DI PAOLO BARNARD
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Caro Massimo Fini, provo per lei una sorta di opinione confusa, dovuta ai così diversi flash che mi arrivano su ciò che dice, fa e su dove lei si trova. Intorno alla sua figura aleggia il ‘ribelle’, il lupo solitario del giornalismo di razza italiano, il ‘sepolto vivo’ dell’informazione scomodo a tutti e perciò sepolto vivo, ma anche qualcosa che non quadra. La sua mezza ribellione al terrorismo filo sionista della comunità ebraica italiana – neppure lei ha saputo chiamare Israele per ciò che è; la sua associazione con un personaggio (a dir pochissimo) compromesso com’è Marco Travaglio – che, mi permetta Fini, puzza molto di ‘anch’io salto sul carro vincente perché a dir la verità il sepolto vivo alla fine non lo so reggere’; e la sua presenza su quotidiani (oddio, quotidiani, insomma Fini…) come Il Gazzettino, Nazione e Carlino che proprio non mi sembra poi tutto questo imbavagliamento, mi lasciano perplesso.
Nella foto: Massimo FiniMi devo fidare di lei Fini? Dove stanno e quali sono gli attributi che definiscono un giornalista oggi in Italia come veramente scomodo al Sistema e all’Antisistema? Cioè, un vero giornalista. Cioè un uomo solo e rompicoglioni a 360 gradi sia coi nemici che con gli amici indifferentemente. Come ci riconosciamo fra di noi, Fini? E come fa il pubblico a riconoscerci fra la marmaglia di finti eroi, nuovi ‘paladini’, truffatori e veri lacchè che turbinano in questo mondo impazzito dell’informazione starnazzante? Una sua risposta, grazie, se non altro per chi in noi crede.
Paolo Barnard
Fonte: www.paolobarnard.info
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7.07.2009