DI ANTONELLA RANDAZZO
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Di recente, ho letto due articoli, scritti da Paolo Barnard e Nicoletta Forcheri (vedi
“Sono andato a puttane”, “Paolo B va a puttane, e io sono rimasta al palo”,) sulla sessualità femminile e su quella maschile. Nonostante l’impegno dei due autori a suscitare reazioni sull’argomento, mi è parso di individuare una “competizione” fra le due posizioni espresse e una certa supponenza nel considerare quello che dovrebbe essere e che non è.
Le domande che emergono sono: ma i due sessi sono avversari o sono entrambi parte della stessa realtà? Non conviene di più essere complici che vedersi come potenzialmente avversari?
Ho sempre pensato che esistesse un mondo fatto di persone, anche se, ovviamente, esistono anche le differenziazioni sessuali. Tuttavia, nessuno può dire come si deve vivere la sessualità, né quella maschile né quella femminile, dato che si tratta di comportamenti molto personali, da considerare semmai con il proprio partner, poco adatti ad un comizio pubblico.
Nella nostra cultura sono state utilizzate le differenze di genere per imporre ruoli fissi, per limitare le scelte umane. Ciò ha danneggiato sia gli uomini che le donne, stabilendo potenzialità o attitudini da favorire o da stigmatizzare.
Millenni di dominio iniquo ci hanno voluto imporre anche limiti, tabù e pregiudizi sessuali, dai quali, ad oggi, molti faticano a liberarsi. Il sesso è stato considerato un ambito che il potere stesso doveva gestire, decidendo cosa dovesse essere lecito e cosa dovesse invece costituire “reato”.
Ad oggi possiamo fare diversi esempi di repressione sessuale. Ad esempio, fra i numerari dell’Opus Dei (vedi Pinotti Ferruccio, “Opus Dei segreta”, BUR, Milano 2006) c’è un forte sessismo: gli uomini sono completamente separati dalle donne, e si crea un’atmosfera negativa verso il rapporto fra i sessi. Viene imposto anche il principio di doversi procurare dolore fisico, tramite il cilicio e la “disciplina”. Il cilicio è una catena dotata di punte orientate verso l’interno, che penetrano nella carne. Si impone ai numerari di metterlo alla coscia per almeno due ore al giorno. La “disciplina” è una frusta di corda o di cuoio a cinque capi, che termina con dei nodi, a cui possono essere attaccate palline metalliche dotate di punte, affinché si possa sentire più dolore. Con la disciplina si costringono i numerari a frustarsi la schiena e le natiche almeno una volta alla settimana.
La mortificazione del corpo fa parte del progetto di umiliazione e annientamento della persona. Provocarsi dolore fisico significa farsi del male, non volersi bene, e dunque rimanda all’idea di non valere nulla, di non essere degno di amore e di doversi autoannullare facendo spazio a qualcosa di molto più grande di sé.
Si tratta di rafforzare il masochismo e di far perdere il senso del piacere fisico. La sessualità viene associata a qualcosa di sporco, di incompatibile con la crescita spirituale, e si fa in modo che i numerari si reprimano e respingano gli impulsi sessuali sentendosi in colpa.
La repressione sessuale serve a limitare lo sviluppo e a produrre ansie e sensi di colpa. Bloccando lo sviluppo e producendo emozioni spiacevoli, si crea timidezza e inclinazione a sottomettersi all’autorità.
La stessa cultura che ha prodotto repressione, ha prodotto anche perversione, intesa come uso del sesso come prevaricazione, violenza, come umiliazione e come merce. Ha dato ad intendere precisi stereotipi di uomo e di donna, spesso portati al limite.
Ad esempio, la cinematografia ci ha mostrato molti esempi di “uomo forte”, che domina e prevarica.
Diversi personaggi interpretati da John Wayne esprimevano temerarietà e forza fisica e venivano posti accanto a donne fragili, volubili ed emotive, che accentuavano le differenze di genere.
Anche personaggi come l’agente segreto 007 presentano forti caratteristiche maschili, e vengono posti accanto a donne fragili e seduttive. Secondo questi modelli maschili, il successo con le donne dovrebbe essere misurato dalla quantità di donne sedotte.
