Nel silenzio dei media nostrani, apprendiamo da aljazeera.com che, domenica 20 marzo, i combattenti yemeniti Huthi hanno sferrato un attacco ad alcune infrastrutture saudite, prendendo di mira in particolare un impianto di gas naturale liquefatto (GNL), un impianto di desalinizzazione dell’acqua, un impianto petrolifero e una centrale elettrica.
I media statali sauditi hanno comunque tenuto a specificare che l’attacco, ovviamente condannato dall’ONU, non ha causato vittime, ma ha danneggiato case e veicoli nei pressi delle strutture soggette alle raffiche di droni e missili.
L’evento è stato rivendicato dai combattenti Huthi, sostenuti nel conflitto dall’Iran, tramite un messaggio del portavoce Yehia Sarie che ha sottolineato come l’attacco sia parte di “un’ampia e vasta operazione militare nelle profondità dell’Arabia Saudita”.
Come riportato ieri, lunedì 21 marzo, da Arab News, l’Arabia Saudita non si ritiene responsabile per qualsiasi carenza nelle forniture di petrolio al mercato internazionale, come conseguenza dagli attacchi alle sue strutture da parte delle milizie Huthi sostenute dall’Iran, ha riferito la Saudi Press Agency, citando una fonte ufficiale del Ministero degli Esteri.
Secondo il governo, gli attacchi ricevuti hanno ridotto la capacità produttiva degli impianti e per questo motivo stanno mettendo l’Arabia Saudita nelle condizioni di non poter rispettare gli impegni con la comunità internazionale “minando senza dubbio la sicurezza e la sostenibilità delle forniture di energia ai mercati globali”.
Massimo A. Cascone, 22.03.2022
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