25 LUGLIO, PASTASCIUTTA ANTIFASCISTA: SINISTRA ALLA FRUTTA

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DI ALESSIO MANNINO
nuovavicenza.it

Il prossimo 25 luglio, settantesimo anniversario della caduta del fascismo per mano dei gerarchi ribelli e della monarchia, i pensionati della Cgil di Vicenza offriranno a prezzo politico ai Giardini Salvi una spaghettata celebrativa: la “pastasciutta antifascista”. Sembra l’ennesima trovata di una sinistra ideologicamente alla frutta, e difatti lo è. Si rifà alla pasta di festeggiamento preparata in quel fatidico 25 luglio 1943 per l’intero paesino emiliano di Campegine da papà Cervi – che di lì a pochi mesi avrebbe subito la fucilazione per rappresaglia dei suoi sette figli partigiani. Un senso di sgradevolezza lo dà, il rito italico dello spaghetto se abbinato alla memoria di fatti tanto grandiosamente tragici. Come se non riuscissimo a tirar fuori sempre e comunque la vena di commedia, la nota di tarallucci e vino che l’italiano sparge ovunque, per cui, alla fine, finiamo sembra a tavola. E’ la grandezza e piccolezza umana del nostro popolo.Ma siamo fatti così: ci manca la serietà grave di nazioni divenute tali nei secoli sui campi di battaglia grazie a eserciti nazionali (Machiavelli nel ’500 capì già tutto, individuando il nostro difetto di fondo nella plurisecolare assenza del cittadino-soldato). Il punto che interessa è un altro. E’ l’altra sensazione che promana da iniziative anche simpatiche come questa: quel certo che di forzatura, il dover mettere l’antifascismo ovunque, pure sulla pasta, tradendo il bisogno di cristallizzarlo e prezzemolizzarlo perchè, evidentemente, corre il rischio di finire nell’oblio.

Ed è fatale sia così: dopo settant’anni, una categoria politica che è “anti”, per avere una ragion d’essere dovrebbe battersi ancor oggi contro il suo nemico.

Oggi, il fascismo, dov’è? Sono forse quattro ragazzotti che si trastullano coi saluti romani e talvolta giocano alla violenza, ignorando che lo squadrismo, che del fascismo fu l’essenza, traeva la sua precisa motivazione storica nel disagio dei reduci di una Grande Guerra che per la prima volta era stata mondiale e di massa? O è forse nel razzismo strisciante, e a volte scoperto, di una parte di società italiana che confonde la difesa di quel poco d’identità rimasta sotto la livella globalizzatrice, con l’intolleranza bigotta verso lo straniero in quanto tale? Ma tutto questo non è fascismo, perchè il fascismo fu, come insegnava l’antifascistissimo docente di storia Silvio Lanaro, un’esperienza storicamente definita, con caratteristiche date e non replicabili, come d’altronde tutti i fenomeni storici. Per essere chiari: esiste un partito paramilitare e dittatoriale che usa illegalmente la forza per reprimere gli avversari e conquistare il potere? Se c’è, di sicuro non è in Italia.

E allora di cosa stiamo parlando? Azzardo un’ipotesi: stiamo parlando di un periodo che, pur essendo stato fondamentale per la liberazione dall’occupante tedesco, pieno di eroismi e di crimini, di buona fede e di ingenuità, ora, dopo decenni in cui il nostro Paese si è trasformato radicalmente, viene usato come sostituto alla pochezza culturale e politica di una sinistra che non sogna più il sol dell’avvenire, ma si aggrappa all’ombra del passato. Invece di porre nuovi traguardi, come sarebbe nel dna di una sinistra lanciata verso l’incessante progresso, l’immaginario del sinistrorso attuale è la conservazione museale e acritica di una tradizione mitizzata – un atteggiamento psicologico, per usare la dicotomia purtroppo ancora in voga, di destra.

E’ il passato che non passa e schiaccia la ricerca dei veri problemi del presente. Già negli anni ’60-’70 Marcuse, la Scuola di Francoforte e il Pasolini degli Scritti Corsari mettevano in guardia sul nuovo fascismo, che niente aveva e ha a che fare con quello originale: il fascismo bianco dell’omologazione “produci, consuma, crepa”. Non più la dittatura che picchiava arrestava e uccideva, ma oligarchie globali che tengono in ostaggio intere popolazioni col ricatto del “there is no alternative”, dell’adeguarsi agli interessi dei grandi poteri finanziari, come in Grecia, come nella nostra stessa Italia. Mentre i sinistrati ogni anno officiano i funerali dei martiri di più di mezzo secolo fa, il nuovo totalitarismo, sottile e apparentemente liberale, fa il funerale alla Carta costituzionale, tanto osannata e declamata quando si dovrebbe modificarla poichè ad esempio non prevede il diritto di voto su due materie decisive, il fisco e i trattati internazionali (da cui l’Europa-gabbia). Ditemi voi se dopo settant’anni dobbiamo ancora ringraziare gli Americani restando sotto tutela militare, o se aver consegnato la politica economica ai banchieri della Bce abbia qualcosa a che fare con la democrazia. E ditemi voi se tenere in vita un fantasma, l’eterno fascismo sconfitto nel 1945, serva o piuttosto ostacoli la visione lucida e chiara dei mali di oggi.

L’antifascismo in assenza di fascismo per la sinistra è come l’anticomunismo in assenza di comunismo per la destra: un alibi per coprire la propria inadeguatezza d’analisi e d’azione.
Basta con il guardare indietro, guardiamo all’oggi, guardiamo avanti.

Alessio Mannino
Fonte: www.nuovavicenza.it
Link: http://www.nuovavicenza.it/2013/07/25-luglio-pastasciutta-antifascista-sinistra-alla-frutta/
19.07.2013

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