Queste produzioni invitano a vedere le donne come destinate per natura a sottomettersi all’uomo, perché soltanto la forza fisica e il carattere dell’uomo possono “proteggerle”.
L’addestramento militare punta spesso ad esaltare la virilità in modo superficiale, associandola alla violenza. Ad esempio, nella scuola di addestramento per le riserve dell’esercito USA, alcuni sergenti istruttori usano la volgarità e l’esaltazione della forza fisica per meglio addestrare. Una frase utilizzata dagli addestratori è: “Questo è l’uccello, questo è il fucile: con uno te la spassi, con l’altro uccidi”.(1) Ad intendere che la mascolinità non è fatta solo di godimento sessuale ma anche di violenza.
Non dimentichiamo che anche oggi si utilizza lo stupro per terrorizzare e umiliare. Racconta l’organizzazione di Medici senza Frontiere che opera in Congo:
“Lo stupro è usato come un mezzo per terrorizzare la popolazione, e il numero di casi aumenta con ogni nuovo scoppio di combattimenti e attacchi. Se le giovani sotto i 18 anni sono particolarmente esposte (quasi il 40% dei casi), il gruppo più colpito è quello delle donne tra i 19 e i 45 anni (53,6%). Queste sono le donne che lavorano nei campi per potere mantenere le loro famiglie. Gli atti di aggressione contro di loro hanno luogo principalmente in campi isolati ma anche lungo le strade percorse per arrivarvi. Di conseguenza, le donne limitano i loro spostamenti e nei centri nutrizionali nella missione di Kayna le madri preferiscono alloggiare nelle immediate vicinanze invece di tornare ogni settimana per prendere le razioni per i loro bambini”. (2)
In Africa, come in Asia e in Medio Oriente, sono in aumento le violenze contro bambine e donne. Nel Terzo mondo e non solo, milioni di persone (anche bambini) si prostituiscono per poter sopravvivere (vedi
http://antonellarandazzo.blogspot.com/2007/12/gli-angeli-feriti-dei-paradisi.html).
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Il legame uomo-donna appare nella letteratura occidentale quasi sempre problematico, talvolta collegato alla morte o ad uno stato di perenne sofferenza o di cocente delusione. Tale rapporto viene inteso come passionale, romantico o caratterizzato da fattori non controllabili e dunque non razionalizzabili. Questi fattori darebbero origine ad una serie di problemi e ostacoli.
I due poli sessuali, se distanti fra loro vengono intesi anche come inconciliabili.
Il romanzo tradizionale descrive spesso un amore inquieto e inquietante, che fa emergere il desiderio di ricostituire “l’intero” della psiche umana, tramite la fusione con l’altro, che rappresenta la parte perduta.
Per molti studiosi gli esseri umani sono un “intero” ovvero posseggono una natura che comprende molte potenzialità e caratteristiche, gli uomini non sono soltanto aggressività o desiderio di prevaricazione, né le donne sono soltanto passività e sacrificio. Ogni essere umano è unico, e al tempo stesso riassume tutte le caratteristiche della realtà umana. La differenza è nella quantità e non nella qualità. Non bisogna confondere i potenziali femminili e maschili con i corpi e la sessualità maschile o femminile. Si può essere del tutto eterosessuali ma al contempo capaci di integrare gli aspetti maschili e femminili della propria psiche.
Fino agli anni Sessanta dello scorso secolo, gli psicoanalisti che divulgavano concetti sulle caratteristiche femminili (sessualità compresa) erano tutti uomini, e nell’ambiente si tendeva a non prendere sul serio ciò che le donne psicoanaliste scrivevano o dicevano a questo proposito. Spiega la psicoanalista Françoise Dolto: “Il campo della sessualità femminile era indagato in modo più teorico che clinico… (gli psicoanalisti che se ne occupavano) erano tutti uomini… (che non erano pronti) a prender sul serio una relazione fatta da una donna”.(3)
La Dolto fece molta fatica ad essere accettata come una studiosa che poteva accrescere la conoscenza sulla sessualità femminile. Paradossalmente, negli ambienti psicoanalitici, si riteneva che gli uomini potessero conoscere la sessualità femminile meglio di una donna!
