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blankGABRIELE ZAMPARINI (*) INTERVISTA DIRK ADRIAENSENS (COORDINATORE DI SOS IRAQ E MEMBRO DEL COMITATO ESECUTIVO DEL TRIBUNALE BRUSSELS)

Per contatti [email protected]

Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova

“War does not determine who is right.
Only who is left.”

“La guerra non determina chi abbia ragione.
Solo chi rimane” – Bertrand Russels

L’elenco delle persone che fanno parte di questa rete internazionale è veramente impressionante. Si tratta di accademici, attivisti, giornalisti, artisti, difensori dei diritti umani e due ex “Vice Segretario Generale dell’ONU e Coordinatore Umanitario delle Nazioni Unite per l’Iraq” che hanno presentato al mondo la verità.

Cosa ancora più importante, molte di queste persone sono irachene. Ho intervistato Dirk Adriaensens, coordinatore di SOS Iraq e membro del comitato esecutivo del Tribunale Brussells, per ricevere maggiori informazioni su questa rete
Gabriele Zamparini: Perché questo nome, “Tribunale BRussells”? Quando avete cominciato?

Dirk Adriaensens: Originariamente, il Tribunale BRussells era una commissione d’inchiesta composta da accademici, intellettuali ed artisti nella tradizione del Tribunale Russell, costituitosi nel 1967 per investigare sui crimini di guerra commessi durante la Guerra del Vietnam.

Il 14 e il 17 aprile 2004 si sono tenute delle udienze al Beursschouwburg e a Les Halles, due prestigiose sale per convegni di Brussels, in Belgio. Presiedeva le udienze il Professor François Houtart, che aveva partecipato al Tribunale Bertrand Russell sui Crimini di Guerra USA nel Vietnam, durante il 1967, ed è stato uno dei padri fondatori del World Social Forum di Porto Alegre.

La commissione d’inchiesta aveva come oggetto la guerra in Iraq e le politiche di guerra imperiale dell’amministrazione Bush II. La principale attenzione veniva rivolta al “Progetto per un Nuovo Secolo Americano (PNAC)”, il think tank che sta dietro a questa guerra, e in particolare a tre dei co-firmatari delle asserzioni della missione: Donald Rumsfeld, Dick Cheney e Paul Wolfowitz.

Proprio prima dell’inizio della guerra, era stata lanciata una petizione da parte del Professore di Filosofia Lieven De Cauter, che venne sottoscritta da circa 500 artisti, scrittori, intellettuali ed accademici, fra i quali Richard Plunz, Irving Wolfharth, Anne Teresa De Keersmaeker, Hans Ulrich Obrist, e François Houtart. La petizione invocava un’azione di stigmatizzazione morale e, se possibile, legale contro il “Progetto per un Nuovo Secolo Americano” e contro i responsabili per la guerra in Iraq. La petizione venne pubblicata, il 21 marzo, su due quotidiani del Belgio, il De Standaard e il De Morgen. Subito appariva che l’azione legale aveva scarse probabilità di riuscita, e quindi ha prese piede l’idea di insediare una “Corte Morale” o un “Tribunale del Popolo” per condannare la politica del governo USA e i think tank che la sottendono. Venne creata una vasta piattaforma costituita da diverse organizzazioni del Belgio per mettere in atto la prima proposizione della petizione: insediare un Tribunale BRussells. Ad una conferenza preparatoria organizzata a Brussells nel giugno 2003 presso la Fondazione per la Pace Bertrand Russell, fu deciso che una serie di udienze dovevano essere tenute in parti differenti in tutto il mondo, culminando in una sessione finale ad Istanbul.

Il Tribunale BRussells costituiva una di queste udienze, la sessione di apertura del Tribunale Mondiale sull’Iraq. La Fondazione per la Pace Bertrand Russell accettò di appoggiare l’iniziativa.

La nostra stessa sessione del Tribunale ha visto un’impressionante lista di partecipanti e testimoni: Denis Halliday, Hans von Sponeck, Jacques Derrida, Ramsey Clark, Nawal El Saadawi, Michael Parenti, Karen Parker, Jim Lobe, Tom Barry, Samir Amin, Immanuel Wallerstein e molti altri. Venne mostrata una parte del Suo documentario “XXI Century”, come prova contro il PNAC, ed era la testimonianza di apertura del Tribunale.

