DI DAHR JAMAIL
In Iraq si susseguono le votazioni volute dalle forze occupanti, con il loro corollario di illegittimità e manipolazione. Ecco il caso del referendum costituzionale di
poche settimane fa
Come l’invasione dell’Iraq è stata avvolta di illustri e brillanti menzogne per essere propinata agli Americani, allo stesso modo il tanto celebrato referendum costituzionale è stato pieno di incoerenze, inganni e pecche organizzative.
Qualcuno ha forse trovato interessante che i risultati del voto per l’approvazione della costituzione irachena (avvenuto 10 giorni prima) siano stati comunicati nello stesso giorno dell’annuncio del soldato americano numero 2000 ucciso in Iraq?
Il 25 ottobre le prime notizie del giorno sull’Iraq, apparse nella maggior parte dei media mainstream degli Stati Uniti, raccontavano che l’Iraq stava festeggiando l’approvazione della nuova costituzione. Solo poche ore dopo queste notizie, il signor Bush fece un’opera di propaganda preventiva nel tentativo di smorzare il colpo delle incalzanti notizie sui 2000 soldati uccisi, parlando ad un gruppo di mogli di militari in una base a Washington: “Questa guerra richiederà maggiore sacrificio, più tempo e maggiore determinazione”.Poi, meno di tre ore dopo il suo discorso, le notizie sul soldato morto numero 2000 si persero fra i titoli come convenientemente programmato dal Dipartimento della Difesa, che di solito tiene molti dei decessi in attesa di conferma per giorni interi, cosicché non possano essere annunciati pubblicamente.
Ma queste sono vecchie storie. Con un numero di truppe in Iraq presto sopra le 161.000 unità (vi ricordate quando dovevano essere 138.000?), ormai la quota di decessi, sopra le 2030 unità, cresce quotidianamente man mano che il fallimentare progetto politico va avanti. Ne abbiamo appena superata un’altra, infatti con almeno 93 soldati uccisi nel mese di ottobre, che diviene così il mese più sanguinoso da gennaio a questa parte.
Come l’invasione dell’Iraq è stata avvolta di illustri e brillanti menzogne per essere propinata agli Americani, allo stesso modo il voto per il referendum costituzionale in Iraq si è svolto nella stessa atmosfera.
“Non puoi condurre una guerra senza voce, senza i media, senza la propaganda” ha detto Samir Khader, autorevole produttore del network televisivo digitale Al Jazeera. “Ogni stratega militare che progetta una guerra e che non mette la propaganda e i media in cima alla sua agenda è senza dubbio un cattivo stratega”.
[Samir Khader]
La votazione ha avuto molte analogie con la farsa che ebbe luogo il 30 gennaio, eccetto per i draconiani provvedimenti atti a garantire la sicurezza e una buona dose di propaganda.
Appena prima delle elezioni per il cosiddetto referendum costituzionale nell’Iraq occupato, uno dei miei più cari amici a Baghdad mi scrisse “Vorrei sottolineare che siamo a tre giorni dalle votazioni ed ancora ampie porzioni della popolazione non hanno potuto ricevere dall’ONU parte delle 5 milioni di copie della nuova costituzione” Se non sono a conoscenza dei contenuti della costituzione, allora di che razza di voto si tratta?
La sua confusione ha un senso se si considera che solamente 5 milioni di copie della cosiddetta costituzione sono state stampate e presumibilmente distribuite fra i 12.5 milioni di elettori registrati in Iraq. Il portavoce della Casa Bianca ha dichiarato che 10 milioni di copie della nuova costituzione sono state stampate e distribuite ma non si è preoccupato di commentare il fatto che poche ore prima del voto è stata aggiunta una clausola alla costituzione la quale afferma che essa può essere modificata o corretta dal nuovo governo per un periodo di 4 mesi dalla presa del potere.
Questo tentativo dell’ultimo minuto di guadagnarsi il sostegno dei Sunniti non è andato affatto a buon fine, in quanto i leader sunniti erano tutti consapevoli che la possibilità di modificare la costituzione, necessitando dei due terzi dei voti del parlamento a maggioranza sciita e curda, sarebbe stata praticamente inattuabile.
Tuttavia, le incoerenze non cominciano qui, poiché la costituzione doveva essere completata entro il 1 agosto. Ma nonostante le proroghe illegali che non sono state nemmeno discusse dal parlamento iracheno, le parti più controverse come il federalismo e la legge islamica (Sharia) non sono state nemmeno trattate prima delle votazioni. In questo modo è stata messa al voto una porzione incompleta della costituzione senza l’autorizzazione del Governo iracheno.