La società odierna sembra aver risolto i gravi problemi di discriminazione attraverso una maggiore libertà sessuale concessa alla donna. Ma si tratta di un’evoluzione che ad ulteriore analisi non appare realmente tale. Piuttosto, risulta che sia stato introdotto un nuovo modo di intendere la sessualità femminile, rimasto comunque inscritto all’interno della società patriarcale.
La donna non ha avuto maggiori possibilità di esprimere le proprie risorse, anche se è stata incoraggiata a vivere la sessualità in modo più “corporeo”, sul modello della sessualità maschile, cercando di puntare l’attenzione al godimento fisico piuttosto che all’affettività. I risultati, considerando alcune caratteristiche generali attribuite alla sessualità femminile, potrebbero aver peggiorato la condizione femminile, puntando a sottrarle quelle caratteristiche che differenziano la sua sessualità da quella maschile.
La società creata dai media di massa vede puntata l’attenzione sul sesso inteso come istinto, e non come rapporto. Tant’è che, come spiega Dolto, i media offrono un’immagine parziale e distorta della sessualità:
“Al presente i media si occupano della sessualità, mai della libido… bisogna dire che è proprio questa confusione tra sessualità (cosciente) e libido (inconscia) a trascinarci verso quel famoso binario morto, verso l’inerzia, a farci inabissare in un instupidimento bestiale, invece di diventare umani. La sessualità può essere femmina, la libido non può essere che femminile”.(4)
La sessualità può essere “umanizzata” all’interno di una relazione, oppure può essere vissuta in modo narcisistico, come impulso sessuale o come desiderio di conquista. Ovviamente, risulta maggiormente evolutivo un rapporto “umanizzato”, in cui esiste una relazione e non soltanto un rapporto sessuale fra corpi. Ma il sistema attuale, attraverso i media e le mode, presenta immagini, situazioni, suggestioni e evocazioni che stimolano il desiderio di avere rapporti “mordi e fuggi”, che appaiono più intensi e rassicuranti di quelli che richiedono lo sforzo di considerare l’esistenza (non solo fisica) dell’altro. Stimolare il narcisismo significa anche indurre verso rapporti di coppia superficiali, basati sull’aspetto fisico o sul carattere della novità.
Secondo la psicoanalisi, l’essere umano possiede una libido, ovvero un’energia potenzialmente sessuale, che è originariamente bisessuata. L’evoluzione biologica, caratterizzando sessualmente, fa emergere anche le differenze di genere nel canalizzare la libido.
Nella cultura occidentale, mentre la sessualità maschile, intesa come fallica e prevaricante, è stata considerata importantissima per caratterizzare l’essere forte e virile, la sessualità femminile è stata vista in funzione di quella maschile, a tal punto da non avere nemmeno un’esistenza autonoma. Essa veniva vista soltanto quando appariva “eversiva”, indesiderabile, immorale. Ad esempio, Gustave Flaubert fu condannato per immoralità per aver raccontato la storia di Madame Bovary, una donna che, scontenta del proprio matrimonio, scelse di farsi un amante. Fino a metà dello scorso secolo c’era l’idea che le donne non dovessero cercare il piacere sessuale, ma soltanto la sicurezza di un marito e la gioia di mettere al mondo dei figli. Chi usciva dai binari e cercava una vita sessuale appagante era considerata “donna di malaffare”, da omologare alle prostitute. Ogni donna, venendo al mondo, riceveva sin da piccola precise indicazioni su ciò che il suo sesso richiedeva, e su ciò che era inopportuno o vietato, anche se concesso ai maschi. La bambina acquisiva il valore che la sua femminilità aveva nella realtà sociale, attraverso quello che le veniva detto e quello che non le veniva detto. Essa tendeva a conformare il suo corpo, la sua affettività e il suo comportamento sulla base dei messaggi verbali e non verbali che riceveva sulla sua femminilità, reprimendo ciò che esulava dal suo ruolo dI genere.
Il valore che la femmina imparava a dare a se stessa era di solito strettamente rapportato al valore che veniva concesso alla madre o ad altre figure femminili rilevanti.