Il Tribunale BRussells è una rete, non un’organizzazione formalmente strutturata, che opera senza sedi. Ogni persona sincera che si batte contro questa occupazione, che è d’accordo con i testi delle diverse piattaforme e con le conclusioni di Istanbul, è benvenuta. Penso che questo sia veramente importante. Si tratta di una rete veramente sviluppata e matura, che ha solo un obiettivo, la fine dell’occupazione dell’Iraq.

Gabriele Zamparini: Il Tribunale BRussells (T.B.) è stata un’iniziativa veramente di successo. Quali sono le prospettive per il futuro?

Dirk Adriaensens: Il T.B. ha avuto veramente tanti consensi in termini di qualità, di presenze regolari e di pubblico. Le conclusioni possono essere lette sul nostro sito web. Ed anche in termini di attenzione nazionale della stampa, veramente non possiamo lamentarci. Ma, d’altra parte, ci siamo resi conto che ne’ il T.B. e nemmeno il Tribunale Mondiale sull’Iraq, con la sua sessione conclusiva a Istanbul nel giugno scorso, sono veramente noti al grande pubblico. A tal riguardo, non siamo riusciti a perforare il muro del flusso di notizie dei media. Vi è ancora molto lavoro da fare in modo che il mondo venga a sapere. Ma noi non abbiamo deciso solo di focalizzare i nostri sforzi sulla diffusione delle nostre conclusioni. A Brussels, abbiamo tenuto la nostra sessione più di un anno fa, e abbiamo posto la questione di cosa fare nel futuro, come procedere in accordo alle nostre conclusioni. Abbiamo deciso di AGIRE. Le atrocità che stanno avvenendo in Iraq necessitano del nostro monitoraggio e gli Iracheni hanno bisogno del nostro appoggio. A prescindere dalle veglie di Natale in diverse città del Belgio e la partecipazione in ogni tipo di dibattito pubblico, abbiamo organizzato una manifestazione di protesta di massa contro la visita di Bush a Brussels, per la domenica del 20 febbraio 2005. È stato un grande successo e i media ci hanno dato visibilità. Anche il New York Times e l’International Herald Tribune. Per noi, aver fatto “un’azione precisa sulla stampa” è stato cruciale. Noi riceviamo dall’interno dell’Iraq materiale veramente importante e spesso abbiamo pubblicato queste testimonianze, su siti web progressisti come http://www.uruknet.info/, o anche nel sistema dei mezzi di informazione locali. La cosa più importante consiste nel fatto che queste storie non saranno mai “notizie vecchie”. In più, queste potranno essere usate nei tribunali per giudicare i crimini di guerra delle forze di occupazione, o potranno essere raccolte in un libro in modo che questa pagina nera della storia sarà ricordata.
Noi abbiamo fatto 10 proposte, che voi potete leggere sul nostro sito web, per il lavoro futuro, basato sulle nostre esperienze e sulle nostre idee. Queste sono state presentate nelle serie di incontri del Tribunale Mondiale sull’Iraq (WTI, World Tribunal on Iraq), alla Conferenza della Organizzazione Europea per la Pace e i Diritti Umani, il 20/21 ottobre 2005 presso il Parlamento Europeo a Brussels. Ammetto che il nostro piano in 10 punti è ambizioso, ma penso che dobbiamo essere ambiziosi e vi dico perché.

Ricordo che un Iracheno mi diceva, dopo la sessione di apertura, che il WTI, come rete di organizzazioni, era la sola vera istanza in cui la protesta del mondo intero contro questa guerra e la conseguente occupazione poteva essere tenuta viva, tenuta insieme e continuare. Non possiamo tradire questa fiducia e dimenticare in fretta questo appello. Il silenzio ei media sull’Iraq sta diventando assordante. Ho verificato questo con tanta gente: si è sentito poco su Tal Afar. Noi portiamo per questo motivo una tremenda responsabilità. Abbiamo realizzato molto, e la sessione del WTI a Istanbul è stato un punto culminante nel lavoro del movimento universale della pace, ma vi sono ancora alte potenzialità. Le forze di occupazione stanno cominciando a pensare veramente a ritirarsi. Allora, noi dobbiamo immaginare modi creativi ed efficaci per accelerare questo ritiro. Perciò, il Tribunale BRussells e il WTI devono moltiplicare i loro sforzi.

