IL DIBATTITO INDIRETTO AHMADINEJAD-OBAMA

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DI THIERRY MEYSSAN
Voltairenet.org

I presidenti iraniano e statunitense si sono appena dedicati ad un insolito torneo verbale che è stato riferito in maniera frammentaria e deformata dai media occidentali. Mahmaoud Ahmadinejad si è espresso il 23 settembre 2010 nel pomeriggio dalla tribuna dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite [1]. Barack Obama gli ha risposto la mattina dopo al microfono della televisione BBC in persiano [2]. I due interventi formano un insieme che illustra il cambio di strategia da una parte e dall’altra. Non si tratta più di atteggiarsi a campione di due campi avversari, di due visioni del mondo, di scambiarsi invettive, ma di chiamare le rispettive popolazioni alla rivoluzione.

Un anno fa, Washington sperava di poter rovesciare l’amministrazione Ahmadinejad manipolando le folle nell’ennesima ripetizione delle sedicenti rivoluzioni colorate [3]. L’operazione, condotta in occasione dell’elezioni presidenziali del 2009, è fallita. Tuttavia, ha permesso di fissare nell’immaginario occidentale una rappresentazione fantasmagorica dell’Iran che sarebbe una dittatura.

Nel paese, ha avuto l’effetto opposto a quello atteso. Gli elettori dell’opposizione sono stati grandemente sorpresi e indignati dalla malafede del loro candidato e dalla sua volontà di prendere il potere mediante la piazza e non attraverso le urne. Quanto al vincitore delle elezioni, ha perso il gusto al compromesso e deciso di ravvivare la Rivoluzione islamica nella sua radicalità. Il fossato tra le classi popolari e l’alta borghesia mercantile si è approfondito. La CIA e il NED pianificano nuove azioni, ma non si tratta più di rovesciare il regime nell’immediato, quanto di destabilizzarlo per indebolirlo sul piano internazionale.

Da parte sua, Teheran non ha mai pensato di fare guerra agli Stati Uniti. Per lungo tempo questi sono stati considerati come un blocco, una potenza coloniale alleata che succedeva all’Impero britannico, un Grande Satana che proteggeva i crimini israeliani. Oggi, l’amministrazione Ahmadinejad ha annodato relazioni con intellettuali e artisti dissidenti. Ai suoi occhi, gli Statunitensi sono persone di buona volontà che prendono lentamente coscienza di essere governati da tiranni. Alla fine sono prevedibili rivolte che possono prendere forma rivoluzionaria o di secessione. La Rivoluzione islamica deve allearsi con gli attuali dissidenti per combattere insieme il sistema dominante.

E’ qui che interviene il discorso di Mahmaoud Ahmadinejad. Prima di tutto, ha ricusato la teoria dello scontro di civiltà, enunciata da Bernard Lewis e resa popolare da Samuel Huntington [4]. Per questi pensatori, lo scontro è inevitabile. Gli Occidentali non hanno altra scelta che prepararsi militarmente allo scopo di uccidere per non essere uccisi. Per il presidente iraniano, tutto questo è assurdo. All’epoca della globalizzazione, lo sviluppo negli scambi commerciali e culturali permette alla gente di scoprirsi e apprezzarsi reciprocamente. Quanto agli ebrei, ai cristiani e ai musulmani, la loro fede comune nel Dio unico deve condurli a stabilire relazioni armoniose. Tuttavia, per Ahmadinejad se lo scontro di civiltà è un’ideologia artificialmente promossa dal movimento sionista allo scopo di dividere il mondo e dominarlo, esiste in effetti un conflitto che attraversa l’umanità: quello che oppone i valori materiali del capitalismo e della società dei consumi ai valori spirituali della Rivoluzione che sono la giustizia e l’eroismo. Ciò detto, il nemico non è l’Occidente ma il materialismo da cui gli Occidentali sono affetti e che contamina il resto del mondo.

