1999-2009 DIECI ANNI DI EURO. CHI LA FESTA LA FA E CHI LA SUBISCE

DONA A COMEDONCHISCIOTTE.ORG PER SOSTENERE UN'INFORMAZIONE LIBERA E INDIPENDENTE:
PAYPAL: Clicca qui

STRIPE: Clicca qui

In alternativa, è possibile effettuare un bonifico bancario (SEPA) utilizzando il nostro conto
Titolare del conto: Come Don Chisciotte
IBAN: BE41 9674 3446 7410
BIC: TRWIBEB1XXX
Causale: Raccolta fondi

blank

A CURA DI ALBERTO LEONCINI

noeuro.it/

Sono passati dieci anni dall’introduzione, seppur virtuale, dell’Euro (allora ECU, moneta
interbancaria con valore 1:1 rispetto all’Euro), che ha segnato un deciso balzo in avanti nel processo
di integrazione europea. Integrazione che, ormai viene detto anche dai più strenui sostenitori del
progetto in corso, risulta riuscita solo sotto il profilo della creazione di una grande area di
cointeressenza macroeconomica, dove però vige un forte deficit di democraticità e partecipazione.
Sicuramente l’Euro ha compiuto dei poderosi progressi nel contesto dei mercati valutari globali,
posizionandosi quasi ex-aequo con il dollaro come moneta di riferimento negli scambi. E’ lecito
tuttavia domandarsi chi si sia accollato la parte più onerosa di questa grande operazione monetaria,
quali siano stati vantaggi e svantaggi e quali, soprattutto, le prospettive alla luce della crisi che sta
investendo tutte le economie del pianeta. E, mi permetto di dire, anche il modo di “fare economia”
su scala globale…. Ne abbiamo parlato con Fabrizio Zampieri *, economista e analista finanziario,
che da epoche non sospette pone all’attenzione del pubblico le problematiche connesse con
l’integrazione monetaria e le sue implicazioni, specie sul contesto italiano.

Dieci anni di euro, quali le sue considerazioni generali? Quali i vantaggi e quali gli
svantaggi più evidenti che vuole anzitutto sottolineare?