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Gabriele Zamparini: L’elenco dei nomi che fanno parte della vostra rete è realmente impressionante. Parliamo di più su costoro. Come fate ad operare insieme?

Dirk Adriaensens: Il T.B. si è sviluppato naturalmente. I problemi, quando sono sorti, sono stati risolti. Vi faccio un esempio. Dopo l’incontro con Dahr Jamail, Nadia McCaffrey, Abdul Ilah Al Bayaty, e altri che avevano espresso il desiderio di dare inizio ad una cooperazione con noi, è stata costituita l’Assemblea Consultiva. Abbiamo accettato la richiesta dall’Iraq di consulenza sul diritto internazionale umanitario. Altre persone hanno desiderato entrare in contatto con noi e ci hanno domandato quali erano i nostri piani per il futuro. Abbiamo invitato altre persone, come voi, ad unirsi a noi, dato che in un modo o in un altro erano effettivamente coinvolte con il Tribunale ed avevano espresso la loro volontà di combinare l’attivismo con il loro lavoro di artisti, giornalisti, accademici, ecc.

Sono stato interessato al movimento contro le sanzioni fin dal 1990. Per 13 anni mi sono contrapposto isolatamente, ed ho incontrato durante questo periodo tanti buoni amici. Alcuni di loro, che sono rimasti attivi anche dopo l’invasione, ora sono membri della nostra Assemblea Consultiva. E il circolo si sta allargando di continuo. Il nostro consistente ed efficace modo di operare ha attirato molte persone eccellenti ed influenti. Si tratta di una miscela esplosiva di accademici, attivisti, uomini di legge, artisti, giornalisti ed intellettuali, che risulta credere nel format di questa rete. In una maniera che assicura l’appartenenza attiva al gruppo e che consente di mettere in discussione i recenti sviluppi degli avvenimenti. Altre volte, la battaglia per la pace e la giustizia era stata condotta in modo isolato. Ora, tutte queste persone sono collegate fra loro attraverso Internet e possono chiedere e dare consigli, portare idee all’interno del forum, diffondere importanti notizie, ecc. In questo modo noi agiamo come una sorta di punto di snodo. Il modo secondo cui questa Assemblea opera è secondo una concezione più che nuova, io non conosco nessuna iniziativa similare. Ed è veramente coltivabile!

Questa Assemblea consultiva non esiste solo sulla carta, e nemmeno è solo un forum di discussione. Quando abbiamo messo in diffusione l’articolo di Dahr Jamail sulla crisi degli ospedali Iracheni sotto l’occupazione, le conclusioni sono state parzialmente riscritte e migliorate dall’Assemblea.
Gli Iracheni avevano suggerito di intraprendere un’azione contro la conferenza congiunta USA-UE sull’Iraq, tenutasi a Brussels il 22 di giugno, e l’Assemblea ha elaborato il testo della piattaforma per l’azione. L’Assemblea Spagnola CEOSI, membro del comitato del T:B, ha condotto un’azione simile a Madrid, nello stesso giorno, con lo stesso testo programmatico. Il 9 agosto 2005, Amnesty International lanciava un “Appello per una Costituzione Irachena basata sui diritti umani”. Questo richiamo all’azione invitava a scrivere al Primo Ministro Iracheno Ibrahim al-Jaafari, chiedendogli di dare assicurazioni che la Costituzione fosse rispettosa dei diritti umani. Dopo che i nostri amici Iracheni avevano sollevato serie questioni rispetto alla valenza di questo appello, in cooperazione con loro, abbiamo inviato una lettera aperta ad Amnesty International, nella quale si perorava che sarebbe stato più opportuno se Amnesty International continuasse a concentrare i suoi sforzi nel denunciare le gravi violazioni dei diritti umani inflitte al popolo Iracheno dalle forze di occupazione, in modo da portare i responsabili di crimini di guerra davanti alla giustizia, invece di dare inizio ad una campagna che di fatto forniva una qualche legittimazione a questa inumana occupazione e al suo governo “Quisling”, la cui legalità era altamente discutibile. L’ultimo appello all’azione in solidarietà con gli operatori sanitari Iracheni è stato inviato ed emendato dalla nostra Assemblea. E non bisogna dimenticare che i membri della nostra Assemblea sono stati attivamente coinvolti nel correggere le falsificazioni dei mezzi di comunicazione rispetto all’uso del Fosforo Bianco.

