DI EUGENIO ORSO E ANATOLIO ANATOLI
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Due astensionisti di ferro come noi, nella situazione drammatica in cui versa l’Italia e nell’imminenza del voto politico, sono costretti a porsi delle domande, ad analizzare la situazione e a trarre conclusioni senza escludere a priori, com’è accaduto in passato, la possibilità di partecipare al voto.
Queste elezioni non sono come quelle del 2006 o del 2008, poiché negli ultimi mesi di vita del quarto esecutivo Berlusconi è partito l’attacco finale contro l’Italia, per ridurla a territorio occupato da saccheggiare, per disintegrare il suo sistema produttivo, per trasformare gran parte della popolazione in mano d’opera a basso costo, mettendoci tutti alla completa mercé delle élite finanziarie internazionalizzate. Gli eventi sono maturati abbastanza rapidamente, nel corso del 2011, e già alla fine dell’anno è comparso Monti con un programma ben preciso, scritto dagli organismi sovranazionali per conto dei dominanti globali ed europidi, da imporre al paese a qualsiasi costo (economico e sociale). La politica liberaldemocratica nazionale ha mostrato chiaramente di non contare più nulla e di non avere accesso alla decisione strategica. Anche coloro che non hanno appoggiato Monti in parlamento, come l’idv e la lega, hanno mostrato l’inefficacia (voluta?) di una timida opposizione di facciata, del tutto interna al sistema politico nazionale che si stava rapidamente trasformando in qualcosa di peggio, e nei fatti hanno abbassato la testa davanti agli occupatori del paese. La seconda metà del 2011, per gli importanti eventi politici occorsi in Italia, favoriti dallo shock dello spread e dalla necessità neocapitalistica di difendere l’euro, ha segnato il passaggio da una liberaldemocrazia pilotata, già completamente priva della sovranità monetaria (persistenza e intangibilità della moneta unica privata) e neutralizzata in politica estera (intervento nato in Libia, fin dal marzo 2011), a una vera e propria dittatura indiretta della classe globale nel paese, realizzata imponendo dall’esterno un governo incostituzionale non di natura elettiva con gravi ed evidenti complicità istituzionali interne (Napolitano e lo stesso Berlusconi, che si è fatto da parte senza fiatare).
Il direttorio euroglobalista Monti-Napolitano ha impostato le controriforme richieste dalla bce, dalla ue, dal fmi dietro i quali si nascondono le aristocrazie finanziarie dominati, temporaneamente interrotte soltanto dallo scadere della legislatura, poco importa se anticipato di qualche settimana. In poco più di un anno il volto del paese è cambiato, secondo i disegni euroglobalisti, si sono imposti il fiscal compact e il famigerato pareggio di bilancio, mentre sono precipitati ai minimi storici le condizioni di vita della popolazione e l’occupazione, i consumi e i volumi del prodotto. Non solo, ma la situazione debitoria italiana, identificata dal rapporto debito pubblico/ pil, è peggiorata ulteriormente, nonostante i tagli selvaggi alla spesa e al welfare, accentuando la debolezza, la ricattabilità e l’esposizione del paese ai rischi di incursioni finanziario-speculative. Questi effetti sommamente negativi delle politiche euromontiane non sono però da giudicarsi tali, se si considera non l’interesse della grande maggioranza del popolo italiano, ma la logica di funzionamento e di riproduzione neocapitalistica, che giustifica anche la tenace persistenza dell’euro. Quindi si tratta di conseguenze attese e fortemente volute. Applicando nel paese le controriforme e le imposizioni europidi che ben conosciamo si volevano ottenere proprio questi effetti economici, sociali e addirittura antropologici (la precarietà priva di diritti come condizione esistenziale riservata alle masse dominate). Verso la fine dell’anno precedente è ricomparso Berlusconi, ha messo in riga il suo pdl e la marionetta Alfano, e come colpo di teatro ha nei fatti sfiduciato Monti attraverso l’astensione pidiellina che garantiva il numero legale, anticipando di qualche settimana la fine della legislatura, ma a giochi chiusi e a finanziaria approvata. Nonostante il “ritorno” di Berlusconi ormai la frittata era fatta, l’occupazione, la produzione e i consumi interni in formidabile caduta, il sistema politico trasformato in dittatura indiretta della classe globale, e la strada che il paese percorrerà in futuro già tracciata, in un Monti dopo Monti da incubo addirittura necessitato (e segretamente ben pianificato nonostante la “volontà popolare” espressa dalle urne).
