DI NICOLAS J. DAVIES
Più di un anno fa, un team internazionale di epidemiologi, a seguito di Les Roberts della Johns Hopkins School of Public Health, ha redatto un’indagine campionaria a cluster (1) sui decessi di civili in Iraq. I risultati contraddicono gli elementi centrali di quei resoconti di guerra che politici e giornalisti hanno presentato all’opinione pubblica americana e mondiale.
Dopo aver escluso la provincia di Al-Anbar in quanto anomalia statistica e metà dell’aumento nel tasso di mortalità infantile in quanto possibile “recall bias” (2), i ricercatori hanno stimato che almeno 98.000 civili iracheni siano morti nei 18 mesi precedenti al sondaggio, proprio a causa dell’invasione e dell’occupazione del loro paese. Si è inoltre stabilito che le violenze sono state la principale causa di morte di quel periodo (51% Anbar inclusa, 24% esclusa). Comunque, la scoperta più rilevante è che la maggioranza dei decessi violenti (79%) è stata causata da elicotteri, aerei, missili e in generale dalle armi aeree usate dalle forze di “coalizione”. Quasi la meta’ delle vittime (48%) sono bambini, che avevano in media 8 anni.Quando questi risultati furono pubblicati su The Lancet, giornale ufficiale dell’Associazione Medica Inglese, provocarono un piccolo terremoto, come se si fosse compiuto il primo passo verso una stima realistica dei costi della guerra irachena. Gli autori hanno subito chiarito che i risultati sono approssimativi: hanno esposto i limiti della loro metodologia dal punto di vista temporale, sottolineando che ulteriori ricerche sono indispensabili per fornire un quadro più preciso.
Un anno dopo, il quadro più preciso non c’è. Subito dopo la pubblicazione dello studio, funzionari americani e inglesi hanno lanciato una campagna congiunta per screditare gli autori e mettere a margine i risultati, senza dare un reale riscontro della validità dei loro metodi o presentare prove per controbattere. Oggi il perenne bombardamento dell’Iraq rimane un oscuro segreto per la maggior parte degli Americani. I media ci presentano sempre lo stesso quadro della guerra, concentrandosi su ciò che questo sondaggio definisce fonti di violenza secondarie.
Les Roberts si è trovato spiazzato e indispettito dalla reazione al proprio lavoro, in netto contrasto al modo in cui gli stessi governi reagirono ad un sondaggio simile che venne condotto nel 2000 presso la Repubblica Democratica del Congo. In quell’occasione riportò che circa 1.7 milioni di persone erano morte nei 22 mesi di guerra e, come egli stesso afferma, “Tony Blair e Colin Powell citarono i risultati più e più volte, senza dubitare della loro precisione o validità”. Infatti, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU chiese prontamente il ritiro degli eserciti stranieri dal Congo, ed il Dipartimento di Stato USA citò lo studio durante l’annuncio della donazione di 10 milioni di dollari in aiuti umanitari.
[Les Roberts]
Les Roberts ha condotto un’ulteriore indagine sul Congo, portando a 3 milioni la stima dei decessi, e Blair citò la cifra esatta nel suo discorso al Congresso del Partito Laburista, nel 2001. Comunque, nel dicembre del 2004, Blair ha accantonato il lavoro sull’Iraq del team di epidemiologi, affermando: “Le cifre del Ministro della Salute iracheno, provenienti da un indagine negli ospedali del posto, sono a nostro parere l’indagine più accurata che ci sia”.
La dichiarazione risulta molto interessante poiché i rapporti del Ministro della Salute, la cui accuratezza Blair ha elogiato, hanno infatti confermato le conclusioni del team della John Hopkins: Gli attacchi aerei delle forze di coalizione costituiscono la principale causa di decessi civili. Uno di questi rapporti venne citato dalla giornalista Nancy Youssef del Miami Herald il 25 settembre 2004 con il titolo: “Attacchi USA e non gli insorti colpevoli dei decessi in Iraq”. Il Ministro della Salute ha registrato i dati sulle vittime civile in base ai resoconti degli ospedali, come ha detto il signor Blair, ma non è stato prima di giugno 2004 che ha iniziato a differenziare tra vittime causate dalle forze di “coalizione” e quelle da altre cause. Nei tre mesi dal 10 giugno al 10 settembre, ha contato 1.295 civili uccisi dalle forze Usa e dai loro alleati e 516 uccisi in operazioni “terroriste”. I funzionari del ministero della salute hanno detto alla signora Youssef che le “statistiche hanno riguardato solo parte del numero di vittime”, e enfatizzato che i bombardamenti aerei erano in gran parte responsabili per i più alti numeri di decessi causati dalla “coalizione”. Il resoconto complessivo (72 % Usa) è notevolmente vicino a quello attribuito ai bombardamenti aerei nello studio di The Lancet (79 %).
