DI RONALKD L. RAY
Redazione: La corporatocrazia mondiale si è fermata davanti agli interessi degli Stati Nazionali. L’eventuale ratifica statunitense dovrà essere fatta in piena campagna elettorale. Ignorate l’occupazione e la crescita economica della regione pacifico-americana. Il capitolo sulla proprietà intellettuale ha messo gli Stati Uniti contro tutti gli altri paesi. L’Amministrazione Obama ha “dovuto promuovere” le Leggi sul “traffico di esseri umani” della Malesia. Scordatevi il “Made in USA”, il TPP è una specie di “Monopoli” dove il cittadino perderà sempre.
Sulla strada che porta alla governance globale è successa una cosa divertente. Proprio quando il “Trans-Pacific Partnership” [TPP] avrebbe dovuto fare un passo in avanti verso la “corporatocrazia mondiale” [neologismo che sta per ‘sistema politico-economico controllato dalle multinazionali’], è prima inciampato e poi caduto ….. sul nazionalismo.
Potrebbe presto rialzarsi, naturalmente, ma i plutocrati di tutto il mondo hanno comunque dovuto fare un passo indietro non avendo raggiunto, negli incontri di fine Luglio a Lahaina (Hawaii), un accordo sul testo definitivo del Trattato sul “libero commercio”.
Il TPP ha lo scopo di legare irrevocabilmente le undici più grandi economie poste sulle rive del Pacifico (tranne la Cina) all’economia-egemone degli Stati Uniti.
Ma, nonostante il super-segreto che circonda la trattativa sul “Big Business”, i circa 650 imbonitori del governo degli Stati Uniti, gli oltre 150 giornalisti e le centinaia di lobbisti eufemisticamente chiamati “stakeholders” [portatori di un qualche interesse specifico], gli internazionalisti non sono stati in grado di superare i principali ostacoli lungo la strada che porta al controllo dell’umanità.
L’inizio del mese di Agosto era l’ultima data-utile per la conclusione dell’accordo fra Stati Uniti, Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam – nazioni che, messe assieme, rappresentano il 40% del PIL mondiale.
Il TPP, per le Americhe e per l’Asia, potrebbe essere l’equivalente dell’Unione Europea anche se, per il momento, non è in vista alcuna unione politica. Può senz’altro essere considerato come il nodo del “cappio economico” destinato a strangolare la Russia e la Cina lungo la strada che porta alla tirannia mondiale.
Tuttavia, la ratifica del TPP da parte dei paesi partecipanti dipende fortemente dalle singole politiche nazionali.
A causa della cronologia temporale stabilita dal Congresso statunitense per la sua approvazione – nell’occasione in cui ha dichiarato incostituzionale la concessione del “fast-track” [http://comedonchisciotte.org/controinformazione/modules.php?name=News&file=article&sid=15190] – definire il testo finale del TPP dopo il 10 Agosto spinge la ratifica statunitense al 2016, ovvero in piena campagna elettorale, con tutte le intuibili difficoltà del caso.
Per il prossimo anno sono state indette le elezioni generali anche in Canada, evento che mette in dubbio la capacità di quel governo ad imporre ai canadesi, a breve scadenza, la farsa finanziaria del TPP.
Dopo il fallimento all’ultimo minuto dei colloqui di Lahaina, i Ministri presenti nella successiva conferenza stampa hanno rilasciato una dichiarazione congiunta per poter almeno salvare la faccia, dichiarando che: “….. siamo fiduciosi più che mai sul fatto che il TPP sia a portata di mano ….. I progressi compiuti ….. riflettono il nostro impegno per arrivare ad un accordo ambizioso, globale e di alto livello in grado di supportare la crescita economica e dei posti di lavoro in tutta la regione pacifico-asiatica”.
L’occupazione e la crescita economica nella regione pacifico-americana non vengono nemmeno menzionate. Questo significa che altri milioni di posti di lavoro saranno rubati ad americani, canadesi, messicani e sudamericani per essere indirizzati verso forme di lavoro schiavistico in località dell’Estremo Oriente.
E se, apparentemente, sono solo poche le questioni che devono ancora essere risolte per completare il testo del TPP, i negoziatori hanno tuttavia rifiutato di accettarle, considerandole come delle irrisolte questioni d’interesse nazionale.
