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DI PANAGIOTIS GRIGORIOU

greekcrisis.fr

Tempi tumultuosi. I media se ne preoccupano, tanto nel senso del dramma dei migranti impantanati nel fango del piccolo nord greco di Idomeni, quanto nel significato di tempo atmosferico instabile, “che accompagnerà quelli che tra i greci partiranno (ancora) per questo fine settimana prolungato”, per celebrare, secondo la tradizione e per come si deve, l’inizio della Quaresima ortodossa (lunedì 14 marzo).

Facendo del raro giornalismo, mediante un tipo di reportage oramai divenuto eterodossia, Andreas Mazarakis, giornalista della radio del Pireo 90,1 FM ha avuto il merito di ricordare alcuni effetti naturali della crisi greca: “In base ai dati disponibili, si parla di più di 20 mila suicidi in Grecia dopo il primo memorandum del 2010” (10 marzo)

Parlando di Idomeni, si tratta di un piccolo villaggio che ha già avuto una storia movimentata: “Sul fronte di Salonicco, i bulgari-tedeschi non soltanto continuano con le loro incursioni, ma si stabiliscono e si fortificano in molte altre località del territorio ellenico, dove si comportano come se fossero a casa loro, mentre i soldati greci si limitano a ritirarsi al loro avvicinare (…) Il 24 marzo i villaggi di Liumnitza, Sehovo (Idomeni) e Alathmah sono stati completamente saccheggiati; anche i telefoni del servizio militare greco sono stati portati via dei predoni” (“La Sentinella”, 27 marzo 2016, quotidiano socialista svizzero scomparso nel 1971…come il socialismo). Ciò avveniva durante la Prima Guerra Mondiale, nel secolo scorso.

Essendo il petardo del secolo già esploso, il momento della resa finale non è più tanto lontano. L’integrazione mondialista ha bruciato le tappe nella manipolazione dell’esperimento greco. Essa ha avuto certamente le sue ragioni. Poiché fonda il controllo sociale tanto sulla programmazione comportamentale delle masse tramite la manipolazione delle emozioni, quanto sulla costrizione fisica attraverso la strategia dello shock, in questo momento essa sta inaugurando la seconda fase della destrutturazione sociale, poi fisica e infine etnica della Grecia contemporanea, dopo due secoli di relativa autonomia statale.

Il paese greco, supposto reale, d’un tempo non esiste certamente più. Detto da tutti, dopo un risveglio purtroppo tardivo, c’è un realtà inedita, più inimmaginabile e così più utopica che mai, che è sul punto di rinnovare, in questo stesso momento, il primo shock della cosiddetta “crisi greca” (2010-2015) con un altro shock ancora più violento e più grave nelle sue conseguenze.

Un’altra volta di più, anche di questo shock nessuno tra i comuni morali e dei suicidi poteva sospettare qualcosa. Perché la questione dei migranti e rifugiati, le vittime e allo stesso tempo le armi geopolitiche e della destrutturazione massiva nelle mani dell’integrazione mondialista, costituisce un fatto al contempo polivalente e polisemico, il passaggio alla nuova fase del programma.

L’ultima utopia greca, nel senso di “u-topia” che richiama la categoria privativa veicolata dal concetto. Sotto gli effetti di un sistema di concentramento a cielo aperto, la Grecia è oramai divenuta un luogo-tipo, ossia un luogo non realmente esistente, un “non-luogo”, termine che designa la fine del topos legato ai luoghi, anche di un paese intero, così come praticato e vissuto almeno dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Il furto, da principio dell’economia, in seguito dei beni privati e pubblici, infine dell’avvenire – tanto che vederlo è divenuto impossibile – svela agli occhi dei greci il piano mondialista che consiste nel privarli molto semplicemente del loro paese e della loro stessa vita.

