In nome della “sicurezza pubblica” l’Australia si è trasformata in un orwelliano stato di polizia

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Robert Bridge
strategic-culture.org

Il territorio conosciuto come Down Under [*] sembra essere ritornato al suo status originale di colonia penale mentre i funzionari governativi, che assomigliano sempre di più a secondini di una prigione che a servitori del popolo, reprimono selvaggiamente dimostranti stanchi di altri lockdown Covid.

Una forte presenza di polizia nelle principali città australiane nel fine settimana non ha impedito a migliaia di manifestanti di scendere in strada in quello che molti hanno visto come un ultimo sforzo per proteggere le libertà civili gravemente minacciate.

Le proteste sono arrivate dopo che il Nuovo Galles del Sud aveva annunciato il suo secondo lockdown totale, che mette i 5 milioni di abitanti di Sydney sotto stretto coprifuoco fino a metà settembre. L’attesa sembrerà tuttavia ancora più straziante, vista l’alta probabilità che l’obbligo di confinamento venga prorogato fino a gennaio.

Nel frattempo a Melbourne, la seconda città più grande dell’Australia dopo Sydney, i cittadini devono affrontare restrizioni simili e questo significa che (a parte andare a fare shopping entro un raggio designato dalle proprie case, fare esercizio fisico per un’ora al giorno all’aperto e andare al lavoro, purché in un “impiego essenziale”) sono praticamente diventati prigionieri all’interno delle loro stesse case.

A questo punto della storia dell’Australia, l’unica cosa certa è l’incertezza, che rende i lockdown ancora più insopportabili.

Le immagini di sabato provenienti dalle due principali città australiane hanno mostrato una situazione da polveriera, con i manifestanti che si scontravano con la polizia, che rispondeva con manganelli, spray al peperoncino e arresti in massa (sarà interessante vedere se i Big Media descriveranno le azioni della polizia contro i manifestanti anti-lockdown nello stesso modo compassionevole in cui avevano descritto le azioni intraprese contro le proteste di Black Lives Matter in Australia, nello stesso periodo dell’anno scorso. Come aveva benevolmente riferito il Guardian: “Almeno 20.000 persone hanno partecipato alla marcia [BLM] di Sydney, che si è svolta pacificamente, tranne che per le brutte scene in cui gli agenti di polizia avevano usato spray urticante sui manifestanti che si erano riversati nella stazione centrale dopo la fine della manifestazione.” Meglio però non farci troppo affidamento). In un filmato in diretta ottenuto dall’utente di Facebook “Real Rukshan,” si vedono folti gruppi di poliziotti affrontare singoli cittadini, colpevoli solo di essere lì.

In una scena (al minuto 2:10), un uomo anziano che sembra uscire da una caffetteria Starbuck’s viene circondato da almeno cinque poliziotti, che procedono ad ammanettarlo e, presumibilmente, a portarlo in prigione. In un’altra scena (al minuto 0:30), si vedono due uomini in piedi davanti alla Bank of Melbourne affrontati da sei agenti. Davanti a loro, sulla strada, ci sono quattro agenti in sella a cavalli recalcitranti. La sensazione evocata da questi episodi è la stessa: un uso eccessivo della forza da parte della polizia.

Data la massiccia presenza della polizia in mezzo alle manifestazioni di protesta per il costante deterioramento dei diritti umani fondamentali, si potrebbe avere l’impressione che l’Australia stia davvero affrontando una crisi esistenziale.

Mentre questo può essere vero per quanto riguarda l’obesità, l’abuso di droga e i senzatetto, sembra essere una vera e propria esagerazione quando si tratta di Covid-19. Dopo tutto, mentre le prove delle emergenze sopra menzionate sono visibili ovunque nel Paese, l’unico posto in cui il coronavirus sembra esistere in Australia è nei canali dei notiziari notturni (che, tra l’altro, hanno fatto un pessimo lavoro nel tenere il loro pubblico aggiornato sugli ultimi sviluppi. Fonti in Nuova Zelanda, per esempio, ci dicono che i media del Paese hanno praticamente ignorato le proteste anti-lockdown avvenute appena al di là del Mar di Tasmania).

