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La Redazione

 

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BONO, NEL NOME DEL POTERE

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A cura di Davide
Il 15 Novembre 2013
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ANTONIO GARCIA MALDONADO
elasombrario.com

Paul David Hewson, alias Bono, dice che il suo nome deriva dal negozio Bonavox della sua natale Dublino.
Qualcuno non se la beve e vedono la ragione del suo nome nell’alta stima che ha di se stesso, un esempio di virtù e bonhomia ( bonhomia è una parola creata dal francese bonhomie=semplicità gentilezza amabilità, e il suo nome, Bono, io la vedo così). Molti hanno pensato che in fin dei conti questo è un dettaglio di poco conto, che prima di lui non ci sia mai stato nessuno così solidale da prestare il suo nome e la sua voce per la lotta contro l’AIDS e la fame in Africa, la riconciliazione in Irlanda e il debito del Terzo Mondo. In più ha fatto un sacco di canzoni che hanno segnato un epoca assieme alla sua band, gli U2. Durante un concerto Bono chiese un attimo di silenzio al pubblico per dire: “Ogni volta che mi do uno
schiaffo sulla mano muore un bambino in Africa”, al che una voce dal pubblico gridò: “Beh, smetti di farlo allora stronzo!!”.

C’è qualcuno che mal lo sopporta e associa il suo alias al debito pubblico e ai suoi tassi
d’interesse come a nulla di positivo. Quanto contribuisce Bono? Harry Browne, un giornalista statunitense residente in Irlanda, ha appena pubblicato in Spagna un profilo molto distruttivo ma nello stesso tempo divertente sul leader della band, considerato nel suo paese come una sorta di coscienza nazionale senza macchia, Bono: en el nombre del poder (Sexto Piso).

E’ scritto con malcelata ostilità verso il personaggio, tuttavia, documenta senza compromessi l’empatia che possiamo sentire verso argomenti così viscerali. Perché, ammettiamolo, a tutti sta antipatico Bono, nella maniera in cui Muchachada Nui lo raffigurò in uno sketch nella sua serie ‘Celebrities’, (Muchachada Nui è uno show TV spagnolo), e quel copione potrebbe tranquillamente averlo scritto Browne. Ricordate vero?

“Di stelle del rock così valide siamo al massimo io e Carlinhos Brown, che pure ha un bel fondo. (1)
L’autore descrive così il motivo del suo libro: “non ha niente a che vedere con l’invidia, e non mette in
discussione la base del successo di Bono, ma piuttosto la maniera in cui ha deciso di utilizzarlo
politicamente”.

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Il cantante degli U2 sarebbe, in sostanza, una persona che utilizza una retorica ambigua per convenire bene un po con tutti senza compromettersi veramente con qualcuno, un prestanome necessario al sistema nella sua versione più cruda, lui aiuta a legittimare tutto, facendo credere che esistono alternative radicali al proprio sistema, che ci sono soluzioni dal di dentro, e nel frattempo stanno al coperto. Una sintesi della carità nella sua versione più natalizia. E il colmo è che non paga “pedaggio” nel suo paese. Dove, tuttavia, viene trattato con una reverenza che Browne critica, soprattutto da parte dei media ( dove proprio il giornalista collabora).

I discorsi che hanno dato la fama a Bono dentro e fuori dal suo paese (soprattutto negli Stati Uniti) sono quelli della meritocrazia, l’infinito valore dello sforzo: sono un ragazzo della parte difficile di Dublino, che grazie alla musica e al talento, è andato lontano, e ora che posso, utilizzo tutta la fortuna e la popolarità per ridare alla società tutto quello che ho avuto e per contribuire a fare un mondo migliore. In più, sono un pacifista e sono stanco della guerra del mio paese, e non sono emigrato a Londra quando lì la scena musicale era migliore per stabilirmi e trionfare. Ho fatto molto per l’Irlanda e gran parte del Terzo Mondo.

Browne dice di no, e lo dimostra. Bono non è della parte difficile di Dublino, il suo vocabolario (che seziona in questo chiaro messaggio), i suoi discorsi e le sue interviste sono al servizio del suo proprio “io”, sia in forma di ego che di carattere. Prima di leggere questo libro ho sempre pensato che Sunday, bloody Sunday fosse un canto contro la mattanza del Regno Unito in Irlanda, no….e alcune risposte alle interviste citate nel libro sono riconducibili di certo a una vergogna straniera. Bono è come un separatista che non sa dove sbattere la testa dopo che qualcuno gli ha chiesto di condannare l’ETA .
I quattro di Dublino rappresentano, tra l’altro, il peggio di un epoca che portò l’Irlanda ad essere salvata dall’Europa con i conseguenti dolorosi tagli che già conosciamo. Finanziarono, e molto, il mercato immobiliare, contribuendo alla bolla, che come in Spagna, saltò senza rimedio; chiesero la diminuzione delle tasse per le società, e Bono, come racconta Browne nel libro, lavorò come un pazzo per far sì che Google e Facebook portassero le loro sedi nell’isola con un accordo fiscale più che vantaggioso.

Quando gli chiesero lumi riguardo il trasferimento di denaro degli U2, avvenuto nel 2007, verso banche straniere nei paradisi fiscali, rispose: “Quello che è veramente ipocrita è l’idea che non si possa usufruire dei servizi finanziari esteri. La domanda giusta che si deve proporre sulla politica fiscale dell’Irlanda è: la nazione è stata un benefattore del prodotto netto? Da quel momento lo fu, e molto, tra l’altro. Per questo, per me, non ho avuto nessuna ipocrisia: eravamo solo parte di un sistema che ha dato benefici alla nazione…” Hei, c’è un uomo che vuole cambiare il mondo.
Browne ci racconta, tra le altre molte cose, che, quando nel 2010 la band fece il tour più redditizio della storia della musica,” i ricavi di U2 LTD furono di solo 130.000 euro, così, le tasse della società furono di soli 16.500 euro “. Però, non si dimenticò di reclamare in quell’anno lo 0,7% del PIL del suo paese per gli aiuti al progresso, senza rendersi conto che quel PIL era minore grazie anche alla sua ingegneria contabile.

L’unica perplessità che rimane a Browne alla fine del suo libro è se Bono è un ipocrita o se veramente crede al suo personaggio. E’ Bono una persona tanto disprezzabile? Sicuramente non molto, però l’immagine da beato paternalista di fronte a negretti e mamme con l’AIDS che si è imposto necessitava di un equilibrio più documentato, e questo lo è.

La conclusione è evidente, ascoltate la sua musica, dimenticate il personaggio.

Puro business nella sua peggior versione.

Antonio García Maldonado
Fonte: http://elasombrario.com/
Link: http://elasombrario.com/bono-en-el-nombre-del-poder/
3.11.2013

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIANLUCA MARTIN

NdT

1) In questo caso fondo in spagnolo sta a significare sia che Carlinhos Brown ha un bel carattere sia che ha un bel fondo inteso come denaro, come Bono, ecco il doppio senso della parola.

LEGGI ANCHE: SIR BONO, IL CAVALIERE SCAPPATO DAL SUO STESSO DIBATTITO

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