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La Redazione

 

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BERLUSCONI. UN LODO SENZA LODI

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A cura di Davide
Il 8 Ottobre 2009
26 Views

DI STEFANO VAJ
mirorenzaglia.org

Da un punto di vista giuridico, sistemico ed astratto, è davvero difficile versare lacrime sul fu Lodo Alfano, che rappresentava indubbiamente una pessima implementazione legislativa della conclamata e discutibile ratio di “non disturbare il manovratore”.

Assurda poi la sua sfera di azione: un presidente del consiglio, che in Italia può essere sfiduciato in qualsiasi momento dalle camere, ivi compreso per ragioni del tutto inattinenti con la sua attività di governo; i due presidenti delle camere stesse, il cui modesto anche se oggi strombazzato ruolo, del resto prontamente surrogato in caso di impedimento dagli altri membri del relativo ufficio, non ha proprio nulla a che fare con il governo del paese, ma che non possono essere rimossi se non sciogliendo la camera di appartenenza (!); ed un settennale presidente della Repubblica, già reso “sacro e inviolabile” nel diritto vivente della Seconda Repubblica, al punto che l’indagato che voglia commerciare notizie di reato vere o false che lo riguardano anziché lucrare gli usuali benefici del pentitismo si vede immediatamente contestata la calunnia, tra gli applausi generali alle comunicazioni alla nazione in cui lo stesso presidente approfitta del servizio pubblico televisivo per dichiarare di “non starci a questo gioco al massacro”.Dei “giochi al massacro”, o delle indagini che riguardano crimini potenzialmente commessi prima della loro elezione, a quanto pare i presidenti della repubblica possono essere oggetto solo nell’improbabile caso siano presi da mania suicida.

Un tempo d’altronde il presidente del consiglio, invariabilmente membro anche di una camera, godeva di un’estesa e radicata immunità parlamentare; viceversa, il grado di indipendenza dei singoli parlamentari della sua maggioranza che avrebbe potuto prendere atto della natura e finalità ipoteticamente non persecutoria di indagini che lo riguardassero, è oggi fortemente eroso dal fatto che gli stessi non sono eletti né in collegi uninominali (dove i partiti o le coalizioni che vogliono vincere sono costretti a scegliere il candidato con maggiori chances…) né con un sistema basato su preferenze (dove al parlamentare è sufficiente conservare il potere contrattuale sufficiente ad essere semplicemente messo in lista), ma sono giocoforza yes-men delle segreterie di partito che li iscrivono o meno al posto giusto in liste bloccate.

Altri sistemi poi, come sappiamo, escludono in nuce la possibilità di un conflitto, prevedendo l’indipendenza della magistratura giudicante, ma la titolarità in ultima analisi governativa dell’azione penale; il che d’altra parte implica però anche la responsabilità politica del governo incarico per come la stessa viene (o magari non viene…) esercitata. O ancora prevedono un sistema a due stadi, il primo che comporta la previa necessaria rimozione dall’ufficio (l’impeachment), che è però non è competenza della magistratura ordinaria, il secondo che può comportare l’incriminazione penale ordinaria ed immediata di chi ormai non ha più alcuna veste istituzionale particolare.

Ma tutto questo è davvero accademia, perché è parimenti difficile considerare la dichiarazione di incostituzionalità del lodo Alfano come qualcosa di molto più sacrale di un episodio di una guerra per bande, in cui talune cordate di potere, fortemente incistate nei vari corpi separati dello Stato, giocano le proprie carte contro l’ambiente oggi al governo (ma solo in termini molto relativi al potere). Il lodo Alfano stesso non è stato che una mediazione levantina che si è poi tradotta con la collaborazione almeno passiva del presidente della repubblico in un agguato all’attuale presidente del consiglio. Presidente rispetto al quale il medesimo “lodo” era certamente ed ovviamente una legge ad personam, unicamente finalizzata non a “lasciarlo lavorare tranquillo”, ma a rintuzzare l’attacco giudiziario di cui lo stesso è vittima, per finalità altrettanto evidentissimamente politiche. E in cui una sua condanna parrebbe scontata, del tutto a prescindere dal fatto se davvero venti anni fa sia stato o meno corrotto un tribunale per decidere a suo favore in una causa (che del resto lo stesso avrebbe dovuto probabilmente vincere comunque) contro un altro potente dalle vicende giudiziarie certo ancor meno edificanti.

All’origine di tale attacco Berlusconi ha d’altronde torto ad individuare la “sinistra”. Tanto per cominciare per la difficoltà di individuarne una: l’unica opposizione di cui ci parlano le cronache è un comitato d’affari concorrente, guidato di fatto da un ex poliziotto e pieno di cattolici reazionari e “capitalisti assistiti”, che cerca di accreditarsi presso i poteri forti come alternativa più “seria” e “credibile” all’attuale gestione della zona amministrativa rappresentata dal nostro paese, sulla base di una mentalità e di una politica di estrema destra: moralista, forcaiola, pauperista, legalista, luddita, iper-istituzionale, centralista, autoritaria, intollerante, perbenista, patriottarda quanto prona a fedeltà extranazionali e regolarmente opposta all’autodeterminazione popolare in tutte le sue forme, a partire dalla politica internazionale. Un’opposizione che ha rinunciato al comunismo, ha rinunciato al socialismo ( se non sbaglio l’Italia è l’unico paese europeo senza rappresentanti socialisti, comunisti o socialdemocratici al parlamento nazionale e a Strasburgo…) e che a quanto pare si accinge rinunciare implicitamente anche alle ultime pretese di essere “democratica” in un qualsiasi senso forte della parola. Un’opposizione infine che non tanto usa le truppe d’assalto presenti nella magistratura italiana, ma che viene usata e fa da mero megafono ed ufficio stampa a queste ultime.

In mancanza di qualsiasi controllo popolare sull’attività del pubblico ministero (appunto per via apicale e governativa, o viceversa attraverso l’elezione popolare dei suoi esponenti) le stesse “truppe” si sono infatti da tempo costituite in centro di potere autonomo con una sua agenda, una sua ideologia, e con rapporti diretti ed autonomi con gli altri centri di potere italiani ed internazionali che possono non vedere del tutto con favore la permanente influenza di Berlusconi sugli affari di governo.

Specie quando Berlusconi, sulle orme del CAF alla cui ombra è del resto cresciuto, non si rivela sempre così affidabile, docile e “leale” come si potrebbe desiderare. Ed accoppia oltranzismi atlantisti verbali talora persino imbarazzanti con un’eccessiva disinvoltura, per le forze suddette, nel giocare su tavoli multipli gli interessi suoi e del paese. A cominciare dalla classica questione degli idrocarburi, e delle mosse in corso che coinvolgono progetti strategici in materia di gasdotti come il Nabucco o il Southstream, tali da ridisegnare la geopolitica del globo. Senza bisogno di cadere in stravaganti complottismi, forse Berlusconi dovrebbe prestare meno tempo a leggere le irrilevanti e supponenti dichiarazioni di Franceschini sulla Repubblica e più a considerare le biografie di Mattei o di Craxi…

Stefano Vaj
Fonte: www.mirorenzaglia.org
Link: http://www.mirorenzaglia.org/?p=9630
8.10.2009

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