DI MASSIMO FINI
E finalmente ci siamo
arrivati. Al recente
Congresso di Vienna
(quali echi) l’Uefa ha preso
una decisione veramente storica:
a partire dal 2005, ha
autorizzato i terreni di gioco
in erba sintetica, cioé artificiali.
Non ci saranno più
zolle traditrici, buche,
insabbiature in mezzo all’area,
fasce quasi impraticabili
e che piova o meno non
avrà più alcuna importanza
perché il campo rimarrà
liscio, non ci saranno pozzanghere,
e inoltre, con questi
terreni inerti, si potranno
costruire tranquillamente
stadi al coperto riparati
anche dalle insidie del vento.Dice Franco Volpi, consulente
medico dell’Associazione
calciatori: “Le condizioni di
molti campi sono una minaccia
allo spettacolo e all’integrità
dei giocatori. L’uniformità
dell’erba sintetica consente
un’equità tecnica che
oggi non c’è. Si potrà giocare
il pallone allo stesso modo
in qualsiasi settore”. I campioni
risulteranno e i brocchi
non avranno scampo.
A parte che anche i brocchi
hanno un loro senso e una
loro funzione nel calcio, queste
tesi non mi convincono
affatto. Un campione è tale
anche, e forse soprattutto,
perché sa ‘leggere’ e capire
il terreno di gioco così come
un toreador è grande non
solo perché mata al momento
e nel punto giusto, ma
perché sa capire il toro che
gli sta davanti. E ammettiamo
pure che su questi campi
lisci come un biliardo sia
abolito l’errore.
Il calcio è bello proprio perché
è imprevedibile e anche
Van Nistelroy o Totti possono
incredibilmente sbagliare
un gol a porta vuota, traditi
da un rimbalzo malandrino.
Saranno impossibili trucchetti
che han fatto l’epopea
del calcio, come quando il
torinista Masper, in un
famoso 3 a 3 fra Juventus e
Torino, scavò di nascosto
una buca sul dischetto del
rigore facendo fallire a Sals
il gol che, a cinque minuti
dalla fine, avrebbe dato la
vittoria alla Juve.
(…) Sparirà il fascino
determinate del ‘fattore
campo’ (con conseguenze,
credo, anche per il totocalcio)
dato che anche
una squadra di brocchi a
casa sua è temibile perché
i giocatori conoscono a
memoria il terreno. Non ci
saranno più pioggia e i
campi al limite della praticabilità?
Ma una partita
di calcio è un’evento epico,
una metafora della
guerra, e certi match giocati
nel fango sono più
esaltanti di altri giocati in
condizioni ottimali.
Oggi appena un giocatore
perde una goccia di sangue
lo si fa uscire, ma una
delle partite più emozionanti
cui ho assistito fu
quella in cui il gigantesco
centromediano dell’Inghilterra,
Butcher, giocò un
tempo intero con maglietta
e calzoncini letteralmente
intrisi di sangue e
fini così, eroicamente, il
match.
I campi sintetici non sono
che l’ultimo aspetto di un
trend, ormai in atto da
una ventina di anni, tutto
teso a disumanizzare il
calcio a favore dell’economico
e del tecnologico.
Tutti i contenuti mitici,
epici, simbolici, sentimentali,
identitari, che han
fatto la fortuna secolare
del calcio, vengono via via
eliminati.
Si è arrivati a cambiare,
per interesse degli sponsor,
le maglie alle squadre,
quando un tifoso si identifica
innanzitutto nei colori
della squadra del cuore
prima ancora che nei suoi
giocatori. E a questo si
aggiungono lo scompiglio
dei numeri, il vorticoso
passaggio dei giocatori da
una squadra all’altra
anche in mezzo al campionato,
le partite spalmate
sull’intera settimana, la
fine della ritualità domenicale,
l’over dose di calcio
giocato e parlato, le
Tv che vanno a spiare
anche i labiali dei calciatori
e gli sputi (in campo si
è sempre sputato, oh yes!)
e il loro occhio fisso, ebete
e disumano pretende di
avere valore sportivo.
Tutte cose che stan trasformando
questa grande
festa nazional-popolare,
così carica di contenuti
simbolici rigorosi, in uno
sgangherato e insensato
Barnum all’americana.
E quando i campi saranno
lisci come biliardi, non ci
saranno più erba né pioggia,
né vento, né fango, né
pozzanghere e i valori tecnici
dei giocatori saranno
rispettati con l’esattezza
del Computer, allora sarà
arrivato finalmente anche
il momento di sostituirli
con degli automi.
Massimo Fini
Fonte:”AriannaEditrice”
novembre 2004