Secondo me sarebbe forse più giusto porre questa domanda al pensionato, alla casalinga, al
dipendente pubblico, all’artigiano, al piccolo imprenditore, allo studente, insomma alla
maggioranza degli Italiani che lavora e mantiene lo Stato con il pagamento delle tasse, e
sarebbe giusto sentire il loro parere, basato sulla realtà della vita quotidiana. Secondo voi
sarebbero così positivi i giudizi sull’Euro..??.
A parte questa considerazione iniziale, comincerei senza dubbio ad elencare gli svantaggi
portati dalla nuova valuta, naturalmente secondo il mio punto di vista:
– il costo reale della vita, ad oggi, è aumentato in media del 60-80%, in alcuni settori anche
del 100%, nonostante le inattendibili, inaffidabili e poco trasparenti rilevazioni dell’Istat che
ci raccontano il discreto andamento dell’economia, almeno fino a qualche mese fa, quando
anche l’Ente pubblico ha dovuto ammettere che effettivamente il caro vita ha avuto
incrementi maggiori di quelli pubblicati anche in seguito all’arrivo della crisi finanziaria-
economica globale. Il problema però sta nel fatto che le retribuzioni e le pensioni degli
italiani non hanno certamente seguito il medesimo trend ascendente dei costi.
E non fatevi incantare dai falsi palcoscenici televisivi dove vengono organizzate ad arte zuffe
e litigi tra Associazioni dei consumatori, commercianti e cittadini per tentare di trovare i
responsabili di tali indiscriminati aumenti poiché i principali colpevoli sono ben altri e non
vengono citati in giudizio: il vero colpevole è lo Stato e le principali Amministrazioni
Pubbliche che, subito dopo l’introduzione dell’Euro, hanno aumentato le tariffe postali,
quelle dei pubblici servizi, dei trasporti, hanno permesso l’incremento delle bollette
energetiche, ed ovviamente non hanno attuato nessun tipo di controllo sui prezzi. Ciò ha
naturalmente legittimato anche le altre categorie private ad attuare le stesse manovre;
− i tassi d’interesse sicuramente partiti da livelli bassi (il tasso ufficiale di sconto nell’area
Euro era al 2% ad inizio 2002) sono raddoppiati e rimasti su alti livelli (come nel periodo
pre-Euro) fino a qualche mese fa in concomitanza dell’arrivo della crisi finanziaria, di fronte
alla quale anche la BCE, filo tedesca ed americana ha dovuto iniziare a ridurre i tassi, a furor
di popolo. E non credo sia necessario essere degli economisti per capire che ad ogni aumento
del Tasso Ufficiale di Sconto, e quindi anche di tutti gli altri tassi interbancari collegati,
corrisponde un aumento dell’importo della rata del mutuo o del prestito di un normale
cittadino o ancora del finanziamento di una piccola e media impresa locale. Questo mix,
composto dal costo della vita e dall’alto livello dei tassi d’interesse, sta facendo registrare
incrementi a livello di record di espropri immobiliari (più del doppio nell’arco dell’ultimo
anno in Italia), dovuti al mancato pagamento dei mutui da parte dei cittadini, e di cessazioni
di attività imprenditoriali di piccole e medie dimensioni; quelle di grandi dimensioni per il
momento riescono a far fronte alla congiuntura negativa con licenziamenti e delocalizzazioni
produttive.
Ma il problema è ancor più negativo proprio ora, con la riduzione dei tassi a seguito della
grave crisi economica degli ultimi mesi: infatti, ad un taglio dei tassi ufficiali (sconto,
Euribor, interbancari) la maggior parte delle Banche ha risposto con un allargamento degli
spread (ovvero quella porzione di tasso d’interesse aggiuntivo a quello base che rappresenta
il loro profitto), vanificando quindi gli effetti positivi per i risparmiatori e mantenendo
tuttora alto il costo del denaro.
− E che dire relativamente alla stabilità dei cambi, sbandierata come un’altra delle positività
della nuova valuta..?; ebbene l’Euro è tutt’altro che stabile, anzi è una valuta che dopo un
inizio incerto di debolezza, si è apprezzata notevolmente nei confronti di tutte le principali
monete (raggiungendo il massimo storico contro il dollaro Usa di 1,6150!!!, appena qualche
mese fa; di 170 contro lo Yen giapponese a luglio scorso –altro record storico da 15 anni-; e
così via rispetto anche alle altre principali valute internazionali). Ed ancora una volta non è
necessario essere un esperto economista per comprendere che un Euro forte penalizza
fortemente le esportazioni (vendite) delle aziende europee. Sono molte le imprese italiane in
difficoltà a seguito di questo fenomeno, che hanno registrato ingenti cali di vendite e
riduzioni di fatturato, il tutto con gravi ripercussioni sulla produzione e sull’occupazione. E
non fatevi nemmeno influenzare da chi sostiene che, grazie ad un Euro forte, possiamo
rallegrarci poiché altrimenti assisteremmo ad aumenti esagerati del prezzo di benzina,
gasolio e delle principali materie prime; in verità i prezzi di petrolio, oro, palladio, mais,
ecc.. (quotati in dollari), salgono a causa della debolezza della valuta americana; e poi
abbiamo ugualmente assistito ad aumenti esagerati ed esorbitanti delle quotazioni di
petrolio, materie prime e commodities varie fino a qualche mese fa (petrolio a 147 dollari…).
Attualmente, l’Euro si è deprezzato rispetto alle principali valute, a parte la Sterlina inglese
(massimi storici) ma i danni per le nostre aziende permangono ed anzi sono accentuati
dall’arrivo della crisi internazionale.