L’attuale sistema di dominazione s’iscrive nel prolungamento dello schiavismo, del colonialismo e dell’imperialismo. E’ messo in atto da un gruppo transnazionale che per raggiungere i suoi scopi si appoggia principalmente sul Regno Unito, gli Stati Uniti e Israele. Tenuto conto della superiorità militare di questi Stati rispetto a tutti gli Stati del mondo intero messi insieme, è illusorio sperare di vincere con le armi. Ma sapendo che spesso utilizza i Britannici, gli Statunitensi e gli Israeliani a loro danno, è possibile allearsi con questi popoli contro tale sistema di dominio. Così come Marx immaginava di unire i proletari di tutti i paesi contro lo sfruttamento capitalistico, Ahmadinejad pensa che sia possibile unire gli oppressi contro il sionismo. In questa prospettiva, devono essere intrapresi degli sforzi per mostrare agli Statunitensi che sono essi stessi vittime di un sistema di cui credono a torto di avvantaggiarsi.

Indirizzandosi all’Assemblea generale, il presidente Ahmadinejad ha chiesto la creazione di una commissione d’inchiesta internazionale sugli attentati dell’11 settembre.

Rivolto agli Stati membri dell’ONU, ha sviluppato l’argomento della competenza. La risposta portata unilateralmente dagli Stati Uniti a questi attentati ha messo il Medio Oriente a ferro e fuoco senza risolvere il problema del terrorismo. Per essere efficace, si sarebbe dovuto, nove anni fa, creare questa commissione d’inchiesta, analizzare i suoi risultati in seno all’ONU e concordare su scala internazionale una strategia antiterrorista. Non è mai troppo tardi per agire bene, le Nazioni Unite devono riprendere le loro prerogative per vincere il terrorismo e raggiungere la pace.

Per il pubblico statunitense, Ahmadinejad, basandosi su un recente sondaggio, ha evocato le tre ipotesi citate più frequentemente. Primo, gli attentati sono dovuti a un potente gruppo straniero; secondo, sono stati realizzati da un gruppo straniero ma hanno beneficiato della complicità passiva di elementi interni; terzo, sono stati orditi da elementi interni.

Contrariamente al discorso comune, non ha presentato Osama bin Laden come islamico ma citando il fatto che lui e la sua famiglia hanno affari in comune con i Bush. Informazioni che avevo rivelato nell’ottobre 2001 sul principale settimanale politico in lingua spagnola dell’America del Nord, Proceso, e che erano state riprese al Congresso dalla rappresentante Cynthia McKiney.

Questa presentazione mira ad inquadrare il dibattito: il problema non è lo scontro tra l’islam e l’Occidente, ma la dominazione del mondo da parte di una cricca che comprende i Bush e Osama bin Laden.

Nel corso dell’esposizione, l’ambasciatore degli Stati Uniti si è alzato e ha lasciato l’Assemblea generale. Su sua richiesta o su suo ordine gli ambasciatori di numerosi Stati hanno fatto lo stesso.

La consueta macchina di propaganda si è attivata per deformare e minimizzare le affermazioni di Mahmoud Ahmadinejad. I media atlantisti si sono sforzati di far credere che il presidente iraniano avrebbe insultato le vittime dell’11 settembre, nella stessa New York, pretendendo che gli Stati Uniti non siano le vittime ma i colpevoli. E’ sufficiente riferirsi al testo del discorso per verificare la manipolazione. Ora, in questo documento, Ahmadinejad esprime la sua desolazione per le vittime. Le pone subito allo stesso livello delle centinaia di migliaia di morti, di feriti e di profughi della guerra al terrorismo. Si sofferma a considerare che le sofferenze degli uni sono uguali alle sofferenze degli altri. E torna ancora una volta ad affermare che lo scontro di civiltà è un’illusione e che siamo tutti vittime del medesimo sistema.

Il Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, riunitosi d’urgenza, ha deciso che Barack Obama si sarebbe indirizzato al più presto agli Iraniani chiamandoli all’insurrezione per dissuadere Teheran dal proseguire la sua offensiva.