Sul piano economico, benché si tratti in realtà del piano ontologico (ma è la neolingua imposta dai mondialisti e dai media a cambiare i termini della questione), la Troika ha chiesto (ma finirà per imporlo, come sempre), l’adeguamento del montante minimo di pensione a 180 euro al mese, piuttosto che alla soglia dell’area di non imposizione fissata a 5000 euro di reddito annuale. Analoghi discorsi per il codice del lavoro e quello della funzione pubblica sotto il governo del «Per la prima volta a sinistra»

Nient’altro che slogan, come oggi sappiamo, usati da Syriza appena un anno fa con lo scopo deliberato, calcolato e programmato dalla fazione dell’integrazione mondialista, a cui la funesta banda di arrivisti di Tsipras ad un certo punto ha aderito, di imbrogliare dapprima gli elettori greci, poi tutta la sinistra e, infine, la Costituzione ed il paese intero!

La guerra in corso contro la società greca vive di un nuovo slancio, malgrado le “linee rosse” che i ministri del governo Syriza-Anel pretendono di difendere di fronte ai loro mentori della Troika, raggiunti all’Hotel Hilton, dove costoro dimorano, piuttosto che nelle sedi dei ministeri, per parlamentare di pensioni, di diritto del lavoro e di altre cose ancora.

Non c’è più piacere a vivere in Grecia e la collera dei suoi abitanti si sta trasformando in odio. Disgustati e affamati, numerosi greci abbandonano il loro paese per essere rimpiazzati dalla popolazione emigrata dal vasto Oriente musulmano, sradicata e violentata, che crede di arrivare alle porte dell’Europa e procedere, ma che si ritrova infine dentro le frontiere greche perché tutti i paesi vicini hanno chiuso le loro, dietro all’esempio dell’Austria e di una certa politica sedicente europeista, ma in realtà imperialista.

Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk è d’altra parte visibilmente soddisfatto che la strada dei Balcani sia stata chiusa ai rifugiati. “I flussi non controllati di rifugiati lunga la via dei Balcani sono stati arrestati”, ha twittato, sottolineando che non si tratta di un’iniziativa unilaterale dei paesi interessati, ma dell’applicazione di “una decisione comune dei 28 Stati membri dell’Unione”. Ha inoltre ringraziato i paesi interessati per “la pronta messa in atto di una parte della strategia europea”. Da questa settimana e per la prima volta dall’inizio della guerra in Grecia nel 1940, i militari italiani pattugliano la frontiera con l’Albania al fine di chiudere bene tutti i passaggi; la Bulgaria fa altrettanto.

Nello stesso momento, Victoria Nuland, vice della segretaria di Stato Madeleine Albright nel periodo 1993-1996, poi vice direttrice per l’ex Unione Sovietica e attuale segretaria di Stato assistente per l’Europa e l’Eurasia dal settembre 2013, a volte soprannominata “Signora Maidan”, ha iniziato un tour nella Grecia del Nord, precisamente a Idomeni, per farsi un’idea della situazione (quella ufficiale). Parallelamente all’insediamento dei migranti in Grecia, il governo Tsipras sta revocando la nazionalità greca a migliaia di greci originari dello spazio ex sovietico, abitanti in questa regione strategica del paese. Nessun annuncio ufficiale è stato ancora fatto sull’argomento, ciononostante la stampa ne parla e gli interessati sono evidentemente arrabbiati. Si tratta di un processo iniziato circa due anni fa, ma che sta vivendo un’accelerazione in questi giorni. Sarà un caso? Purtroppo, non è cospirazione. Si tratta, invece, dei fatti e delle gesta della geopolitica shock e del caos.