Ed ora passiamo ai vantaggi:

− senza dubbio uno degli aspetti positivi portati dall’Euro è costituito dal fatto che ora tutte le
transazioni in valuta tra gli operatori (privati e pubblici) dei Paesi aderenti all’Unione
Monetaria non sono più soggette ai costi relativi al cambio della valuta (in precedenza,
un’azienda che acquistava in Germania era costretta a cambiare le Lire in Marchi con
aggravio di costi amministrativi da parte delle Banche; e pensiamo anche ai turisti che si
recano in vacanza presso i Paesi dell’Unione: ora non sono più costretti a convertire la loro
valuta in quella del Paese straniero con costi di provvigione, di cambio e spread sui prezzi
applicati dalle Banche e dai cambiavalute locali).
Ma tale vantaggio purtroppo si sta trasformando, con il passare del tempo, sempre più in uno
svantaggio poiché il sistema bancario ha pensato bene, in seguito ad un loro minore introito
derivante dall’eliminazione delle transazioni sui cambi, di aumentare il costo dei servizi
bancari in generale (è noto che in Italia il costo del Conto Corrente, a carico del cliente, è tra
i più alti nel mondo…);

− direi che l’introduzione dell’Euro ha invece rappresentato un notevole vantaggio soprattutto
per il sistema bancario/finanziario: con l’Euro, il monopolio delle Banche ordinarie e delle
Banche Centrali, mediante la BCE, si è ulteriormente rafforzato; i controlli sul loro operato
sono divenuti meno pressanti (il potere politico ha sempre meno influenza sulle loro azioni);
gli utili dei loro bilanci sono sempre stati a 2 cifre (a parte quelli del 2008, a causa della crisi
innescata proprio da loro e dalla libertà di azione avuta); a seguito di fusioni ed
incorporazioni hanno imposto aumenti dei costi sui servizi generalizzati; e grazie alla
globalizzazione dei mercati finanziari hanno potuto vendere a qualsiasi tipologia di
risparmiatore prodotti tossici, di scarsa qualità, a basso rendimento, ecc…
Ed ora, in questo periodo di crisi finanziaria acuta, le Banche sembrano non preoccuparsi più
di tanto poiché sanno che i Governi interverranno con vari Decreti per il loro salvataggio,
naturalmente sempre a carico dei cittadini comuni e dei risparmiatori.

Lei non trova dannoso ad un serio dibattito sull’integrazione europea che non si possa in
nessun modo mettere in discussione lo status quo relativamente alla politica monetaria e alla
sua gestione, specie per quanto concerne l’autonomia, ma oserei dire l’assoluta scissione da
qualunque forma di rappresentatività politica, della BCE, specie se pensiamo alla segretezza
delle riunioni o alla sostanziale condizione “castuale” dei suoi esponenti più in vista?

L’unione Monetaria non è stata voluta dai cittadini europei ma è stata progettata ed attuata
essenzialmente dalle Istituzioni bancarie e finanziarie. Basti pensare ai Paesi della Cee dove
è stato proposto un referendum sull’Euro (Danimarca, Svezia) e la popolazione ha nettamente
votato per il “no”. Altro caso è quello della Gran Bretagna la quale ha pensato bene di
rimanere al di fuori della nuova valuta ma pur conservando un posto ed avendo quindi un
certo potere operativo all’interno della Banca Centrale Europea. Sintomatici del rifiuto
all’Euro e ad un’Europa unita sono stati anche i vari referendum relativi al recepimento della
nuova Costituzione Europea, bocciati in diversi Paesi della Comunità Europea, anche se poi
riproposti e recepiti “furbescamente” attraverso il Trattato di Lisbona (vedi Francia). In Italia
purtroppo, per atto costitutivo, non si è dato in alcun modo possibilità ai cittadini di scelta in
relazione a tali tematiche; in caso contrario, sono piuttosto sicuro che, ora, non adotteremo
l’Euro…
Relativamente all’indipendenza e all’autonomia della BCE, preferirei trattare l’argomento in
una delle prossime domande.

