PETA e la politica del mettere le cose in prospettiva
Animalisti e Razzismo
DI TIM WISE
Sebbene io sia stato a lungo un sostenitore della vasta maggioranza delle campagne portate avanti dal movimento per i diritti degli animali, devo ammettere che a livello personale, gli attivisti per la difesa dei diritti degli animali con cui ho avuto a che fare hanno sempre finito per rivelarsi dei tizi insopportabili.
Quella convinzione morale compiaciuta con cui molti di loro portano avanti il da farsi, ha spesso messo in ombra l’integrità di quella stessa lotta rispetto al suo valore teorico, almeno secondo il mio parere. Speravo non fosse così, ma lo è.Primo, nel mio collage c’erano i crociati per i diritti degli animali che nel bel mezzo della nostra lotta per boicottare quelle compagnie che appoggiavano l’apartheid in Sud Africa, non facevano che sottolineare che “ogni giorno era un giorno di apartheid” per i polli, e che ciò che la scuola doveva fare veramente era smettere di vendere carne.
Poi c’era la giovane donna della Tulane Low School, che dopo aver saputo che per laurearsi avrebbe dovuto completare un periodo di assistenza legale a scopo benefico, ha detto che andava bene, ma – e cito le parole testuali così come mi sono state riferite da un mio amico testimone dell’accaduto – “Io non voglio lavorare per le persone. Voglio lavorare per gli animali.”
La misantropia che sembra ispirare e motivare questi come centinaia d’altri commenti che potrei citare, dimostra che quei principi altrimenti validi su cui spesso si basano le posizioni per la difesa dei diritti degli animali, il più delle volte non vengono presi in esame e non sono neanche identificati a livello politico.
È per motivi come questo che mi sono chiesto a lungo cosa sia più importante per il movimento per i diritti degli animali: porre realmente fine alla sperimentazione animale, e ad altre crudeltà pubblicamente note, o pavoneggiarsi di fronte a noi come esseri superiori, che raggiungono l’autostima guardando gli altri con malcelato disprezzo: mangiano carne o indossano scarpe in pelle? Dopo tutto, è particolarmente difficile dar vita ad un movimento per la liberazione animale – che deve essere guidato da persone, dato che gli animali non possono farlo da soli – se tu critichi aspramente la maggior parte dei potenziali militanti come artefici volontari del genocidio.
Ad esempio, cosa se non un odio profondamente radicato nei confronti dell’umanità (o un’incompetenza in fatto di strategie così profonda da far trasalire l’animo) porterebbe qualcuno a dire, come a fatto Ingrid Newkirk , Direttrice di PETA (People for Ethical Treatment) che si oppone all’idea di avere dei figli perché “concepire un essere umano purosangue è come avere un cane purosangue; non è altro che vanità, vanità umana.”
Bene Ingrid: perché non allontani deliberatamente tutti i genitori del mondo, e di conseguenza tutti quelli che sono figli di qualcuno (suggerimento: il che significa chiunque), perché devo ancora incontrare un numero così elevato di persone che apprezzerebbero sapere che sono stati allevati per vanità come qualche Bichon Frise del Westminster Kennel Club.
Oh, e mentre non ci curiamo delle persone che potremmo offendere – perché, dopo tutto, “gli esseri umani sono crudeli,” secondo quanto affermato dalla Newkirk (una definizione tanto vera quanto tipicamente unilaterale) – perché non uscire davvero dai gangheri presentando una mostra fotografica dal titolo “Gli animali sono i Nuovi Schiavi?” nella quale si mettono a confronto gli allevamenti industriali col linciaggio delle persone di colore. Tale mostra, arriva subito dopo lo sforzo pubblicitario della PETA: la nota campagna “L’olocausto sul tuo piatto”, che proprio pochi mesi fa ha messo a confronto le crudeltà inflitte agli animali d’allevamento con lo sterminio di milioni di ebrei, zingari e quanti finirono nelle mani dei nazisti.
Una tale assurdità potrebbe andar bene per uno sketch del Daily Shwo, se la questione non fosse così tragicamente seria. L’intento, in verità legittimo, di porre fine agli immensi orrori perpetrati negli allevamenti industriali – il cui orrore dovrebbe essere considerato di per sé una crudeltà inaccettabile, che va affrontata al più presto – viene confuso con lo sterminio di milioni di persone in due diversi Olocausti (quello del Middle Passage e quello in Europa), dando così per certo un bel niente. Chiunque venga a conoscenza di questo paragone, nel migliore dei casi penserà che PETA è del tutto insensibile o, nel peggiore dei casi, che sia una sciocca oca contaballe: senza offesa per le oche, si intende.
La mostra denominata “Nuovi Schiavi”, sta attualmente visitando 42 città per un periodo di 10 settimane, e ha comprensibilmente provocato il risentimento degli Afro Americani. Come spesso accade, i rappresentanti dei bianchi estremisti, il ceto medio e l’establishment che sostiene il movimento per i diritti degli animali, sembra non capire affatto quale sia la ragione di questa rabbia.
Vale a dire, Dawn Carr, la Direttrice dei Progetti Speciali della PETA, ha ammesso che molta gente è infastidita dal fatto che il suo gruppo abbia “paragonato i neri agli animali,” ma, in difesa della PETA non ha negato che questo è ciò che PETA sta facendo, ha invece insistito sul fatto che sia una cosa giusta perché la mostra paragona gli allevamenti industriali anche ad altre ingiustizie, “come negare il voto alle donne o sfruttare il lavoro minorile.” In altre parole, non vi preoccupate persone di colore: non siete i soli che stiamo paragonando agli animali!
