DI FEDERICO DEZZANI
federicodezzani.altervista.org
Sabato 14/11/2015 ore 2.00
“Peggio che a gennaio”, “peggio di Charlie Hebdo” sono i commenti a caldo dell’ennesima strage a Parigi, ancora di matrice islamista secondo le prime ricostruzioni.
Si tratta di un attacco in grande stile, peggiore di quelli verificatosi finora in Francia (Charlie Hebdo il 7 gennaio 2015, Saint-Quentin-Favallier il 26 giugno e l’attacco al treno ad alta velocità Amsterdam-Parigi il 21 agosto): è un attacco multiplo, coordinato e simultaneo: si tratta quindi di una rete terroristica con decine di affiliati che avrebbero operato nella capitale, per la seconda volta, senza essere intercettati dai radar dei servizi francesi. A distanza di neanche tre mesi dall’ultimo attentato, l’evento non è realisticamente credibile, a meno che non si accetti la totale incompetenza e fallibilità delle forze di sicurezza francesi.
A SEGUITO: AGGIORNAMENTO H.12.30 (STRATEGIA DELLA TENSIONE PIZZINI PER OBAMA)
Gli attentati sono multipli e concomitanti: al Teatro Bataclan una lunga sparatoria ed esecuzioni sommarie, poi l’irruzione delle teste di cuoio per liberare un centinaio di ostaggi; due esplosioni attorno allo Stade de France dove si teneva l’amichevole Francia-Germania cui assisteva anche il presidente François Hollande; una sparatoria davanti al ristorante “Petit Cambodge” nel 10ecimo arrondissement; un’altra conflitto a fuoco nel quartiere Halles, primo arrondissement. La Repubblica parla inizialmente di 40 morti, i siti d’informazione francesi di “plusieurs dizaines de morts”, il sito israeliano Debkafile stima 60 vittime. Sono 100 vittime secondo Le Figaro verso l’una e trenta.
Le contromisure sono eccezionali: coprifuoco, frontiere chiuse, metro ferma, aerei dirottati dagli scali di Parigi, promulgato lo stato d’emergenza. Il Presidente Hollande è stato trasportato dallo Stade de France al Ministero degli interni dove segue gli sviluppi: immediata la solidarietà di Angela Merkel, David Cameron e Barack Obama.
Pochi minuti ed il Site intelligent Group dell’israeliana Rita Katz avanza l’ipotesi ISIS:
“1) Speculations that #ISIS behind #Parisattacks tonight due to #France airstrike involvement in attacks against ISIS in Syria”;
“3) ISIS fans celebrate France attacks, warn: “This is just the beginning… Wait until the istishhadis (suiciders) come with there cars””.
È l’ennesima strage ascrivibile alla strategia della tensione?
Sì, per tre motivi:
- la magnitudo, l’organizzazione e la quantità di terroristi coinvolti non poteva sfuggire alla polizia ed ai servizi francesi, teoricamente in stato d’allerta da agosto ed a maggior ragione dopo la decisione di Hollande di bombardare l’ISIS in Siria, presa lo scorso settembre;
- è il quarto episodio di una serie di attentati riconducibili allo stragismo di Stato: due eterodiretti dai servizi (Charlie Hebdo e Saint-Quentin-Favallier) ed uno, un evidente attacco falsa bandiera (il terrorista con l’AK-47 inceppato sul treno Amsterdam-Parigi);
- a distanza di pochi minuti dall’attentato, è già partita una campagna virale sul web in stile “Je suis Charlie”, “PrayforParis”.
Il motivo dell’ennesima strage? Si possono avanzare al momento due ipotesi: la continuazione della strategia della tensione messa in atto dal governo francese, in vista anche delle elezioni regionali del 6-13 dicembre dove è dato favorito il Front National, e/o l’utilizzo della strage per un’escalation militare in Siria e/o Yemen.
Nelle prossime ore, o giorni, si vedrà se gli attentati saranno emulati in altre città. Quel che certo, data la sconcertante quantità di vittime, è che la notte del 13/11/2015 segna un salto di qualità nello stragismo di Stato e, quasi sicuramente, anche nella guerra per procura combattuta in Siria tra angloamericani, israeliani, francesi e monarchie sunnite da una parte e russi e potenze sciite dall’altra.
