di Paul Rockwell
“Noi dimentichiamo cosa sia la guerra, cosa fa a chi la conduce ed a quelli che soffrono per essa. Quelli che più la odiano, ho scoperto, spesso sono i veterani che la conoscono.”
Chris Hedges, giornalista del New York Times e autore di “La guerra è una forza che ci dà un significato”
Per quasi 12 anni, il Sergente Jimmy Massey è stato un Marine fin nel midollo delle ossa [hard-core], qualcuno direbbe un marine entusiasta. Per tre anni ha addestrato giovani Marines in uno dei più duri rituali di indottrinamento della vita militare – il Campo di addestramento reclute della Marina.
La guerra in Iraq ha cambiato Massey. La brutalità, il totale massacro dell’invasione Usa, ha toccato la sua coscienza e lo ha trasformato per sempre. Si è congedato con onore e pieno servizio lo scorso 31 Dicembre ed adesso è tornato al suo paese, Waynsville, N.C.
D: Tu hai trascorso 12 anni nei Marines. Quando sei stato mandato in Iraq?
R: Andai in Kuwait verso il 17 Gennaio [2003]. Sono stato in Iraq fin dalla prima missione. E partecipai all’invasione iniziale.
D: Cosa deve sapere il pubblico sulla tua esperienza come Marine?
R: Deve conoscere la causa della rivolta irachena contro l’occupazione americana. Devono sapere che noi abbiamo ucciso molte persone innocenti. Penso che all’inizio gli iracheni percepissero i feriti come parte della guerra. Ma con il passare del tempo, l’occupazione uccideva gli iracheni, ma non ho visto nessun supporto umanitario.D: Quale esperienza ti ha indotto ad essere contro la guerra ed a lasciare il corpo dei Marines?
R: Ero a capo di un plotone composto da lancia missili e mitraglieri. Il nostro compito era entrare in un’area specifica e rendere sicure le strade. C’è stato un incidente particolare, uno dei molti, che mi ha davvero sconcertato. Ha coinvolto una macchina con civili iracheni. A seguito di tutti i comunicati dell’Intelligence eravamo stati avvisati che le macchine erano state caricate di esplosivo e guidate da kamikaze. Questo è ciò che espressamente ricevevamo dall’Intelligence. Queste macchine giunsero fino al nostro checkpoint. Sparammo qualche colpo di avvertimento.
Loro non rallentarono. Così noi le facemmo “brillare”.
D: Brillare? Vuoi dire che apriste il fuoco?
R: Si, per ogni macchina che facevamo brillare ci aspettavamo che le munizioni esplodessero. Ma non sentimmo mai niente. Questo particolare veicolo non fu distrutto completamente, ed un uomo mi guardò e disse: “Perché hai ucciso mio fratello? non abbiamo fatto niente di male.” Questo mi colpì come una valanga di mattoni.
D: Parlava Inglese?
R: Si.
D: Baghdad è stata bombardata. I civili hanno cercato di fuggire, vero?
R: Si. Hanno ricevuto volantini che gli abbiamo lanciato dagli aerei. Dicevano, “Posate le armi a terra e alzate le vostre mani”. È quello che stavano facendo, ma noi gli abbiamo sparato.
Non erano in uniforme. Non abbiamo mai trovato armi.
D: Devi aver visto cadaveri e feriti?
R: Si, immediatamente. Ho aiutato a buttarli nel canale.
D: Per quanto tempo è durato tutto questo?
R: Per tutto il tempo dell’invasione di Baghdad.
“Lo abbiamo fatto brillare molto bene”
D: Quante volte sei stato coinvolto in un checkpoint dove veniva usata questa tecnica di “far brillare” i veicoli?
R: Cinque volte. Successe nella città di Rekha. Un uomo stava guidando un furgone rubato. Non si fermò. Eravamo così eccitati che non demmo a quel tipo molta scelta. Lo abbiamo fatto brillare molto bene. Poi ispezionammo il veicolo. Non c’era niente. Niente esplosivo.
D: Le informazioni fornite dicevano che le macchine trasportavano esplosivo. Hai mai trovato cose del genere in almeno un incidente?
R: Mai. Mai una volta. Non ci sono mai state esplosioni provenienti dai veicoli che facevamo brillare. In un’altra occasione facemmo fuoco su un raduno pubblico dopo aver sentito degli spari.
D: Una dimostrazione? Dove?
R: Alla periferia di Baghdad. Vicino al complesso militare. C’erano dimostranti alla fine della strada. Erano giovani e non avevano armi con loro. E quando noi giungemmo sulla scena, c’era già un carro armato che stava parcheggiando sul lato della strada. Se gli iracheni volevano fare qualcosa, potevano far esplodere il cingolato. Ma non lo fecero. Stavano soltanto facendo una dimostrazione. Alla fine della strada, vedemmo alcuni RPGs (rocket-propelled grenades – lancia granate) appoggiati contro il muro. Questo ci rassicurò perché pensammo: “Wow, se avessero voluto farci saltare in aria, l’avrebbero potuto fare.”
