DI GIULIETTO CHIESA
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Questa settimana, ne “la bustina di Minerva” che Umberto Eco pubblica sull’ultima pagina dell’Espresso, si legge un attacco a “Zero”, il volume curato da Giulietto Chiesa e Roberto Vignoli, che accompagna il film presentato di recente alla festa del cinema di Roma.
Eco, col suo articolo intitolato “Dov’è la gola profonda?” introduce “11.9 la Cospirazione Impossibile”, il libro curato da Massimo Polidoro che ospita anche un suo contributo, pubblicato dallo stesso editore di “Zero”, ma in aperto dissenso con la controinchiesta coordinata da Giulietto Chiesa.
In particolare, a sostegno del suo ragionamento, egli introduce “la prova del silenzio”, cioè dell’assenza, per i fatti dell’11 settembre, di una “gola profonda” che avrebbe dovuto raccontare come sono andate veramente le cose.
A beneficio dei nostri lettori, di seguito, pubblichiamo la risposta di Giulietto Chiesa a Umberto Eco, auspicando che sia l’Espresso sia la Repubblica (che ha ripreso la tesi di Eco con un articolo di Carlo Bonini) vogliano assicurare al nutrito gruppo di scienziati e giornalisti che ha prodotto “Zero”, l’indispensabile diritto di replica su una questione così fondamentale per la nostra condizione contemporanea, com’è stato l’11 settembre e le sue conseguenze.
Umberto Eco ammette che il suo contributo al volume “La cospirazione impossibile” “non era tanto sull’11 settembre quanto sull’eterna sindrome del complotto”. La postfazione allo stesso volume pare – secondo qualcuno dei curatori dello stesso – sia stata loro imposta dall’editore, poiché loro erano tutti ostili. Comprendo l’irritazione. L’autore del breve saggio era il prof. Odifreddi. Il suo argomentare, molto preciso, avrebbe infatti perfettamente potuto fare parte del volume da me curato con Roberto Vignoli.
In sintesi le due firme più autorevoli del volume o parlavano d’altro (l’eterna sindrome del complotto) oppure dicevano cose per molti aspetti molto simili a quelle che abbiamo pubblicato noi. Bell’impresa davvero, si potrebbe dire.
Il fatto è, però, che noi non ci siamo curati di questioni “eterne”, ma di una specifica questione, e solo di quella. L’eternità non è il nostro forte anche perché – come qualcuno ha scritto – non ci siamo mai stati.
Ma veniamo al dunque dell’argomentazione di Umberto Eco. Lui, come Carlo Bonini su Repubblica, fondano praticamente tutta la loro – si fa per dire – contestazione del libro e del film “Zero” sull’assenza della “gola profonda” e sull’idea che qualcuno delle centinaia di partecipanti avrebbe dovuto, prima o dopo, parlare.
Ora il film Zero contiene una successione di testimonianze di persone che hanno visto da vicino l’accaduto, da posizioni di alta competenza tecnica e professionale. Nel volume c’è un’appendice con 65 nominativi che contestano la versione ufficiale dell’11 settembre: tra essi ex capi della Cia, ex membri delle amministrazioni Usa, alti funzionari americani, alti ufficiali dell’esercito etc.
Uno di questi testimoni, la signora Barbara Honegger, è stata una “gola profonda” a denominazione di origine controllata perché fece saltare sulle poltrone mezza Washington quando rivelò, nel suo “October Surprise”, l’intero affare Iran-Contras, un bel “complotto” che servì, tra le altre cose, a impedire la rielezione del presidente Jimmy Carter. Nel film la signora Honegger compare nella stessa veste di accusatrice molto bene informata, essendo una voce interna nientemeno che al Pentagono (e avendo raccolto di persona testimonianze, fatti, nomi, a sostegno della sua denuncia). Non è una “gola profonda”? Se non lo è, è solo perché il mainstream non ha dedicato alle sue rivelazioni una sola riga in questi anni. Siamo andati noi a cercarla.
E non è l’unica. Quindi la domanda per Umberto Eco è: quante sono le “gole profonde” necessarie perché l’11 settembre esca dall’“Eterna Sindrome” e diventi materia di esame politico e giornalistico?
E gli agenti dell’Mi 5 (che dicono che Al Qaeda l’hanno inventata i servizi segreti americani e britannici) non li includiamo tra le “gole profonde”? Come mai? E l’ex console americano a Jeddah (che rivela che era la Cia a premere perché fossero dati i visti d’ingresso negli Usa ai terroristi) in quale categoria lo mettiamo? E gli agenti dell’Fbi, presenti nel film in abbondanza, che hanno denunciato ripetutamente e pubblicamente i responsabili della loro organizzazione per avere bloccato, sviato, impedito le indagini da loro stessi avviate? Non sono “gole profonde” anche loro?
Oppure la qualifica di “gola profonda” si addice solo ai complici che hanno partecipato direttamente alle varie fasi?
Ma se è di queste “gole profonde” che si va in cerca, sarà molto difficile trovarne, da qui all’eternità. Perché, per fare solo alcuni casi, di gole profonde non ce n’è stata nemmeno mezza nel caso del rapimento di Aldo Moro. Ma nemmeno nel caso della strage di Piazza Fontana, e neppure in quello della stazione di Bologna. Tant’è che, ancora oggi, non sappiamo la verità su nessuno di quei tre eventi. Se infatti, per divenire complotto, un evento deve includere una “gola profonda” che lo svela, allora nessuno di quelli fu un complotto. Anche se le indagini che furono effettuate, senza gole profonde, portarono in tutti e tre i casi a individuare operazioni ben più corpose che un semplice attentato terroristico compiuto da qualche scalmanato fanatico, rosso o nero, e includenti la partecipazione di un numero ben più vasto di partecipanti.
Ma si potrebbe aggiungere altro, tanto per uscire dai confini italiani. Risulta a Eco, per esempio, che nell’affare del Golfo del Tonchino (quello che diede avvio alla guerra del Vietnam) ci sia stata un gola profonda? A me non risulta. Ci furono documenti di archivio desecretati dopo decenni, e trovati da qualche storico. Non era un complotto? E come chiamare allora un’operazione che trascina in guerra un paese come l’America e che è basata sulla menzogna? E quanti furono gli ufficiali della marina Usa e dello Stato Maggiore coinvolti nell’inganno, che non parlarono?
Insomma: potremmo andare avanti a oltranza. E scopriremmo che non sempre un complotto ha la sua gola profonda. E che la “prova del silenzio” non è semplicemente una prova.
Tanto più che non si può diventare gola profonda se non c’è nessuno disposto a pubblicare quello che riveli e, anzi, se l’intero sistema dell’informazione è pronto a darti addosso, accusandoti di essere amico dei terroristi, traditore della patria, antisemita, negazionista della Shoà, comunista e nazista nello stesso tempo. Forse i ricercatori delusi delle gole profonde dell’11 settembre dovrebbero chiedersi se, con il loro silenzio e la loro ignavia, non abbiano contribuito a impedire alle molte gole profonde che esistevano ed esistono di farci sapere la verità.
Giulietto Chiesa
Fonte: www.megachip.info
Link: http://www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=5064
31.10.07
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