LA SOIA NELLA NUTRIZIONE UMANA: L'EVIDENZA SCIENTIFICA AL 2011

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DI CARLO MARTINI
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SOIA: ALLARMISMO CIARLATANO E RICERCA BIO-MEDICA

La maggioranza delle campagne mediatiche contro la soia trae origine dalle teorie di un’organizzazione statunitense, la Weston A Price Foundation (WAPF), impegnata da anni in una campagna per la promozione dei cibi di origine animale e lo screditamento delle diete vegetariane/vegan (di cui, comunque, la soia non è un alimento essenziale, come del resto qualunque altro singolo cibo). Il gruppo ha influenzato anche giornali ad ampia diffusione come The Ecologist, con la direzione di Zac Goldsmith (membro onorario) e gli articoli di Stephen Byrnes (supporter della WAPF, morto d’infarto a 42 anni).

Il metodo utilizzato da quest’organizzazione e realtà analoghe si basa sui principi fondanti di qualsiasi gruppo interessato a promuovere tesi completamente al di fuori da qualsivoglia idea di realtà scientifica, compresi ovviamente quelli che operano in realtà accademico-istituzionali:

– Modelli animali. La sperimentazione animale, oltre ad essere di per sè messa in discussione dall’ampio movimento internazionale dell’anti-vivisezionismo scientifico, ed essere comunque il tipo di studio (insieme alla colture in vitro) di più basso livello nella ricerca biomedica-nutrizionale – è particolarmente inutile nel caso della soia, viste le differenze specifiche tra umani ed altre specie nel metabolismo degli isoflavoni.

– “Teorie” biochimiche. Supposizioni sugli effetti a breve e a lungo termine di determinati composti (come i fitati o gli isoflavoni) senza ricerche su umani in grado di supportarle.

– Ricerche su umani decontestualizzate. Risultati contrastanti sono un fenomeno fisiologico della ricerca scientifica, ed il motivo per cui delle certezze possono essere raggiunte solo considerando il complesso della ricerca su un determinato tema.

La WAPF e i suoi metodi sono comunque già stati analizzati per esteso altrove. Si vedano, ad esempio:

Justine Butler, Ignore the anti-soya scaremongers, The Guardian (Thursday 1 July 2010 11.08 BST)

Leo Babauta, Finally, the Truth About Soy, Zen Habits (30 May 2011)

Riguardo alla soia, considerare il complesso della ricerca (ed in particolare le rassegne e le meta-analisi di pubblicazioni scientifiche) è quello che ha fatto Jack Norris di VeganHealth.org in Soy: What’s the Harm?, forse la più completa ed aggiornata analisi sulla soia che si possa trovare oggigiorno. Quanto segue è prevalentemente un riassunto del lavoro di Norris, a cui rimandiamo per approfondimenti e per i link agli abstract delle pubblicazioni originali. Da notare che, nelle righe seguenti, lo scopo non è enfatizzare i potenziali benefici della soia (per esempio, non trattiamo la questione della funzionalità renale e dell’osteoporosi), bensì focalizzarsi sui punti di controversia che sono stati sollevati negli anni e vedere cosa emerge dalla ricerca bio-medica effettiva.

“FITO-ESTROGENI”

Gli isoflavoni, ossia i fito-composti alla base delle controversie sulla soia, sono spesso definiti come “fito-estrogeni”. Il termine rischia di essere fuorviante, in quanto l’estrogeno vero e proprio si lega ad entrambi i tipi di recettori specifici (Estrogen Receptors Alpha & Beta) dell’organismo umano, mentre gli iso-flavoni si legano prevalentemente ai Beta, producendo risultati fisiologici diversi se non opposti. Il termine tecnicamente più corretto sarebbe quindi quello di SERM (Selective Estrogen Receptor Modulators).

Oseni T, Patel R, Pyle J, Jordan VC. Selective estrogen receptor modulators and phytoestrogens. Planta Med 2008;74:1656-65.

CONSUMI IN ASIA

In Giappone, Cina, Shangai e Corea il consumo di prodotti a base di soia (fermentati o meno) è stato frequente nell’arco della storia e lo è tutt’ora, sia negli ambienti urbani che in quelli rurali, aggirandosi intorno a 1.5 porzioni al giorno. Parte dell’interesse scientifico nei confronti della soia è nato per capire se quest’ultima potesse avere un ruolo nell’incidenza storicamente bassa di tumore della prostata e della mammella nei paesi asiatici.