Gabriele Zamparini: Secondo la mia opinione, uno dei più importanti aspetti della vostra organizzazione è che sta operando in modo stretto con molti Iracheni e organizzazioni Irachene. In una situazione in cui la maggior parte dei media sono collaborativi con le forze di occupazione nell’impedire che le informazioni raggiungano l’opinione pubblica mondiale, il vostro lavoro risulta ancor più importante. Cosa ci può dire su questo?

Dirk Adriaensens: In verità questo è l’aspetto più importante del T.B., e nel complesso è unico nel Movimento Occidentale per la Pace. La spina dorsale della nostra Assemblea è costituita da patrioti Iracheni, sia all’interno dell’Iraq, che della Diaspora. Questi appartengono a diverse correnti. Noi abbiamo persone all’interno dell’Iraq che appartengono a differenti organizzazioni sui Diritti Umani. Questa scelta non è stata fatta accidentalmente. Loro hanno una migliore consapevolezza degli inganni, e conoscono meglio di tutti noi la realtà sul terreno. Loro sanno meglio di noi quello che deve essere fatto nella situazione corrente e possono aiutare per un vasto numero di questioni. Loro capiscono quel che bisogna fare in Iraq. Si tratta della loro terra. Se noi desideriamo diffondere una giusta informazione e corretti punti di vista ai lettori Occidentali, abbiamo bisogno che siano gli Iracheni ad informarci. Il T.B. si occupa del LORO paese. Perciò, noi vogliamo essere un ponte tra il movimento della pace Iracheno e quello Occidentale. Noi pubblichiamo regolarmente i resoconti delle testimonianze oculari e i documenti che riceviamo dal movimento Iracheno per i Diritti Umani. Non si corre il rischio di influenzare gli Iracheni: sono loro che decidono da che parte andare. Come sulla nostra posizione rispetto alla resistenza Irachena: non abbiamo ne’ il dovere ne’ il diritto di giudicare questa resistenza. E sicuramente dobbiamo evitare affiliazioni a qualsiasi corrente che resiste all’occupazione. Noi dobbiamo tenere la stessa distanza da ogni corrente e allo stesso tempo appoggiare e dimostrare la nostra solidarietà a tutte le diverse correnti della resistenza vera e propria, tutto questo in accordo con le conclusioni di Istanbul, che hanno chiaramente stabilito il sostegno al diritto degli Iracheni di resistere a questa spaventosa occupazione. E sicuramente noi non facciamo alcuna distinzione tra resistenza “civile” ed “armata”. La Resistenza è resistenza “con tutti i mezzi possibili” contro una potenza rapace. Fra il movimento della pace in Occidente corrono molte false idee e punti di vista sbagliati sulla resistenza Irachena. È giunto il tempo che questi punti di vista siano corretti. Noi vogliamo contribuire a questo, traducendo relazioni, ecc. I media hanno confuso con successo la “Opzione Salvador” con le azioni della resistenza Irachena, e i punti di vista che le persone medie in Occidente hanno sono totalmente influenzati. Tre miliardi di dollari degli 87 miliardi di dollari che costituivano il budget del Pentagono per il 2004 venivano destinati per creare milizie e operazioni sotto copertura in Iraq e in Afghanistan. Io credo che sia nostro compito correggere questa distorta visione. Quanti sanno che la maggior parte degli atti barbari contro i civili sono apertamente condannati da tutte le frazioni della resistenza? Solo circa il 3% delle vittime di questa occupazione sono provocate da atti come bombe suicide, ecc. Ma queste sono le uniche riportate dal complesso delle informazioni dei nostri media. Cerchiamo di ragionare: se la resistenza prendesse come obiettivo i civili, non potrebbe mai ottenere il massiccio sostegno che generalmente sta ottenendo. Ora, gli occupanti usano gli stessi argomenti che i Britannici avevano fatto negli anni Venti del secolo precedente: “Se noi ce ne andiamo, si scatenerà la guerra civile”. Molti Iracheni e specialisti sull’Iraq, come Denis Halliday o Robert Fisk, stabiliscono con chiarezza che non ci sarà alcuna guerra civile quando le truppe USA se ne andranno. Al contrario, se queste rimarranno, si scatenerà la guerra civile, dato che tutte le leggi illegali che gli occupanti hanno imposto, compresa la recente Costituzione, hanno l’obiettivo di dividere la nazione secondo linee settarie, secondo il “divide et impera”.