Il redattore per gli affari internazionali della BBC John Simpson ha riferito di un altro rapporto del ministro alla salute che ha contemplato i 6 mesi dal 1 luglio 2004 al 1 gennaio 2005. Questo rapporto ha citato 2.041 civili uccisi dagli Stati Uniti e dalle forze alleate contro i 1.233 degli “insorti” (solo il 62 % degli Stati Uniti). Poi è successo qualcosa di bizzarro, ma tristemente prevedibile. L’ufficio del ministro della salute iracheno ha contattato la BBC e affermato in una dichiarazione contorta e confusa che in qualche modo la loro stima era stata travisata.; la BBC ha pubblicato una ritrattazione; e i dettagli sulle morti causate delle forze della “coalizione” sono stati visibilmente assenti nei successivi rapporti del ministero della salute.
Così, il governo britannico ed americano e le Nazioni Unite hanno risposto positivamente al lavoro di Roberts in Congo e i rapporti del ministero della salute iracheno corroborano le sue ricerche in Iraq, nonostante gli sforzi ufficiali per sopprimerle. Le critiche del suo lavoro da funzionari e media si sono concentrate sulla grandezza del suo campione, 988 case in 33 cluster distribuiti in tutto il paese, ma altri epidemologi rifiutano la nozione che sia controverso.
Michael O’Toole, il direttore del Centro per la Salute Internazionale in Australia, dice: “E’ la grandezza campionaria classica. Semplicemente non vedo alcuna prova di significante esagerazione… Semmai, le morti potrebbero essere state di più, perché quello che non sono capaci di fare è intervistare famiglie dove sono morti tutti”.
David Meddings, un funzionario medico del Dipartimento per i Feriti e la Prevenzione della Violenza presso l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha detto che sondaggi di questo tipo sono sempre incerti ma “Non penso che gli autori lo abbiano ignorato o minimizzato. Non penso che queste precauzioni dovrebbero essere applicato più o meno severamente ad uno studio che esamina un delicato conflitto politico che ad uno studio che esamina pillole per le malattie cardiache”.
Lo stesso Les Robert ha comparato il suo lavoro in Iraq ad altri studi di epidemiologia: “Nel 1993, quando i Centri per il Controllo delle Malattie statunitensi hanno chiamato a caso 513 famiglie a Milwaukee e concluso che 403.000 persone avevano sviluppato il Cryptosporidium nella più grande epidemia mai scoppiata nel mondo industrializzato, nessuno disse che 613 famiglie non erano un campione abbastanza grande. E’ strano che la logica dell’epidemiologia abbracciata quotidianamente dalla stampa riguardo nuove droghe e ai rischi sanitari cambi in qualche modo quando la cause dei decessi sono le loro forze armate”.
La campagna per screditare Les Roberts, il team della Johns Hopkins e The Lancet ha impiegato gli stessi metodi che gli Stati Uniti e il governo britannico hanno usato consistentemente per proteggere il loro monopolio sulle narrazioni “responsabili” riguardo la guerra. Scartando i risultati dello studio, gli ufficiali statunitensi e britannici hanno creato l’illusione che glia autori erano sospetti o persino politicamente motivati e scoraggiavano i media dal prenderli seriamente. Il che ha funzionato dannatamente bene. Persino gli oppositori alla guerra continuano a citare stime molto inferiori di vittime civili ed ad attribuirne innocentemente la maggior parte alle forze della resistenza irachena o ai “terroristi”.
Le stime citate più spesso per le vittime civili in Iraq sono quelle raccolte da IraqBodyCount, ma le loro stime non sono intese come una stima delle vittime totali. La loro metodologia è per conteggiare solo quelle morti che sono riportate da almeno due media internazionali “che godono di buona reputazione” in modo da generare un numero minimo che sia più o meno indiscutibile. I suoi autori sanno che migliaia di morti non vengono riportate nel loro conteggio, e dicono che non possono impedire ai media di distorcere i loro numeri come una stima effettiva delle morti. Ho chiesto loro molte volte di essere più attivi nel mettere in discussione tali distorsioni, ma devo riconoscere che le distorsioni sono così diffuse che sarebbe un’impresa.