Le mamme di una volta potevano addirittura vantarsi di non provare piacere e di sperare che il marito le “cercasse” poco, manifestando il desiderio di sentirsi più madri che femmine. Se la ragazzina si accorgeva che la madre aveva valore come madre più che come seduttrice, era incoraggiata ad identificarsi col ruolo di madre, acquisendo il desiderio di un buon matrimonio e di figli.
Col tempo, specie dopo gli anni Settanta, le cose cambiarono, ma alla repressione non subentrò una vera educazione sessuale, né si ebbero tentativi di ridare alle donne il loro valore, e incoraggiare una sessualità autonoma da quella maschile. Al contrario, attraverso i mass media, è stata offerta un’immagine del corpo femminile sulla base del desiderio maschile (i programmi TV di solito sono creati da uomini). Dunque, nella sessualità, come in altri ambiti, i valori femminili non sono stati riconosciuti, e continuano ad essere “muti”, trovando spazio soltanto gli elementi propri di una sessualità maschile, a cui si chiede che tutti si adeguino.
Si è in tal modo imposta l’immagine della donna-seduttrice come femmina di valore, che “ci sa fare con gli uomini”. Gli stereotipi di seduzione posti, dal tacco a spillo, al reggicalze e al perizoma, sono ovviamente ripresi dalle fantasie erotiche maschili. Le donne giovani puntano ad avere un seno prosperoso, ricorrendo alla chirurgia estetica, per apparire seduttive e sentirsi di valere qualcosa, suscitando effetti sull’immaginario erotico maschile.
La domanda è fino a che punto la sessualità femminile debba essere “creata” dalle fantasie maschili, in un contesto in cui la donna esiste nella misura in cui si adatta ad una società maschile e m
aschilista.
Le donne che si adattano ad un modo maschile di intendere il sesso possono credere che la sessualità possa essere utilizzata come strumento per avere potere, per manipolare gli eventi o punire. Ad esempio, la moglie può negarsi al marito per non aver ricevuto un vantaggio materiale o per punire un comportamento non approvato, oppure una donna può offrire “servigi” sessuali ad un uomo per ottenere in cambio vantaggi lavorativi.
Secondo lo studioso Dan Kiley, anche l’atteggiamento di alcune donne di utilizzare il sesso come “strumento di potere” fa parte del modo maschile di intendere la sessualità:
“La donna, nel momento in cui decide di usare il sesso come strumento di potere, avalla un processo di separazione e l’insorgere di sentimenti negativi. Allo stesso tempo definisce anche il suo vissuto nei confronti del proprio corpo: è uno strumento, privo di desideri e di calore, da usare subdolamente nella lotta per la supremazia… la donna si rafforza nella falsa opinione di se stessa come oggetto sessuale e la sua capacità di provare piacere diminuisce; l’irrequietezza e il senso di solitudine aumentano e la rabbia e l’amarezza nei confronti della vita si focalizzano sul compagno e, in alcuni casi, sugli uomini in generale, chiudendola in una visione pessimistica dell’amore… Il sesso è un’esperienza cerebrale: l’ottanta per cento dell’attività sessuale avviene al di sopra delle nostre spalle. Se una donna vuole godere del proprio corpo, è meglio che prima dia una regolata alla propria testa”.(5)
Anche la studiosa Susan Forward ritiene interessante l’associazione fra sesso e potere, e spiega i limiti fra l’uso strumentale del sesso e il bisogno di viverlo in modo autentico:
“Conosciamo… il potere del sesso di attrarre qualcuno che desideriamo, e sappiamo come sia facile manipolare una persona sottraendole il piacere sessuale. Se non si sta attenti, rischiamo di muoverci nell’arena della sessualità spinti da decisioni basate su motivi del tutto errati: provare che siamo desiderabili, mostrare che siamo persone libere, disinibite o spontanee, affermare le nostre pretese sull’altra persona. Punire… In una buona relazione tra due persone sessualmente compatibili seguire di tanto in tanto i desideri dell’altro non rappresenta un pericolo per la propria integrità, sempre se non diventa un obbligo o una fatica… Dobbiamo… sentirci sempre liberi di proteggerci quando quello che ci è chiesto supera i nostri limiti e sentiamo che può farci del male… Costringere qualcuno a fare l’amore quando non ne ha davvero voglia, o non si sente bene, è un modo di procedere privo di affetto e di considerazione, e una persona che, in queste circostanze, stia meditando di cedere, deve sempre chiedersi: ‘Si tratta d’amore, o di potere, controllo, desiderio di vincere e dominare?’ Se si tratta d’amore, il partner sarà comprensivo. E se non si tratta d’amore, è vitale proteggere il proprio rispetto di se stessi e la propria integrità”.(6)
Molti uomini notano con inquietudine che nel nostro contesto culturale sempre più donne credono che la loro avvenenza o capacità di seduzione sessuale possa costituire un modo per avere potere, denaro o altri vantaggi. Alle donne sembra concessa ogni vanità e ogni impulso seduttivo, anche quando può essere fonte di sofferenza per qualche uomo. Alcuni uomini si convincono che in realtà sono le donne ad essere “privilegiate”, in quanto anche i loro comportamenti vanitosi e capricciosi vengono accettati. Queste persone ritengono che vi sia più tolleranza verso i comportamenti seduttivi femminili.