Ciò ha fatto scrivere al giornalista e fine conoscitore di geopolitica Dimitris Konstantakopoulos sul suo blog che «il paese è coinvolto nel turbine di assai serie complicazioni internazionali di grandissima importanza. Si vorrebbe fare della Grecia un “paradigma” (…) compiuto al tempo del totalitarismo finanziario trionfante. La Grecia è minacciata di annientamento oramai, in quanto paese. Alla velocità alla quale corrono le cose, i greci conosceranno la stessa sorte toccata agli ebrei sotto l’imperatore Tito, si ritroveranno dispersi alle quattro estremità della Terra senza nemmeno aver capito come e perché (…) La (presunta) élite politica del paese nel suo insieme non comprende l’ambiente internazionale. L’ignora perché non l’ha mai studiata, dato che questa élite non vi ha mai davvero partecipato. Da qui la sua lettura sistematicamente sbagliata della geopolitica del mondo attuale. Tutte le ipotesi strategiche sono erronee e spesso anche telecomandate. Essa (l’élite) prende i suoi desideri come realtà e crea forme e schemi, non perché effettivamente mantiene la rotta, ma solo in quanto vive di pure illusioni. Approfittando di un ambiente stordito per la decadenza intellettuale e morale della classe politica greca, gli “agenti condizionanti” delle forze straniere possono facilmente manipolare i politici greci, così come gli organismi governativi e ovviamente anche le altre istituzioni del paese (…) Disgustati e affamati, numerosi greci lasciano il loro paese. Secondo un dossier medico recentemente pubblicato, 15.000 medici hanno lasciato la Grecia dall’applicazione del primo Memorandum (2010), 6.000 dei quali hanno raggiunto la buona sanità della Germania, la Metropoli. Nella Colonia greca, invece, l’età media dei medici rimasti si aggira intorno ai 60 anni. Contestualmente, anche più di 300 mila tra laureati e scienziati hanno abbandonato la Grecia. Una famiglia su 18 ha un parente stretto diplomato ed emigrato» (Radio 90,1 FM, 11 marzo)

Tutto diventa lotta e conflitto, i legami si attenuano, il lavoro diminuisce, tutti coloro che conservano ancora una certa normalità esistenziale ed economica dispiegano le loro strategie per evitare le amarezze accumulate – e forse contagiose – di quelli che sono già crollati. Gli ex colleghi non telefonano più, i vicini salutano a malapena e davanti lo sportello del fisco, la maggior parte di loro lotterà, se possibile, per conservare i propri beni immobili o altre cose.

Infatti, oramai in Grecia la tassazione dei sudditi è applicata su di un reddito presunto (e non già su quello realmente prodotto dal contribuente), determinato con estrema precisione su quanto gli individui posseggono e, prima ancora, sul fatto stesso della loro esistenza fisica, perché in Grecia “esistere” vuol dire “disporre di un reddito potenziale” arbitrariamente fissato a 3000 euro l’anno, assunto a “reddito universale d’esistenza” al contrario. Questo ci fa capire che lo scopo finale è di spossessare gli abitanti del paese (non truffatori o membri di clientele politiche) di tutti i loro beni. Per sottrarsi alle tasse, i greci dovrebbero dare via i loro beni o trovare diverse scappatoie, progressivamente meno evidenti. É tutto divenuto un “si salvi chi può”, suicidi compresi.

E siamo all’ultimo atto della cosiddetta crisi greca, questa guerra contro la società greca che entra nella sua fase decisiva. L’integrazione mondialista ha come scopo anche di annientare le ultime resistenze popolari in Grecia in vista del Nuovo Ordine Mondiale del XXI secolo. A tal fine ricorre all’arma di distruzione di massa dell’immigrazione, dopo aver provocato il disordine, l’euro, il crollo degli scambi commerciali, la distruzione delle produzioni locali.

Bisognava pensarci. Se le immagini dei migrati e dei rifugiati nei campi del nord della Grecia sono terribili, la pianificazione dell’élite mondialista a proposito della Grecia lo è altrettanto. I greci lo sanno. Il fatto di volere intenzionalmente stabilire sul suolo greco popolazioni estranee allo stesso non è altro che la seconda fase della crisi greca, essendo lo scopo quello di modificare in maniera violenta la composizione della popolazione del paese, dopo aver distrutto il lavoro, la sanità, le pensioni e ciò che rimane della forma della democrazia. In pratica, essendo ogni visione dell’avvenire, così come qualunque impiego del tempo, impossibile agli occhi dei greci, ecco che la prospettiva di intrappolare per la seconda volta delle popolazioni estranee e senza radici (economiche e politiche) del vasto Medio Oriente in Grecia potrebbe imporre, per la forza degli eventi, una biforcazione verso un futuro del tutto ignoto ed imprevedibile.

I media mainstream abbondano di servizi dal tono a volte allarmista altre umanitario sullo slancio solidaristico dei greci verso gli immigrati, questi giornalisti che così metodicamente eseguono punto per punto la sintassi dell’ingegneria sociale che conduce alla sottomissione generalizzata e allo stesso totalitarismo del Nuovo Ordine Mondiale del XXI secolo.

