No, l’Italia non è in procinto di lasciare l’euro

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DI PEPE ESCOBAR

rt.com

Matteo Renzi non è più il Primo Ministro Italiano. E’ inevitabile la tentazione di considerare la fine dei mille giorni sotto i riflettori di questo opportunista fortunato, come un verdetto sull’euro e sull’Unione Europea. Come tutte le cose, l’Italia è molto più complicata.

Il referendum italiano di domenica scorsa è stato un clamoroso No a Renzi ed agli emendamenti costituzionali da lui proposti. Il punto è che gli italiani hanno votato per non cambiare la costituzione a beneficio di un Parlamento autocratico.

Nel No, naturalmente, c’è un immenso potenziale di effetti collaterali, che sembrano coinvolgere il futuro dell’Unione Europea.

Non c’è da stupirsi che il partito anti-casta Movimento Cinque Stelle, guidato da Beppe Grillo come l’ultra xenofobo Lega Nord, guidato da Matteo Salvini, stiano raccontando questo evento come una disfatta. L’affluenza alle urne è stata particolarmente elevata nelle regioni benestanti della Lombardia e del Veneto – dove la Lega Nord è abbastanza popolare.

Il messaggio della Lega, giorno dopo giorno, si incentra su nefaste figure che affliggono l’Italia – dai tre milioni di lavoratori in nero alle otto famiglie su dieci che vivono in circostanze estremamente precarie. Colpa del governo – Partito Democratico di Renzi – così come l’immigrazione.
Si, parallelamente la Sinistra ha votato per impedire che la estrema Destra potesse raggiungere il potere.

Quindi la vittoria del No potrebbe essere vista come un voto alla democrazia – gli emendamenti costituzionali di Renzi avrebbero concesso un maggior potere al prossimo primo ministro di Palazzo Chigi, a Roma.

Il Si avrebbe significato la fine di quello che in Italia è conosciuto come il “bicameralismo perfetto”, creato con la costituzione del 1948, dove ci sono due camere parlamentari in cui tutte e due le camere devono essere d’accordo su tutte le leggi da approvare. Questa è l’Italia, ed il gioco (perenne) è in stallo.

Il governo di Renzi ha proposto di ridurre il numero di senatori da 315 a 100, per giunta da eleggere indirettamente come scelti dalle assemblee regionali, mettendo anche alcuni sindaci.

L’indebolimento del senato avrebbe significato che molte leggi italiane, includendo la legge finanziaria, sarebbero passate senza intoppi, rendendo così più facile governare la nazione.
Il Senato sarebbe stato efficace soltanto nello spinoso rapporto tra Roma e Bruxelles.
Non c’è da meravigliarsi che molti elettori l’abbiano interpretato come una presa di potere del Partito Democratico di Renzi.

Biglietti per l’opera, per chiunque?

Lo scenario “follow the money” è un’altra volta imminente. Le banche dell’Unione Europea sono preoccupate della vittoria del No, questo renderà molto più difficile salvare la banca Monte dei Paschi di Siena – la banca più antica del mondo e attualmente la terza più grande dell’Italia – che ha urgente bisogno di raccogliere 5mld di euro in equity e di svendere 28mld di crediti deteriorati.

Infatti, praticamente l’intero sistema bancario italiano è alle corde, ha bisogno di un pacchetto di salvataggio di almeno 40mld di euro. L’Italia si è affidata alla JP Morgan per trovare una soluzione.
Il membro del Consiglio della Banca Centrale Europea nonché capo della Banca Centrale Austriaca, Ewald Nowotny, insiste che l’Italia potrebbe dover spendere tanti soldi pubblici per il salvataggio. Questo sarà considerato deleterio dalla maggioranza degli italiani.

Assieme alla crisi bancaria esiste il fatto che la produzione industriale italiana può essere il 10% meno di quanto non lo fosse 10 anni fa. E la disoccupazione – ad un pesante 13% – è approssimativamente il doppio di quanto non lo fosse durante la crisi economica del 2008.

Che cosa c’è in vista? Cosa? Una crisi politica, anche se contenibile.
Il Presidente Sergio Mattarella, eletto appena l’anno scorso, dovrà supervisionare la formazione di un nuovo governo. Sia il Movimento Cinque Stelle che la Lega Nord chiedono le elezioni immediate.

Lo sguardo ai principali concorrenti al nuovo governo non è esattamente edificante, sono: Renzi (Partito Democratico); Silvio “bunga bunga” Berlusconi (Forza Italia); Beppe Grillo (Movimento Cinque Stelle); e Matteo Salvini (Lega Nord). Se questi signori non sono d’accordo su nulla, potrebbero esserci le elezioni anticipate molto presto.

Grillo del Movimento Cinque Stelle vuole le elezioni così insistentemente perché queste si svolgerebbero secondo le nuove leggi elettorali e prima che tutto ritorni al buon vecchio sistema proporzionale. Aspettatevi un sacco di sangue (in senso figurato) al Colosseo prima che ci sia qualunque soluzione.

Mentre l’Unione Europea osserva, in balia, la linea di fondo è che l’Italia non è vicina ad alcun referendum per lasciare l’euro-zona, per non parlare dell’Unione Europea, in quanto la maggior parte degli italiani sono europeisti (eccetto quando si parla della dominazione tedesca nelle Banca Centrale Europea).

Le prossime elezioni, in qualunque momento si svolgeranno, saranno caratterizzate da una battaglia di tre formazioni politiche: l’anti-casta Movimento Cinque Stelle; il Partito Democratico di Renzi – ora allo sfascio; ed il centro-destra (Berlusconi) probabilmente alleato con la Lega. Uno di questi tre, ma più probabilmente i Cinque Stelle, hanno la possibilità di vincere.

Quindi l’Italia è ora fermamente concentrata nel cercare un nuovo  – funzionante – governo, non nell’abbandonare l’euro. Ma questo implica un intreccio secondario.

Angela Merkel, proprio lei, dovrà farsi avanti per dare una mano a “salvare” l’Unione Europea, salvando il Partito Democratico di Renzi. Allora questa è proprio un’opera buffa.

Pepe Escobar

Fonte: https://www.rt.com/op-edge/369342-italy-economy-reforms-renzi/#.WEfhur6eoi8.facebook

Link: https://www.rt.com/op-edge/369342-italy-economy-reforms-renzi/#.WEfhur6eoi8.facebook

6.12.2016

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SOLIMAR

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