Sopra i nostri cadaveri – il discorso di Roger Waters alla marcia contro l’estradizione di Assange

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Trascizione e traduzione del discorso di Roger Waters in occasione della marcia Don’t Extradite Assange March, Londra – 22 febbraio 2020

rogerwaters.com

SIAMO QUI OGGI PER JULIAN ASSANGE.

Ma ho quattro nomi su questo pezzo di carta.

Il primo e l’ultimo naturalmente è Julian Assange, un giornalista, un coraggoso faro illuminante in luoghi oscuri da cui le potenze vorrebbero che ci allontanassimo.

Julian Assange. Un nome da scolpire con orgoglio in ogni monumento al progresso umano.

Julian è il motivo per cui siamo qui oggi, ma questa non è una protesta campanilistica. Oggi siamo parte di un movimento globale, un movimento globale che potrebbe essere l’inizio dell’illuminazione globale di cui questo fragile pianeta ha disperatamente bisogno.

Va bene. Secondo nome. Mandatomi dal mio amico VJ Prashad.

Il secondo nome è Aamir Aziz, Aamir è un giovane poeta e attivista di Delhi coinvolto nella lotta contro Modi e la sua legge sulla Cittadinanza, la sua legge razzista.

Tutto sarà ricordato

Uccideteci, diventeremo fantasmi e scriveremo

dei vostri omicidi, con tutte le prove.

Voi scrivete barzellette in tribunale;

Noi scriveremo “giustizia” sui muri.

Parleremo così forte che anche i sordi sentiranno.

Scriveremo così chiaramente che anche i ciechi leggeranno.

Voi scrivete “ingiustizia” sulla terra;

Noi scriveremo “rivoluzione” nel cielo.

Tutto sarà ricordato;

Tutto sarà registrato

Questo riversamento dello spirito umano dall’India avviene in un momento di rivolta, quando le catene della proprietà sono messe da parte.

Mentre ci incontriamo qui a Londra. Dall’altra parte dell’Atlantico, in Argentina, migliaia di donne scendono in strada per chiedere la legalizzazione dell’aborto al presidente Fernández.

Non è solo l’Argentina. Quest’ultimo anno abbiamo visto grandi proteste scoppiare in tutto il mondo contro i regimi neoliberali e fascisti. In Cile, in Libano, in Colombia, in Ecuador, ad Haiti, in Francia e ora, naturalmente, anche in Bolivia, dove si combatte la nuova dittatura militare imposta dagli Stati Uniti…

Quando vedremo il nome dell’Inghilterra in allegato a questa nobile lista? Sento rumore delle teste grattate nei salotti di tutti questi paesi: “Di cosa sta parlando, quell’uomo è un dannato pervertito filocomunista, un dannato antisemita, di cosa sta parlando? Non viviamo in una dittatura, questo è un paese libero, una democrazia, con tutte le migliori tradizioni del fair play, pah!

Bene, ho una notizia per voi: “scontento di Tunbridge Wells” [morailsti conservatori scandalizzati, ndr]. Ci piacerebbe pensare che questo sia un paese libero, ma siamo davvero liberi? Perché quando Julian Assange viene portato sul banco degli imputati nella minuscola corte dei magistrati all’interno della prigione di Belmarsh ci sono così tanti posti occupati da anonimi colletti bianchi americani, che sussurrano istruzioni all’orecchio attento del principale avvocato dell’accusa, James Lewis QC?

Perché?

Perché non viviamo in un paese libero, viviamo in un canile glorificato e abbaiamo e/o scodinzoliamo al comando dei nostri signori e padroni dall’altra parte dell’oceano.

Oggi mi trovo qui, davanti alla Madre dei Parlamenti, e lei è lì che arrossisce in tutto il suo imbarazzo. E proprio qui sopra c’è Runnemede, dove nel 1215 noi, gli inglesi, abbiamo esposto i rudimenti del diritto comune. La Magna Carta, ratificata nel 1297 con l’articolo 29 che ci ha dato l’Habeus Corpus. Oppure no? Diceva:

“Il corpo di un uomo libero non deve essere arrestato, né imprigionato, né messo al bando, né esiliato, né in alcun modo rovinato, né il re deve andare contro di lui o mandarlo con la forza contro di lui, se non per giudizio dei suoi pari o per la legge della terra”.

Purtroppo, l’articolo 29 non è applicabile nel diritto moderno. La Magna Carta è solo un’idea, e in questo mondo moderno guidato dalla propaganda, non prevede alcun controllo di principio per il Parlamento che legifera contro i diritti dei cittadini.