D: I cartelli di protesta erano in Inglese o Arabo?
R: Entrambi.
D: Chi dette l’ordine di eliminare i dimostranti?
R: L’alto comando. C’era stato detto di stare in guardia dai civili perché molti Fedayin e la Guardia Repubblicana avevano sostituito le uniformi con indumenti civili e stavano preparando un attacco terroristico su soldati americani. Le informazioni provenienti dall’Intelligence erano conosciute da ogni membro della catena di comando. Ogni Marine conosceva la catena di comando, così come le alte sfere. L’ordine di sparare ai dimostranti, credo, venne dagli alti ufficiali di governo, inclusa l’Intelligence all’interno del governo e dell’esercito Usa.
D: Che tipo di armi da fuoco fu usato?
R: M-16 e mitragliatrici calibro 50.
D: Hai sparato a sei o dieci bambini? Sono stati colpiti?
R: Si. Ma ho avuto pietà per un ragazzo. Quando andammo a controllare, egli era nascosto dietro un pilone di cemento. Lo vidi e gli puntai l’arma contro, e lui alzò le mani. Scappò.
Dissi a tutti, “Non sparate!”. Si stava trascinando metà del suo piede dietro di lui. Poi corse via con metà piede tagliato.
D: Dopo questo fatto. Dopo quanto tempo accadde un altro incidente?
R: Probabilmente dopo circa una o due ore. Questa è un’altra cosa. Mi sento meglio nel parlarti, perché ho represso tutto questo.
D: Bene, apprezzo che tu mi dia queste informazioni, sebbene sia difficile, anche i dettagli più dolorosi devono essere richiamati alla memoria.
R: Questo è vero. È un tipo di terapia per me. Perché è qualcosa che ho represso da lungo tempo.
D: Parlami dell’incidente
R: Ci fu un incidente con una delle auto. Sparammo ad una persona mentre aveva le mani alzate.
Uscì dall’auto. Fu ucciso barbaramente. Lo bruciammo. Non so chi iniziò a sparare per primo. Uno dei Marine corse da noi e disse: “Avete sparato ad un uomo che aveva le mani alzate.”
Dio mio, lo avevo dimenticato.
Uranio impoverito e bombe a grappolo
D: Hai menzionato le mitragliatrici. Cosa puoi dirci delle bombe a grappolo, o dell’Uranio impoverito?
R: Uranio impoverito. So cosa fa. In pratica è come lasciare in giro pezzi di plutonio. Io ho 32 anni ed i miei polmoni funzionano all’80 percento. Tossisco tutto il tempo. Non mi sento in salute per aver trentadue anni.
D: Se mai stato nelle vicinanze di Uranio impoverito?
R: Si. È dovunque. Dovunque nei campi di battaglia. Se colpisci un carro armato c’è polvere.
D: Hai respirato la polvere?
R: Si.
D: E se l’Uranio impoverito danneggia te e la tua truppa, contamina anche i civili iracheni
R: Si. Loro hanno la terra devastata.
D: I Marines adottano qualche precauzione contro l’Uranio?
R: No, che io sappia. Se un carro viene colpito, l’equipaggio viene messo sotto osservazione per un certo periodo per essere sicuri che non ci siano sintomi. I carri armati americani hanno Uranio impoverito a bordo, ed i proiettili ce l’hanno all’interno. Se un veicolo nemico viene colpito, l’area diviene contaminata. La morte si aggira sul suolo. La popolazione civile sta capendo solo adesso cosa succede. Diavolo! Non ho mai saputo dell’Uranio impoverito che solo da 2 anni. E sai come l’ho scoperto? Ho letto un articolo sulla rivista Rolling Stone. Ho iniziato a fare domande sull’argomento, e ho detto “Mio Dio!”
D: Le bombe a grappolo sono ancora controverse. Le Nazioni Unite hanno chiesto che vengano bandite. Hai mai familiarizzato con bombe a grappolo?
R: Nel mio battaglione c’è stato un marine che ha perso una gamba per una ICBM.
D: Cosa significa ICBM?
R: Bombe a grappolo multi scopo.
D: Cosa accadde?
R: La calpestò. Non fummo addestrati sulle bombe a grappolo fino a circa un mese prima che io me ne andassi.
D: Che tipo di addestramento?
R: Ci dissero come erano fatte e di non calpestarle.
D: Sei mai stati in posti dove queste sono state lanciate?
R: Oh, si. Erano ovunque.
D: Lanciate dall’aria?
R: Dal cielo così come dall’artiglieria.
D: Sono state lanciate lontano o dentro le città?
R: Sono state usate in ogni luogo. Adesso tu se parlassi con un ufficiale d’artiglieria della Marina, egli ti darebbe una risposta politicamente corretta. Ma per un semplice soldato sono da ogni parte.
D: Anche dentro villaggi e città?
R: Si, se entravi nelle città, sapevi che ci sarebbero state le ICBM.