Come valuta le enormi immissioni di liquidità avute a tassi nettamente inferiori a quelli di
mercato che si sono susseguite per sostenere banche d’affari particolarmente esposte in
operazioni ad alto rischio? Non reputa ciò vergognoso specie se raffrontato con le crisi di
cassa e liquidità che affliggono moltissime imprese produttive e che danno da vivere a
migliaia di famiglie? Le prime sono lautamente sostenute dai governi e dalle banche
centrali, le seconde, invece, sono in balia del mercato e della concorrenza sleale di paesi
esteri… Dove sta la coerenza in tutto ciò?

Le enormi immissioni liquidità, ovvero prestiti a tassi particolarmente vantaggiosi da parte
delle Banche Centrali mondiali a favore delle Banche e Società Assicuratrici, sono state
giustificate con il fatto ché, se fosse collassato il sistema bancario/finanziario globale,
conseguentemente sarebbe crollato anche il sistema produttivo della maggior parte dei Paesi
industrializzati. Secondo i Governi quindi si è trattata di una misura straordinaria, in un
momento assai critico, attuata per scongiurare in definitiva una crisi ancor più grave e
generalizzata. Il problema è che tali azioni non sono riuscite a guarire il sistema “malato”
poiché molte Banche, dopo aver ottenuto liquidità e risorse finanziarie aggiuntive, invece di
utilizzarle nella loro attività ordinaria al fine anche di sostenere il credito e le aziende, hanno
immobilizzato a loro volta questi fondi presso le Banche Centrali ottenendo quindi un
rendimento attivo superiore a quello passivo. E la crisi, in origine solamente di tipo
finanziario, inevitabilmente ha ora colpito anche i settori reali e produttivi.

Lei non ritiene di estrema gravità il fatto che la BCE non sia un organismo comunitario in
senso pieno, non essendo menzionata nell’art. 4 del trattato istitutivo CE, dunque non
sottoposto ad un controllo giurisdizionale diretto da parte della Corte di Giustizia Europea?

Come già detto prima, l’Unione Monetaria e l’Euro sono stati fortemente voluti soprattutto
dal sistema bancario/finanziario, naturalmente con l’appoggio di determinate forze politiche,
ed è quindi naturale che il principale Ente monetario, la BCE -Banca Centrale Europea-,
goda di una tale autonomia e potere operativo.
La Banca Centrale Europea è praticamente una Banca privata, indipendente ed autonoma. E
qui possiamo rilevare una serie di fatti piuttosto preoccupanti: le Banche Centrali delle
singole nazioni europee, prima del Trattato di Maastricht, avevano un’indipendenza dal
potere politico variabile tra il 40 e il 65%; attualmente, dopo l’introduzione dell’Euro,
l’indipendenza si aggira intorno al 90%. Dunque, mentre nessuna influenza può giungere dal
potere politico alla BCE, dai vertici monetari giungono invece ai nostri governanti continue
indicazioni, parametri cui attenersi, rigidi vincoli che coinvolgono l’intera vita e l’economia
delle nazioni.
Inoltre, l’art. 4 del Trattato non menziona la BCE tra le Istituzioni della Comunità
(Parlamento Europeo, Consiglio, Corte di Giustizia, Corte dei Conti e Commissione); alla
BCE però il Trattato conferisce personalità giuridica e lo Statuto ne riconosce la più ampia
capacità di agire all’interno di ciascuno degli Stati membri. Sotto il profilo giuridico-
formale, la BCE non è dunque un’Istituzione Comunitaria, ed i singoli Paesi aderenti
all’Unione Monetaria non possono interferire in alcun modo con la sua politica economica;
essa può quindi fissare a suo arbitrio il livello del tasso ufficiale di sconto (TUS), la quantità
di denaro da immettere sul mercato, decidere la disponibilità ed il costo del finanziamento
del sistema bancario e qualsiasi altra azione di sua competenza, in modo indipendente (art. 7
del Protocollo SEBC: “Indipendenza”).
Ed in aggiunta, mentre i dibattiti e le sedute della Camera dei Deputati e del Senato sono
aperti al pubblico e le sentenze delle Corti di Giustizia devono essere dettagliatamente
motivate e pubblicizzate, dall’altra parte, le riunioni del Consiglio Direttivo della BCE sono
assolutamente secretate, ed è lo stesso Consiglio che, di volta in volta, decide se pubblicare
le proprie delibere, se pubblicarne solo alcune parti, o se non pubblicarle affatto. Oltre tutto
questo, i dirigenti della BCE godono di una sostanziale immunità: non sono infatti previste,
all’interno della BCE, sanzioni per comportamenti impropri degli stessi dirigenti (art. 12 del
Protocollo: “Responsabilità degli organi decisionali”).
Senza esagerazioni, il Trattato di Maastricht ha fatto di loro membri intoccabili di una
Società privata ed autonoma, in parte segreta, che condiziona Stati e popoli.
Ne deriva inoltre che i singoli Stati dell’Unione Monetaria hanno perso la sovranità
monetaria e legislativa in campo monetario, sovranità che sono parti essenziali della
sovranità nazionale.