Essendo considerata il “sesso debole”, la donna viene sempre intesa come vittima, anche quando potrebbe non esserlo, mentre l’uomo, come “sesso forte” sembra essere considerato in ogni caso come un potenziale carnefice. Questa rappresentazione della realtà, che risente delle deformazioni e mistificazioni che riguardano i ruoli sessuali, può essere dannosa ad entrambi i sessi e fomentare maggiori rancori e divisioni. Se si incoraggia la seduzione sessuale femminile sempre e comunque, si instilla nelle donne l’idea che per sentirsi davvero seduttive occorra sedurre tutti, e non soltanto la persona di cui si è innamorati. Questo suscita lamentele, aspre critiche e talvolta anche decise condanne contro le donne, considerate come opportuniste o inclini a fare le “gatte morte” per pura vanità. Anche se indubbiamente possono esistere persone che si comportano in questo modo, sarebbe ingiusto estendere il giudizio negativo a tutte le donne.
Purtroppo alcuni uomini possono essere guidati nei loro giudizi da uno stereotipo generico di “donne”, e attribuire una serie di caratteristiche negative a tutte le donne, ritenendo che esse siano del tutto “naturali”, dunque ineliminabili. Lo stesso accade a molte donne: valutano negativamente ciò che ritengono “maschile” e ne danno un giudizio di immodificabilità. Ovviamente, tutto questo deriva e fa parte del contesto culturale in cui i ruoli sessuali sono distanti, stereotipati e sanciscono profonde divisioni, quando non, addirittura, rancore e odio. Disquisire se una caratteristica attribuita alla donna o all’uomo sia “naturale” oppure no equivale a spostare il centro del problema e allontanarlo dalla possibilità di vedere entrambi i sessi come parte della realtà, e dunque da non condannare perentoriamente per presunte “tare naturali”. Non ha senso cercare chi ha più “tare naturali”, se l’uomo o la donna, come non ha senso disquisire su chi è “superiore” all’altro. Tutti gli esseri umani dovrebbero avere pari valore nella dignità e nella considerazione sociale, senza produrre pregiudizi o stereotipi per giustificare eventuali discriminazioni. Senza contare che non esistono le “donne” o gli “uomini” come categoria astratta, ma soltanto i singoli individui di sesso maschile o femminile.
Nel mondo non c’è bisogno di una “guerra fra i sessi” ma, al contrario, di costruire un’armonia nei rapporti uomo-donna, eliminando vecchi pregiudizi e discriminazioni. E poi, dato che i sessi sono complementari, perché mai non si dovrebbe porre l’attenzione agli aspetti diversi ma positivi anziché a quelli ritenuti negativi? E’ dannoso pensare che uno dei sessi abbia più valore dell’altro e focalizzare l’attenzione sui difetti più comuni dell’uomo o della donna.
Come dice un vecchio detto “siamo tutti nella stessa barca”, e nel sistema attuale, seppur in modi diversi, sia donne che uomini subiscono ingiustizie e soprusi. Spesso i giudizi perentori e pieni di disprezzo sono dovuti a delusioni cocenti subite da un uomo o da una donna.
