DI EMIR SADER
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La descrizione della città di Buenos Aires, fatta dalla giornalista del The Wall Street Journal [1], induce il lettore a credere che quest’ultima si sia riferita alla Buenos Aires della crisi del 2001-2002:
“In una visita a Buenos Aires, fatta in novembre, uno strano presentimento sembrava aleggiare sulla città. L’economia stagnante, l’inflazione in aumento, la fuga dei capitali dal Paese e gli argentini, di tutte le condizioni sociali, pronti ad accogliere una tempesta, rassegnati alle carenze che stremano la città di Buenos Aires”.
La sensibile giornalista americana prosegue:
“L’infrastruttura della città sembrava distrutta. Gli spaziosi boulevards e gli imponenti edifici del XIX secolo sono deprimenti e fatiscenti, mentre le strade sono nauseabonde. Il senso generale della decadenza è rappresentato dai muri, imbruttiti da graffiti rancorosi e manifesti strappati”
“Distruggere la ricchezza di una nazione richiede molto tempo, ma (e qui c’è del sorprendente), un decennio di kirchnerismo, ossia delle politiche di governo di Néstor Kirchner e Cristina Fernández de Kirchner, vedova del primo, sembrano rivelarsi ai nostri occhi”.
Ed è qui che ci si trova confusi. L’inquietante descrizione su Buenos Aires non si riferisce alle calamità che il Paese ha vissuto a causa del modello neoliberale menemista (lodato in versi e prosa dal FMI e dallo stesso Wall Street Journal) di agganciare la moneta argentina al dollaro. Quando il sistema bancario ha portato all’espropriazione massiccia della popolazione argentina, il Paese ha vissuto il suo peggior momento storico di recesso, paragonabile, secondo Eric Hobsbawn, al disfacimento dell’Unione Sovietica in Russia. A Buenos Aires ed in tutta l’Argentina, si è potuto assistere allora a cose inverosimili.
A ciò si sommano: il livello di disoccupazione più elevato e mai conosciuto prima- nel periodo precedente, il paese aveva goduto della piena occupazione- l’impoverimento di una buona porzione della classe media e la gente letteralmente gettata in mezzo ad una strada. Si può dire che Buenos Aires ha rivelato i più brutti momenti della sua storia e si tratta di qualcosa di peggiore rispetto a ciò che la giornalista del The Wall Street Journal ha descritto.
Fu a partire dalla crisi, quella della più grande recessione che l’economia argentina abbia vissuto, che Néstor Kirchner prima, e Cristina dopo, sono riusciti a far risalire economicamente e socialmente il paese con dei livelli elevati di sviluppo, malgrado l’eredità maledetta della de-industrializzazione, della privatizzazione delle imprese pubbliche – cominciando da YPF (Yacimientos Petrolíferos Fiscales) – la miseria e l’esclusione sociale.
Ciò che ha permesso a Kirchner di guadagnare tre elezioni presidenziali consecutive sono stati i dieci anni di ripresa sistematica dell’economia di cui è stato fautore, portando il Paese a dei livelli di crescita tra i più elevati dell’America Latina nonché alla riduzione drastica della disoccupazione. Al contrario, la giornalista parla di “de-strutturazione della ricchezza di una nazione per opera dei Kirchner”.
L’autrice dell’articolo non si è sicuramente preoccupata di ricordarsi della Buenos Aires popolata dai “cartoneros”, di gente che comprende buona parte della classe media e che veniva nella capitale a raccogliere tutto ciò che poteva essere rivenduto, riciclato, utilizzato. Ella non si è curata dell’ esistenza di gente lasciata all’abbandono, proprio quando è esplosa la politica neoliberale suicida, tanto lodata dal The Wall Street Journal.
Per i giornalisti della suddetta testata tutto è all’inverso: i governi di Carlos Menem e di Fernando de la Rúa, che hanno distrutto la ricchezza del paese, erano presentati come quelli che la ricchezza l’hanno creata e moltiplicata, mentre i governi di Kirchner, che hanno fatto uscire il paese dalla catastrofe, appaiono come quelli che hanno condotto alla povertà.
Alla fine del suo articolo, la giornalista pronostica un’ “esplosione sociale”, evento che si è effettivamente verificato alla fine dei governi di Carlos Menem e De la Rúa. Se avesse scritto l’articolo a quell’epoca, avrebbe colpito nel segno, viste le successive mobilitazioni straordinarie dovute alla bancarotta dell’economia argentina, illusa dagli orientamenti del FMI e del The Wall Street Journal.
Note:
[1] Argentina’s Crumbling Economy by Mary O’Grandy
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Emir Sader
Fonte: www.mondialisation.ca
Link: Argentine : Le putschiste du quotidien The Wall Street Journal
23.01.2014
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GILDA ELIA