Messina M, Nagata C, Wu AH. Estimated Asian adult soy protein and isoflavone intakes. Nutr Cancer. 2006;55(1):1-12.

CANCRO

Tumore della mammella

Alcuni studi prospettici condotti in Asia su popolazioni a frequente consumo di soia (Singapore Chinese Health, Shanghai Women’s Study, Japan Public Health Center) hanno riscontrato che a maggiori consumi corrisponde un minor rischio di tumore della mammella, mentre non sono state trovate correlazioni significative in altre ricerche (Japan Collaborative Cohort, Japan Life Span ed EPIC-Oxford). Una delle più accreditate spiegazioni per le discrepanza dei dati è che la soia si riveli protettiva soprattutto se consumata durante l’adolescenza, quando i tessuti del seno sono ancora in fase di sviluppo.

Tra le donne a cui è stato diagnosticato un tumore della mammella, svariati studi hanno riscontrato una migliore prognosi (minor rischio di morte da tumore) tra le donne che consumavano frequentemente soia (Cancer Hospital of Harbin Medical University, Shangai Breast Cancer & Shanghai Breast Cancer Survival, Long Island Breast Cancer, Life After Cancer Epidemiology, Women’s Healthy Eating and Living).

Boyapati SM, Shu XO, Ruan ZX, Dai Q, Cai Q, Gao YT, Zheng W. Soyfood intake and breast cancer survival: a followup of the Shanghai Breast Cancer Study. Breast Cancer Res Treat. 2005 Jul;92(1):11-7.

Butler LM, Wu AH, Wang R, Koh WP, Yuan JM, Yu MC. A vegetable-fruit-soy dietary pattern protects against breast cancer among postmenopausal Singapore Chinese women. Am J Clin Nutr. 2010 Apr;91(4):1013-9.

Caan BJ, Natarajan L, Parker BA, Gold EB, Thomson CA, Newman VA, Rock CL, Pu M, Al-Delaimy WK, Pierce JP. Soy Food Consumption and Breast Cancer Prognosis. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev. 2011 Feb 25.

Den Tonkelaar I, Keinan-Boker L, Veer PV, Arts CJ, Adlercreutz H, Thijssen JH, Peeters PH. Urinary phytoestrogens and postmenopausal breast cancer risk. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev. 2001 Mar;10(3):223-8.

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Fink BN, Steck SE, Wolff MS, Britton JA, Kabat GC, Gaudet MM, Abrahamson PE, Bell P, Schroeder JC, Teitelbaum SL, Neugut AI, Gammon MD. Dietary flavonoid intake and breast cancer survival among women on Long Island. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev. 2007 Nov;16(11):2285-92.

Guha N, Kwan ML, Quesenberry CP Jr, Weltzien EK, Castillo AL, Caan BJ. Soy isoflavones and risk of cancer recurrence in a cohort of breast cancer survivors: the Life After Cancer Epidemiology study. Breast Cancer Res Treat. 2009 Nov;118(2):395-405.

Kang X, Zhang Q, Wang S, Huang X, Jin S. Effect of soy isoflavones on breast cancer recurrence and death for patients receiving adjuvant endocrine therapy. CMAJ. 2010 Nov 23;182(17):1857-62.

Key TJ, Sharp GB, Appleby PN, Beral V, Goodman MT, Soda M, Mabuchi K. Soya foods and breast cancer risk: a prospective study in Hiroshima and Nagasaki, Japan. Br J Cancer. 1999 Dec;81(7):1248-56.

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Nishio K, Niwa Y, Toyoshima H, Tamakoshi K, Kondo T, Yatsuya H, Yamamoto A, Suzuki S, Tokudome S, Lin Y, Wakai K, Hamajima N, Tamakoshi A. Consumption of soy foods and the risk of breast cancer: findings from the Japan Collaborative Cohort (JACC) Study. Cancer Causes Control. 2007 Oct;18(8):801-8.

Shu XO, Zheng Y, Cai H, Gu K, Chen Z, Zheng W, Lu W. Soy food intake and breast cancer survival. JAMA. 2009 Dec 9;302(22):2437-43.

Travis RC, Allen NE, Appleby PN, Spencer EA, Roddam AW, Key TJ. A prospective study of vegetarianism and isoflavone intake in relation to breast cancer risk in British women. Int J Cancer. 2008 Feb 1;122(3):705-10.

Wu AH, Koh WP, Wang R, Lee HP, Yu MC (2008) Soy intake and breast cancer risk in Singapore Chinese health study. Br J Cancer 99(1):196–200.

