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DI DAVID PODVIN

“I responsabili devono pagare”. George Bush è un assassino e anche molto efficiente nel suo lavoro. Attraverso la strage spietata che è ancora in corso si è servito di mezzi sostitutivi per eliminare più di 100.000 civili iracheni. Il fatto che compia i suoi delitti attraverso il telecomando della Stanza Ovale non legittima i suoi omicidi. Anzi li rende ancora più deprecabili.
Bush uccide la gente in nome della democrazia, però quale sia il suo concetto di democrazia lo ha già rivelato sia ad Haiti che in Venezuela, per non parlare poi della Florida e dell’Ohio. I documenti rilasciati di recente da parte del Dipartimento di Stato rivelano come l’ex governatore del Texas stia uccidendo gli Iracheni al solo scopo di rubare loro il petrolio. Questo già si sapeva ma adesso è stato anche documentato. Ci possono essere anche altri motivi peggiori per uccidere la gente, ma al momento non viene in mente altro.
Il livello di crudeltà dimostrato in questa impresa è tale da togliere il respiro. Le forze armate americane, agli ordini di Bush, hanno “neutralizzato” civili disarmati con le bombe a grappolo, col fuoco del napalm, con le pallottole degli elicotteri, con le esecuzioni nelle moschee, e la tortura nelle segrete. La BBC ha mandato in onda l’intervista di una donna la cui figlia incinta era stata mitragliata dagli americani, questo deve essere l’unico mezzo abortivo che i conservatori desiderano tollerare. Così mentre i mass-media aziendali si girano dall’altra parte, Bush continua a uccidere esseri umani che non costituiscono nessun pericolo per l’America.

Grazie ai valori famigliari tanto cari al Presidente i cadaveri di mariti, mogli e figli abbelliscono il paesaggio iracheno. Si tratta di un uomo talmente vendicativo che la sua malvagità fa si che nessun esponente del sistema politico/giornalistico abbia il coraggio di dire una parola, evitando la verità come la peste. Se vediamo le cose secondo il punto di vista dei nostri migliori commentatori nazionali, l’impresa di Bush è esemplare. Lo lodano per avere insistito coraggiosamente con la causa della democrazia in Medio Oriente, quando altri, meno decisi, hanno esitato. Gli fanno le congratulazioni perché non ha dato ascolto alle mutevoli opinioni terrene ma ha insistito nel compito che Dio gli ha affidato. In modo ancora più surreale lodano la sua saggezza, che consiste nel prendere decisioni orribili e sbagliate per poi rifiutarsi di correggerle.

Per quanto i suoi cortigiani cerchino con insistenza di incoronarlo di virtù, il nostro Comandante-in-Capo rimane un barbaro. Bush non sta depredando l’Irak del suo petrolio per aumentare la nostra sicurezza nazionale. Sta saccheggiando una terra di conquista per migliorare i margini di profitto dell’industria petrolifera. La strage in Irak non è un’impresa patriottica finita orribilmente fuori controllo. Si tratta di un mercantilismo omicida che si serve delle forze armate americane per consentire alla Exxon Mobil di migliorare le previsioni trimestrali dei propri guadagni. Uccidere la gente per lucro è un lavoro che si ben si addice a un sicario della mafia, però si addice molto meno a un Presidente degli Stati Uniti.

Ciò rimane vero anche se i giornalistici considerano un atto eroico uccidere i poveri iracheni. E’ importante ricordare che, siano essi dichiarati conservatori o falsi liberali, tutti i più famosi personaggi dei media si nutrono allo stesso truogolo aziendale. Di conseguenza i loro pareri rispecchiano solo ciò che è consentito dai grandi finanzieri, e se qualche pezzo di realtà entra in collisione con gli interessi dei grandi conglomerati aziendali viene subito ignorato. Si tratta di un accordo fra gentiluomini, senza i gentiluomini. Dal momento che Bush è un accolito dell’America dei grandi affaristi, e l’intera categoria dei giornalisti è accolita dell’America dei grandi affaristi, qualunque scontro che possa avvenire al loro interno è comunque sempre subordinato alla causa comune di distribuire la ricchezza mondiale verso l’alto.

