DI LIA
Haramlik
Ci sono cose che non è il caso di fare, quando il tuo paese sta distruggendo impunemente un altro paese e la vita di tutto un popolo.
Credere che tutti – ma proprio tutti – se ne freghino, per esempio.
E’ il caso della coppietta di turisti che, ieri sera, si è presentata al bar Las Sirenas dell’Alameda di Siviglia.
Con gli zaini in spalla.
E, sugli zaini, una bandierina di Israele e un’altra degli USA.
E quindi il proprietario del bar è andato da loro e gli ha chiesto se erano israeliani, per caso. Loro hanno risposto di sì e lui gli ha detto di andarsene da qualche altra parte, allora, ché lì non erano i benvenuti.
Si sono dovuti alzare, incavolatissimi, e sgombrare il campo con i loro zaini e le loro bandierine.
Ma la cosa notevole è che, non appena gli è stato detto: “Andatevene dal mio bar!”, tutti quelli che erano seduti agli altri tavoli sono scoppiati, tutti insieme, in un fragoroso applauso.Pensa che scena. I due israeliani allontanati tra gli applausi della gente che gli ricordava il Libano, intanto.
Me lo raccontava la collega in chat, dopo avermi detto che era stata a Madrid con i prof evacuati da Beirut.
Io: “E che raccontavano?”
Lei: “Guarda, è lacerante. Sono depressi, increduli. Niente, che è stata bombardata tutta Beirut, e ci nominavano i posti in cui eravamo il mese scorso, le strade. Non rimane più nulla. E che la popolazione sta soffrendo moltissimo. E che un taxi ti chiede mille dollari, por portarti alla frontiera con la Siria, e che un chilo di patate costa cinque dollari. E che loro hanno lasciato lì le loro cose, la casa. La loro vita, cribbio. Ma la cosa peggiore è che questi poveri libanesi che erano usciti da un tunnel infinito e che stavano vivendo una rinascita si sono ritrovati, improvvisamente, senza più orizzonte.”
Io: “Ma come possono non pagare per tutto questo, gli israeliani? Come è possibile tanta impunità?”
E lei: “Bah. La loro condanna sarà che non vivranno mai in pace e che si sono guadagnati il disprezzo di tutti noi. Io non ne voglio più sapere. Ormai, se ne becco uno per strada lo prendo a pietrate, guarda.”
E io: “Oh, se ne fregano.”
E lei: “No, se ne fregano solo quando le pietrate le prendono gli altri. Ma se toccano a loro, e gli dici chiaro e tondo che te ne freghi altamente, dei loro piagnistei e dei loro giochini da vittime, magari ci pensano un po’.”
Ed è allora che mi ha raccontato la scena del bar: deve essere stata quella che applaudiva più forte di tutti, la colleghina.
E poi mi raccontava di manifestazioni e cose così e io le dicevo che mi pare
molto più coinvolta di altri paesi europei, la Spagna.
La risposta della collega vale la pena mantenerla in spagnolo, ché in italiano non rende: “Claro, como estais todos cagados con el holocausto!”
Già.
Questo nostro geniale sistema di lasciare che altri paghino per i nostri sensi di colpa.
Comunque a me non pare, dopotutto, che un po’ di boicottaggio sarebbe tanto mal visto, in Italia.
Mi successe, all’Unes di Milano, di scoprire alla cassa che la frutta che avevo preso veniva da Israele. E di dovere quindi fermare la cassiera spiegandole: “No, mi scusi, io non compro frutta israeliana. Aspetti, che devo cambiarla.”
“Ha fatto bene!”, mi sentii dire tornando un minuto dopo con la mia frutta cambiata. E mi beccai pure
qualche sorriso da chi era in coda dietro di me.
Con mio stupore, confesso.
La disapprovazione civile verso Israele come strumento di pressione, si cerca di praticare.
Non è che ne rimangano molti altri.
Lia
Fonte: http://www.ilcircolo.net/lia/
Link: http://www.ilcircolo.net/lia/001067.php
28.07.06
In questa pagina c’è un elenco dei prodotti da boicottare. Tra gli altri, Coca-Cola, Danone, Disney, IBM, L’Oreal, Nestle, Nokia, Intel, Timberland, McDonald’s