Oggi sempre più i media associano il femminile con il “sex appeal”, ponendo in evidenza soltanto le attrattive fisiche femminili e penalizzando le donne non propriamente avvenenti. La donna sexy sembra essere diventata la donna per eccellenza, a cui si può perdonare tutto. Tuttavia, esistono anche atteggiamenti ambigui verso la donna seduttiva con tutti, e alcuni uomini, anche quelli che non si sottraggono al suo fascino, le danno un valore minore rispetto al loro ideale di donna come moglie e madre. Osserva lo scrittore Cormac Burke:
“Sembra che il nostro mondo moderno abbia perso di vista un aspetto primario della sessualità: se nulla rende un uomo tanto rispettoso di una donna quanto la maternità è perché la maternità sottrae la donna alla categoria di un oggetto da possedere, situandola in quella della realtà da venerare. La sessualità, separata dal riferimento alla paternità, viene defraudata della sua dimensione misteriosa e sacrale, il che attiene con particolare vigore alla maternità. In nessun altro aspetto appare il mistero e la gloria di esser donna quanto nella sua capacità di essere madre. Pochi uomini non sono commossi da questo mistero. Oggi invece non sembrano molte le donne che se ne gloriano”.(7)
L’influenza che il sistema attuale esercita sugli individui, anche in ordine al sesso, è assai più forte di ciò che si potrebbe ritenere. Tali influenze possono generare personalità adeguate, ma anche scompensi, sofferenze e contrasti fra i
sessi.
Gli altri sono sempre un insieme di cose che ci piacciono, che comprendiamo, e di cose che non ci piacciono e che percepiamo come ignote. Il lato “misterioso” dell’altro ci può apparire ostile, potenzialmente pericoloso, e dunque cerchiamo di chiarire come lo vorremmo, senza tener conto del fatto che gli altri non possono mai essere come li vogliamo così come noi non siamo in tutto e per tutto come essi ci vogliono.
La maggiore libertà sessuale raggiunta negli ultimi decenni non si è tradotta in un maggiore equilibrio nel rapporto fra i sessi. Il vecchio modo di impostare i rapporti uomo/donna non è stato soppiantato da un nuovo modo, più equilibrato e favorevole ad entrambi i sessi. Al contrario, agli errori del passato se ne sono aggiunti altri, rendendo tali rapporti in molti casi difficili o distruttivi. L’immagine della donna è stata gravata da notevole confusione e dalla mercificazione mediatica.
Nell’attuale sistema non si fa molto per sollevare le tante problematiche relative ai rapporti uomo/donna, e per aiutare le coppie a migliorare i rapporti. Al contrario, in vari modi possono essere favoriti i contrasti fra i sessi, inducendo a vedere tale situazione come immodificabile. Le produzioni televisive e cinematografiche puntano ad esasperare i contrasti di coppia, presentando donne e uomini nevrotici, incapaci di stare insieme positivamente, e motivati da aspetti superficiali o distruttivi. Si punta a convincere che l’attrazione sessuale sia la parte più importante del rapporto, e che dunque i legami possono concludersi quando la passione fisica tende ad essere meno intensa. Non si fa emergere che i rapporti di coppia possono evolversi all’interno di dinamiche emotive, affettive o mentali, e che è possibile crescere nel rapporto, anziché considerare l’altro come un corpo seduttivo e nulla più. Nelle produzioni mediatiche (televisive e cinematografiche) si induce a credere che i rapporti veri siano quelli malsani, in cui non c’è equilibrio, ma tanta passione, che si esaurirà in breve tempo. Tali rapporti non sono basati sull’autentica conoscenza dell’altro, ma sul bisogno (pulsionale o emotivo) di rapporto o di sesso. E’ come se non ci fosse necessità di conoscere l’altro come persona e di amarlo, ma soltanto di appurare se e come egli può soddisfare i propri bisogni. Nell’assenza di vero rapporto, ovviamente, le coppie sono destinate a durare un periodo più o meno breve.
