Medaglia al petto del governo Meloni: arrestato dopo 30 anni il latitante dei latitanti, il boss Matteo Messina Denaro.
“Abbiamo catturato l’ultimo stragista responsabile delle stragi del 1992-93“. Ha dichiarato il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia in conferenza stampa. Da quelle stragi, da tangentopoli, dal Britannia, è nata la Repubblica che ci ritroviamo oggi: tradita, sottomessa, invasa, per citare un famoso libro del giornalista Antonio Socci. Di quegli anni si sa troppo poco, sappiamo quasi tutto degli esecutori materiali delle stragi, molto poco o nulla dei mandanti occulti. Il famoso terzo livello che sfiorarono Chinnici, Falcone, Borsellino e altri prima di loro, ma lo pagarono con la vita.
Per capire la mafia bisogna risalire a come è stata fatta l’Italia unita, per contrastare davvero la mafia bisogna guardare prima Roma e poi Palermo. Come ci insegnano i tanti uomini dello Stato onesti e perbene, uccisi perchè rimasti soli.
Per combattere veramente la mafia vanno seguiti i soldi e quelli veri ormai stanno altrove, non certo in Italia. Per distinguere la mafia bisogna pensare ad un livello militare (Bontade, Riina, Santapaola, Provenzano, Messina Denaro) e ai colletti bianchi e bianchissimi, ma anche lì la piramide si fa ripida, perchè è una piramide di svariati gradini – e gradoni – da cui si vede tutto, o quasi.
Da lassù si vede anche un’Italia ormai protettorato delle multinazionali, parente povera della potenza industriale che fu proprio fino al 92/93, quando venne affogata nel sangue dei suoi martiri, dei giusti caduti nell’adempimento del dovere e dei cittadini inermi. Bombe a Palermo, Firenze, Roma, Milano, e ancora Roma. Ma c’era chi si godeva la crociera extra lusso, a Civitavecchia, dove sul panfilo della Regina d’Inghilterra si stabiliva il dopo: impoverimento, deindustrializzazione, trasferimento epocale di ricchezza dai molti ai pochi.
“Una grande vittoria dello Stato che dimostra di non arrendersi di fronte alla mafia“: ha detto il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Messina Denaro finisce in galera a 62 anni, arrestato in ospedale. Come segnale di forza mafiosa, non c’è male. Così erano al tramonto Totò Riina, capo Corleonese vincente nella guerra degli anni ’80 e Bernardo Provenzano, boss malconci e ormai superati.
Mentre le fanfare mediatiche ci stanno rincoglionendo di elogi legalitari, pur riconoscendo naturalmente il valore della cattura a chi vi ha contribuito a sprezzo del pericolo per servire i cittadini onesti e l’Italia, nel silenzio ci troviamo in una morsa: sia in sede europea tra MES e riforma del patto di stabilità, che invischiati in una guerra dagli esiti imprevedibili per la sicurezza nazionale, per non parlare delle migliaia di imprese al collasso causa bollette stratosferiche.
Bene l’arresto di Messina Denaro, chissà se ci racconterà mai qualcosa sul ’92/93, quando dall’alto iniziò una vera guerra contro gli interessi del popolo italiano che – dopo ben tre decadi – non accenna a finire. Sarebbe un terremoto politico.
Comunque vada, di solito, un fatto – almeno simbolicamente – così rilevante, fa presagire dei cambiamenti politici significativi.
Incrociamo le dita, 30 anni fa non arrivò il meglio.
FONTI
16.01.2023
Articolo aggiornato alle 21,54 del 16.01.2023