Gabriele Zamparini: Parliamo dell’ “Appello di solidarietà, date le condizioni dei lavoratori della Sanità Irachena” del T.B.

Dirk Adriaensens: Come è stato suggerito (soprattutto dagli Iracheni) al seminario del WTI, alla Conferenza della Rete Europea per la Pace e i Diritti Umani, il 20-21 ottobre 2005, il Dr. Bert De Belder, coordinatore degli Aiuti Medici per il Terzo Mondo, e anche membro della nostra Assemblea, ha formulato un documento, “Stop alle violazioni del diritto alla salute in Iraq”, destinato ad una larga diffusione e da sottoscrivere dal personale sanitario e dagli attivisti, in sostegno ai colleghi Iracheni.

Il primo paragrafo recita: “Visto che le operazioni militari su larga scala a guida statunitense in Iraq continuano senza sosta, la situazione sanitaria sul campo è a un punto di rottura. Le infrastrutture sanitarie Irachene, i medici e gli staff ospedalieri non sono in grado di far fronte alla crisi sempre più intensa dal punto di vista medico e umanitario. Visto che loro stessi sono spesso fatti oggetto di vessazioni e di aggressioni, medici e staff medici trovano quasi impossibile svolgere le loro mansioni come operatori sanitari”. Quando sarà sottoscritto ampiamente, il documento verrà immediatamente inviato al Referente Speciale per il Diritto alla Salute presso la Commissione ONU sui Diritti Umani, Mr. Paul Hunt (Nuova Zelanda), per invitarlo ad aprire un’inchiesta come parte del suo mandato. Inoltre verrà inviato all’Organizzazione degli Stati Americani come un tipo di documento “amicus curiae”, in appoggio in tribunale del caso di Karen Parker. All’inizio del Social Forum Mondiale a Bamako, Karachi e a Caracas vi saranno movimenti e discussioni sull’appello di Bert, sul documento di Dahr Jamail e sulle testimonianze e le analisi sull’uso di Armi di Distruzione di Massa in Iraq.

Gabriele Zamparini: Un’altra questione che il mondo conosce poco o per nulla è il sistematico assassinio di intellettuali Iracheni.

Dirk Adriaensens: Gli Iracheni sono veramente tormentati per quello che sta avvenendo alle “teste intellettuali” dell’Iraq. Accademici, medici e scienziati vengono assassinati quotidianamente. Questa “ guerra alla Cultura”, come l’ha chiamata Robert Fisk dell’Independent, sta rendendo impossibile l’operare degli intellettuali Iracheni ed inoltre alimenta l’opinione che “una vita normale” in Iraq è ancora lontana e che la situazione per loro è pericolosa. Secondo un articolo nel Times Higher Education Supplement “esiste un sentimento diffuso fra gli accademici Iracheni, di stare assistendo ad un deliberato attentato teso a distruggere la vita intellettuale in Iraq.”
Inoltre, secondo il Dr Sinawi – un geologo, in passato dipendente dall’Università di Baghdad, – le dimissioni dall’Università e l’assassinio di intellettuali procureranno all’Iraq “un crollo dell’istruzione superiore per gli anni a venire. Questo influenzerà drammaticamente il livello dell’insegnamento e della ricerca per generazioni”. In Iraq, molti accademici sono stati imprigionati, sono scomparsi, o sono stati costretti all’esilio. Abbiamo già compilato un elenco preliminare. Il T.B., veramente a breve, darà inizio alla campagna “Accademici per la Pace”, per creare consapevolezza su questo sviluppo che turba le coscienze. Con tutta probabilità, i nostri amici Spagnoli del CEOSI organizzeranno a Madrid una conferenza internazionale su questo tema.