Malgrado che questo slancio solidaristico sia meno massiccio di quanto sembri, numerose vite sono state salvate e la fame non ha ancora raggiunto proporzioni catastrofiche nei campi. Fortunatamente, infatti, i migranti sono stati, almeno in qualche parte, aiutati dalla popolazione, perché i greci hanno contribuito con viveri e in certi casi hanno pure cucinato per loro.

Un fatto molto significativo, visti i tempi che corrono, è che i giornalisti della radio 105,5 FM (Syriza) hanno ripetuto, in questi ultimi giorni, a beneficio dei propri sodali e ascoltatori che “non si deve più portare ai migranti cibi cucinati in casa, ma soltanto alimenti inscatolati da fare cucinare sul posto nelle cucine collettive (…) perché ci sono alcuni individui cattivi che potrebbero intenzionalmente avvelenare i migranti!”. I giornalisti di Syriza debbono senza dubbio essere consapevoli e informati di questo pericolo.

Temo che la solidarietà dei greci non continuerà oltre le strutture specializzate, perché il sentimento che domina i greci in questo momento (compresi quelli solidali) – che i media fanno e faranno in modo di nascondere – è un misto di dolore per la perdita del loro paese e di un’immensa collera. Perché non bisogna perdere di vista che l’arrivo di migranti e rifugiati ha in qualche modo moderato (almeno in un primo tempo) le recenti contestazioni contro il memorandum Tsipras. Tuttavia, la mutazione antropologia imposta dopo praticamente 7 anni di Troika ha ormai minato il movimento di contestazione dal basso, avendo sindaci e partiti di sinistra fatto tutto il possibile per impedire la formazione di un fronte sociale unico e dinamico, nel tempo in cui sarebbe ancora stato possibile (2010-2012) quando il tessuto sociale era ancora vivo.

Una terribile primavera greca, ma pur sempre una primavera. Talvolta vado a trovare un mio amico che ha subito tre interventi chirurgici in meno di un anno. Mi dice: “In meno di un anno, questo ospedale, un tempo di grande reputazione, è peggiorato in tutto. Sono stato operato una volta di troppo a causa di un rigetto, motivato dall’uso di impianti di scarsa qualità a causa dei tagli anche nella sanità (…) Qui siamo tutti malati di cancro e ogni perdita di tempo, di forze e nel nostro morale possono farci morire tre volte più rapidamente di quanto previsto. I servizi sono sempre più disorganizzati: ero al quarto piano e di notte c’era una sola infermiera in servizio. Certi malati urlavano per l’angoscia o per il dolore e nessuno andava a vederli. Anche i medici stanno diventando rari e certamente più arroganti. I medici che seguono il mio cancro si occupano anche dei programmi di chemioterapia di altri 200 malati. Sono consapevole di poter essere in errore, ma, senza timore di sbagliarmi, posso affermare che in questo ospedale la mortalità è cresciuta del 25% rispetto a prima. Non m’importa di vivere ancora o meno, ma esigo almeno un trattamento di dignità per tutti noi, un minimo di dignità e nient’altro (…)

Tempi tumultuosi e tra la vita e la morte. Il blog Greek Crisis ha già raggiunto i circa 500 articoli a partire dalla sua creazione nell’ottobre 2011. Testi, immagini e animali sempre e felicemente selvaggi. Senza divertimento, dalla finestra guardiamo cadere giù la pioggia, la storia e tutto un paese. La prossima settimana lancerò la campagna di finanziamento partecipativo per Greece Terra Incognita e i lettori di Greek Crisis ne saranno informati. Le nostre cartucce si vanno esaurendo, ma continueremo a combattere. Essendo il petardo greco già esploso, la resa dei conti finale non è più così lontana, tranne che forse non ci saremo più noi!

Panagiotis Grigoriou

Fonte: www.greekcrisis.fr/

Link: http://www.greekcrisis.fr/2016/03/Fr0501.html#deb

12.03.2016

Articolo tradotto per www.comedonchisciotte.org da NICOLA PALILLA

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