DI FRANCESCO LONGO
Il Riformista
Durante la puntata di lunedì scorso di Porta a Porta si è assistito ad un triste spettacolo. La trasmissione è dedicata alle polemiche sul velo delle donne islamiche. Tra gli ospiti in studio (oltre la Santanché, la Pollastrini e Fouad Allam) c’è una ragazza con il velo. Ad un certo punto il tema del dibattito diventa la lapidazione, e Vespa chiede alla ragazza se per lei la lapidazione è «giusta o ingiusta». Sarah dice che è lì per parlare del velo e che preferisce non rispondere. Ma Vespa incalza: «Signorina, per lei è giusto o ingiusto che una donna che tradisce il marito sia uccisa con le pietre?». Sarah: «Preferisco non rispondere». E Vespa, con la faccia stupita, come se stesse chiedendo quanto fa due più due: «Le sto domandando se è giusto o ingiusto lapidare una donna». Sarah si rifiuta di rispondere. Vespa e tutti gli altri ospiti, e molti telespettatori, sono sbalorditi dalla elementarità della domanda e non riescono a credere che una risposta così facile come: «La lapidazione è sbagliata!», non esca da quella bocca.Come si incontrano due civiltà se si procede così? Che significato può avere interrogare altre religioni o altre culture partendo da domande inadatte come «è giusto o ingiusto?» La nostra religione, e quindi parte della nostra cultura, si fonda su elementi del tutto irrazionali, illogici, ingiusti. Perché dunque pretendere dagli altri ragionamenti, coerenza, sillogismi? Anche il nostro libro sacro non è stato scritto da Aristotele né da Gottlob Frege, inutile negarlo.
Vorrei chiedere a Vespa: «Se una monaca di clausura entra in un monastero e non può più uscire, è giusto o ingiusto?». Vorrei chiedere a Vespa: «Gesù è venuto a dare il sangue per l’umanità, compreso Adolf Hitler. Per lei è giusto o ingiusto che Gesù sia morto in croce per Adolf Hitler?». Che senso ha porre questa domanda?
La religione cristiana si basa su eventi di dubbia razionalità (chi concepisce un figlio senza aver «conosciuto uomo», chi muore e poi ritorna in vita; chi compie esorcismi; chi si fa martire; chi fa voti di povertà e altro). Neanche la nostra religione, che pure ci porta a formulare domande simili, funziona secondo la dicotomia giusto/ingiusto: perché costringere gli altri a questo schema?
Il secondo veleno che circola durante la puntata di Porta a Porta è che le ragazze che portano il velo in realtà non lo fanno mai per libera scelta, anche qualora lo dicessero, ma sempre perché costrette. Come si può dimostrare questa “verità”? Tutti gli ospiti la dimostrano, semplicemente, affermandola.
Ma cosa diremmo se vedessimo donne islamiche sottoporsi alla chirurgia estetica? Non diremmo che qualcuno le costringe? Che diremmo se vedessimo donne rinunciare ad essere madri per i motivi più strani? Non diremmo che dietro c’è qualcuno che le sta plagiando? E il voto di castità dei seminaristi è una scelta libera? E i monasteri di clausura? È uguaglianza o disuguaglianza (questa è l’altra coppia di termini con cui la ragazza durante la puntata viene messa alle corde) che un prete possa confessare o dire messa e nessuna donna possa farlo?
Accettare, comprendere, dialogare con un’altra civiltà non può essere accettare solo ciò che dell’altra civiltà, alla fin fine, ci convince.E poi: è giusto o ingiusto mettere una ragazzina in minoranza in un salotto tv? Accerchiarla con domande impossibili come fanno i bulletti con le compagne di classe?
Francesco Longo
Fonte: http://www.ilriformista.it/documenti
Link: http://www.ilriformista.it/documenti/testofree.aspx?id_doc=74506
27.10.06
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