Ridistribuire la ricchezza è esattamente ciò che Bush sta facendo in Irak. Con la forza di persuasione di una presenza militare soverchiante toglie il petrolio a popolazioni primitive che non saprebbero gestire un bene così oppressivo e lo dà a gente più sofisticata, specializzata in queste materie. Se gli indigeni non sono d’accordo con questa strategia allora vengono violentati, torturati, e uccisi a favore di un bene superiore.

In America il bene superiore significa l’arricchimento dell’elite aziendale dominante, composta da associazioni di multinazionali la cui unica fede è quella del denaro. Malgrado tutta l’elaborata messinscena del governo rappresentativo, la politica del paese è determinata dal complesso aziendale americano, proprio come faceva il Partito Comunista Sovietico nell’Unione Sovietica. Il Politburo aziendale americano però è più sofisticato della sua controparte bolscevica perché ammette il dissenso, ma solo se è impotente e non in condizione di mettere a rischio lo status quo.

Le grandi aziende esercitano un controllo di fatto sul sistema economico americano, avvalendosi di personaggi come Alan Greenspan, le cui mosse, durante tutto il suo lungo regno di Presidente della Federal Riserve, sono sempre state indirizzate a trasferire il reddito dai dipendenti ai datori di lavoro. Grazie a una politica monetaria che ha sempre favorito il capitale rispetto al lavoro l’insieme delle multinazionali sono in possesso della maggior parte delle ricchezze del paese e possono esercitare in modo aggressivo tutta l’influenza che deriva loro dalla propria eccezionale ricchezza.

I grandi affaristi dominano il sistema politico grazie ai grossi finanziamenti che elargiscono ai due partiti maggiori e al controllo di un esercito di lobbysti. Manipolano l’opinione degli americani per mezzo del sistema informativo che dirige le votazioni verso certe conclusioni. In quelle rare occasioni in cui l’opinione pubblica non obbedisce allora il capo preferito viene nominato da un potere giudiziario già sotto controllo. Il risultato finale è una nazione piena di chiacchiere egualitarie ma che opera sulla base di interessi esclusivamente commerciali.

Alle origini degli Stati Uniti le grandi compagnie non esistevano ancora, così James Madison non ha potuto includerle nel sistema di controlli e equilibri che riteneva necessari per mantenere la libertà. Meno di un secolo dopo che la Costituzione fu ratificata, John D. Rockefeller ha iniziato la demolizione della democrazia americana creando la Standard Oil, che divenne la prima azienda multinazionale. Rockfeller dichiarò che i giorni dell’individualismo erano finiti e che, alla fine. le alleanze commerciali avrebbero guidato il paese.

Purtroppo la sua fu una previsione tragicamente giusta. Malgrado furono fatti alcuni sforzi per cercare di deviare la piena verso il controllo delle società, non ci volle molto perché il Presidente degli USA Calvin Coolidge dichiarasse che gli affari dell’America sono gli affari. Con il passare degli anni il potere politico delle grandi aziende è aumentato sempre di più a spese dei singoli individui, al punto che la parola democrazia è diventata un concetto e non un precetto.

L’America moderna è diventata una sussidiaria di Fortune 500, cioè delle più importanti aziende americane. Di conseguenza vi è un etos sociale di amoralità che esiste solo in funzione dell’imperativo di accumulare ricchezze. Quando l’unico standard accettato è quello di fare del denaro allora la decadenza diventa inevitabile. Appare evidente a chiunque rifletta un po’ che in Irak non abbiamo esportato la democrazia ma la barbarie.

Ma relativamente pochi americani riflettono su quello che succede, perché ci hanno indottrinato in modo tale da credere che tutto quello che facciamo all’estero sia moralmente corretto. Quando gli stranieri reagiscono negativamente alla nostra insistenza che tutto quello che facciamo è corretto, perché altrimenti non l’avremmo fatto, ci sentiamo profondamente offesi. I popoli non americani non riescono a capire che noi siamo infallibili. Credono che ci dovremmo conformare a delle regole di condotta.

