DI GIULIETTO CHIESA E FRANCESCO DE CARLO
“OPERAZIONE BROGLI” – La seconda parte dell’inchiesta sullo scrutinio elettronico
Nell’ultimo numero di MicroMega abbiamo iniziato la nostra inchiesta sull’affidamento delle elezioni ai privati, un’operazione la cui scarsa trasparenza si è nei giorni scorsi conquistata l’attenzione dei grandi media e ha spinto alcuni parlamentari dell’opposizione a chiedere la sospensione della sperimentazione programmata per aprile. La vicenda solleva forti dubbi circa la silenziosa privatizzazione della democrazia, le modalità con le quali viene appaltata alle multinazionali e il subdolo percorso intrapreso verso il “voto elettronico”, di cui lo “scrutinio elettronico” costituisce una tappa fondamentale.
Tre questioni sulle quali dobbiamo ritornare perché ulteriori approfondimenti ci hanno permesso di documentare l’inopportunità della prima fase, l’illegittimità della seconda e la sostanziale pericolosità della terza. Lo scrutinio elettronico, che viene fatto passare per inoffensivo, è il passaggio cruciale di un percorso. Le intimidazioni, sotto forma di bombardamenti preventivi di denunce, contro chi ne parla lo dimostrano. La democrazia non è uno show
Perché si è deciso di procedere alla sperimentazione dello scrutinio elettronico? Tra le prerogative dei buoni governanti c’è la capacità di rispondere ai bisogni dei cittadini, non quella di inventare problemi e spese. A noi non risulta che questo “bisogno” sia emerso. Meno che mai risulta che la gente, gli elettori, vogliano giocarsi alla roulette elettronica la sicurezza del voto che esprimono. Meno che mai che vogliano farlo per guadagnare qualche ora sull’annuncio dei risultati. La democrazia non è una questione di rapidità. Il 2 giugno 1946, quando il paese venne chiamato a scegliere tra repubblica e monarchia, il ministero dell’Interno fu in grado di rilasciare le prime indicazioni solo tre giorni dopo il voto. Avrebbe cambiato qualche cosa un campione di mille persone che avesse detto in due ore il risultato? Naturalmente no. Cosa fa pensare al nostro governo che sapere più in fretta di quanto già non sappiamo risponda a una necessità sociale avvertita nel paese? E dunque perché spendere i nostri soldi (35 milioni di euro per una sperimentazione che interessa solo quattro regioni)? Per essere, come si suol dire, “al passo con il progresso”? Oppure per snellire la procedura della conta? La verità è che lo scrutinio elettronico non elimina le file ai seggi, non snellisce le operazioni di voto, ma taglia i tempi solo per la proclamazione dei vincitori. E non rappresenta neanche un grosso risparmio economico rispetto alle metodologie tradizionali di spoglio, a meno che non si pensi, in prospettiva, di eliminare i registri cartacei.
Ma è proprio questo il motivo dell’allarme, perché a quel punto chi controllerà i risultati? Chi garantirà la correttezza delle procedure di conteggio? Chi assicurerà dal rischio di intromissioni dolose? E, se si mantiene la fase cartacea, allora si gettano dalla finestra miliardi e miliardi, inutilmente. In sintesi: mettiamo a repentaglio la democrazia senza ricavarne vantaggi di sorta.
Come non vedere che, nella migliore delle ipotesi, si vuole soltanto spettacolarizzare ulteriormente la politica, far combattere gli “esperti”, i sondaggisti, i vincitori e i vinti, in prime time , negli orari di massimo ascolto, nelle maratone elettorali studiate per consumatori televisivi imbolsiti dagli exit poll? E questa, appunto, è l’ipotesi migliore. C’è anche quella peggiore: che chi organizza tutto questo circo Barnum voglia solo importare, a caro prezzo, la nuova democrazia elettronica di George Bush. Il tutto mentre – come ha scritto prima di morire Paolo Sylos Labini – il 9 aprile è “in gioco la nostra dignità”. Esattamente come nel 1946.
La democrazia non è un business
S’è già scritto che Telecom, Eds e Accenture sono state scelte senza appalto pubblico e a trattativa privata. Dicono che c’era urgenza perchè la legge era stata varata solo a gennaio, tre mesi prima del voto. Così hanno aggirato gli appalti, cosa che si può fare solo in via eccezionale. Ma, poiché la data delle elezioni non era una sorpresa, e altre sperimentazioni erano già state fatte, tutto fa pensare che la situazione d’urgenza è stata creata in modo artificioso.