Una relazione autentica richiede un percorso di maturità, che la nostra cultura, in alcuni suoi aspetti, scoraggia o intralcia in vari modi. In tale contesto il rapporto di coppia viene caricato di significati romantici, passionali o emotivi che non aiutano a crescere o a diventare capaci di relazioni mature.
L’amore autentico per un partner è un sentimento che produce determinati effetti biochimici e psicologici. E’ un campo energetico benigno, da cui scaturiscono effetti salutari e socialmente positivi. Si tratta di uno stato mentale che implica diversi fattori emotivi, affettivi e sessuali. L’amore è fatto di equilibrio psichico ed emotivo, che permette all’individuo di agire a favore degli altri o della persona amata, permettendo la felicità e la soddisfazione dei bisogni. Il vero amore, dunque, richiede maturità emotiva ed equilibrio, mentre l’infatuazione passeggera richiede soprattutto attrazione fisica.
Il diverbio su come ogni sesso debba vivere la sessualità può nascondere il desiderio di avere un rapporto migliore con l’altro sesso, di maggiore complicità e comprensione. Un livello maggiore di comunicazione, in una società “della comunicazione” in cui sempre meno si hanno profonde comunicazioni.
Per ogni persona, c’è stato un (una) ex che ha causato sofferenza, un (una) ex che si è mostrato irrispettoso dei nostri sentimenti, o un ex (una) che ci voleva imporre cose che non volevamo. O, semplicemente, che ci ha lasciato, mandando in frantumi la nostra autostima, e che magari ha lasciato una punta di amarezza verso l’altro sesso.
Per concludere, quello che emerge dalla situazione in cui ci troviamo attualmente, è che la sessualità ha perduto il significato originario di “pulsione di vita” o di slancio che congiunge all’altro in un rapporto che dovrebbe essere “regolato” soltanto dalle stesse persone che lo vivono.
In un sistema basato sulla legge del più forte occorre chiedersi quanto sia importante e difficile costruire rapporti fra i sessi equilibratI e basati sull’uguaglianza. C’è sempre lo spettro dell’antica discriminazione del femminile, e del patriarcale rivendicare ciò che il femminile dovrebbe essere. Anche la stessa generalizzazione “uomo” o “donna” sarebbe da prendere con le pinze, dato che nell’esperienza di ognuno di noi ci sono molteplici personalità femminili e maschili, talvolta anche opposte pur appartenendo alla stessa categoria sessuale.
Occorre tener presente che un sistema in cui domina un ristretto gruppo di persone è possibile soltanto in un assetto in cui gli esseri umani sono prigionieri delle loro stesse paure, che possono generare sfiducia e desiderio di potere ingiusto. All’interno di tale sistema non bisogna trascurare la difficoltà di tutti (uomini e donne) a raggiungere un adeguato equilibrio e a mantenere alta l’autostima e la sicurezza in se stessi, vivendo anche la sessualità come la si vuole vivere veramente.
La crescita personale è resa difficile in un contesto in cui manca una vera libertà. I rapporti di coppia rappresentano una sfida spesso non facile. Tuttavia, vale la pena concepire la vita come un viaggio spesso difficile e complesso, ma sempre proficuo e affascinante. Un viaggio di sicuro migliore se sceglieremo di percorrerlo con un’altra persona, esprimendo la nostra sessualità e non solo, superando paure, difficoltà, barriere e pregiudizi.
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Antonella Randazzo
Fonte: http://lanuovaenergia.blogspot.com/
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24.08.2009
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NOTE
1) Steinem Gloria, “Autostima”, Rizzoli, Milano 1994, p. 273.
2)
http://www.ecn.org/reds/donne/mondo/mondo0609congo.html
3) Dolto Françoise, “Il desiderio femminile”, Mondadori, Milano 1995, p. XVIII.
4) Dolto Françoise, op. cit., p. XXIV.
5) Kiley Dan, “Quando lei smette di fare da madre a lui. Il dilemma di Wendy”, Rizzoli, Milano 1986, pp. 116-117.
6) Forward Susan, “Il senso di colpa. Liberarsi dai ricatti morali”, Tea, Milano 2001, pp. 213-215.
7) Burke Cormac, “La Felicità Coniugale”, Ares Edizioni, Milano, 2004, p. 24.