DI DANIEL PIPES
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Abitualmente non offro consigli a un presidente alla cui elezione ero contrario, che persegue degli obiettivi che temo e delle linee politiche che non condivido. Ma qui ho un’idea affinché Barack Obama salvi la sua traballante amministrazione, facendo un passo a tutela degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Se la personalità, l’identità e la celebrità di Obama incantarono nel 2008 la maggioranza dell’elettorato americano, nel 2009 queste stesse qualità si sono dimostrate inadeguate per governare. Obama non è riuscito a mantenere l’impegno per quanto riguarda il problema dell’occupazione e la riforma sanitaria, ha fallito nei tentativi di politica estera tanto piccoli (per esempio assicurarsi le Olimpiadi del 2016) quanto di vasta portata (rapporti con Cina e Giappone). L’operato del controterrorismo a malapena supera il test della risata.
Questa esigua performance ha provocato un crollo senza precedenti nei sondaggi e la sconfitta in tre importanti elezioni suppletive, culminando due settimane fa in una sorprendente sconfitta senatoriale in Massachusetts. I tentativi di Obama di “resettare” la sua presidenza probabilmente falliranno se egli si concentrerà sull’economia, dove lui è solo uno degli innumerevoli attori. Obama ha bisogno di un gesto plateale per cambiare l’immagine che l’opinione pubblica ha di lui come campione dei pesi leggeri, raffazzonando ideologi, preferibilmente in un’arena dove la posta è molto alta e dove lui può battere le aspettative. Una simile opportunità esiste: Obama può dare ordini all’esercito di distruggere la capacità di produzione delle armi nucleari di Teheran. Le circostanze sono propizie.
Innanzitutto le agenzie di intelligence Usa hanno ribaltato i contenuti dell’assurdo National Intelligence Estimate (NIE) del 2007, quel rapporto che asseriva con «un ampio margine di probabilità» che Teheran aveva «sospeso il suo programma di armamento nucleare». Nessuno (a parte i governanti iraniani e i loro agenti) nega che il regime si sia buttato a capofitto nella costruzione di un ampio arsenale nucleare. In secondo luogo, se i leader di Teheran dalla mentalità apocalittica avessero la Bomba, essi renderebbero il Medio Oriente ancor più instabile e pericoloso. Potrebbero utilizzare le loro armi nella regione, portando a eccidi e distruzione. E alla fine, potrebbero lanciare un attacco a impulsi elettromagnetici contro gli Stati Uniti, devastando completamente il Paese. Eliminando la minaccia iraniana, Obama protegge la patria e invia un messaggio agli amici e ai nemici degli americani.
In terzo luogo, i sondaggi d’opinione mostrano un sostegno americano di lunga data per un attacco nucleare iraniano. Secondo il Los Angeles Times/Bloomberg del gennaio 2006, il 57 per cento degli americani è a favore di un intervento militare qualora Teheran perseguisse un programma in grado di permetterle la costruzione di armi nucleari. Secondo Zogby International dell’ottobre 2007, il 52 per cento dei potenziali elettori appoggia un attacco militare Usa per impedire all’Iran di costruire delle armi nucleari; il 29 per cento si oppone a una simile misura. Nel maggio 2009 viene chiesto agli intervistati da McLaughlin & Associates se siano d’accordo con «l’impiego dell’esercito [Usa] per attaccare e distruggere gli impianti in Iran che sono necessari per produrre un’arma nucleare», il 58 per cento di 600 potenziali elettori si dice a favore dell’uso della forza e il 30 per cento si dichiara contrario. Da Fox News, nel settembre 2009, viene chiesto «Sei favorevole o contrario all’impiego da parte degli Stati Uniti di un’azione militare che impedisca all’Iran di avere delle armi nucleari?» Il 61 per cento dei 900 iscritti alle liste elettorali si dice favorevole all’azione militare e il 28 per cento si dichiara contrario. Il Pew Research Center chiede nell’ottobre 2009 se è più importante «impedire all’Iran lo sviluppo di armi nucleari, pur implicando ciò l’impiego di un’azione militare» oppure «evitare un conflitto militare con l’Iran, pur implicando ciò il possibile sviluppo di armi nucleari». Il 61 per cento degli intervistati si dichiara favorevole della prima opzione e il 24 per cento mostra una preferenza per la seconda.
Non solo una forte maggioranza – il 57, il 52, il 58, il 61 e ancora il 61 per cento – è già favorevole all’uso della forza, ma dopo un attacco gli americani si stringeranno presumibilmente intorno alla bandiera, facendo salire rapidamente queste percentuali. In quarto luogo, se l’attacco americano si limitasse a distruggere gli impianti nucleari iraniani e non ad ambire a un cambio di regime, ciò richiederebbe pochi “scarponi sul terreno” e implicherebbe delle perdite piuttosto esigue, rendendo un attacco politicamente più appetibile.
Proprio come l’11 settembre ha indotto gli elettori a dimenticare i primi mesi di distrazione della presidenza di George W. Bush, un attacco contro gli impianti iraniani manderebbe l’inefficiente primo anno del mandato di Obama giù nel dimenticatoio e trasformerebbe la scena politica interna. Inoltre, un attacco accantonerebbe la riforma sanitaria, indurrebbe i repubblicani a lavorare con i democratici, farebbe protestare i netroots, provocherebbe un ripensamento negli indipendenti e farebbe andare in brodo di giuggiole i conservatori. Ma l’opportunità di fare benissimo è fugace. E dal momento che gli iraniani rafforzano le loro difese e parlano di armamenti, la finestra dell’opportunità è chiusa. Il momento di agire è adesso oppure il mondo diventerà presto un luogo molto più pericoloso.
Daniel Pipes
Fonte: http://it.danielpipes.org
Link: http://it.danielpipes.org/7931/obama-il-momento-di-attaccare
5.02.2010