L’Italia ha sicuramente beneficiato della fase di bassi tassi di interesse legata
all’introduzione dell’Euro, che tuttavia si è con il tempo vanificata, ciò ha permesso una
riduzione significativa (ca.70 miliardi di Euro) del costo per interessi sul debito pubblico.
Come valuta la politica dei tassi tenuta dalla BCE? Ritiene moralmente giusto, prima come
cittadino che come economista, che sei punti percentuali di PIL vadano a coprire interessi su
un debito pubblico che va comunque in mano a fondi di investimento e altre realtà private?

I bassi tassi d’interesse, dopo l’introduzione dell’Euro, hanno aiutato lo Stato italiano a
ridurre l’importo del costo degli interessi passivi sul debito pubblico solamente per un breve
periodo poiché, la politica monetaria della BCE è stata improntata, sin da subito, ad un
innalzamento dei tassi fino ai massimi livelli di qualche mese fa (coincidenti con quelli pre-
Euro). Ovviamente tale politica ha danneggiato tutti gli Stati, compresa l’Italia, dotati di un
alto debito pubblico. A conti fatti, quindi l’Euro non ha portato questi grandi vantaggi
prospettati.
Inoltre bisogna evidenziare che all’interno della stessa Banca Centrale Europea prevalgono
gli interessi tedeschi i quali sembrano avere come unico obiettivo quello della lotta
all’inflazione, a costo di mandare sul lastrico famiglie ed aziende, mantenendo un alto
livello di tassi d’interesse, e facendo finta di non accorgersi che la maggioranza dei Paesi
dell’area Euro non ha fondamentali così buoni come i loro. Gli interessi tedeschi devono
però fare i conti con quelli americani, prevalenti anch’essi all’interno della BCE: infatti
molti esponenti e dirigenti della stessa BCE provengono dalle grandi Banche d’affari Usa
(Bini Smaghi, Mario Draghi, ecc…), e sapendo che agli Stati Uniti serviva fino a qualche
tempo fa un Dollaro assai debole che permettesse loro di ridurre il notevole disavanzo
pubblico, in parte utilizzato per finanziare le varie guerre e missioni militari nel mondo, e di
rilanciare le esportazione delle loro aziende verso l’estero, si comprende meglio come
l’immobilismo della nostra Banca Centrale ha favorito un Euro così “forte” e un Dollaro
così debole. In termini economici, il tutto si è tradotto in una notevole difficoltà per le nostre
aziende di vendere i propri prodotti/servizi all’estero, soprattutto nell’area dollaro.
Con questo mix di fattori, e data la natura “privatistica” della nostra Banca Centrale è quindi
facile capire come gli europei stiano pagando il conto degli “amici” americani e come le
politiche monetarie della nostra BCE non facciano proprio gli interessi dei cittadini
comunitari.

