DI NAFEEZ AHMED
Guardian Blog
Countercurrents
Un nuovo studio sponsorizzato dal Goddard Space Flight Center della NASA ha evidenziato la possibilità che la civilizzazione industriale globale potrebbe collassare nei prossimi decenni a causa dello sfruttamento insostenibile delle risorse e della crescente disuguaglianza nella distribuzione delle ricchezze.
Notando come le preoccupazioni per il “collasso” sono spesso considerate marginali o controverse, lo studio cerca di dare un senso ai quei dati storici convincenti che dimostrano come “il processo di crescita e susseguente collasso è in realtà un ciclo ricorrente di tutta la storia”. I casi di brusche interruzioni di intere civiltà a causa di “improvvisi collassi – spesso durati secoli – sono stati piuttosto comuni.”
Il progetto di ricerca si basa su un nuovo modello multidisciplinare, l’“Human and Nature Dynamical” (HANDY), guidato dal matematico Safa Motesharri del National Socio-Environmental Synthesis Center, finanziato dalla National Science Foundation statunitense, in associazione con un gruppo di scienziati sociali e naturalistici. Lo studio basato sul modello HANDY è stato accettato per la pubblicazione sull’”Elsevier”, la rivista peer-reviewed dell’Ecological Economics.
Da tutti i dati storici inseriti, risulterebbe che le civiltà complesse sono suscettibili al collasso, sollevando quindi domande sulla sostenibilità della civilizzazione moderna:
“La caduta dell’impero romano e degli ugualmente avanzati (se non ancora di più) Han, Maurya e Gupta, così di molti altri imperi mesopotamici, sono tutte testimonianze del fatto che civiltà complesse, creative, avanzate e sofisticate possono essere sia fragili che transitorie.”
Studiando le dinamiche uomo-natura di questi antichi casi di collasso, il progetto identifica i principali fattori correlati che spiegano il declino di queste civiltà, un qualcosa che potrebbe aiutare a determinare il rischio di collassi futuri: principalmente Popolazione, Clima, Acqua, Agricoltura ed Energia.
Tali fattori possono portare al crollo quando convergono per generare due aspetti sociali fondamentali: “lo sfruttamento eccessivo delle risorse dovuto alla pressione esercitata sulla capacità di carico ecologica“, e “la stratificazione economica delle società in Elite [ricchi] e Masse (o “Popolo”) [poveri].” Questi processi sociali hanno giocato “un ruolo centrale nelle caratteristiche o nel processo del collasso”, in ciascuno dei casi esaminati relativi agli “ultimi cinquemila anni.”
Al momento, gli alti livelli di stratificazione economica sono direttamente correlati al consumo eccessivo delle risorse, e sono le “Elite”, stanziate in larga parte nei paesi industrializzati, che determinano questi due aspetti: “[…] l’accumulo di surplus non viene distribuito in modo uniforme nella società, ma viene invece controllato da una Elite. La massa della popolazione, che produce la ricchezza, ne riceve solo una piccola parte, di solito pari o appena superiore ai livelli di sussistenza.”
Lo studio sfida coloro che sostengono come la tecnologia riuscirà a risolvere questi problemi grazie ad aumenti di efficienza: “I cambiamenti nella tecnologia possono aumentare l’efficienza nell’uso delle risorse, ma tendono anche a far salire il consumo pro-capite e quindi la quantità delle risorse estratte, facendo sì che, fatte salve politiche specifiche in materia, l’incremento dei consumi spesso compensa la maggiore efficienza nell’uso delle risorse stesse.”
L’aumento della produttività in agricoltura e nell’industria nel corso degli ultimi due secoli è dovuto a un “incremento (piuttosto che a un decremento) della produzione delle risorse”, nonostante ci siano stati fortissimi miglioramenti di efficienza in tutto il periodo.
Ipotizzando una gamma di scenari possibili, Motesharri e i suoi colleghi hanno concluso che, basandosi sulle condizioni “che riflettono da vicino la realtà del mondo odierno […], noi pensiamo che il collasso sia difficilmente evitabile.” Nel primo di questi scenari, la civilizzazione:
“[….] sembra aver mantenuto un percorso di sostenibilità per un lungo periodo di tempo ma, anche prendendo in considerazione un tasso ottimale nel decremento delle risorse e iniziando con un piccolo numero di persone nelle Elite, queste ultime finiscono per consumare troppo, provocando carestie negli strati popolari, provocando inevitabilmente il crollo della società. È importante notare che questo collasso di Tipo-L è dovuto a una carestia provocata dalle disuguaglianze, che causa a sua volta la perdita di posti di lavoro, e non un collasso della Natura.”
Un altro scenario si concentra sul ruolo del continuo sfruttamento delle risorse, concludendo che “con un più alto tasso di decremento delle risorse disponibili, il declino del Popolo avviene più rapidamente proprio mentre le Elite continuano a prosperare, ma alla fine il Popolo collassa completamente, seguito dalle Elite.”
In entrambi gli scenari il monopolio delle Elite sulla ricchezza le preserva dagli “effetti più dannosi nel collasso ambientale per molto più tempo rispetto al popolo”, permettendo loro di “proseguire nel ‘business as usual’ nonostante l’imminente catastrofe.” Lo stesso meccanismo, ipotizzano, potrebbe spiegare come “i collassi storici siano stati fatti succedere da Elite che sembravano non rendersi conto della traiettoria catastrofica intrapresa (i casi più evidenti sono quelli dei romani e dei Maya).”
Applicando questa lezione alle nostre difficoltà contemporanee, lo studio ci avverte che:
“Mentre alcuni membri della società potrebbero lanciare l’allarme sul fatto che il Sistema si stia muovendo verso un collasso imminente – e per questa ragione promuovere cambiamenti strutturali nella società al fine di evitarlo -, le Elite e i loro sostenitori, che si oppongono a tali cambiamenti, potrebbero puntare sulla traiettoria della sostenibilità a lungo termine ‘avuta sinora’ pur di non fare niente.”
Comunque gli studiosi sottolineano che gli scenari peggiori non sono affatto inevitabili, e suggeriscono che una politica appropriata e modifiche strutturali potrebbero evitare il collasso, se non addirittura spianare la strada verso una civilizzazione più stabile.
Le due soluzioni chiave sono il diminuire l’ineguaglianza economica così da assicurare una più equa distribuzione delle risorse, e il ridurre drasticamente il consumo delle risorse utilizzando energie rinnovabili e riducendo la crescita della popolazione:
“Il collasso può essere evitato e la popolazione può raggiungere l’equilibrio se il tasso pro-capite di decremento delle risorse naturali viene ridotto a un livello sostenibile, e se le risorse vengono distribuite in maniera ragionevolmente equa.”
Il modello HANDY, finanziato dalla NASA, è uno scossone davvero credibile diretto ai governi, alle multinazionali e agli imprenditori – ma anche ai consumatori – perché riconoscano che il “business as usual” non è sostenibile, e che sono immediatamente necessari cambiamenti politici e strutturali.
Anche se lo studio è fondamentalmente teorico, esistono altri studi più empirici – ad esempio della KPMG e del britannico Government Office of Science – che hanno avvisato che la convergenza delle crisi del cibo, dell’acqua e dell’energia potrebbero creare la tempesta perfetta nel giro di quindici anni. Ma queste previsioni “business as usual” potrebbero essere molto conservative.
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NAFEEZ AHMED
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Link: ‘Collapse’ Of Modern Civilization A Real Possibility: Study
16.03.2014
Traduzione per Come Don Chisciotte a cura di MARINA B