DI GABRIELE ADINOLFI
Noreporter
Si è ufficialmente aperta in Francia l’era U-Sarkozy. Il candidato che ha contrassegnato tutta la sua campagna presidenziale su toni da falco atlantista, rinnegando di fatto la tradizione francese di autonomia e di potenza, è entrato all’Eliseo al posto di Chirac. A Chirac i palestinesi hanno appena deciso di dedicare una via, grati del suo impegno internazionale straordinariamente non servile. A New York a Sarkozy dedicheranno invece di sicuro qualche azione in borsa. L’opera di distruzione a picconate della Francia, ultimo lucchetto europeo, parte ora, significativamente a pochissimi giorni dall’anniversario della fondazione dello stato d’Israele.
Rivali per finta
Sarkozy non aveva rivali non avviati sulla stessa china. Le Pen a parte, che nessuno si sognava di immaginare alla Presidenza, contro il giovin aristocrate si ergevano il trilateralista Bayrou e la socialista al caviale Royal. Se avesse vinto uno di questi due l’operazione di smantellamento della Francia (e di ulteriore schienamento dell’Europa) avrebbe forse subito qualche piccolo ritardo o qualche modifica. Ma, di fatto, per la prima volta nella storia, non c’era tra i candidati all’Eliseo un rappresentante della Francia: solo uomini dello straniero. Va anche detto che tutto l’apparato mediatico francese e tutti i poteri forti hanno spianato la strada al neo-Presidente, tanto che l’elezione è sembrata una formalità tanto e tale è stato il lavaggio del cervello durato la bellezza di due anni filati.C’era una volta la Francia
Addio Francia? Sicuramente. E addio alla politica autonomista che vide l’orgoglio francese rompere con la Nato, dichiarare agli Usa la “guerra del dollaro”, competere in Africa con le potenze neo-coloniali e svolgere un ruolo moderatore nel mondo arabo. Tutto questo va nella “pattumiera della storia” per usare un modo di dire gallicista. In poco tempo, dopo il serrate del 2001 in difesa dell’Iraq (e del petrolio francese) tutto è andato rovinosamente verso la servitù transatlantica, cosmopolita e internazionalista. Né la geografia ministeriale di U-Sarkozy fa alcunché per mascherare la scelta internazionalista e occidentalista al contempo del risorto cosmopolitismo francese che intende liquidare la Nazione. Ma come è potuto accadere tanto velocemente che il canto ripetuto del gallo si sia tramutato in un canto del cigno?
La Borsa e le Borse
Ha deciso tutto la finanza; o meglio hanno deciso tutto i conflitti interni alla finanza.
La tendenza a centralizzare i mercati azionari fa parte della nuova ristrutturazione finanziaria.
In Europa, dopo l’unificazione monetaria, la Borsa di Parigi aveva lanciato la fusione con le Borse di Amsterdam e Bruxelles. Dopo acquisizioni in altri paesei, nel 2002 (ovvero all’indomani del serrate pro-iracheno) la piazza di Parigi si poneva alla testa della piattaforma europea chiamata Euronext. Euronext compete con La Deutsche Börse e con la City. Il conflitto con la City data dai tempi della Thatcher e ancor più chiaramente dall’epoca della via alternativa al narcotraffico, quella che scatenò la “guerra alla droga” di Bush padre con la spettacolare cattura di Noriega. In realtà la guerra fu intestina perché strane alleanze in America Latina, dove il principale alleato inglese e israeliano era il Cile, attirava, via spagnola, droghe e narcocapitali verso Londra. Bush padre reagì all’epoca contro l’Inghilterra ed Israele che, nella fattispecie era dalla parte britannica. Ma pagò la sua azione con la non rielezione.
La fuga pilotata da New York
Da allora le cose sono cambiate. Innanzitutto la bolla si è ancor più gonfiata. Ai tempi di Bush padre una società per essere quotata nella Borsa di New York doveva esibire almeno quattro anni consecutivi di profitto. Oggi la stretta creditizia ha indebitato tante società di ben sei volte il loro capitale nominale. Favorire società indebitate è rischioso e regole ferree sono intercorse, regole che hanno comportato dure pene carcerarie per i falsi in bilancio. Da tempo, quindi, c’è una fuga di società da New York verso altre piazze. Per evitare la ripresa londinese New York ha iniziato a far da padrina a Parigi; sicché la Borsa transalpina si è trovata, nella tradizionale conflittualità con Londra, ad essere attratta nell’orbita americana.
Finanza e attentati “islamici”
Se leggiamo le date della poderosa svolta (più o meno 2002) possiamo anche capire perché il terrorismo “islamico”(?) abbia risparmiato la Francia e colpito l’Inghilterra e la sua alleata finanziario-narcotrafficante Spagna. Non è un mistero per chiunque abbia un briciolo di materia grigia e la volontà di adoperarla il fatto che il terrorismo ha più ragioni d’essere e più obiettivi da centrare. Un obiettivo stabilizzante, e cioè mantenere la popolazione dietro l’oligarchia dominante in virtù, appunto del panico. Un obiettivo strategico e cioé scompaginare dei centri d’intelligence a vantaggi di altri. E un obiettivo finanziario che verte sulle Borse. L’obiettivo finanziario, da un paio di decenni a questa parte è diventato prioritario rispetto agli altri. E, guarda caso, gli attentati “islamici” si sono verificati nelle piazze finanziarie – dunque contro le piazze finanziarie – in conflitto con New York e non certo in quelle sottomesse a Wall Street.
Come siamo caduti in basso!
U-Sarkozy e la sua corte di neocosmopoliti defrancesizzatori non sono che i camerieri della finanza americana che sta conquistando la Francia, che sta continuando l’attacco alla Germania e che sta ulteriormente scompaginando l’Europa. Insomma è accaduto anche questo: ci toccherà rimpiangere Chirac!
Buona parte dei dati da cui è scaturito il presente scritto sono presi da Lotta Comunista di aprile 2007, articolo a titolo: “Potere monetario e imperialismo. Bolla immobilarere e ondata di fusioni salvano l’economia del debito”. Firmato N. C.
Gabriele Adinolfi
Fonte: http://www.noreporter.org
Link: http://www.noreporter.org/dettaglioArticolo.asp?id=8880
19.05.2007