Un ritorno ad una valuta nazionale, ipotetico seppur non astrattamente impossibile, come lei
ha avuto modo di dimostrare in molti articoli, non sarebbe sostanzialmente inefficace se non
correlato ad una reale nazionalizzazione dell’ente emittente, dal momento in cui anche la
Banca d’Italia è controllata da soggetti privati che comunque ci “presterebbero” il denaro?
Ossia, non si cambierebbe semplicemente “padrone”? Diventando peraltro un padrone “più
piccolo” e più esposto alle intemperie internazionali?

In uno dei miei ultimi articoli pubblicati, ho ipotizzato l’uscita dall’Euro dell’Italia ed il
ritorno alla Lira o ad un’altra valuta.
La mia ipotesi è comunque fondata su motivi tecnico-finanziari e non in base ad un puro
sentimento anti-moneta unica. Infatti è da diversi mesi che il differenziale tra i Btp italiani
(titoli di Stato a reddito fisso con durata decennale) e i Bund tedeschi, di colpo, è salito a
circa 60 punti base, il massimo dal 2001 (vigilia dell’entrata dell’Euro), per toccare massimi
di 150 punti in questi giorni (gennaio 2009). Ma il fenomeno è ancor più strano poiché, dal
momento che Btp e Bund sono emessi da Paesi aderenti all’UE ed entrambi in euro, il
differenziale dovrebbe essere pari a zero; nonostante questo invece tale differenza è rimasta
sullo 0,20 (20 punti base) per questi anni, indicando un certo livello di diffidenza nei
confronti del nostro Paese; Francia e Spagna avevano un differenziale solamente dello 0,04
(4 punti base) rispetto alla Germania.
Solitamente un differenziale così ampio tra titoli di Stato anticipa un movimento o
accadimento assai negativo, ed ora il mercato inizia a muoversi sull’Italia, scommettendo
sull’uscita dall’Euro del nostro Paese. Secondo la mia opinione, è’ quindi solamente una
questione di tempo.
Inoltre, in Italia, per rimanere a casa nostra, la crescita è ormai negativa, tanto ché ora si è
confermato ufficialmente lo stato di recessione tecnica.
E’ quindi doveroso insistere sul fatto che se l’Italia rimarrà con questi valori ancora per
molto, verrà inesorabilmente buttata fuori dall’Euro nonostante la volontà contraria di
banchieri e politici. E non credete alle loro parole quando dichiarano, senza cognizione di
causa o perché spinti da loro interessi, che se non avessimo adottato l’Euro, ora con la
“vecchia” Lira saremmo in condizioni peggiori.., non credetegli, che lo dimostrino
tecnicamente.
La gestione di un’eventuale uscita dall’Euro e adozione di una nuova valuta però dovrebbe
essere condotta da un Ente monetario nazionale e statale e non certo da un organismo con le
caratteristiche dell’attuale Banca d’Italia, Banca privata, il cui pacchetto azionario è detenuto
per oltre il 90% da Banche private e Compagnie Assicuratrici (i gruppi Intesa-San Paolo e
Unicredit-Capitalia possiedono oltre il 40% delle azioni di Banca d’Italia!).
Credo siano degne di nota alcune curiosità relativamente alla nostra Banca primaria: pensate
che l’art. 3, ultimo comma, dello Statuto di Banca d’Italia, stabiliva che la maggioranza delle
quote del suo capitale sociale doveva essere posseduta da Enti Pubblici; ebbene, sotto
l’ultimo Governo Prodi, tale articolo è stato abrogato, permettendo ora una composizione
azionaria siffatta.
Ed ancora, tra i soci proprietari di Banca d’Italia è presente anche Gruppo Banca Popolare
Italiana, ex Banca Popolare di Lodi, legata alle famose e drammatiche vicende finanziarie di
Fiorani & C.
Ed altro fatto rilevante: gli stipendi del personale Bankitalia, Banca privata, sono però a
carico dei contribuenti italiani, e sono stipendi enormi: un dipendente della nostra Banca
Centrale prende in media 110.000 eur l’anno, contro i circa 66.000 eur di un dipendente
della Banca Centrale Americana (FED). C’è quindi da chiedersi perché i cittadini italiani
devono pagare in modo così esagerato un servizio che, in definitiva, non viene reso alla
Comunità bensì ai veri proprietari (Banche private).
Il Governo italiano dovrebbe avere il coraggio di ripristinare nuovamente l’art. 3, come già
visto, e costringere quindi le Banche proprietarie a vendere le loro quote ad Enti statali e a
ridurre la propria influenza sulle politiche operative dell’Istituto. La nuova Banca d’Italia
quindi non dovrebbe in primis appartenere a soggetti privati, né perseguire fini privatistici,
altrimenti, anche un’eventuale uscita dall’Euro, non comporterebbe veri e reali vantaggi per i
cittadini italiani.