Tumore della prostata

Da una meta-analisi del 2009 basata su 15 pubblicazioni epidemiologiche, emerge un effetto protettivo della soia rispetto al tumore della prostata, con un rischio ridotto del 26 % tra i gruppi nel livello di consumo più alto rispetto a quelli con consumo più basso. Considerano esclusivamente i prodotti non-fermentati, il risultato sale al 30 %. Da notare che, in questo caso, i gruppi a maggiore consumo erano comunque in un range basso, intorno ad una porzione al giorno (25 mg/d di isoflavoni e 8-10 g/d di proteine della soia)

Yan L, Spitznagel EL. Soy consumption and prostate cancer risk in men: a revisit of a meta-analysis. Am J Clin Nutr. 2009 Apr;89(4):1155-63

Tumore dell’endometrio e delle ovarie

Una meta-analisi del 2009, basata su 5 studi retrospettici e 2 studi prospettici, ha trovato i partecipanti a più alto consumo di soia (appena una porzione al giorno) con un ridotto rischio di cancro dell’endometrio e delle ovarie rispetto ai gruppi a più basso apporto.

Palacios S, Pornel B, Vázquez F, Aubert L, Chantre P, Marès P. Long-term endometrial and breast safety of a specific, standardized soy extract. Climacteric. 2010 Aug;13(4):368-75.

SALUTE CARDIOVASCOLARE

Dai risultati che emergono da 6 rassegne sistematiche delle pubblicazioni scientifiche sull’argomento, il consumo frequente di soia ha un moderato effetto nella riduzione del colesterolo LDL, e potrebbe averne effetti benefici anche rispetto alla funzione endoteliale nelle donne in post-menopausa, così come nella riduzione delle concentrazioni di omocisteina.

Cassidy A, Hooper L. Phytoestrogens and cardiovascular disease. J Br Menopause Soc. 2006 Jun;12(2):49-56.

TIROIDE

Sebbene gli isoflavoni della soia possano inibire la perossidasi tiroidea (enzima coinvolto nella sintesi degli ormoni tiroidei), la maggior parte degli studi clinici non ha riscontrato effetti della soia sulla funzionalità della tiroide, oppure sono stati osservati dei cambiamenti non reputati di importanza fisiologica. Per contrasto, uno studio randomizzato ed in doppio cieco del 2011 (Hull Royal Infirmary, Gran Bretagna) ha trovato che dei soggetti con ipo-tiroidismo sub-clinico avevano un maggior tasso di progressione verso l’ipo-tiroidismo cronico all’aumentare del consumo di soia. Da notare che lo studio è durato solo 8 settimane e, come suggerito dagli stessi ricercatori, un possibile esito di periodi di supplementazione prolungati potrebbe essere un miglioramento della funzionalità tiroidea come adattamento al carico di fitoestrogeni. Per altro, in questo stesso studio, gli isoflavoni avevano prodotto una significativa riduzione di pressione sanguigna, proteina C-reattiva e resistenza all’insulina. Comunque, per persone che si trovassero in tale condizione sub-clinica, è raccomandabile la limitazione del consumo di soia.

Riguardo ai soggetti in una condizione di ipo-tiroidismo cronico, variazioni significative nel consumo di soia andrebbero valutate singolarmente con il proprio medico di riferimento.

Messina M, Redmond G. Effects of soy protein and soybean isoflavones on thyroid function in healthy adults and hypothyroid patients: a review of the relevant literature. Thyroid. 2006;16(3):249 –258.

Sathyapalan T, Manuchehri AM, Thatcher NJ, Rigby AS, Chapman T, Kilpatrick ES, Atkin SL. The Effect of Soy Phytoestrogen Supplementation on Thyroid Status and Cardiovascular Risk Markers in Patients with Subclinical Hypothyroidism: A Randomized, Double-Blind, Crossover Study. J Clin Endocrinol Metab. 2011 Feb 16. [Epub ahead of print]

FACOLTA’ COGNITIVE

Studi clinici

Tra gli studi clinici, quattro hanno riscontrato che la soia ha effetti benefici sulle funzionalità cognitive rispetto al gruppo placebo; uno non ha osservato peggioramenti cognitivi nel gruppo della soia, riscontrandoli invece in quello del placebo; quattro hanno trovato effetti benefici, ma non avevano un gruppo placebo. Infine, altri tre studi non hanno notato differenze, valutando quindi la soia come neutra. Complessivamente, è probabile che la soia abbia o effetti positivi o si riveli neutra rispetto alle facoltà cognitive.