E’ stata organizzata un’intervista sulla rete televisiva della BBC in persiano, che gode in Iran di maggiore audience dei canali televisivi statunitensi in persiano. Tecnicamente, questo compito sarebbe spettato al Consigliere per la sicurezza nazionale incaricato delle comunicazioni strategiche, Ben Rhodes. Accade che il signor Rhodes sia la persona che ha redatto il rapporto della Commissione presidenziale Kean-Hamilton sull’11 settembre. A tale titolo, è lui ad aver inciso nel marmo la teoria del complotto islamico con i suoi 19 kamikaze e il suo sardonico Bin Laden nascosto in una grotta afghana.

Il presidente Obama è stato intervistato da Bahman Kalbasi, un giornalista iraniano che pretende di essere scappato dal suo paese nel 2001 per sfuggire alla dittatura e che nondimeno ha potuto liberamente tornare sul posto per realizzare dei documentari.

Per cominciare, Kalbasi ha chiesto al presidente Obama di commentare le affermazioni del suo omologo iraniano sull’11 settembre. Questi ha risposto: “E’ stato scioccante. E’ stato odioso. E ha fatto queste dichiarazioni qui a Manhattan, proprio a nord di Ground Zero, dove delle famiglie hanno perduto i loro cari … gente di tutte le religioni, di tutte le origini vedono questi attentati come la tragedia essenziale di questa generazione. Per lui aver fatto questo tipo di affermazioni non è scusabile.”

Hanno voglia gli Iraniani di rileggere il discorso di Ahmadinejad, non ci troveranno niente di scioccante né di odioso. Nessuna provocazione, solo domande legittime. Poco importa, Obama prosegue stabilendo una distinzione tra la reazione emotiva degli Iraniani all’indomani dell’11 settembre, fatta come dappertutto nel mondo di compassione per le vittime, e quella del “regime”.

Nel resto dell’intervista, egli spiega che la politica dell’amministrazione Ahmadinejad è a un’impasse. Secondo lui, non può portare frutti e provoca sanzioni di cui gli Iraniani subiscono e subiranno le dure conseguenze nella loro vita quotidiana. Sviluppa questa logica in vari campi e conclude sulla questione palestinese. Assicura anche in questo caso che il radicalismo non porta da nessuna parte e che la pace laggiù passa per un compromesso con Israele.

Questa intervista è una messa in guardia non velata verso le intenzioni di Teheran: non provate a seminare turbamento nella popolazione statunitense o noi faremo lo stesso con voi. Si basa sull’idea che gli Iraniani sconfesserebbero una politica per la quale pagano un prezzo alto senza ricevere per il momento nulla in cambio. Annuncia una nuova operazione di destabilizzazione in occasione delle riforme economiche. Per evitare l’asfissia, l’Iran, sottomesso a un embargo da parte dell’ONU e ad altri embargo unilaterali, deve liberarsi dei suoi prezzi sovvenzionati e liberalizzare il suo mercato interno. Questo brutale adattamento non mancherà di provocare malcontento. Washington intende coalizzarlo contro il governo attorno alla figura di Hossein Moussavi.

Tuttavia questo progetto deve superare diversi ostacoli. In primo luogo, gli scontenti della riforma economica possono dubitare della capacità di Moussavi di rappresentarli. Infatti, durante la sua campagna elettorale, [Moussavi] ha difeso il principio di un’economia liberale all’americana . Non sembrerebbe quindi nella posizione ideale per opporsi in maniera credibile ad una liberalizzazione del mercato interno. Secondariamente, l’argomento di un prezzo troppo alto di una politica radicale ha poche possibilità di fare presa in Iran, uno Stato rivoluzionario dove, da 32 anni, viene coltivato l’eroismo. Anzi, per molti può risultare insultante.