Federico Dezzani
Fonte: http://federicodezzani.altervista.org
14.11.2015
CHARLIE HEBDO 2.0
STRATEGIA DELLA TENSIONE PIZZINI PER OBAMA
Sabato 14/11/2015 ore 12.30
L’11 settembre della Francia conta 7 attentati pressoché simultanei, circa 130 morti e 200 feriti di cui un centinaio in stato grave. Si tratta di un’azione di guerriglia urbana, complessa ed articolata: otto terroristi morti nell’azione (lasciando presupporre quindi un’organizzazione a monte di decine di persone), esplosivi, armi automatiche, la capacità di agire nel cuore di Parigi, a dieci mesi dalla strage di Charlie Hebdo e a tre mesi dall’attentato “fallito” sul treno Amsterdam-Parigi, senza essere (incredibilmente) intercettati dalla forze di sicurezza francesi, che avrebbero dovuto essere in stato d’allerta dopo la decisione di François Hollande di bombardare l’ISIS in Siria.
I luoghi dell’attacco multiplo sono: il teatro Bataclan, 82 morti per l’azione durante un concerto degli Eagles of Death Metal di più terroristi che hanno aperto il fuoco sul pubblico al grido di “Allah Akbar”; una prima bomba alle 21:20 allo Stadio di Francia dove si svolge l’amichevole Francia-Germania cui assiste il presidente Hollande, seguono altre tre esplosioni attorno alla struttura sportiva per un totale di quattro morti di cui tre kamikaze; una sparatoria contro i café di Rue de Charonne, non lontana dal Bataclan, lascia sul terreno 18 morti; in Rue Alibert, poco più a nord, sono freddate 12 persone al ristorante Le Petit Cambodge; in Rue de la Fontaine au roi è aperto il fuoco contro la pizzeria Casa Nostra per un totale di 5 morti; poco distante, in Boulevard Voltaire, entra in azione un altro kamikaze che muore sul posto.
Dal magma del web escono mille ed una rivendicazione dell’ISIS, prontamente impiegate dalla stampa per titolare “l’ISIS rivendica”, “Isis: Roma, adesso tocca a te”; “L’Isis: vendetta per la Siria, è il vostro 11 settembre”.
L’agenzia stampa del Califfato, il Site Intelligence Group dell’israeliana Rita Katz, addita ovviamente il Califfato, ma per non bruciare i tempi, sottolinea che non esistono ancora rivendicazioni ufficiali ed attendibili:
Quali sono le finalità di questo ennesimo, tragico, capitolo della strategia della tensione?
Gli attentati perseguono un duplice scopo, uno legato alla politica interna francese ed uno legato alla situazione bellica in Siria, dove la destra israeliana di Benjamin Netanyahu ed i falchi dei partiti democratici e repubblicani negli USA non tollerano la passività di Barack Obama che ha consentito alla Russia di intervenire militarmente contro l’ISIS, sostenendo l’odiato Bashar Assad, filo-iraniano, ed infliggendo un grave smacco d’immagine agli USA.
La Francia è un Paese in profonda crisi, economica e sociale, guidato da un establishment completamente screditato: secondo un sondaggio IFOP di metà ottobre il presidente Hollande ed il premier Valls godono rispettivamente del favore del 20% e del 36% dei francesi, mentre il 79% ed il 63% si dichiarano molto insoddisfatti. Nella prima metà di dicembre, il 6 ed il 13, si terranno le elezioni regionali dove il Front National è dato per favorito: inoltre secondo un sondaggio “choc”, sempre dell’IFOP, il 31% dei francesi è pronto a votare Marie Le Pen alle elezioni presidenziali della primavera 2017.
Si noti che il FN è una forza anti-establishment, considerata sin dalla fondazione come eversiva ed impresentabile: durante il ballottaggio, ancora “choc”, dell’aprile 2002 tra Jacques Chirac e Jean Marie Len, i socialisti invitano la base a votare i gollisti pur di bloccare il FN.
