ANTIFASCISTA E RUSSO: UN MESTIERE A RISCHIO

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DI ERIC SIMON
bastamag.net

Nazionalismo al potere, una estrema destra con il vento in poppa, uccisioni razziste spesso impunite, tumulti xenofobi che ricordano i pogrom … Benvenuti nella Russia di Putin. Di fronte a questa deriva, difensori dei diritti umani e militanti antifascisti non si rassegnano. A rischio di farsi assassinare. Ritratto di un faccia a faccia disuguale.

Il 19 luglio 2004 Nikolai Girenko, esperto di lotta contro la discriminazione e il razzismo in Russia ed eminente difensore dei diritti umani, veniva abbattuto a colpi di fucile attraverso la porta della sua abitazione a San Pietroburgo. Il 10 ottobre 2008 Fediaï Filatov, personaggio del mondo alternativo di Mosca, veniva assassinato a coltellate sotto casa. Tra queste due date, cinque giovani antifascisti sono caduti sotto i colpi dei neonazisti russi, senza contare i tentativi di omicidio, a volte a suon di bombe come nel caso di Tigran M., scampato per un pelo a un attentato nel suo palazzo a Mosca.

Gli antifascisti non sono i soli ad essere minacciati dalla violenza di estrema destra: secondo l’Osservatorio dei fenomeni nazionalistici SOVA con sede a Mosca, la Russia nei primi cinque mesi dell’anno [non è specificato quale, ma si suppone il 2008, ndt] ha visto 250 aggressioni razziste contro persone di origine non-slava, di cui 59 mortali. Nell’anno 2007, si sono registrati 653 attacchi razzisti e 73 morti. E queste cifre sono probabilmente sottovalutate perché la maggior parte delle vittime non osa sporgere denuncia in un clima di xenofobia generalizzata. Gli omicidi generalmente appartengono alla scena nazi-skinhead russa, che secondo le stime più credibili conta tra 50.000 e 70.000 individui. Questo settore a sua volta non è che la parte più spettacolare della galassia neo-fascista e ultra-nazionalista.
Il nazionalismo e l’autoritarismo sono condivisi dall’insieme dei partiti rappresentati nella Duma, il parlamento russo, che si tratti del partito del presidente “Russia unita”, del Partito liberal-democratico del populista Vladimir Zhirinovskij, fino al Partito comunista della Federazione russa (KPRF) di Gennadi Zyuganov, già leader della corrente “nazional-patriottica” al tempo del Partito comunista dell’Unione Sovietica. Tutti condividono la visione di un ordine specificatamente russo, basato su uno Stato forte, tanto all’interno quanto all’esterno delle sue frontiere, che diffida di ogni influsso occidentale. Lo sciovinismo, il razzismo e l’antisemitismo percorrono con gradi diversi l’insieme degli schieramenti.

Rosso bruno

L’estrema destra russa propriamente detta è molto diversificata: ci si ritrovano tanto i fautori di una Russia etnicamente “pura”, che i nostalgici di una visione di potenza imperiale, come è stata l’Unione Sovietica. Ci si incrociano cristiani ortodossi così come pagani influenzati dalle teorie geopolitiche eurasiatiche della Nuova Destra di Alexander Dughin. Certi partiti fino a poco tempo fa potenti, come l’Unità Nazionale Russa (RNE), hanno ripreso, fin in modo caricaturale, i simboli e gli atteggiamenti del nazional-socialismo hitleriano adattato ai colori slavi. I suoi elementi più combattivi si allenano in campi militari nel sud della Russia, con il sostegno dell’esercito, campi che possono contare su migliaia di “stagisti”.

Altri, come il Partito Nazional-Bolscevico (NBP) di Edouard Limonov e di Alexander Dughin, hanno sviluppato una sintesi rosso-bruna con accenti rivoluzionari, recuperando altrettanto bene simboli comunisti e fascisti. Il NBP è riuscito nell’impresa di radunare attorno a sé una parte della contro-cultura russa, dai gruppi rock più noti alle correnti artistiche di avanguardia, passando per una parte dell’intellighentsia… Ma se Alexander Dughin, teorico della nuova destra russa, è poi diventato consigliere del Cremlino, Limonov e il suo gruppo si sono uniti alla eterogenea coalizione de “L’Altra Russia”, che raccoglie accanto a Gary Kasparov una parte dell’opposizione a Vladimir Putin.