Solo sospetti? Niente affatto. Si può dimostrare che l’affidamento dello scrutinio elettronico di aprile alle suddette società è illegittimo. Il decreto 157/1995 dice che i 95 giorni che separano il varo della legge dal 9 aprile sono sufficienti almeno per una trattativa privata plurima con preliminare pubblicazione del bando di gara. Dunque non c’erano condizioni d’urgenza che impedivano di consultare altre aziende. Peggio ancora. Si è semplicemente proceduto a riaffidare lo scrutinio elettronico alle stesse società che avevano vinto una gara precedente. Un appalto auto-capestro che impediva allo Stato di cambiare eventualmente percorso per ulteriori affidamenti.
È quanto emerge da una diffida portata avanti dalla Ales srl, società informatica di Cagliari, nei confronti del ministero dell’Interno, del ministero dell’Innovazione, di Sviluppo Italia e di Innovazione Italia. Il caso della Ales, sollevato da MicroMega nel numero scorso e poi ripreso dal blog di Beppe Grillo e da altri media, è il caso di una piccola realtà nel mondo informatico che sviluppa un software open-source per la rilevazione informatizzata dei dati elettorali, lo sperimenta a proprie spese nel 2001 in Sardegna su autorizzazione di Pisanu, ne cede l’uso per un massimo di 2.500 licenze in occasione delle europee del 2004 alle società che hanno vinto l’appalto pubblico e si vede esclusa l’anno successivo, quando il governo riaffida, senza gara, il servizio a Telecom, Eds e Accenture per le regionali del 2005. La Ales ricorre al Tar del Lazio per ottenere tutta la documentazione. Quando scopre che il software utilizzato dalla Eds, le brochure informative, le guide rapide e i capitolati tecnici risultano simili a quelli del 2004 dà corso a una citazione in giudizio e a una diffida.
La democrazia è sotto schiaffo
Fumus persecutionis ? Processiamo le intenzioni? La reazione dei protagonisti è piuttosto scomposta. MicroMega ancora non è stata querelata, ma i colleghi di Diario , arrivati in contemporanea a noi sullo stesso osso, sono stati avvertiti, insieme a “quanti altri divulghino le affermazioni gravemente diffamatorie” contenute nel settimanale. E che dire delle pagine intere acquistate da Telecom sui principali quotidiani con la minaccia di ricorrere per vie legali contro chiunque osasse mettere in relazione l’azienda con il caso Storace? Appunto bombardamenti legali preventivi che, coniugati con l’uso delle inserzioni pubblicitarie, possono avere effetti rilevanti su un quarto potere già debilitato.
Chiara è solo una cosa: che il ministro Stanca non sta improvvisando. Il cronista del Giornale gli chiede: “Ministro, dove sta l’innovazione e il risparmio di tempo se poi c’è il rischio che si debbano ricontare le singole schede [in caso di contestazione]?”. Stanca risponde: “Vero, ma vogliamo fare un passo alla volta”. Questo passo l’abbiamo analizzato, e il successivo? Stanca lo comunica a Repubblica : “Il voto elettronico è un’opportunità matura dal punto di vista tecnico. Sono gli elettori a non essere pronti”. Quando saranno pronti, secondo Stanca, lo si vede dalla sua lettera al ministro dell’Interno, nel 2003, dove sollecita l’innovazione delle procedure elettorali elettroniche al fine di “innovare le modalità di voto anche sul resto del territorio nazionale in vista delle elezioni europee del 2009”.
Di corsa per fare come in America, dove sono stati documentati gli errori di macchine elettroniche che hanno assegnato a Bush preferenze destinate a Kerry e hanno registrato surreali affluenze al voto del 124 per cento. Per non parlare dei conflitti di interessi tra il Partito repubblicano e le società interessate al voto elettronico. Tra queste proprio Eds e Accenture.
Per questo bisogna fermarli, fino a che non si dimostri che sono inoffensivi, se non vogliamo svegliarci alla vigilia della prossima consultazione elettorale in mezzo a computer che non si sa chi li manovra e con l’ansia di brogli elettorali che non potranno essere riparati, perché non ci sarà controllo possibile e perché i vincitori già staranno festeggiando nei salotti televisivi.
Giulietto Chiesa e Francesco De Carlo
Fonte: http://www.megachip.info/
Link. http://www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=1775
VEDI ANCHE: BROGLI ELETTORALI, DUE INCHIESTE CONGIUNTE (PARTE I)