È vero che il partito di Marie Le Pen è estremamente duro su tematiche come immigrazione e difesa dell’identità nazionale e che, in teoria, potrebbe uscire rafforzato da una serie di attentati “islamisti”, ma gli architetti della strategia della tensione auspicano che la richiesta di sicurezza e autorità che normalmente scaturisce dagli attentati, favorisca i partiti d’establishment (PS ed UMP) e non i “rivoluzionari” del FN.
Si ricordi che il Front National è una forza anti-europeista ed anti-euro. Marie Le Pen ha più volte invocato l’uscita della Francia dalla NATO e sul dossier siriano sostiene l’appoggio di Bashar Assad contro lo Stato Islamico, ascaro di NATO, israeliani e monarchie sunnite impiegato per destabilizzazione di Iraq, Siria, Libano, Egitto e Libia.
La strategia della tensione interna alla Francia non mira certamente ad incrementare i voti del FN ma a bloccarne l’avanzata, seminando paura ed alimentando la domanda di “normalità e sicurezza”.
Sul piano internazionale, come avevamo già sottolineato ai tempi della strage a Charlie Hebdo, l’attentato si inserisce nella faida tra Likud e falchi americani da una parte e Barack Obama dall’altra: l’oggetto del contendere sono la Siria, lo Yemen e l’Iraq.
È vero che la prima amministrazione Obama, con Hillary Clinton come Segretario di Stato, ha avviato la destabilizzazione del Medio Oriente con la “Primavera araba” coordinata da CIA/MI6 ed è intervenuta militarmente contro la Libia di Muammur Gheddafi, ma il presidente democratico è sempre stato restio ad un’azione bellica contro la Siria di Assad, in grado di scatenare un conflitto regionale o mondiale.
Si ricordi che nell’estate del 2013, dopo l’attentato falsa bandiera a Damasco con l’impiego di armi chimiche da parte dei ribelli, Obama accetta il compromesso russo pur di non intervenire. Solo nelle ultime settimane, dietro enormi pressioni, ha deliberato l’invio di 50 soldati americani sul suolo siriano.
L’atteggiamento di Obama ed il compromesso sul nucleare iraniano, è aborrito da Benjamin Netanyahu e dai falchi democratici e repubblicani, gruppo a cui va imputata la pianificazione dello stragismo messo in atto in Francia, da Charlie Hebdo ad oggi: si ricordi che alla grande marcia dei capi di Stato svoltasi a Parigi dopo la strage di gennaio, Obama non partecipa per sottolineare che non intende farsi coinvolgere in avventure militari né in Yemen (dove ufficialmente è collocato “la regia” dell’attentato a Charlie Hebdo) né in Siria.
La strage di Parigi del 13/11/2015 è un nuovo tentativo di trascinare Obama in un esplosivo confronto militare in Siria: non a caso il presidente, anche in quest’occasione, non associa l’aggettivo “islamico” al sostantivo “terrorismo” per evidenziare che non vuole farsi coinvolgere in una nuova guerra mediorientale. La situazione internazionale rischia però di diventare esplosiva se le elezioni presidenziali del novembre 2016, sanciranno la vittoria di un falco democratico o repubblicano, pronto al conflitto anche con l’Iran e la Russia.
Infine, è probabile che la strage di Parigi sia impiegata dall’establishment euro-atlantico per rianimare l’Unione Europea in stato terminale: si premerà per “una risposta unanime” dell’Europa, tentando forse di trascinare i Paesi europei in una guerra comune in Siria e Libia contro l’ISIS, creatura, repetita iuvant, della stessa NATO. I commenti di stamane “dell’americano” Gianni Riotta già sono di questo tenore.
La strage di Parigi del 13/11/2015 è quindi riconducibile ad un matrimonio d’interessi tra François Hollande e gli estremisti israeliani ed americani: il primo spera di sedare le pulsioni anti-enstablishment in Francia, in vista delle prossime scadenza elettorali, i secondi auspicano un’escalation militare in Siria ed Iraq, anche a costo di entrare in guerra con la Russia e l’Iran.
Man mano che le oligarchie euro-atlantiche affondano, lo stragismo di Stato si invigorisce e la tensione interazionale aumenta, inesorabilmente.
Federico Dezzani
Fonte: http://federicodezzani.altervista.org
Link: http://federicodezzani.altervista.org/charlie-hebdo-2-0/
14.11.2015