File SE, Jarrett N, Fluck E, Duffy R, Casey K, Wiseman H. Eating soya improves human memory. Psychopharmacology (Berl) 2001; 157:430-6.

Duffy R, Wiseman H, File SE. Improved cognitive function in postmenopausal women after 12 weeks of consumption of a soya extract containing isoflavones. Pharmacol Biochem Behav. 2003 Jun;75(3):721-9.

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Kreijkamp-Kaspers, S., Kok, L., Grobbee, D.E., de Haan, E.H.F., Aleman, A., Lampe, J.W., van der Schouw, Y.T. Effect of soy protein containing isoflavones on cognitive function, bone mineral density, and plasma lipids in postmenopausal women: A randomized controlled trial, JAMA. 2004;292:65-74.

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Ostatníková D, Celec P, Hodosy J, Hampl R, Putz Z, Kúdela M. Short-term soybean intake and its effect on steroid sex hormones and cognitive abilities. Fertil Steril. 2007 Dec;88(6):1632-6.

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Pilsáková L, Riecanský I, Ostatníková D, Jagla F. Missing evidence for the effect one-week phytoestrogen-rich diet on mental rotation in two dimensions. Neuro
Endocrinol Lett. 2009 Mar;30(1):125-30.

Honolulu-Asia Aging Study

Uno studio prospettico, condotto alle Hawaii su anziani di provenienza asiatica, ha associato il consumo di tofu alla degenerazione senile, ma un’editoriale di accompagnamento faceva notare che il campione di riferimento era piccolo, la variazione standard ampia, e che – soprattutto – all’interno di questa popolazione di migranti il tofu (più economico delle carne) poteva essere una variabile confondente per un basso status socio-economico, che è di per sè un fattore di rischio per uno scarso sviluppo cerebrale e il conseguente declino delle funzioni cognitive, soprattutto se la condizione di povertà è stata vissuta durante l’infanzia. Tali tesi è stata recentemente ribadita in un’altra analisi sulla rivista ufficiale della International Brain Research Organization.

Grodstein F, Mayeux R, Stampfer MJ. Tofu and cognitive function: food for thought. J Am Coll Nutr. 2000 Apr;19(2):207-9.

Hogervorst E, Mursjid F, Priandini D, Setyawan H, Ismael RI, Bandelow S, Rahardjo TB. Borobudur revisited: Soy consumption may be associated with better recall in younger, but not in older, rural Indonesian elderly. Brain Res. 2010 Oct 28. Epub ahead of print.

White LR, Petrovitch H, Ross GW, Masaki K, Hardman J, Nelson J, Davis D, Markesbery W. Brain aging and midlife tofu consumption. J Am Coll Nutr. 2000 Apr;19(2):242-55.

Tofu and Tempeh Study (Indonesia)

Uno studio dall’Indonesia, indagando le capacità cognitive in un gruppo di persone tra i 52 e i 98 anni, ha riscontrato che il consumo del tempeh era associato a migliori risultati nei test di memoria, mentre il consumo del tofu sortiva effetti opposti. Anche in questo caso, si è trattato molto probabilmente di un fattore confondente, per una specifica pratica dell’industria alimentare indonesiana: l’aggiunta di formaldeide come preservante del tofu, che mette a rischio di danni ossidativi il tessuto dell’ippocampo e la corteccia frontale. Ad oggi, il governo dell’Indonesia non ha ancora posto fine a questo tipo di pratica. Da notare che, stranamente, in un follow-up di questo stesso studio, il tofu è stato invece associato a miglioramenti nelle facoltà cognitive nel gruppo al di sotto dei 73 anni.

Hogervorst E, Sadjimim T, Yesufu A, Kreager P, Rahardjo TB. High tofu intake is associated with worse memory in elderly Indonesian men and women. Dement Geriatr Cogn Disord. 2008;26(1):50-7. Epub 2008 Jun 27.

Hogervorst E, Mursjid F, Priandini D, Setyawan H, Ismael RI, Bandelow S, Rahardjo TB. Borobudur revisited: Soy consumption may be associated with better recall in younger, but not in older, rural Indonesian elderly. Brain Res. 2010 Oct 28. Epub ahead of print.
The Jakarta Post, Agency wants control on formaldehyde | Wed, 01/05/2011 9:53 AM. Accessed January 6, 2011.

