DI SYLVIA DEBOSSAN
observatoriodaimprensa.com.br
I due principali giornali paulisti sono usciti giovedì (13/6) con editoriali che richiamavano la polizia all’azione: “Riprendere la Paulista”, chiedeva Folha di S. Paulo; “è arrivata l’ora di dire basta”, enfatizzava Estadão, appellandosi a un “maggiore rigore” nella repressione delle proteste contro l’aumento delle tariffe dell’autobus.
Alla fine di quel giorno, hanno ottenuto quello che volevano: la polizia ha dato il meglio di sé e ha distribuito le sue forze indiscriminatamente, colpendo anche giornalisti, alcuni dei quali feriti gravemente dai proiettili di gomma in faccia. Uno di loro, un fotografo, rischia di perdere la vista.
Sarebbe lì, forse, il motivo principale per il “cambiamento di copertina”, osservato in questo Observatório (http://www.observatoriodaimprensa.com.br/news/view/uma_virada_na_cobertura): la stampa sempre si sensibilizza quando alcuni dei suoi vengono colpiti. Fino a quel momento, tanto i giornali paulisti quanto O Globo e le reti televisive si scagliavano a tinte forti contro gli atti di vandalismo esercitati da una minoranza che sempre si infiltra in manifestazioni di questo tipo – come se ciò di per sé, invalidasse la mobilizzazione e, peggio, giustificasse la repressione indiscriminata e selvaggia.
Proprio a questo proposito, O Globo, nella prima pagina di mercoledì (12/6), si riferirebbe alle proteste a Rio come “la manifestazione dell’insensatezza” e, il giorno successivo accusava –il verbo è precisamente questo- il Movimento Passe Livre Paulista (Movimento per il biglietto libero Paulista) di ricevere l’ “appoggio dei partiti”, come se ciò fosse assurdo. Più grave, affermava, proprio in apertura dell’articolo, che gli organizzatori erano responsabili degli atti di vandalismo, anche se essi stessi sostenevano che non avevano il controllo della situazione. Nello stesso paragrafo, condannava –il verbo anche qui è questo- la presunta artificialità della causa, che comprenderebbe interessi occulti e inconfessabili, dal momento che quei giovani non componevano il gruppo sociale “che più risente del riaggiustamento della tariffa dei trasporti”. Come se esistesse legittimità solo in rivendicazioni dell’interesse immediato di ciascuno.
Non è esagerato notare la logica elementarmente fascista di questo ragionamento che colloca ciascuna scimmia nella sua gabbia e rifiuta qualunque prospettiva di mobilizzazione solidaria riguardo a cause comuni.
Cambiamento radicale, pero no mucho
Ma il cambiamento radicale nella copertina forse non è stato così tanto grande. Sicuramente è presente nelle immagini che espongono il risultato della repressione nei visi e nei corpi sanguinanti o segnati dall’impatto dei proiettili di gomma e lo sguardo di odio e divertimento dei poliziotti mentre spruzzano spray al peperoncino contro cameramen e mentre aggrediscono persone che semplicemente bevevano una birra nei bar della Paulista.
Il testo, nel mentre, continua ad essere sottomesso alle fonti ufficiali. Ripete in modo monocorde la condanna del governatore al carattere politico delle proteste, come se questa non fosse una caratteristica inerente a qualunque manifestazione pubblica. Accoglie in modo acritico le promesse di “verifiche rigorose” riguardo a “eventuali eccessi” commessi dalla polizia, come se le prove e le stesse testimonianze dei reporter, alcuni colpiti dalla crudeltà della polizia (http://www.viomundo.com.br/denuncias/a-descricao-da-reporter-para-o-tiro-no-olho.html), non fossero abbastanza per un dibattito incisivo e per una autonomia nell’interpretazione dei fatti.
Inoltre, l’accompagnamento di manifestazioni virtuali fornirebbe elementi sufficienti per un approccio critico. Da tempo i grandi giornali monitorano e interagiscono con le reti sociali. Bene, dalla notte di giovedì proliferano video e dichiarazioni riguardo ciò che è avvenuto a San Paolo. Uno di questi, di Elcio Fonseca (https://www.facebook.com/elcio.fonseca.14/posts/610691765616547) che lavora “all’incrocio della Paulista con l’Augusta”, aveva la caratteristica particolare di fornire i numeri della carta d’identità dell’autore. Protestava contro la violenza gratuita della polizia e parlava di scene prodotte per la TV, come accade frequentemente nelle copertine di guerra: messe in scena per la telecamera. In questo caso, messe in scena che miravano ad attribuire atti di vandalismo ai manifestanti: “ho visto una barricata nell’incrocio con la via Luis Coelho, con cose che mi sembravano divani e copertoni che bruciavano. Indovinate chi ha appiccato fuoco? Proprio così, la Polizia Militare di San Paolo, di nascosto”.
Non sarebbe l’unica registrazione di questa manovra che la stampa “di riferimento” ha preferito ignorare quella notte.
Analfabeti politici
Questa stessa stampa ha appena menzionato l’aggressione ricevuta dal reporter fotografico Piero Locatelli, di CartaCapital, catturato perché stava portando una bottiglia di aceto, per alleviare gli effetti del gas lacrimogeno. La sua registrazione, riprodotta qui http://www.observatoriodaimprensa.com.br/news/view/em_sao_paulo_vinagre_da_cadeia, è un documento esemplare perché espone tutta la stupidità che passa attraverso i differenti livelli di gerarchia di questi poveri diavoli incaricati di mantenere l’ordine nella città.
L’incidente, oltretutto, ha fornito un appiglio per la creazione di un movimento virtuale per la “legalizzazione dell’aceto” (https://www.facebook.com/events/193190434172322/?notif_t=plan_user_invited) , con molto humor, questa terribile arma che scoraggia la forza bruta.
Le autorità, nonostante le loro differenze di partito, parlano ad analfabeti politici. I giornali, nonostante le loro opinioni ideologiche –bisogna staccare- possiedono il dovere elementare del pluralismo: in questo caso, il dovere di investigare le radici e le ragioni di movimenti come questo. Non hanno il diritto di ridurre tutto –i calcoli oscuri per il riaggiustamento delle tariffe, la qualità del trasporto pubblico, il desiderio di partecipazione politica- a un’esplosione di un bando di rivoltosi interessati solo a disturbare il traffico –già di per sé caotico- e frastornare –ancora di più?- la routine delle grandi città, in questo speciale momento mediatico-patriottico della vigilia della Coppa delle Confederazioni. Non hanno il diritto di farsi guidare dall’isteria che demonizza i movimenti sociali e ignora le loro legittimità e le loro contraddizioni.
I giornali, riassumendo, dovrebbero dimostrare che la questione va ben al di là dei 20 centesimi. O che i 20 centesimi sono solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Perché, come dice uno slogan che circola sulla rete “non è per centesimi, è per diritti”.
Agendo come hanno agito fino ad ora, i giornali coltivano l’ignoranza degli analfabeti politici che compongono parte del loro pubblico. È un’opzione rischiosa, soprattutto ai tempi di internet. Dopo non potranno lamentarsi delle conseguenze.
Sylvia Debossan
Fonte: www.observatoriodaimprensa.com.br
Link: http://www.observatoriodaimprensa.com.br/news/view/muito_alem_dos_20_centavos
15.06.2013
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org a cura di ILARIA GROPPI