Al di là della falsa controversia ch riguarda la metodologia del rapporto Lancet, c’è una questione genuina che getta veri dubbi sui risultati. E’ la decisione di escludere il cluster a Fallujah dalle loro computazioni a causa del numero molto maggiore di morti che sono state riportate lì (anche se il sondaggio è stato completato prima dell’assalto, ampiamente riferito, alla città nel novembre del 2004). Roberts scrive in una lettera a The Independent, “Vi prego di capire quanto siamo estremamente cauti: abbiamo fatto un sondaggio stimando che 285.000 persone sono morte a causa dei primi 18 mesi di invasione ed occupazione e lo abbiamo riportato come almeno 100.000”.
Il dilemma che ha affrontato è questo: nei 32 cluster dell’intervista, 18 non hanno riportato morti violente (incluso uno a Sadr City), 14 altri cluster hanno riportato 21 morti violente, e il cluster di Fallujah da solo ha riportato 52 morti violente. Questo ultimo numero è moderato in sé stesso, perché, come dichiarava il rapporto, “32 case sulle 52 visitate erano temporaneamente o permanentemente abbandonate. I vicini intervistati descrivevano morti diffuse nella maggior parte delle case abbandonate, ma non sono stati in grado di fornire dettagli adeguati per l’inclusione nel sondaggio”.
Lasciando da parte quest’ultimo fattore, c’erano tre possibili interpretazioni dei risultati da Fallujah. Il primo, e infatti quello che ha adottato Roberts, era che il team si era imbattuto per caso in un cluster di case dove il numero di morti era così alto da essere del tutto non rappresentativo ed inoltre non rilevante per il sondaggio. La seconda possibilità era che questo campione, tra i 33 cluster, con la maggior parte delle vittime qui e molti alti cluster che riportano zero morti, fosse in effetti un’accurata rappresentazione delle distribuzione di vittime civili in Iraq sotto i bombardamenti aerei di “precisione”. La terza possibilità è che il cluster di Fallujah fosse atipico, ma non sufficientemente anomalo da garantire l’esclusione totale dallo studio, sicché il numero di morti in eccesso a causa della guerra fosse in effetti da qualche parte tre le 100.000 e i 285.000. Senza ulteriori ricerche, non c’è modo di determinare quale di queste tre possibilità sia corretta.
Nessun nuovo sondaggio sui civili uccisi dalle forze della “coalizione” è stato prodotto sin dal rapporto del ministro della salute lo scorso gennaio, ma ci sono forti prove che la guerra aerea si è intensificata in questo periodo. I giornalisti indipendenti hanno descritto il continuo assalto statunitense a Ramadi come “Fallujah al rallentatore”, mentre la città viene devastata blocco per blocco. Centri più piccoli nella provincia di Anbar sono stati presi di mira da raid aerei negli ultimi mesi, e i centri di Diyala e le province di Baghdad sono stati anch’essi bombardati. Seymour Hersh ha riferito sulla guerra aerea “sotto-riportata” nel New Yorker e scrive che l’attuale strategia statunitense è di incorporare le Forze Speciali nelle forze irachene e far intervenire gli attacchi aerei statunitensi, mentre le forze di terra Usa si ritirano dall’Iraq, aprendo la strada per bombardamenti più pesanti con ancor meno controllo dei media (se è possibile).
Un aspetto ignorato dei risultati dell’indagine è l’alto numero di vittime civili riportate a Fallujah nell’agosto del 2004. Sembra che le forze statunitensi abbiano sfruttato la concentrazione mediatica su Najaf per condurre degli attacchi molto pesanti contro Fallujah. Questo è forse un indizio della strategia con la quale hanno condotto molta della guerra aerea. E’ probabile che i bombardamenti più pesanti e gli assalti aerei ad ogni tempo siano ben oltre l’orizzonte di ogni ben pubblicizzata operazione militare degli Stati Uniti, forse coinvolgendo piccole squadre di Forze Speciali sul terreno. Ma la cinica strategia militare non scagiona i media per non aver scoprire cosa stia realmente avvenendo e raccontarlo al mondo. Gli Iracheni ed altri giornalisti arabi possono ancora viaggiare attraverso la maggior parte del paese e i redattori dovrebbero porre molto attenzione ai resoconti dalle aree che sono troppo pericolose per i reporter occidentali.