Una tale apostasia non ha cittadinanza nei nostri discorsi; viene accantonata in quanto considerata come minimo sleale e al massimo sediziosa. Il candidato presidenziale del cosiddetto partito di opposizione non ha condannato i responsabili che hanno autorizzato la tortura dei minori iracheni perché in tal caso l’elettorato l’avrebbe considerato non-americano. In una società dominata dagli interessi commerciali la decenza è considerata sovversiva.

Gli americani considerano il controllo del paese da parte delle grandi aziende come una cosa naturale e offrono il loro sostegno a una politica estera di conquista purchè sia ammantata di discorsi patriottici. All’estero però il potere sull’opinione pubblica degli interessi commerciali non è come in patria. La maggior parte dei cittadini che vivono in paesi dove l’influenza commerciale è meno potente, non hanno nessun problema a riconoscere che Bush non ha liberato gli Iracheni ma i loro pozzi di petrolio. In più dubitano molto che il saccheggio futuro sarà limitato all’Irak.

Dovrebbero essere un po’ più scettici, perché l’America è impaurita. Diversamente dalla sopravalutata Unione Sovietica, la Cina costituisce una minaccia reale alla supremazia americana. Ben presto la Repubblica del Popolo sostituirà gli USA come nazione dall’economia più sviluppata. Con le loro enormi risorse naturali, una classe dirigente ben istruita, e un vasto serbatoio di forza lavoro esperta e a poco prezzo, i Cinesi sono in possesso di grossi vantaggi. Tenuto conto dei tassi di crescita e dei livelli di indebitamento dei due paesi, a meno che non accada qualcosa di imprevisto, la Cina riuscirà alla fine a superare l’economia americana. Per affrontare questa concorrenza le ditte americane avranno bisogno di aiuto.

A questo scopo Bush ha rovesciato la dittatura di un paese ricco di petrolio come l’Irak e ha cercato di rovesciare il governo democraticamente eletto di un altro paese ricco di petrolio, il Venezuela. La teocrazia di un altro paese ricco di petrolio, l’Iran, può essere oppure no il prossimo obiettivo, in ogni caso ci saranno ancora aggressioni contro paesi che hanno la sfortuna di possedere qualcosa desiderato dai briganti delle nostre corporations. Di nascosto verranno compiuti scippi finanziari – ad esempio Bush ha nominato Paul Wolfowitz Presidente della Banca Mondiale così le nostre aziende potranno approfittare meglio delle estorsioni finanziarie compiute verso quei paesi che hanno qualcosa che vale la pena di rubare.

Con il gigante asiatico che spunta all’orizzonte i dirigenti americani cercano disperatamente di bloccare l’inevitabile. La dottrina d’asino di Bush stabilisce che gli USA sono obbligati a impedire a ogni nazione di poter sfidare la nostra potenza militare. Questa vana minaccia è diretta alla Cina, perché se la storia insegna qualcosa si sa che ogni futura supremazia economica si trasformerà in supremazia militare, con il pericolo che la Cina sostituirà gli USA come supremo sfruttatore mondiale.

Non ci sono molte probabilità che Bush attacchi la Cina la quale è in possesso di una grossa parte dell’incredibile debito americano e può affondare la nostra economia con il semplice maneggio della propria valuta. Invece continuerà a depredare nazioni indifese affrettandosi a saccheggiarne le ricchezze prima dell’avvento della supremazia cinese.

Per ottenere i suoi scopi Bush dovrà eliminare tutti quelli che, sfortunatamente, si troveranno sul suo cammino. Bush è un sicario al servizio delle grandi aziende, ed è uno che sa compiere bene il suo lavoro di eliminare tutti gli indifesi che servono per beneficiare i grandi ladri. Veramente questo non è quello che i nostri Padri Fondatori avevano in mente quando hanno creato l’istituto della Presidenza, ma allora non potevano sapere che il sogno di Madison di una democrazia sociale sarebbe stata sostituita da una dittatura degli interessi commerciali.

David Podvin
Fonte:www.smirkingchimp.com
Link:http://www.smirkingchimp.com/article.php?sid=20570&mode=nested
3.04.05

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