D: Le bombe a grappolo sono armi non convenzionali. Non sono precise. Non feriscono costruzioni o carri armati. Solo le persone e gli esseri viventi. Ce ne sono molte che non esplodono ma lo fanno dopo che è finita la battaglia.
R: Una volta che il disco lascia il cilindro, le bombe a grappolo hanno vita propria. C’è sempre un errore umano. Le forze armate sono in un’area ristretta. Sta iniziando ad aumentare la consapevolezza di molti civili feriti per questo. Molti iracheni lo sanno. Mi tengo informato grazie ad alcuni amici in Marina e mi hanno detto che a Falluja sono morti circa 200 civili. L’esercito si sta muovendo velocemente per poi nascondere. La mia impressione è che Falluja è solo piena di cadaveri di civili.
Gli Embedded reporters: giornalisti che seguono i soldati
D: Come si comportano gli embedded reporters?
R: Li ho avuti nella mia unità, non nel mio plotone. Uno di loro era un giornalista Sud Africano. Era molto spaventato. Abbiamo avuto un incidente dove uno di loro voleva tornare a casa.
D: Perché?
R: È stato quando iniziammo ad entrare a Baghdad. Quando iniziammo a vedere vittime civili, si defilò e solo quando fummo nella periferia di Baghdad iniziò a riprendere civili feriti.
D: Vorrei ritornare al primo incidente, quando il sopravvissuto chiese perché avevate ucciso suo fratello. Fu quello l’incidente che ti fece cambiare idea?
R: Si, più tardi scoprii che quella era una giornata tipica. Parlai con il mio ufficiale di comando dopo l’accaduto. Venne da me e mi disse, “Stai bene?” ed io dissi, “No, oggi non è una bella giornata. Abbiamo ucciso un gruppo di civili.” E lui rispose: “No, oggi è stato un bel giorno.” E quando disse questo io replicai: “Santo cielo, che diavolo ci faccio io qui?”
D: I tuoi sentimenti sono cambiati durante l’invasione. Quale era il tuo stato mentale prima?
R: Ero come ogni altro soldato. Il mio Presidente mi aveva detto che avevano le armi di distruzione di massa, che Saddam minacciava la libertà del mondo intero, che lui aveva tutto questo potere e poteva usarlo contro di noi. Sono stato coinvolto in tutto questo.
D: Cosa ti ha cambiato?
R: Le vittime civili. Questo è ciò che ha fatto la differenza. La causa del mio cambiamento.
D: La rivelazione che il governo ha fabbricato prove per fare la guerra, ha influenzato i soldati?
R: Si, io ho ucciso persone innocenti per il nostro governo. Per cosa? Cosa ho fatto? Dove sta il bene in tutto questo? Mi sento responsabile per le bugie raccontate dal mio governo. Sono imbarazzato e mi vergogno.
Il confronto con i superiori
D: Capisco che tutti gli incidenti, uccidere civili ai posti di blocco ed alla dimostrazione, pesano su di te. Cosa è accaduto con gli ufficiali del comando? Come ti sei comportato con loro?
R: C’è stato un incidente. Proprio dopo la caduta di Baghdad, quando ci dirigemmo verso sud.
Fuori dalla periferia di Karbala, ci fu un raduno mattutino per i piani di battaglia. Non avevo un buon stato d’animo. Mi giravano tutte le cose per la testa, su quello che avevamo fatto laggiù.
Alcuni dei miei soldati stavano chiedendo delle cose mentre io mi tenevo tutto dentro. Il mio tenente ed io abbiamo avuto una conversazione che mi ha rattristato molto. Lo guardai e gli dissi: “Sento che qui stiamo facendo la cosa sbagliata. Stiamo commettendo un genocidio”.
Mi chiese qualcosa e io risposi che con l’uccisione di civili e l’Uranio impoverito che lasciavamo in giro, non avremmo dovuto preoccuparci dei terroristi. Non gli piacque e si arrabbiò. Ed io capii che la mia carriera era finita. Stavo parlando al mio ufficiale in comando.
D: E cosa successe?
R: Dopo che gli parlai, volevo andarmene. Fui messo agli arresti domiciliari. Non parlai agli altri soldati. Non volevo ferirli. Non volevo metterli a rischio.
Io voglio aiutare la gente. Credo molto in questo. Dovevo dire qualcosa. Quando fui rispedito a casa andai dal sergente maggiore. Egli è a capo di più di 3.500 marines. “Signore,” gli dissi “Non voglio i vostri soldi. Non voglio i vostri benefici. Ciò che avete fatto è sbagliato.”
Avevo proprio un’opinione personale. Avevo fatto una carriera impeccabile. Ho scelto di andarmene. E sai a chi ho dato la colpa? Ho incolpato il presidente degli Stati Uniti. Egli non è un soldato. Ho incolpato il presidente degli Stati Uniti perché aveva detto che gli iracheni avevano le armi di distruzione di massa. Era una menzogna.
Articolo originale:
http://www.infowars.com/print/iraq/ordered_to_kill.htm
May 16, 2004
Traduzione per Comedonchisciotte a cura di Manrico Toschi