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[Manifestazione del DPNI, Movimento contro l’immigrazione illegale]

Nel 2002 è apparso un nuovo partito, il Movimento contro l’immigrazione illegale (DPNI, nella foto). Principalmente finanziato da deputati vicini a Zhirinovskij, ufficialmente propone la deportazione degli stranieri non in regola, l’imposizione di quote e test linguistici e di cultura a tutti gli stranieri. Nei fatti, i militanti nutrono l’odio etnico e parecchi pullman sono stati da loro noleggiati in occasione dei moti razzisti di Kondopoga nel settembre 2006.

Lo sviluppo di questi gruppi e partiti non nasce ieri. La loro origine risale alla fine dell’era comunista, quando un’intera corrente del partito unico sviluppava già idee nazionaliste e sosteneva l’associazione “Pamiat”, che sarà la culla della maggior parte di questi movimenti. Lo smantellamento dell’impero sovietico e la definizione di nuove frontiere sono vissute come un trauma da una gran parte della popolazione, trauma aggravato dalla “terapia d’urto” neo-liberale degli anni ’90 che va scavando profonde disuguaglianze sociali. Questa politica economica è stata molto legata all’ideologia democratica rappresentata dal presidente Eltsin e dal suo entourage. Gli avvenimenti del 1993, quando il presidente Boris Eltsin lancia i carri armati contro un Parlamento eletto ma ribelle discrediterà profondamente l’idea stessa di democrazia nella società russa. Il liberalismo, sotto il suo aspetto politico o economico, non ha più quasi più posto nella vita politica e neanche un seggio alla Duma.

Putin legittima l’estrema destra

E’ grazie a Vladimir Putin che il nazionalismo, da retorica di opposizione, è divenuto un’alternativa politica. La seconda guerra in Cecenia, nel 1999, ne è stato il vettore, sia per la scelta di un nemico utile a forgiare l’unità nazionale che per l’affermazione di un potere presidenziale forte che permette di rassicurare la popolazione di fronte al caos degli anni ’90. Ma, così facendo, ha permesso che si sviluppasse un forte sentimento razzista verso tutto ciò che non è slavo, o non ne ha l’apparenza, e principalmente verso tutte le persone originarie del Caucaso. Il nazionalismo di Putin tuttavia non è ideologico. Deriva dal concetto di Stato come rappresentazione ultima della Nazione, ed ogni azione ne discende: controllo sui media, tra l’altro attraverso la loro acquisizione da parte di imprese amiche, attacchi diversi e intimidazioni alle ONG di difesa dei diritti umani, servendosi specialmente di leggi “contro l’estremismo” peraltro molto poco utilizzate contro la destra radicale.

Il principale strumento di questa politica? I “siloviki”, agenti di sicurezza dell’attuale FSB, il vecchio KGB. Sotto l’era Eltsin questi rappresentavano il 5% dell’élite politica, economica e finanziaria; oggigiorno ne rappresentano il 78%: posti da governatore di regione, direzione di grandi imprese, alta amministrazione … Il potere ha così disarmato l’opposizione della maggior parte dei partiti nazionalisti. La Duma, la camera dei deputati al Parlamento, non è più che una marionetta nelle mani del Cremlino.

Il Cremlino tuttavia ha dato al movimento nazionalista delle garanzie ed una legittimità di cui si serve. Così alcuni atti simbolici hanno ridato lustro sia al passato stalinista che al vecchio regime degli zar, in nome di una storia imperiale gloriosa senza spigoli e senza pentimenti. Colpo su colpo, si è assistito al ritorno dell’inno sovietico ed all’adozione di una giornata di unità nazionale, il 4 novembre, per celebrare l’avvento al trono della dinastia Romanov … Il che permette a tutta la galassia di sfilare più o meno liberamente durante queste “Marce Russe”.

Se alcuni gruppi o individui troppo attivi hanno subito i fulmini del potere, come il NBP, è giocoforza constatare che la maggioranza dei gruppi ultras beneficia di grande indulgenza da parte delle autorità, o per meglio dire di una complicità ufficiosa. Alcune informazioni ottenute da gruppi nazisti sui loro avversari antifascisti non possono essere state ottenute che da fonti di polizia. D’altra parte, dietro alcune azioni condotte da fascisti contro organizzazioni di difesa dei diritti umani si è vista la mano dei servizi di sicurezza. La maggior parte dei delitti vengono giudicati, quando ciò avviene, con l’accusa di “hooliganismo” e non con l’accusa di “odio razziale o sociale” il che permette pene più leggere.

