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La Redazione

 

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ASCOLTA SI FA PERA

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A cura di Davide
Il 5 Luglio 2005
31 Views

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Trasformismi

DI MARCO TRAVAGLIO

Ogni volta che il ragionier Marcello Pera, inopinatamente presidente del Senato, apre bocca, il pensiero corre disperato al suo ruolo di seconda carica dello Stato. E al fatto che, se il capo dello Stato sta poco bene, gli subentra Pera. La qual cosa accresce smisuratamente il valore della salute di Ciampi.
Ieri il cosiddetto filosofo era a Madrid per arringare una sparuta pattuglia di incolpevoli studenti spagnoli sui presunti crimini del loro presidente del Consiglio, che diversamente dal nostro mantiene le promesse fatte agli elettori.
Che cosa esattamente dicesse il Pera, l’uditorio fortunatamente lo ignorava: egli parlava infatti in italiano. Ma quella faccia espressiva quanto un termosifone spento, quell’aspetto azzimato e inamidato, quella boccuccia a cul di gallina (con tutto il rispetto per le galline) e quel gesto dell’indice e del pollice della mano destra arrotondati nella medesima postura lasciavano fondatamente presumere che stesse delirando.


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Era al suo fianco, in quell’ora grave, Josemarìa Aznar, questa specie di Charlot che alla tenera età di 50 anni è stato raso al suolo dagli elettori spagnoli per le balle raccontate in campagna elettorale, e che dunque è molto popolare in Italia presso la Casa delle Libertà. Josemarìa Chaplin agitava i baffetti neri in segno di approvazione, rendendo se possibile ancor più comica la scena e del tutto trascurabile il contenuto della prolusione periana. Questa, sia detto per inciso, illustrava il pensiero del Pera medesimo sulla legge che consente i matrimoni fra gay e che, lungi dall’estendere i diritti civili, rappresenta in realtà «il trionfo di quel laicismo che pretende di trasformare i desideri, e talvolta anche i capricci, in diritti umani». Il ragionier filosofo rivelava poi di essere un «laico non laicista» e di aver appena vinto in Italia, con le nude mani, il referendum sulla procreazione assistita, avendo «tutti contro: i grandi giornali, il ceto intellettuale, attori del cinema, divi della scienza, quasi tutta l’area politica cosiddetta progressista e illuminista», in una parola «l’arroganza del pensiero elitario laicista».

Gli studenti madrileni, precettati per fare da contorno a Pera, ascoltavano attoniti, ma divertiti. Alcuni, forse, si domandavano perchè nel giro di una settimana siano venuti in pellegrinaggio nel loro paese i presidenti della Camera e del Senato italiani a spiegare agli spagnoli come devono votare. Figurarsi come avrebbero accolto la spalla di Charlot se avessero saputo che, prima della folgorazione sulla via del Vaticano, costui era un campione del pensiero elitario laicista. Escludendo che, all’università di Madrid, si studino le sue opere, ne rammentiamo alcuni scampoli. «Non dobbiamo infilare Dio nella Costituzione europea o inseguire su tutto le posizioni della Chiesa», dichiarava il Pera all’Espresso il 5 dicembre 2002. Ma il 27 ottobre 2004, con agile mossa, aveva già cambiato idea e tuonava sulla Frankfurter Allgemeine: «Abbiamo dimenticato la nostra identità giudaico-cristiana, anzi non abbiamo nemmeno la forza di nominarla nella Costituzione europea». Prima di passare le giornate a baciare la sacra pantofola pontificia, aveva scritto un fondamentale saggio sulla «Laicità» per il libro L’identità degli italiani (Laterza, 1993-1998), con toni da mangiapreti ottocentesco. «Per essere anticlericali – sosteneva – bisogna sentire la dignità della propria identità e delle proprie idee e, quando occorre, avere il coraggio di impugnare una spada per contrastarne un’altra». Il suo comandamento era: «Rispetta la tua coscienza, non avere altra tutela fuori di te». Un comandamento che «vale anche contro Dio», perchè «se per la Chiesa esiste il Diavolo, esso ha meno le sembianze di un Hitler o di uno Stalin che di un laico qualunque». Ergo, «Concordato e laicità sono concettualmente incompatibili». Naturalmente era favorevolissimo alla procreazione assistita: «La perdita degli embrioni è un delicato problema di coscienza per tutti. Ma non lo si risolve decretando d’autorità che un embrione è una ‘persona umana’. Cos’è una persona umana, quando lo si è o lo si diventa è questione difficile da trattare…

Davvero monsignor Sgreccia vuol farci credere che prelevare il seme in un modo o in un altro è moralmente rilevante? La morale dipende da come si eiacula? Nostro Signore non guarderà le nostre intenzioni piuttosto che rovistare sotto le nostre lenzuola?» (27 dicembre 1988). «Ritengo che si possa sacrificare una vita per un’altra, anche la vita di un embrione a favore della vita di una madre. Anche uno Stato laico, certamente, in questi casi fa delle scelte morali: qualunque disciplina normativa si approvi, sottesa a essa vi è una scelta morale. Ciò che sarebbe auspicabile è compiere il minor numero possibile di scelte morali, perché le scelte morali dello Stato incidono sulla libertà dei cittadini. È proprio sulla base di ciò che questa legge non mi piace» (discorso al Senato, 22 marzo 2000). Poi gli spiegarono che, per fare carriera in Italia, i preti è meglio non mangiarli. Potrebbero diventare papi.

Marco Travaglio
Fonte:www.unita.it
5.07.05
Tratto da:http://www.onemoreblog.org/archives/006894.html

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