Un secondo aspetto dei risultati degli epidemiologi che non è stato sufficientemente approfondito è quello suggerito sopra da Michael O’Toole. Sin da quando il loro rapporto ha stabilito che gli assalti aerei e i bombardamenti sono la principale causa di morte violenta in Iraq, e poiché un attacco con delle bombe Mark 82 da 500 libbre renderà inabitabili la maggior parte delle case, sicuramente ogni indagine che non consideri le case danneggiate e inabitate sotto-riporterà le morti. Questo dovrebbe essere preso in considerazione da ogni studio seguente. Grazie a Les Roberts, il suo team internazionale, la Johns Hopkins School of Public Health e il comitato di redazione di The Lancet, abbiamo una prospettiva più chiara e molto differente della violenza che sta avendo luogo in Iraq rispetto a quella presentata nei media “mainstream”. Prevedendo altri 15 mesi di guerra aerea e violenza a partire dalla pubblicazione del rapporto Lancet, adesso possiamo stimare che tra le 175.00 e le 650.000 persone sono morte come risultato diretto della guerra; che da 120.000 a 500.000 di loro sono state uccise dalle forze della “coalizione”, che da 50.000 e 250.000 di queste erano bambini sotto i 15 anni. In aggiunta, l’effetto combinato di considerazioni moderate, persino irrealistiche, fatte per arrivare alla minore di queste stime, rende estremamente improbabile che gli attuali numeri di morti siano vicini al minimo di queste forbici.
[Mark 82]
Se vi sentite inquieti o combattuti tra l’accettare la “versione ufficiale” della guerra e l’immagine che emerge dal rapporto Lancet, suggerirei quanto segue. Entrambe le versione degli eventi sono sforzi per raccontare una storia o dipingere un’immagine da un patchwork di campioni o foto prese in parti differenti dell’Iraq. Comunque, il modo in cui sono messe insieme è molto diverso. In un caso, la scelta dei campioni e il modo in cui sono messi insieme è chiaramente influenzato e circoscritto da potenti interessi politici, militari e commerciali. Nell’altro, i campiono sono stati scelti secondo una pratica epidemiologa oggettivamente stabilita, e i risultati sono stati analizzati con rigore scientifico.
Quale persona che ha seguito i reportage di questa guerra molto da vicino, penso che i risultati dello studio siano coerenti con l’immagine che ho visto formarsi poco a poco mentre la guerra progrediva, in base al lavoro di coraggiosi reporter e di scorci attraverso lo specchio apparivano sempre più crepe nella “versione ufficiale”. Siamo ancora lasciati con stime sulle vittime civili che possono essere descritte solo con forbici molto ampie. La responsabilità per il fallimento nell’ottenere stime più precise sulle vittime e dunque una prospettiva più accurata di questa crisi ricade completamente e a pieno titolo sui gradini delle porte al numero 1600 di Pennsylvania Avenue a Washington e al 10 di Downing Street a Londra, due case che non avuto l’esperienza di bambini o adulti morti come risultato della guerra.
Sono in debito con Medialens, un gruppo britannico di controllo sui media, per molto del materiale in questo resoconto. Potete trovare una discussione più completo sul ruolo dei media statunitensi e britannici nel sopprimere il rapporto Lancet presso il loro sito web: qui e qui.
Data: 14 dicembre 2005
Fonte: Online Journal
Traduzione dall’inglese a cura di CINCIA E CARLO MARTINI per www.comedonchisciotte.org
Note dei traduttori
(1)Cluster: Insieme di soggetti con caratteristiche omogenee, raggruppati in base a determinati parametri predefiniti. In questo caso, per cluster si intende un’area geografica dell’Iraq in qui è stato svolto il sondaggio tra le famiglie, ndt
(2)In generale, il recall bias si presenta quando il modo in cui risponde l’intervistato di un sondaggio è condizionato non solo dalla risposta corretta, ma anche dalla memoria dell’intervistato. Questo può a sua volta condizionare i risultati del sondaggio.
Fonte: Wikipedia English