Lei non ritiene, come prima tappa, che siano da rivedere i vincoli di bilancio imposti dal
trattato di Maastricht, dal momento in cui sono stati concepiti in un momento di “vacche
grasse” e comunque sono assolutamente inadatti a permettere una politica di riequilibrio
anticiclico da parte della pubblica amministrazione, qualora questa ne avesse la necessità,
come sta succedendo oggi?

I famosi parametri di Maastricht, soprattutto alla luce di questa crisi globale, dovranno
probabilmente essere rivisti a breve introducendo elementi di maggiore flessibilità altrimenti
la maggior parte dei Paesi aderenti, compresa l’Italia, rischierebbe di non riuscire a
mantenerli e, dopo un periodo iniziale soggetto a sanzioni come previsto dal Trattato,
sarebbero costretti ad abbandonare la valuta comune.

Lei non ritiene che gli aumenti generalizzati dei prezzi siano da considerarsi quasi una
conseguenza “minore” dell’introduzione dell’Euro, dal momento in cui, pur avendo colpito
in modo pesante le fasce più deboli della popolazione, il fatto di aver delegato ad un ente
sopranazionale la facoltà esclusiva di emettere e gestire la moneta sia da considerarsi in
realtà una perdita di sovranità politica ben più grave e in palese violazione dell’art.1 della
Costituzione italiana lì dove si dice che la sovranità appartiene al popolo, che la esercita
nelle forme e nei limiti della Costituzione medesima?

Purtroppo tutti gli Stati aderenti all’Euro hanno perso la sovranità monetaria già da un bel
po’, ovvero da quando le varie Banche Centrali sono diventate autonome e di proprietà di
altri Istituti Bancari. Con la nascita poi della BCE e con lo smisurato potere attribuitogli, la
facoltà di emettere e gestire la moneta è passata definitivamente a questo organo privato.
Conseguentemente si è violata la Costituzione, ma questi sono argomenti poco conosciuti e
tenuti ben nascosti ai cittadini, anche con la complicità di molti organi d’informazione.

I fondamentali macroeconomici tedeschi, notoriamente i migliori d’Europa, sono così
predominanti da permettere alla Germania di ricalcare sulle sue necessità una moneta che
serve in realtà milioni di cittadini? Il problema geopolitico sotteso a questa
“germanizzazione” dell’Europa, crede sia solo una questione da talk-show o ritiene una
minaccia reale quella di servirci di una moneta, non solo che non ci appartiene, ma che
addirittura è ritagliata su necessità e fondamentali macroeconomici diversissimi dai nostri?

Purtroppo mi devo ripetere nuovamente affermando che l’Euro è stato voluto dal sistema
bancario con l’appoggio di quello politico e non certo dai cittadini. Lo si può notare anche a
livello politico dove l’integrazione degli Stati appartenenti alla Comunità Europea è assai
difficile ed ogni nazione continua a mantenere la propria lingua, il proprio Parlamento, i
propri Ministri, ecc…
La Banca Centrale Europea ha la propria sede a Francoforte per accontentare i Tedeschi e la
sua politica è fortemente determinata dai loro interessi (vedasi tassi d’interesse e lotta
all’inflazione). Inoltre i fondamentali macroeconomici dei Paesi aderenti alla moneta unica
sono molto diversi, anche se devono sottostare a determinati parametri, ed ora, con l’arrivo
della crisi queste differenze si accentueranno ancor di più. Da parte mia, vedo a breve, un
fallimento dell’Euro o meglio la reale possibilità di uscita di diversi Paesi.