Perciò le imminenti politiche non hanno la stessa valenza delle precedenti, né vi può essere una qualche effettiva autonomia programmatica dei maggiori cartelli elettorali in lizza, soprattutto di quelli che domani dovranno governare insieme (cartello-Monti e pd-cs). Uniche anomalie la presenza della lista di Grillo, parzialmente extrasistemica, e certe posizioni “euroscettiche”, tacciate di populismo ma fortemente sospette di puro elettoralismo, sposate da un Berlusconi che ha improvvisamente ripreso le redini del pdl e ricompattato il cosiddetto cd comprendente la lega. Purtroppo la relativa estraneità di m5s al sistema – movimento che comunque ha accettato la competizione elettorale pilotata ed è assente dalle piazze – non è sufficiente per identificarlo come un nucleo di aggregazione di future forze rivoluzionarie, in grado di guidare la trasformazione del paese e di elaborare linee programmatiche nuove e alternative. Il suo programma è parziale e rivela qualche preoccupante connotato liberista. Berlusconi, contrariamente a quanto speravamo, non ha premuto troppo l’acceleratore sull’antieuropeismo, sul sentimento popolare antieuro e antitedesco, seminando adeguatamente zizzania nella ue e sollevando in modo chiaro, necessariamente antieuro e antiunionista (senza se e senza ma), il problema della sovranità degli stati e del controllo nazionale della moneta. Il personaggio bleffa, non ha coraggio, dice delle mezze verità senza varcare la soglia critica, evidentemente spaventato da ciò che potrebbero fare (e fargli) poteri molto più grandi di lui. Berlusconi è un pavido con qualche attimo di coraggio, e se da un lato, quando era capo del governo, ha stretto rapporti “anticonformisti” con Gheddafi e Putin, dall’altro lato, nel momento della verità ha sempre abbassato il capo davanti alla nato, agli USA e all’unione europoide, rimettendosi rapidamente in riga, come nel caso dei bombardamenti in Libia. Tuttavia, è possibile che un mix di astensione e di consensi a Grillo e a Berlusconi renda più ardua la realizzazione dei piani euroglobalisti stabiliti per l’Italia, che prevedono la continuazione delle controriforme e della strage sociale con un esecutivo Monti-pd, nelle mani delle aristocrazie finanziarie internazionalizzate.
Per quanto le due future opposizioni parlamentari siano del tutto insufficienti e non ci libereranno delle catene (Grillo, in particolare), o rappresentano soltanto la parte più “indisciplinata” del sistema stesso (Berlusconi, in particolare), oggi è necessario avanzare soltanto quelle richieste che risultano irricevibili per i dominanti, come ha precisato a suo tempo il filosofo Costanzo Preve, quali ad esempio la ricontrattazione delle condizioni di partecipazione alla moneta unica, pena l’uscita dalla stessa (Berlusconi), e un salario di cittadinanza non legato al lavoro, che sostenti stabilmente gli inoccupati e integri salari e stipendi (Grillo), indipendentemente dall’economia e dai bilanci. La minaccia di uscire dall’euro se non si rivedono le condizioni di partecipazione e il ruolo della bce, equivale alla minaccia di riappropriarsi la sovranità nazionale, prospettiva insopportabile per le aristocrazie finanziarie dominanti. Destabilizzante e aliena alla logica euromontiana del “rigore”, per quanto con tratti “demagogici” e legata al taglio della spesa pubblica, è anche la promessa elettorale berlusconiana di abolire l’imu sulla prima casa (patrimoniale neoliberista sui poveri), restituendo quella già pagata. Poco importa se nelle intenzioni del cav certe promesse elettoralistiche costituiscono una sorta di “voto di scambio”, oppure se non saranno in tutto o in parte mantenute, perché ciò che conta, a partire dalla critica all’eurosistema e all’unionismo, sono i loro possibili effetti destabilizzanti, interni e nella cosiddetta eurozona.
Se la percentuale di astensione sarà elevata e a questa si accompagnerà un risultato significativo di Grillo, che distanzierà di alcune lunghezze Monti, e una rimonta di Berlusconi che lo porterà a ridosso del pd (o addirittura oltre di un punto percentuale o due), allora s’intralceranno i piani stabiliti dalle élite finanziarie per l’Italia con il futuro “connubio” sinistra e centro, complicando il quadro politico nel dopo-elezioni. Perciò a chi non può fare a meno di recarsi alle urne e decide di non astenersi, partecipando oggettivamente allo Spettacolo quali che siano le sue motivazioni, il nostro consiglio è di dare il consenso soltanto a Grillo o in alternativa a Berlusconi. Nel secondo caso, se necessario, “turandosi il naso” e nel primo non illudendosi di aver trovato la soluzione definitiva al problema. Con quali scopi, ci si chiederà, se Grillo non è la soluzione del problema e Berlusconi è ondivago, pavido, inaffidabile e sotto costante ricatto giudiziario? Unicamente per rendere più ardua, in termini di seggi soprattutto al senato, una rapida ricomposizione postelettorale dell’asse fra il centro filomontiano, il pd e la sinistra neoliberale, contrastando i piani elitisti per la completa “normalizzazione” dell’Italia in senso neocapitalistico.
In fede
Eugenio Orso & Anatolio Anatoli
Fonte: http://pauperclass.myblog.it
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4.02.2013