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AAA CORRENTISTI ATTENZIONE: LE BANCHE ITALIANE SONO IN SOFFERENZA

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A cura di Davide
Il 18 Luglio 2013
43 Views

DI VALERIO LO MONACO
ilribelle.com

Quasi 250 miliardi di sofferenze per i soli istituti del territorio italiano. Sentite puzza di bruciato? Avete ragione. Questa notizia (ora entreremo nei dettagli) si collega direttamente a quella che avevamo dato giorni addietro in merito alla decisione unilaterale all’Ecofin di includere i correntisti, cioè i depositanti, in eventuali salvataggi delle Banche in difficoltà (qui).

In quella circostanza si è stabilito il criterio secondo il quale, nel caso una Banca si trovi in situazioni di difficoltà e abbia bisogno di essere aiutata per non farla fallire, oltre agli azionisti e agli obbligazionisti, si andrà a prelevare anche nei conti correnti dei semplici depositanti.

A suo tempo, con una chiara e colpevole manipolazione giornalistica e comunicativa, i mezzi mainstream hanno veicolato la cosa puntando il tutto sul fatto che “sono salvi i conti correnti fino a 100 mila euro” che per ora – e sottolineiamo per ora – sarebbero garantiti. Rovesciando il messaggio, non hanno insomma comunicato il cuore della notizia: i conti correnti sono a rischio per salvare gli interessi privati dei proprietari delle Banche.

I ministri dell’Eurozona, con una decisione presa a notte fonda, hanno in quella circostanza sancito insomma una nuova norma contro ogni logica ed etica, anche prettamente commerciale: oltre a chi ha investito nelle Banche (azionisti, ad esempio) a coprire eventuali buchi da ora saranno anche tutti quelli che vi hanno semplicemente depositato i propri risparmi. Una rivoluzione copernicana che rende legge europea, di fatto, la procedura di bail-in applicata a suo tempo a Cipro. Cioè, in altre parole, il prelievo forzoso sui conti correnti. O, ancora più chiaramente, un furto.

A Cipro, in quella circostanza, oltre che un po’ di (vane) proteste dei locali e anche a livello estero, la cosa è comunque passata senza troppo clamore. O comunque senza la giusta rabbia che sarebbe dovuta esplodere. Un po’ di rancore, e poi si è voltato pagina ingoiando il rospo. L’esperimento è insomma perfettamente riuscito, e dunque ora si è proceduto a estenderlo al resto d’Europa.

La notizia che riportiamo oggi si situa pertanto in questo solco. Perché le sofferenze delle Banche italiane che stanno iniziando a venire fuori oggi sono ovviamente conosciute da tempo nelle stanze dei bottoni. E siccome le previsioni sono ulteriormente in peggioramento, la norma varata poche settimane addietro precede evidentemente ciò che sta per avvenire anche dalle nostre parti.

I dati. Per la Banche italiane continuano ad aumentare sia le sofferenze sia i crediti dubbi. Non solo, ai dati attuali si aggiunge anche la previsione del Fondo Monetario Internazionale secondo il quale tali sofferenze sono destinate ad aumentare nel prossimo imminente futuro. Il che è naturalmente ovvio: la recessione aumenta, gli immobili continuano a perdere valore, le aziende continuano a fallire e così le famiglie, e dunque le Banche faticano a rientrare di quanto hanno di esposizione.

Si parla, nello specifico, di valori compresi tra 120 e 135 miliardi. Ma la Banca d’Italia fa proiezioni ben peggiori e arriva tranquillamente a stimare sofferenze per 250 miliardi. Solo per ora, cioè solo con un conteggio effettuato alla fine di marzo 2013. Da allora a oggi le cose sono ulteriormente peggiorate e così sarà ancora nei prossimi mesi. Facile immaginare, dunque, che i prossimi dati comunicati saranno ben peggiori.

I dati sono relativi ai Nonperforming loans (Npl), di cui è persino inutile fare la traduzione. Sinteticamente: né più né meno di quel settore che ha scatenato la crisi dei subprime del 2007 negli Stati Uniti (ambito peraltro in procinto di esplodere nuovamente da quelle parti, come abbiamo visto ieri, qui). Malgrado la barzelletta degli stress test alle Banche europee, e malgrado il fatto che sia stato comunicato sino a oggi che gli istituti del Vecchio Continente erano immuni da tale rischio, oggi, anzi già da mesi, basti vedere i casi di Grecia e Spagna, ci sono dentro sino al collo.

Non solo: il reale ammontare di tali sofferenze è, come per gli Stati Uniti allora, estremamente difficile da quantificare, proprio per la pratica dei derivati che è stata ed è utilizzata anche dalle nostre parti. Le Banche stesse sono ovviamente reticenti nel comunicare l’effettiva esposizione. Non si riesce, in altre parole, a quantificare i crediti inesigibili. O non li si vuole proprio quantificare: se lo si facesse e lo si rendesse pubblico, è facile immaginare cosa accadrebbe in Borsa. Ma tali sofferenze ci sono e sono ovviamente maggiori di quelle dichiarate.

Ubs, in una analisi dello scorso dicembre, ha spiegato chiaramente se non altro la dinamica e la tempistica di tale situazione. Il 70% dei crediti arenati delle Banche, cioè in sofferenza, diventano perdite conclamate nell’arco di 18/24 mesi, e anche i crediti “ristrutturati”, cioè tagliati, entrano in ogni caso nuovamente in sofferenza nell’arco di altri 18 mesi.

Ecco spiegato il motivo del credit crunch, di cui in Italia conosciamo bene l’entità: le Banche non prestano più perché ciò che hanno prestato, in buona parte, non viene restituito. Ed ecco il motivo per il quale con l’operazione di Ltro della Bce, cioè con il denaro offerto alla Banche da Draghi al misero interesse dell’1%, gli istituti hanno preferito investire in titoli di Stato a breve termine, pur con rendimenti bassi, invece di farlo arrivare all’economia reale.

Oggi l’Fmi si chiede esplicitamente se le Banche italiane hanno bisogno di un aiuto esterno per rimettere a posto i propri conti o meno. Ma si tratta, a ben vedere, di una domanda retorica. Ciò che è nascosto nelle righe di questa domanda per la quale esiste pacificamente già la risposta, è il fatto che tale aiuto arriverà anche dal furto perpetrato ai danni dei correntisti ignari, per ora, di ciò che sta accadendo, tutti presi, come siamo in Italia, a parlare di Imu, Iva e Kyenge…

Valerio Lo Monaco

www.ilribelle.com
16.07.2013

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