L’Ambasciatore americano Zalmay Khalilzad ha persino fatto pressioni sul governo iracheno le settimane precedenti alle votazioni per fargli accettare le proprie parti di testo, nella cosiddetta costituzione, che includevano parole come “petrolio” e “basi militari”.
“E’ una questione di rilevanza generale a cui durante le settimane finali del procedimento elettorale il neo arrivato ambasciatore Usa Zalmay Khalilzad partecipò molto attivamente”. Justin Alexander, funzionario dell’ufficio legale del dipartimento ONU (United Nations Assistance Mission to Iraq) per il sostegno costituzionale, mi disse “Persino spingendosi così in là da far circolare una bozza degli Stati Uniti”.
[Zalmay Khalizad]
Rapporti mandati da numerosi governatorati richiedevano alla Commissione Elettorale Indipendente irachena (IEC) di ordinare (sotto la forte pressione politica dei sunniti) “il riesame, il confronto e la verifica poiché la percentuale dei non votanti era relativamente alta rispetto alla media internazionale per questo tipo di elezioni” come dichiarato in un resoconto dell’IEC.
Ciò accadde piuttosto inopportunamente, poiché il Segretario di Stato Usa Condoleeza Rice espresse la sua convinzione che la nuova costituzione irachena fosse stata probabilmente approvata nonostante le scoperte dell’ICE che mostravano come ”le cifre – per quanto riguarda la partecipazione elettorale – in molte province sono troppo alte”.
Enormi discrepanze sono state denunciate nel governatorato di Nineveh, che comprende anche Mosul, mostrando come fonti vicine all’ICE affermavano che il 55% degli elettori di quelle regioni votarono contro la costituzione, il che significava che essa era stata approvata ed accettata solo per non aver avuto due terzi dei voti contro. Tuttavia Abd al-Razaq al-Jiburi, segretario generale del Fronte Indipendente Iracheno, rilasciò dichiarazioni contrarie a quelle della Rice: ”Sono stato informato da un membro della commissione elettorale a Mosul che gli elettori hanno detto no alla nuova costituzione”. Continuò aggiungendo che le sue fonti all’interno dell’ICE sostenevano che il numero dei voti “no” nel distretto del Nineveh oscillava fra il 75% e l’80%, il che avrebbe significato il definitivo rifiuto della costituzione in quanto già respinta nei governatorati di Al-Anbar e Salahedin.
Tutto questo, sommato alle generali accuse di brogli elettorali e di urne mancanti nella regione a prevalenza sunnita riportate dalle Tv arabe Al Jazeera e Al-Ahram, ha aggiunto una nuvola nera di confusione e di dubbi sull’intero procedimento elettorale. Ciò nonostante, adesso “il palcoscenico” è pronto per il voto del 15 dicembre per il nuovo governo iracheno, che sicuramente renderà più profonda la crepa che divide l’Iraq. Fra l’istituzionalizzazione della Legge Sharia, il federalismo e la possibilità di un Kurdistan sempre più potente, la popolazione sunnita in Iraq viene praticamente privata del diritto di voto.
L’idea di una stabilità politica dell’Iraq sembra più un sogno ora, che prima del voto per la costituzione. Presagendo ciò che sta per succedere il prossimo dicembre. il leader sunnita Saleh Mutlaq ha dichiarato ai microfoni: “La violenza non è l’unica soluzione, se i politici offrissero alternative noi potremmo muoverci in quella direzione. Ma ci sono pochissime speranze per noi di poter guadagnare qualcosa dalle prossime elezioni”.
[Saleh Mutlaq]
Hussein al-Falluji, un altro illustre leader sunnita, ha dichiarato che il referendum è stato manipolato da Washington ed ha poi aggiunto: “Sappiamo tutti che questo referendum è stato una truffa perpetrata da una commissione elettorale che non è affatto indipendente. Essa è controllata dagli americani e dovrebbe farsi da parte prima delle elezioni di dicembre”.
Tutto ciò stride con lo sfondo delle ultime notizie di un indagine coordinata dalle forze inglesi in Iraq. L’indagine ha scoperto che l’85% della popolazione è fortemente contraria alla continua presenza delle forze di coalizione ed il 45% degli Iracheni ritiene che gli attacchi contro le truppe di occupazione siano pienamente giustificati.
Dahr Jamail è un giornalista indipendente da Anchorage, in Alaska. Jamail ha speso otto mesi facendo il reporter in Iraq per media come The Ester Republic, The Nation, The Guardian, e il Sunday Herald in Scozia. Attualmente Jamail sta percorrendo parti degli Stati Uniti offrendo delle presentazioni di slide-show sulle sue esperienze in Iraq
Fonte: Ester republic
Data: 15 novembre 2005
Traduzione dall’inglese a cura di FRANCESCO SCURCI per www.comedonchisciotte.org