Gabriele Zamparini: Vista la vostra lunga esperienza nell’operare attivamente in questo campo, cosa potrebbe suggerire a tante persone nel mondo che condividono i vostri sentimenti e il vostro punto di vista, ma si sentono impotenti e demoralizzati dalla presente situazione?

Dirk Adriaensens: Abbiamo qualche alternativa, come esseri umani che desiderano un mondo di pace? Cosa diranno i nostri figli del mondo che lasciamo loro? Io penso che noi abbiamo una tremenda responsabilità. Ora, non è più il tempo dell’attesa. Gli Iracheni stanno combattendo con successo contro l’occupazione. Mi lasci ricordare quello che John Pilger ha dichiarato in un’intervista a Democracy Now il 31 dicembre 2003: “Io penso che la Resistenza Irachena sia molto importante anche per tutti noi. Io penso che dipenda dalla vittoria della resistenza se altri paesi non potranno essere aggrediti, in modo che il nostro mondo in un certo senso diverrà più sicuro. Ora, io non amo le resistenze che producono il tipo di terribili atrocità sui civili che abbiamo, ma questo è vero di tutte le resistenze. Questa è una resistenza contro una potenza rapace, che, se non viene bloccata in Iraq, si rivolgerà contro la Corea del Nord, poiché il signor Cheney e gli altri stanno rimuginando da un pezzo la distruzione di quel paese. Quindi, l’esito di questa resistenza è terribilmente importante per il resto del mondo. Io penso che se la macchina bellica degli Stati Uniti e dell’amministrazione Bush si troverà in difficoltà – diciamo pure, subirà una sconfitta, non sarà mai una completa disfatta come in Vietnam, ma saranno in sofferenza come sta avvenendo in Iraq, alloro costoro potranno essere bloccati”. Noi dobbiamo aiutare il popolo Iracheno quando e dove possiamo, per mettere fine a questa occupazione illegale. Il 2 novembre, mi auguro di incontrare Robert Fisk ad Antwerp. Lui ha dichiarato: “Gli Stati Uniti hanno già perso la guerra. Non permettiamo al flusso di informazioni dei media di provare a convincerci del contrario.” Perché allora dovremmo essere demoralizzati o sentirci impotenti? Noi sappiamo che attualmente il movimento della pace in Occidente è piuttosto debole. Ma qual è la ragione per cui dovremmo essere scoraggiati? Un consiglio: spegnete il vostro televisore e consultate qualche notiziario decente sull’Iraq, per esempio su http://www.uruknet.info/. E fate attenzione: su Alexa.com viene riportato l’elenco dei siti web da leggere sull’Iraq. Questi hanno un numero di lettori più alto della CNN, BBC, NYT. Tenetelo a mente. Allora perché questo pessimismo? Io penso che se noi globalizziamo la resistenza contro questa guerra terroristica degli Stati Uniti e, ancora più importante, lavoriamo più strettamente INSIEME con la gente e le organizzazioni che credono che un altro mondo sia possibile, il sentimento di demoralizzazione svanirà. La nostra rete è un esempio concreto di tutto questo. Noi abbiamo dato inizio a questo perché non si poteva più rimanere silenti. E guardate quello che abbiamo realizzato veramente dopo appena due anni. Allora unitevi a noi e alle altre organizzazioni che ritenete di fiducia. Tentate di esplorare nuovi metodi di azione e cercate di convincere la gente degli orrori di questa guerra. Il momento in cui diventerete attivi, quello è il momento in cui cercherete di cambiare il mondo. Noi non siamo soli: NOI siamo la maggioranza!

(*) Gabriele Zamparini è un regista indipendente, scrittore e giornalista che vive a Londra. Ha prodotto e diretto i documentari XXI CENTURY e The Peace! DVD ed è l’autore di American Voices of Dissent (Paradigm Publishers). Si può contattarlo a [email protected]

Data: 29 novembre 2005

Fonte: The Cat’s Dream

Link: http://www.thecatsdream.com/blog/2005/11/we-are-not-alone-we-are-majority.htm

Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova

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