Per esempio, il premier del Nuovo Galles del Sud, la signora Gladys Berejiklian, nel tentativo di dipingere la pandemia come il nemico numero uno, ha espresso dal tubo catodico le sue “più profonde, più profonde condoglianze” alle famiglie di tre persone morte durante la notte per/con il coronavirus. Chi erano queste vittime? Il pubblico non è stato informato delle loro identità, ma la Berejiklian le ha descritte come “un uomo di 80 anni, un uomo di 90 anni e una donna di 90 anni.”

È solo un’intuizione, ma in ognuno di questi “tragici” casi il killer silenzioso non potrebbe essere stata la comorbidità, conosciuta a livello popolare come “veneranda età”? Sì, ogni vita è preziosa e vale la pena salvarla, ma l’amministrazione australiana sta forse puntando in segreto all’immortalità assoluta della propria popolazione e non solo alla prevenzione? Questo, se fosse vero, sarebbe certamente il massimo dell’ironia, considerando che lo sforzo sta uccidendo praticamente tutti. Infatti, sembra che la vera pandemia che affligge il popolo australiano sia la paura sponsorizzata dal governo.

Nel frattempo, il premier di Victoria, Daniel Andrews, ha aggiunto l’insulto al danno quando, dal suo pulpito di prepotenza ha detto ai cittadini, ora privati del lavoro e anche dei bar dove far passare il tempo, che era vietato togliersi la mascherina per bere alcolici all’aperto. Se anche il consumo di bevande analcoliche all’aperto ricada negli stretti confini del regolamento sulle mascherine, il caro leader non l’ha detto. Tuttavia, la risposta sembra abbastanza chiara, dal momento che lo stato sta usando gli elicotteri della polizia per allontare dalle molte e famose spiagge della nazione anche chi si limita a prendere il sole.

Tutta questa follia si è abbattuta sugli abitanti di Down Under dopo che il continente aveva assistito solo ad una minima impennata dei casi di Covid. Nello stato del Nuovo Galles del Sud, per esempio, dove si trova Sydney, sabato sono stati registrati appena 825 casi positivi, un aumento rispetto ai 644 del giorno precedente. Nello stato di Victoria, dove si trova Melbourne, la situazione appare ancora meno preoccupante, con solo 61 casi segnalati a partire da sabato. Questi bassi tassi di infezione, insieme ad un alto livello di scetticismo pubblico per quanto riguarda la sicurezza dei vaccini Covid, si traducono in appena un 29% di popolazione che, fino ad oggi, ha scelto di essere vaccinata.

Così, mentre l’unica preoccupazione dei meschini tiranni di Down Under sembra essere quella di iniettare ad ogni singolo cittadino australiano il vaccino di Big Pharma  (insieme ai richiami a vita e ai lockdown che certamente seguiranno), quella della popolazione è cercare di salvare la propria salute collettiva, la sanità mentale e il lavoro.

Non è un compito facile quando la polizia dà del filo da torcere anche a chi viene trovato a portare a spasso il cane senza mascherina. In questi giorni, in Down Under, anche il migliore amico dell’uomo sembra essere in una situazione migliore delle persone che lottano per la sopravvivenza.

Robert Bridge

[*] Il termine Down Under è un colloquialismo utilizzato in riferimento all’Australia, alla Nuova Zelanda o a qualsiasi Paese insulare del Sud Pacifico, come le Fiji e le Samoa. Il termine deriva dal fatto che questi Paesi si trovano nell’emisfero sud, “al di sotto” di quasi tutti gli altri Paesi, nella disposizione abituale di una mappa o di un globo con il nord in alto [Wikipedia].

Fonte: strategic-culture.org
Link: https://www.strategic-culture.org/news/2021/08/25/in-name-public-safety-australia-descends-into-nightmarish-orwellian-police-state/
25.08.2021
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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