Lo spirito unitario [fra i negoziatori], in effetti, sembra più che altro un atto di fantasia. Secondo la Reuters, un anonimo funzionario ha dichiarato che “….. non sempre è chiaro com’è che stanno le cose. Conosco i miei problemi, ma non sempre so quello che sta succedendo negli altri paesi”.
Lori Wallach, Direttore del “Public Citizen’s Global Trade Watch”, ha dichiarato al sito di notizie e commenti “Common Dreams” che “….. solo dei negoziatori in stato d’assedio e la maggior parte dei 600 consulenti commerciali che rappresentano gli interessi delle multinazionali vogliono questo accordo, molto impopolare nella maggior parte dei paesi coinvolti – come dimostrato da alcuni recenti sondaggi”.
Il più grande ostacolo in questa corsa spericolata verso la follia economica è il capitolo sulla proprietà intellettuale che ha messo gli Stati Uniti contro quasi ogni altro paese partecipante.
Basti pensare, ad esempio, che i detentori dei copyrights e dei brevetti potrebbero incassare il potenziale diritto ad appropriarsi di tutti gli assets dei “violatori”, anche quelli non direttamente connessi alla presunta violazione del copyright.
Ma ci sono anche le già citate questioni d’interesse nazionale. Un rappresentante degli Stati Uniti, Michael B. Froman, ex Presidente della “B’nai B’rith Youth Organization” (un braccio del “B’nai B’rith International”, che si occupa della sicurezza degli ebrei e di Israele, ma anche della lotta all’antisemitismo e alla bigotteria religiosa), continua a prostituirsi con le grandi aziende farmaceutiche e con gli estremisti del copyright per chiedere una maggiore protezione, nella regione pacifico-asiatica, per i beni e servizi [farmaceutici] statunitensi. Se avesse successo, i farmaci sarebbero più costosi e meno disponibili.
La Nuova Zelanda, a sua volta, insiste perché i mercati siano totalmente aperti ai suoi prodotti caseari, con l’opposizione in particolare del Canada. Il Giappone e gli Stati Uniti, invece, sono in lotta fra loro riguardo l’importazione delle automobili – ma gli statunitensi hanno rinunciato alle imposte sulle carni giapponesi.
Ed ancora, il “Big Tobacco” statunitense vuole lo stesso diritto concesso agli altri settori produttivi per poter citare in giudizio i governi nel caso ci sia una riduzione dei profitti [come conseguenza, ad esempio, di una campagna pubblicitaria anti-fumo], mentre il Messico chiede protezione per i suoi produttori di zucchero.
Ma non è finita, per poter restare all’interno delle leggi americane sulla schiavitù infantile e sulla prostituzione, l’Amministrazione Obama ha “dovuto promuovere” le leggi sul “traffico di esseri umani” della Malesia. Promozione necessaria, a quanto pare, per mantenere questo paese nel TPP [http://www.commondreams.org/news/2015/08/07/obama-administration-accused-giving-human-trafficking-status-upgrade-further].
Le multinazionali, inoltre, potrebbero costringere i governi a privatizzare le imprese di proprietà statale, cedendo loro il controllo di importanti servizi fino a quel momento gestiti a beneficio delle popolazioni, come ad esempio le strade, le ferrovie o i servizi idrici. I governanti locali e nazionali sarebbero costretti, in ogni caso, ad includere le imprese straniere negli appalti pubblici.
Scordatevi il “Made in USA”, quindi, il TPP è una specie di “Monopoli” [gioco da tavolo], tranne per il fatto che non è un gioco e che il cittadino medio perderà sempre.
Il TPP non ha nulla a che vedere con il “libero commercio”, con i posti di lavoro e con la prosperità delle popolazioni. Si tratta di una massiccia presa di potere da parte delle società multinazionali che cercano di strangolare la protezione dei governi sui commerci attraverso una fitta rete di inattaccabili monopoli, protetti da un Tribunale Commerciale segreto, composto da giudici da loro nominati – e non eletti.
Anche la Reuters ha ammesso che il TPP è “un insieme di norme di applicazione universale su temi come i diritti dei lavoratori, la tutela dell’ambiente e la risoluzione delle controversie fra i governi e gli investitori stranieri”. Cos’altro?
Ronald L. Ray
Fonte: http://americanfreepress.net
Link: http://americanfreepress.net/?p=27690
10.08.2015
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da FRANCO
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