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ASSASSINATO JOHN KLEEVES ?

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A cura di Davide
Il 19 Settembre 2010
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DI GIANLUCA FREDA
blogghete!!!

Avevo sentito parlare dell’omicidio di Rimini, in cui un ingegnere di 62 anni, Stefano Anelli, ha ucciso la nipote Monica Anelli con un colpo di balestra al collo, per poi suicidarsi con lo stesso, improbabile sistema. Non avevo degnato la vicenda della minima considerazione, ritenendola uno dei tanti riempitivi con cui la stampa quotidiana svolge il proprio compito, che è quello di tenere lontani i lettori dalle notizie reali. Apprendo però adesso una notizia che, se confermata, sarebbe sconcertante: Stefano Anelli sarebbe stato in realtà l’uomo che scriveva saggi e teneva conferenze sotto lo pseudonimo di John Kleeves.

A seguito, “JOHN KLEEVES, LA BALESTRA E LA TARTARUGA” (Paniscus, paniscus.splinder.com); ”IL PENSIONATO IMPAZZITO CHE GUARDAVA VESPA” (Debora Billi, crisis.blogosfere.it);
“L’ ASSASSINIO DI SANTA COSTANZA” (Gianluca Freda, blogghete.blog.dada.net);

Kleeves è un autore che attraverso i suoi libri e i suoi frequenti interventi in conferenze e dibattiti mira a denunciare i reali meccanismi di funzionamento del sistema geopolitico americano. Nelle conferenze, John Kleeves parla appunto con un forte accento romagnolo e se la sua identificazione con il presunto omicida/suicida di Rimini fosse confermata (le foto pubblicate su internet non lasciano molto spazio a dubbi) la vicenda di cronaca acquisterebbe, a questo punto, un risvolto inquietante. Le modalità del suo “suicidio”, come pure l’arma utilizzata per condurlo a termine, sono a dir poco inconsuete e – se collegate ai molti interventi e saggi scomodi di cui Kleeves era stato autore – dovrebbero spingere gli inquirenti a prendere perlomeno in forte considerazione l’ipotesi che il “suicidio” sia in realtà un delitto con inquietanti connotazioni rituali maturato in ambienti tutt’altro che domestici e per cause ben diverse da quelle finora presentate dalla stampa.

Kleeves stava da anni rivelando al pubblico gli interessi e le strategie reali che si nascondono dietro l’agire dell’America e il suo mito della “democrazia”. L’anno scorso avevo pubblicato un suo intervento relativo alle strategie di indottrinamento propagandistico portate avanti dal cinema americano, con particolare riferimento al film “Forrest Gump”.

Giornali e TV, per adesso, non hanno minimamente menzionato la possibilità che Stefano Anelli possa essere l’uomo più noto presso gli utenti del web e gli studiosi dei meccanismi del dominio statunitense con il suo pseudonimo di saggista. Kleeves aveva parlato spesso della messinscena dell’11 settembre, della truffa del fantomatico “terrorismo islamico” e della tradizione degli Stati Uniti di autoinfliggersi attentati per giustificare le guerre con cui perseguono le proprie finalità di dominio. I media stanno presentando Anelli al pubblico come un criminale, malato di eccentricità e pieno di manie, ossessionato dalla nipote e ammiratore degli assassini di Erba, Olindo e Rosa Romano. Stanno per caso  preparando la consueta “damnatio memoriae” dell’intellettuale non allineato?

Riporto di seguito una mail che Kleeves inviò il 30/03/2005 a Sherif el Sebaie, titolare del blog http://salamelik.blogspot.com/ . La mail è ripresa dal forum Escogitur, che l’ha ripubblicata ieri. In alto, potete vedere un brano dell’intervento di Kleeves al dibattito “L’italia è una nazione Sovrana? Roma – Washington: alleanza e sudditanza”, che è scaricabile integralmente dal sito di Arcoiris.  