Infine, la scelta di concedere l’intervista alla BBC in persiano è maldestra. Invitato da Talebzadeh a Secrets, la principale trasmissione politica del paese, in occasione della commemorazione dell’11 settembre, avevo esposto la necessità di una commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite e avevo affrontato l’implicazione della BBC nel complotto dell’11 settembre. Ci si ricorda che quel giorno la Torre 7 del World Trade Center, detta Torre dei Salomon Brothers, è crollata nel pomeriggio senza essere stata colpita da alcun aereo. Per evitare che questo avvenimento spingesse la gente a porsi domande più approfondite sul crollo delle Torri gemelle, i complottisti avevano imposto una spiegazione immediata. Le Torri nel loro crollo avrebbero fatto tremare il terreno e indebolito le fondamenta della Torre 7. Per assicurarsi che questa versione venisse ripresa, i complottisti la diffusero attraverso la BBC addirittura prima della caduta della Torre 7. .

Su questo video, si vede la giornalista della BBC commentare il crollo mentre si vede alle sue spalle l’edificio intatto che crollerà solo 12 minuti più tardi. La televisione pubblica britannica ha condotto un’operazione di disinformazione caratteristica. Notiamo di passaggio che ciò implica una responsabilità del Regno Unito in quanto Stato nella creazione del mito.

Riassumendo, il presidente della Repubblica islamica dell’Iran ha dichiarato al mondo in generale ed agli Stati Uniti in particolare che i morti dell’11 settembre non sono vittime dell’islam. Ha auspicato una commissione d’inchiesta internazionale i cui risultati possano mostrare che i morti USA come i morti del Medio Oriente sono ugualmente vittime del sistema di dominazione mondiale.

Da parte sua, il presidente degli Stati Uniti si è indirizzato agli Iraniani su un canale televisivo i cui dirigenti hanno partecipato all’intossicazione dell’11 settembre per suggerire loro di non porre domande su questi attentati altrimenti avranno nuove sanzioni da sopportare.

In definitiva, la vivacità della reazione di Washington rivela la sua debolezza. Se è stato deciso di far esporre con urgenza il presidente Obama vuol dire che la casa è in pericolo. Il 74% degli Statunitensi pensano che elementi dell’amministrazione abbiano perpetrato l’11 settembre o che l’abbiano lasciato perpetrare. Ciononostante, non si rivoltano contro l’autorità che considerano responsabile della morte di circa 3000 propri concittadini. Perché fino a adesso sono stati persuasi che i fanatici della sicurezza nazionale possano commettere crimini contro la popolazione se questi sono ritenuti utili alla grandezza del paese. Ora, quello che il presidente Mahmoud Ahmadinejad suggerisce è al contrario che i complottisti hanno agito nell’interesse di un gruppo transnazionale a danno degli interessi degli Statunitensi, considerati alla stregua di carne da cannone destinata ad agonizzare sui campi di battaglia del Medio Oriente allargato. Questa idea mette in pericolo il sistema di dominazione mondiale perché è capace di risvegliare la coscienza del popolo statunitense e di spingerlo alla rivolta.

Thierry Meyssan, Analista politico francese, presidente-fondatore del Réseau Voltaire e della conferenza Axis for Peace. Pubblica ogni settimana cronache di politica estera sulla stampa araba e russa. Ultima opera pubblicata: L’Effroyable imposture 2, éd. JP Bertand (2007).

Fonte: www.voltairenet.org/
Link: http://www.voltairenet.org/article167073.html
26.09.2010

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org a cura DI MATTEO BOVIS

NOTE.

1] « Discours à la 65ème Assemblée générale de l’ONU », di Mahmoud Ahmadinejad, Réseau Voltaire, 23 settembre 2010. [Una traduzione italiana del discorso pronunciato da Ahmadinejad alle Nazioni Unite si può leggere sul sito www.luogocomune.net, a cura di Massimo Mazzucco, NdT] .

[2] « Interview with Barack Obama by BBC Persian », Voltaire Network, 24 settembre 2010. .

[3] « La CIA et le laboratoire iranien », « La “révolution colorée” échoue en Iran », di Thierry Meyssan ; « Iran : le bobard de l’élection volée », di James Petras, Réseau Voltaire, 17, 19 e 24 giugno 2009. .

[4] « La “Guerre des civilisations” », di Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 4 giugno 2004. .

VEDI ANCHE: AHMADINEJAD E L’ 11/9

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