Mentre Newkirk si trovò costretta, sebbene con riluttanza, a scusarsi per la campagna “Olocausto sul tuo piatto” (ma anche allora lo fece solo “per il dolore causato,” e non per la disonestà del paragone utilizzato), PETA sembra non essere intenzionata a scusarsi per la mostra sulla schiavitù e sul linciaggio. E anche le scuse per il dolore causato dal paragone con l’Olocausto sembrano false se si considera che altrove, Newkirk ha affermato essenzialmente che chiunque non sia vegano è peggiore di un Nazista, come dire che “Neanche i Nazisti si cibavano dei loro oggetti di scherno.”
Ora sono sicuro che ci sarà qualche attivista per la liberazione animale che leggerà questo articolo e penserà che essendo anche gli animali degli esseri senzienti, ed avendo essi stessi il diritto di non essere sfruttati a beneficio degli esseri umani (posizione con cui non mi trovo in disaccordo), il paragone con l’Olocausto o con il linciaggio deve considerarsi perfettamente giusto. A pensarla diversamente, potrebbero controbattere che equivalga sposare una teoria antropocentrica che vede la supremazia dell’Homo sapiens sulle altre specie.
Ma di certo, sia che essi lo ammettano o meno, quasi tutti coloro che credono nella difesa dei diritti degli animali riconoscono una differenza sia morale che pratica tra le persone e gli animali: dopo tutto, teoricamente nessuno direbbe che se investissi uno scoiattolo mentre guido ubriaco sarei perseguito per omicidio stradale, così come accadrebbe se investissi un bambino. In questi casi, la sola base per una distinzione consiste, in sostanza, nel riconoscimento di una differenza fondamentale tra un bambino e uno scoiattolo.
E mentre la maggioranza delle persone assennate vede come un problema il fatto di baciare alla francese un bambino di tre anni, Ingrid Newkirk ha dichiarato di recente che non ci sarebbe nulla di strano nel leccare il proprio cane, almeno fino a quando il cane sembra gradire, traete dunque le vostre conclusioni.
Oh, parlando chiaro, ma se la gente di PETA pensa veramente che gli allevamenti di tipo industriale e il cibarsi di prodotti che provengono da allevamenti industriali siano letteralmente l’equivalente del genocidio umano, allora, ad essere coerenti, dovrebbero sostenere la persecuzione criminale di tutti coloro che mangiano carne, ed esigere tribunali per Crimini di Guerra per chiunque fosse anche solo lontanamente connesso con questo processo. Dopo tutto, se ti alimenti di un pollo proveniente da un allevamento industriale, secondo questa logica, sei implicato in un omicidio di massa, allo stesso modo in cui molti bianchi furono implicati nei linciaggio dei neri, perché acquistavano le parti amputate del corpo delle ultime vittime della rabbia dei bianchi .
Fare una qualsiasi distinzione – e non sostenere l’incarcerazione di coloro che mangiano carne così come si farebbe per un cannibale come Jeffrey Dahmer – significa ammettere , più o meno apertamente, che c’è una differenza tra una mucca e una persona. Quella differenza potrebbe essere più sottile di quanto pensiamo, e di sicuro non giustifica le crudeltà nei confronti della mucca – e potrebbe davvero essere una differenza così minima da indurci a scegliere di essere vegetariani – ma una differenza, comunque, c’è.
Che PETA non riesca a capire cosa significhi per una persona di colore essere paragonati ad una animale, dopo una storia che ha pensato alla gente di colore esattamente in questi termini, è quantomeno shockante. Dopo tutto, il movimento è forse quello “più bianco” tra tutti i movimenti progressisti o radicali del pianeta, per ragioni dovute al privilegio che si deve possedere per concentrarsi sulla questione dei diritti degli animali in opposizione, diciamo, alla questione della propria sopravvivenza contro l’oppressione delle istituzioni.
Forse, se gli attivisti per la liberazione animale non fossero così profondamente bianchi e borghesi, e se solo non fossero così lontani dalle dure realtà della divisione sociale e della supremazia dei bianchi, riuscirebbero ad ottenere la simpatia della gente di colore che giustamente li rimprovera aspramente per la loro recente offesa.
Forse se gli attivisti della PETA avessero dimostrato un certo impegno nella lotta contro il razzismo e contro le continue crudeltà che gli uomini sono costretti a subire ogni giorno, troverebbero una maggiore partecipazione da parte di coloro che, per ragioni che possono essere comprese dalle vite che conducono, vedono l’attivismo per la difesa dei diritti degli animali come l’equivalente del ‘trastullarsi mentre Roma va a fuoco’, piuttosto che una lotta che mira a raggiungere una maggiore comprensione per tutti.
Ma, di nuovo, se il movimento per la difesa dei diritti degli animali non fosse così bianco e così ricco, per prima cosa, non avrebbe mai pensato di usare delle analogie così capziose e offensive.
Tim Wise è l’autore di due nuovi libri: White Like Me: Reflections on Race from a Privileged Son (Soft Skull Press, 2005), e Affirmative Action: Racial Preference in Black and White
Fonte:www.counterpunch.org
Link:http://www.counterpunch.org/wise08132005.html
13/14.08.05
Traduzione per www.comdeoncisciotte.org a cura di MONIA
Note:
1)Cfr “The Same, Only Different”, Reflections On The Myth of American Exceptionalism di Tim Wise, May 13, 2004 – ZNet Magazine (US Web), http://www.november.org/stayinfo/breaking2/ZNet5-13-04.html