Gianluca Freda
Fonte: http://blogghete.blog.dada.net
Link: http://blogghete.blog.dada.net/archivi/2010-09-19
19.09.2019

Un collega mi ha segnalato il suo sito http://sherif.clarence.com/permalink/185532.html, dove c’è un suo scritto che mi chiama in causa; ed eccomi. Dallo scritto sembra che Lei abbia diffuso una recensione di un mio libro, che non specifica ma dovrebbe essere o il “Vecchi Trucchi ” del 1991 o il “Sacrifici Umani” del 1993; evidentemente, quale che sia, lo ha ritenuto degno di menzione. La ringrazio per questo. Sembra che Lei abbia ottenuto critiche per la Sua iniziativa, conseguenti a critiche al sottoscritto, critiche al sottoscritto che pare abbiano anche fatto riferimento alla mia scelta di pubblicare sotto uno pseudonimo, quello di John Kleeves.


Anche Lei si chiede il perchè di questa mia scelta. Glielo dico volentieri. Quando io iniziai la mia attività pubblicistica contro gli Stati Uniti lo feci – nel 1991 – con il libro “Vecchi Trucchi. Le strategie e la prassi della politica estera americana dalle armi nucleari in Europa all’asservimento dell’America Latina al traffico internazionale di droga ed altro”. Non era un semplice libro “antiamericano”: vi erano cose nuove sugli Usa, delle interpretazioni e degli argomenti che avevo elaborato io e che erano obiettivamente micidiali, almeno sul piano concettuale o pubblicistico (che comunque è quello che conta), per la superpotenza in questione. Faccio un solo esempio, ma ce ne sono vari altri: il traffico di droga. In “Vecchi trucchi ” io credo di avere rivelato un segreto assoluto della politica estera statunitense: la gestione del traffico internazionale di droga (eroina e cocaina) allo scopo di corrompere governi esteri. Già altri autori avevano evidenziato gli intrecci fra traffico di droga e entità statali o parastatali statunitensi, e faccio solo i nomi di Richard Kunnes e di Alfred McCoy (due indubbi benemeriti della verità), ma solo io ho offerto la spiegazione logica della cosa, solo io ho individuato il grande movente, quello che chiarifica e rende verosimile il tutto: non il danaro (che agli Usa non manca), non la corruzione di ufficiali e burocrati (che arriva solo là dove la si lascia arrivare), ma un motivo di Stato, una vera politica estera, appunto un sistema per corrompere e asservire governi e quindi Stati esteri. Bene, come questo c’erano in “Vecchi Trucchi” almeno altri 5/6 argomenti nuovi e di analoga portata, altrettanti siluri lanciati contro gli Usa. Per ciò io scelsi di adoperare uno pseudonimo: in sostanza, perchè il mio attacco contro gli Usa era nuovo ed efficace, e pensavo che questi avrebbero potuto reagire.

Ora vedo che non avevano bisogno di farlo. Perchè sapevano quello che io ancora non sapevo, e cioè che il mio attacco, portato in Italia, sarebbe finito da sè in niente. L’Italia è una colonia di fatto degli Usa: essa viene tenuta sotto con la repressione di fatto e con la censura di fatto. Quì un autore d’opposizione come me basta lasciarlo agli “editori” mediatici del luogo: quelli di massa (che rappresentano il regime, certo) per forza lo ignorano, quelli “alternativi” lo stampano, ma mai quel tanto che servirebbe per farlo uscire dalla ristretta e impotente cerchia degli “intellettuali”, mai quel tanto in breve che renderebbe la sua attività efficace. Adesso essere “antiamericano” è quasi di moda: le mosse Usa contro la Yugoslavia, e poi contro l’Afghanistan e poi contro l’Iraq hanno dimostrato che c’è qualcosa di grosso che non va nella superpotenza “democratica” dell’Occidente. Ora tutti fanno notare questo, almeno fra gli intellettuali che si ritengono più radicali, ma allora non era così, allora ero solo a dire certe cose. Solo, oso dire, a livello internazionale (ha letto il Chomsky ante 1991, o anche quello di adesso? Riesce a vedere le fondamentali differenze di concetto sugli Usa che ci sono fra lui e me? Se vuole ne potremmo parlare). Però adesso in Italia mi vengono a rinfacciare lo pseudonimo, dicono che mi ci nascondo dietro.