California Seventh-day Adventists

In California, tra gli Avventisti del Settimo Giorno sopra i 65 anni, i vegetariani (tali da almeno 30 anni) avevano un terzo della probabilità di sviluppare demenza senile rispetto ai loro coetanei onnivori, e questa popolazione tende ad avere un frequente consumo di soia.

Giem P, Beeson WL, Fraser GE. The incidence of dementia and intake of animal products: preliminary findings from the Adventist Health Study. Neuroepidemiology 1993; 12:28-36.

Fraser GE. Associations between diet and cancer, ischemic heart disease, and all-cause mortality in non-Hispanic white California Seventh-day Adventists. Am J Clin Nutr. 1999 Sep;70(3 Suppl):532S-538S.

CARATTERISTICHE FEMMINIZZANTI

Ginecomastia

Ci sono stati due case-report che hanno sollevato preoccupazione di caratteristiche femminizzanti dovute al consumo di soia. Uno di questi riguardava un uomo (malato di diabete tipo 1) che sviluppò una disfunzione erettile e bassi livelli di testosterone, mentre l’altro un anziano che sviluppò una condizione di ginecomastia, ossia un allargamento delle ghiandole mammarie. In entrambi i casi, i sintomi sono cessati dopo aver smesso il consumo della soia, che era rispettivamente di 14 e 12 porzioni al giorno, ossia una quantità spropositata che finiva per monopolizzare una parte considerevole delle loro diete. Al contrario, uno studio condotto su 20 uomini malati di tumore della prostata, a cui sono stati dati 450-900 mg/d di isoflavoni (l’equivalente di 18-38 porzioni di soia) per quasi tre mesi ha riscontrato che in solo due di questi si erano verificati dei leggeri casi di ginecomastia, e uno dei due stava assumendo un farmaco che avrebbe potuto sortire lo stesso effetto. Considerate le quantità enormi di isoflavoni che questo gruppo stava assumendo sotto forma di supplementazione, risulta estremamente improbabile che potrebbero emergere casi simili da “normale” consumo di soia, anche se fosse quotidiano e consistente.

Siepmann T, Roofeh J, Kiefer FW, Edelson DG. Hypogonadism and erectile dysfunction associated with soy product consumption. Nutrition. 2011 Feb 23.

Martinez J, Lewi JE. An unusual case of ginecomastia associated with soy product consumption. Endocr Pract 2008;14:415–8. (Abstract)

Fischer L, Mahoney C, Jeffcoat AR, Koch MA, Thomas BE, Valentine JL, et al. Clinical characteristics and pharmacokinetics of purified soy isoflavones: multiple-dose administration to men with prostate neoplasia. Nutr Cancer 2004;48(2):160–70.

Sperma

Una pubblicazione epidemiologica del 2008 ha trovato che gli uomini in una clinica di fertilità avevano minori concentrazioni di sperma se consumavano maggiori quantità di soia, ma la differenza potrebbe essere spiegata dal corrispettivo maggior volume di eiaculazione. Due più recenti studi clinici (62 mg/d per due mesi e 480 mg/d di isoflavoni per tre mesi) non hanno trovato differenze nella quantità, concentrazione o motilità dello sperma.

Beaton LK, McVeigh BL, Dillingham BL, Lampe JW, Duncan AM. Soy protein isolates of varying isoflavone content do not adversely affect semen quality in healthy young men. Fertil Steril. 2010 Oct;94(5):1717-22.

Chavarro JE, Toth TL, Sadio SM, Hauser R. Soy food and isoflavone intake in relation to semen quality parameters among men from an infertility clinic. Hum Reprod. 2008 Nov;23(11):2584-90

Messina M, Watanabe S, Setchell KD. Report on the 8th International Symposium on the Role of Soy in Health Promotion and Chronic Disease Prevention and Treatment. J Nutr. 2009 Apr;139(4):796S-802S.

SINTOMI DA MENOPAUSA

Qualora si consumino almeno 15 mg/d di genistein (uno degli isoflavoni della soia) è possibile ridurre significativamente l’incidenza di vampate di calore.

Messina M, Watanabe S, Setchell KD. Report on the 8th International Symposium on the Role of Soy Health Promotion and Chronic Disease Prevention and Treatment. J Nutr. 2009 Apr;139(4):796S-802S.