Gli antifascisti costantemente sotto pressione

Fino all’inizio degli anni 2000, non c’e stata una massiccia resistenza verso il montare del fenomeno. Questa è legata negli anni ’90 a ricercatori specializzati, come Nicolai Girenko o Valentina Ouzounova, che editano la rivista riservata “Barier”. Il dibattito è stato esteso dai giovani che animano la rivista « Tum-Balalaïka » , diventata “Antifascistki Motiv”, grazie specialmente ai loro contatti con gruppi antifascisti occidentali e all’organizzazione di manifestazioni di strada a San Pietroburgo. Ma sono gli stessi gruppi fascisti, attaccando violentemente le nuove culture urbane – rap, punk, hardcore – che stanno creando una nuova generazione antifascista molto più offensiva. Per difendersi dalle violenze dei naziskins, i partecipanti a concerti rap o punk cominciano ad organizzare la propria autodifesa fino a creare, nel 2003, propri gruppi di azione attorno alla “rinascita punk”, poi, nel 2004, alcuni gruppi musicali, come Brigadir o What We Feel si dichiarano apertamente antifascisti. I membri di Brigadir si sono presto impegnati in altre lotte, particolarmente nel sostegno dell’ondata di scioperi del 2007 e nelle campagne per la casa. Timur Kacharava, cantante del gruppo hardcore Sandinista, assassinato nel novembre 2005, si occupava con i suoi compagni della mensa popolare “Food not bombs”, destinata ai senza tetto di San Pietroburgo.

Nel 2006, un gruppo antifascista attacca un raduno del DPNI, il che gli varrà un processo fortemente mediatizzato ed accentuerà l’interesse della polizia verso un movimento d’altronde poco controllabile perché non legato ad alcuna organizzazione politica. I nuovi militanti sono in genere molto giovani, con poca esperienza in materia di azione politica ed il loro lato offensivo non attira la simpatia delle organizzazioni di difesa dei diritti umani, che recalcitrano a sostenerli nei processi. Solo i loro fratelli maggiori di “Antifascistki Motiv”, tentano di sensibilizzare l’ambiente delle ONG e di mettere all’erta i loro contatti internazionali.

Questa solidarietà internazionale ha permesso a due riprese di accogliere in Francia alcuni antifascisti di Mosca per una tournée in numerose città nel maggio scorso, e di ricevere il gruppo What We Feel in novembre per una serie di concerti [2]. Solidarietà vitale per un movimento sotto pressione che, al contrario dei suoi omologhi occidentali, è in forte ritardo rispetto al livello di organizzazione dei propri nemici, anche se in evoluzione costante in tutte le grandi città russe. E’ anche una solidarietà a doppio senso: nel giugno scorso gli antifascisti moscoviti hanno manifestato a sostegno dei sans-papiers francesi e dei militanti coinvolti. Recentemente, un Treno ad Alta Velocità di cartone accompagnato da diversi slogans davanti all’ambasciata francese ha sottolineato alle autorità francesi che il trattamento inflitto agli “imputati del Tarnac” [*] ricordava molto le pratiche poco democratiche del proprio paese.

[Le foto sono tratte dal sito belga A voix autres che ha pubblicato una intervista a membri di Memorial e Sova. In copertina, una manifestazione antifascista a San Pietroburgo.]

NOTE

[1] Dal 30 agosto al 5 settembre, una parte della popolazione di questa cittadina industriale vicina alla Finlandia, si scatena contro gli abitanti “caucasici”, Osseti, Georgiani o Ceceni.

[2] La tournée di maggio è stata organizzata dalla rete No Pasaran, quella di novembre dal collettivo Solidarité Résistance Antifa, con il sostegno di No Pasaran e della fanzine Barricata

[*] Nota del traduttore: nel novembre scorso ha suscitato molto scalpore l’arresto di numerose persone in una retata che ha interessato tutta la Francia – con epicentro nel piccolo villaggio di Tarnac – con l’accusa di essere i responsabili di una serie di sabotaggi alla rete ferroviaria.

Titolo originale: “Antifasciste et russe: un métier à risque
Fonte : www.bastamag.net
Link: http://www.bastamag.net/spip.php?article355
05.01.2009

Scelto e tradotto per Come donchisciotte.org da MATTEO BOVIS

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