Guardi, non è questione di pseudonimo. Quello è un pretesto per minimizzare e banalizzare le mie analisi antiamericane. Non usassi uno pseudonimo l’attacco verrebbe da un’altra parte. A quelle persone, a quegli italiani al cubo, potrei dire che forse l’unico appunto che mi si può fare è di aver scelto male lo pseudonimo: anzichè quello di “John Kleeves” avrei dovuto usare quello di “George Brown”, lo pseudonimo che adoperava Giuseppe Mazzini quando risiedeva in Italia (fra l’altro sotto questo nome morì – in Italia – il ” padre” dell’Italia Unita). In ogni caso, pseudonimo o no, non mi sono mai nascosto, ho sempre dato la mia disponibilità a presenziare a convegni e dibattiti, mostrando sempre la mia faccia accompagnata dalla mia inflessione romagnola. Così ho sempre detto e ripetuto ai miei editori, aggiungendo che mi bastava il rimborso delle spese di viaggio. Ma non mi invita nessuno. E quando capita che mi invitano poi mi “tagliano”: nel 1999 andai a un convegno della regione Lombardia a Milano gestito dal funzionario RAI Roberto Besana, ma poi quello mi disse che aveva perso la registrazione del mio intervento (fra le altre cose avevo detto di fronte a una platea che mi parve entusiasta che in Italia chi comanda non è il Presidente della Repubblica ma l’Ambasciatore americano); gliela ricostruii a memoria ma poi la relazione del convegno “saltò” tutta e non rimase nulla di stampato. Nel 2003 mi intervistò il giornalista Rai Paolo Mondani per conto della trasmissione “Report”, dieci minuti di intervista filmata che scomparvero anche quelli (avevo accusato di truffa il FMI circa la faccenda Argentina e altre precedenti). Per quanto riguarda i miei editori non uno di loro (ne ho tre) ha mai organizzato una presentazione dei miei libri da loro stessi pubblicati, non una. Addirittura con uno di loro, la Società Editrice Barbarossa, sono attualmente in causa presso il Giudice di Pace di Milano per la riscossione dei diritti d’Autore che mi spettano in base al contratto scritto. Fra l’altro, nella causa in oggetto mi presento – ovviamente – con nome e cognome reali, e relativo pseudonimo.

Ma non sono un professore universitario. Forse sono un accademico, ma allora di niuna accademia. Avrebbe dovuto saperlo. In Italia c’è un regime e chi prende la paga dal regime, come in primis fanno i dipendenti pubblici, non può non essere asservito al medesimo. Non può esistere un professore universitario che fa il John Kleeves dicendo quelle cose (vere) sul padrone Usa. Lei nomina il professor Cardini, ma il prof.Cardini è ben lungi dall’essere un oppositore politico del regime, anzi, anzi, anzi. Io invece sono un oppositore. Ed un oppositore vero, che aiuta chi sta dalla mia parte. Anche se con poca fortuna. Mi dispiace in particolare il caso dell’Iraq. Se Saddam Hussein avesse letto “Sacrifici Umani” non avrebbe fatto lo sbaglio di liberarsi dell’arsenale chimico-batteriologico sotto la pressione e le false promesse dell’Onu: in quel libro dicevo che gli Usa nella Prima Guerra del Golfo si erano fermati non per diplomazia ma perchè decimati dalle testate chimiche irachene (si è poi visto negli anni: 30.000 morti, 380.000 contaminati fra gli “Alleati”). Se avesse letto il mio articolo “Non abboccare Saddam”, pubblicato su Internet (di più non ho potuto fare perchè anche le testate più insospettabili censurano alcuni miei scritti, guarda caso sempre i più dannosi per gli Usa e tirapiedi vari tipo il Vaticano ) durante la missione Blix, forse avrebbe anche potuto evitare l’attacco Usa del 2003: 100 o 145 o 300mila iracheni non sarebbero morti.

Parlerei per ore di queste cose ma ho già abusato della sua disponibilità e devo concludere. Le chiedo solo se mi può dire quali critiche sono state portate in particolare a quel mio libro recensito: quali sarebbero secondo loro le cose sugli Usa che io ho scritto e che invece secondo loro non sarebbero vere? Rimango davvero ansioso di saperle, ma tanto. Se vuole può anche pubblicare questa mia lettera sul Suo blog.

Cordiali saluti, Rimini 30 marzo 2005

John Kleeves

VEDI ANCHE: SOTTO PSEUDONIMO PER COPRIRSI – LA STORIA DI ANELLI-KLEEVES RACCONTATA DAL SUO EDITORE

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