ACIDO FITICO E ASSORBIMENTO DEI MINERALI

L’acido fitico è presente in molti cibi vegetali integrali, ma la soia ne ha quantità mediamente maggiori. Questo tipo di composto è importante per la prevenzione della perossidazione lipidica, l’ossidazione del ferro nei tessuti del colon-retto e la calcolosi renale, ma inibisce l’assorbimento di alcuni minerali. Inibizione non significa però che l’assorbimento non avvenga: il calcio viene generalmente assorbito a livelli comparabili con quelli dal latte di mucca; lo zinco tra il 10 e il 20 %, ed il ferro fino al 30 % (che è un valore elevato, e alcuni prodotti a base di soia sono particolarmente ricchi di questo minerale, senza contare che cibi ricchi di vitamina C possono aumentarne ulteriorme
nte l’assorbimento). I prodotti fermentati (tempeh, miso, natto) hanno di per sè una migliore bio-disponibilità.

Egli I, Davidsson L, Zeder C, Walczyk T, Hurrell R. Dephytinization of a complementary food based on wheat and soy increases zinc, but not copper, apparent absorption in adults. J Nutr. 2004 May;134(5):1077-80.

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ESANO

L’esano è un composto impiegato da alcune industrie per separare la componente oleosa da quella proteica nei fagioli di soia. Le proteine vengono poi utilizzate per produrre “carni” vegetali e altri prodotti basati su isolati proteici. L’esano è potenzialmente pericoloso sia per i lavoratori che per l’ambiente, ma non ci sono evidenze di pericolosità per i consumatori, e l’Unione Europea pone dei limiti di 30 mg/kg (30 ppm) come residuo massimo nei prodotti di soia. Comunque, qualora si consumino isolati proteici, come forma cautelare sarebbe preferibile scegliere aziende biologiche, che prediligono processi meccanici come l’estrusione ad alte temperature o i trattamenti a vapore.

Cornucopia Institute, Toxic Chemicals: Banned In Organics But Common in “Natural” Food Production Soy Protein and Chemical Solvents in Nutrition Bars and Meat Alternatives, November 2010

Directive 2009/32/EC of the European Parliament and of the Council of 23 April 2009 on the approximation of the laws of the member states on extraction solvents used in the production of foodstuffs and food ingredients. Official Journal of the European Union.

FORMULE FOR L’INFANZIA

Le formule per l’infanzia a base di soia (oggigiorno fortificate con iodio, e idealmente con DHA) sono considerate sicure sia dall’American Academy of Pediatrics che dal National Toxicology Program, in quanto non pongono rischi per lo sviluppo infantile o la funzionalità endocrino-riproduttiva una volta adulti. Uno studio attualmente in corso (Beginnings Study), dedicato specificamente a studiare gli effetti delle formule sullo sviluppo infantile, ha confermato tali posizioni, non avendo riscontrato alcun effetto negativo sullo sviluppo generale, sessuale e neurologico rispetto a bambini alimentati con formule basate sul latte di mucca.

La soia non è però raccomandata a bambini con ipo-tiroidismo congenito (vedi paragrafo sulla tiroide), e a quelli nati prematuri, in quanto le formule con latte di mucca si sono rivelate più efficaci per lo sviluppo osseo in questo caso specifico. Tra i bambini nati normalmente, invece, i dati dal Beginnings Study suggeriscono maggiori benefici per la salute ossea dalle formule a base di soia.

Badger TM, Gilchrist JM, Pivik RT, Andres A, Shankar K, Chen JR, Ronis MJ. The health implications of soy infant formula. Am J Clin Nutr. 2009 May;89(5):1668S-1672S.

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CONCLUSIONE

Decenni di molteplici ed estese ricerche scientifiche sul consumo di soia in Asia e nei paesi occidentali parlano chiaro: a meno che non si viva in Indonesia (visto il possibile uso di formaldeide nei processi di produzione del tofu), le uniche situazioni di potenziale rischio sono allergie, ipo-tiroidismo, o comunque una dieta che non fornisca un apporto sufficiente di iodio. Al riguardo, ricordiamo che il sale iodato, consumato in moderazione, è una fonte affidabile.

Per il resto della popolazione, edamame, tempeh, miso, natto, tofu, latti e yogurt di soia possono essere una piacevole aggiunta alla propria dieta. Anzi, considerata non solo la sicurezza, ma soprattutto i potenziali benefici salutistici (ad esempio nella prevenzione dei tumori), il consumo di prodotti a base di soia andrebbe incentivato attivamente fin dall’infanzia, possibilmente preferendo prodotti da coltivazioni biologiche (OGM-free), parimenti agli altri legumi che troviamo in natura.

Carlo Martini
www.comedonchisciotte.org
02.08.2011

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