati ed emozioni. Sostanzialmente, come società abbiamo bisogno di adeguare complessivamente le nostre leggi in materia. Per cominciare, se una Corporazione privata è intenzionata, diciamo, a violare totalmente i vostri diritti civili più basilari definiti nel Bill of Rights, un semplice accordo sui termini del servizio non dovrebbe essere sufficiente. Per violazioni ulteriori e più invasive di tali diritti, forse un semplice documento di una pagina che riporti chiaramente quali delle vostre basilari libertà civili state demandando, dovrebbe essere imprescindibile.
Ad esempio, se FB non avesse collaborato a livello universitario per l’ analisi di tali dati, non avremmo neanche saputo dell’ accaduto. Quindi, a quale livello di comportamento invasivo, da lavaggio del cervello ritenete che queste grandi corporazioni con ampio accesso ai vostri dati personali si attestino…. ogni singolo giorno…
Il Faculty Lounge blog l’ha messa giù in modo perfetto, quando ha dichiarato:
La condizione di Ricercatore Accademico è già abbastanza gravosa per essi quando questi si occupano della medesima tipologia di studi in cui corporazioni come Facebook si possono impegnare a piacimento. Se inoltre l’ IRB non avesse riconosciuto le nostre cangianti aspettative di privacy (e manipolazione) come società, e incorporato queste aspettative in evoluzione costante nelle loro analisi di rischio minimo, ciò renderebbe la ricerca accademica comunque ardua, e servirebbe unicamente a garantire che coloro che sono i più idonei a studiare l’ effetto di pratiche manipolative e diffonderne i risultati al resto della popolazione, siano dissuasi dal farlo. Avremmo mai saputo a quale livello sia giunta la manipolazione di Facebook degli algoritmi di feed delle notizie, se Facebook stessa non avesse collaborato con accademici incentivati a pubblicare le loro scoperte?
Certo, possiamo disquisire sulla pertinenza di manipolazioni simil-Facebook, decrittazione di dati, ed altre pratiche comuni oggi. Ma finché consentiamo ad entità private di occuparsi liberamente di tali pratiche, non dovremmo impedire inopportunamente agli accademici di tentare di rilevarne gli effetti. Ricordate quel fascino della paura da me prima menzionato. Come ha notato un candidato al Dottorato di Psicologia Sociale su Twitter, gli IRB rendono impossibile lo studio degli effetti di induttori che veicolano lo stesso livello di paura di quelli nella vita reale ai quali la gente è esposta quotidianamente, e su scala globale, con esiti ignoti. Tutto questo non ha molto senso.
Qualunque cosa le corporazioni possano fare a piacimento nel perseguire la loro agenda, e quelle no-profit per servire la loro causa, non dovremmo rendere più arduo -o impossibile- il compito a coloro che cercano di produrre una consapevolezza di dominio comune.
Se leggete Liberty Blitzkrieg, conoscete il mio disprezzo per Facebook. Tuttavia, questo è ben più grande di ciò che appare come un esperimento di Facebook con legami militari. Qui la questione è la spaventosa realtà che questo genere di cose accade ogni singolo giorno, e noi non ne siamo a conoscenza.
Abbiamo bisogno di tracciare una linea che stabilisca in che misura noi, come società, desideriamo che corporazioni con accesso massivo ai nostri dati privati possano estrarre dati e sperimentare su di essi. Finché non lo facciamo, continueremo ad essere abusati e manipolati a volontà.
Fonte: http://libertyblitzkrieg.com
Link: http://libertyblitzkrieg.com/2014/07/01/was-the-department-of-defense-behind-facebooks-controversial-manipulation-study/
1.06.2014
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIORGIO GANDOLFO