Lei non trova che il concetto di “economia reale” declamato da tanti organi di informazione
sia una confortante e stucchevole menzogna, dal momento in cui anche le imprese
“produttive” e non speculative sono soggiogate nella loro operatività ordinaria a
problematiche fortissime correlate con il contesto macroeconomico e monetario, penso ad
esempio all’accesso al credito o alla politica dei tassi di interesse che ha inibito per anni gli
investimenti in sviluppo, e talvolta anche quelli di rimpiazzo; aspetti questi che penalizzano
proprio le piccole realtà che dovrebbero fare da volano alla ripresa dell’economia
produttiva?

Purtroppo le nostre economie reali sono fortemente influenzate e legate al sistema bancario, e
lo si può notare proprio in questi periodi negativi. Sappiamo ormai tutti che tale crisi
internazionale è stata causata da una grave crisi del sistema bancario/finanziario,
naturalmente tenuta ancora in parte nascosta (molte Banche non hanno dichiarato ad oggi le
effettive perdite e svalutazioni subite a causa del loro operato improntato al profitto
sconsiderato e smoderato degli ultimi annin); i Governi hanno reagito programmando e
disponendo ingenti aiuti finanziari al sistema creditizio il quale, purtroppo, ha risposto di
contro, limitando l’accesso al credito e, in molti casi, “chiudendo i rubinetti”di finanziamenti
e prestiti concessi in precedenza. La naturale conseguenza di questo fenomeno è stata e sarà
una devastante caduta dei nostri settori produttivi (basta leggere i giornali di questi tempi per
notare articoli relativi a licenziamenti, casse integrazioni, mobilità, perdite e riduzioni di
fatturati). E non saranno poche le imprese, soprattutto quelle che difficilmente potranno
accedere agli ammortizzatori sociali e agli aiuti di Stato, che cesseranno le attività e
subiranno gravi perdite in termini di fatturato ed utili entro i prossimi mesi del 2009.

Intervista a cura di Alberto Leoncini [email protected]
Fonte: http://www.noeuro.it/

21.01.2009

*Fabrizio Zampieri é economista ed analista finanziario. Come consulente si occupa di: analisi e studio dei mercati finanziari,
gestione del rischio di cambio e degli strumenti finanziari, gestione della tesoreria aziendale multivalutaria, gestione
dell’indebitamento e dei rapporti con gli Istituti bancari, con target di clientela “Private” e “Corporate”. Come formatore
collabora con Associazioni di categoria e Imprese attraverso progettazione e docenze di corsi F.S.E. (Fondo Sociale Europeo),
seminari, incontri. E’ anche docente di materie finanziarie presso la Libera e Privata Università di Lugano (ISFOA). Socio
ordinario Assoconsulenza (Associazione Italiana Consulenti d’Investimento) . [email protected]

ISCRIVETEVI AI NOSTRI CANALI
CANALE YOUTUBE: https://www.youtube.com/@ComeDonChisciotte2003
CANALE RUMBLE: https://rumble.com/user/comedonchisciotte
CANALE ODYSEE: https://odysee.com/@ComeDonChisciotte2003

CANALI UFFICIALI TELEGRAM:
Principale - https://t.me/comedonchisciotteorg
Notizie - https://t.me/comedonchisciotte_notizie
Salute - https://t.me/CDCPiuSalute
Video - https://t.me/comedonchisciotte_video

CANALE UFFICIALE WHATSAPP:
Principale - ComeDonChisciotte.org

Potrebbe piacerti anche
Notifica di
10 Commenti
vecchi
nuovi più votati
Inline Feedbacks
View all comments
10
0
È il momento di condividere le tue opinionix