Abbiamo comunque un trattato di estradizione con gli Stati Uniti e nel primo paragrafo dell’articolo 4 di tale trattato si afferma: “L’estradizione non è concessa se il reato per il quale è richiesta l’estradizione è un reato politico”. Julian Assange non ha commesso alcun crimine, ma ha commesso un atto politico. Ha detto la verità al potere. Ha fatto arrabbiare alcuni dei nostri padroni a Washington dicendo la verità e come punizione per l’atto di dire la verità vogliono il suo sangue.

Ieri, davanti alla centrale elettrica di Battersea, ho fatto un’intervista televisiva per SKY news per promuovere questo evento, non c’era nessun collegamento visivo, quindi il mio unico contatto con la signora che mi ha fatto domande è stato tramite un auricolare su un filo riccio. Ho imparato qualcosa sul dire la verità nella formulazione delle sue domande. Mi è venuta addosso come un Don Chisciotte impazzito con tutte le sue domande fitte di sbavature e insinuazioni e le false accuse con cui i potenti hanno cercato di annerire il nome di Julian Assange. Ha fatto scattare una narrazione stanca, ma ben preparata, e poi mi interrompeva costantemente durante le mie risposte. Non so chi sia, può darsi che abbia buone intenzioni. Se lo sapesse, il mio consiglio sarebbe quello di smettere di bere il Kool-aid [credere a tutto ciò che le dicono fino alla morte, ndt] , e se davvero ha un minimo di interesse per la usa professione, muova il suo dispiaciuto culo e si unisca a noi.

Quindi Inghilterra: invito il nostro primo ministro, Boris Johnson, a dichiarare i suoi colori. Sostiene lo spirito della Magna Carta? Crede nella democrazia, nella libertà, nel fair play, nella libertà di parola e soprattutto nella libertà di stampa? Se la risposta a queste domande è sì, allora, suvvia Primo Ministro, sia il Bulldog britannico che vorrebbe far credere a tutti noi. Si opponga alla spacconata dell’egemonia americana, annulli questo processo-spettacolo, questa farsa, questo tribunale canguro. “Le prove davanti alla corte sono incontrovertibili.”  Julian Assange è un uomo innocente. È un giornalista che fa un lavoro molto importante per “noi il popolo”, esponendo i crimini di potenti sociopatici nei corridoi del potere.

Vi chiamo a liberarlo oggi stesso.

Non posso lasciare questa fase senza menzionare Chelsea Manning, che ha fornito parte del materiale che Julian ha pubblicato.

Chelsea è stata chiusa in una prigione federale per un anno in carcere dagli americani per aver rifiutato, a titolo principale, di testimoniare davanti a un gran giurì appositamente convocato per fare di Julian Assange un esempio. Che coraggio. Le stanno anche facendo una multa di 1.000 dollari al giorno. Chelsea è un altro nome da scolpire nell’orgoglio, ho letto le ultime notizie sul tuo caso, sembra che il tuo team legale stia trovando la luce alla fine del tunnel, pregando Dio, speriamo uscirai presto per tornare dai tuoi cari, sei un vero eroe. Lei esemplifica lo spirito da bulldog di cui parlavo poc’anzi.

Anche Daniel Hale

Daniel è un informatore che forse non conoscete ancora. Era in un grande film documentario National Bird, realizzato dalla mia cara amica Sonia Kennebeck. Faceva parte del programma di droni degli Stati Uniti che prendeva di mira gli afghani nel loro paese da un centro di comando mobile a Navada. Quando il suo periodo nell’USAF è finito, il buon cuore di Daniel si rifiutò di eliminare il peso del rimorso che portava e decise molto coraggiosamente di raccontare la sua storia. Da allora l’FBI e la CIA hanno perseguitato Daniel senza pietà e ora è in prigione in attesa di processo. Quello di Daniel è un altro nome da scolpire nell’orgoglio. Chi di noi non ha mai compromesso la propria libertà nella causa della libertà, chi non ha mai preso in mano la fiaccola accesa e l’ha tenuta tremante per i crimini dei suoi superiori, non può che meravigliarsi dello straordinario coraggio di chi l’ha fatto.

Ci sono altri oratori qui, quindi mi farò da parte, potrei stare qui tutto il giorno a inveire contro la morte della luce se non dovessimo stare in piedi come Bulldog, con le braccia legate, i ranghi chiusi davanti al nostro fratello e compagno Julian Assange. E quando i lacchè dell’impero americano verranno a prenderlo, a distruggerlo e ad impiccarlo nella siepe come monito per spaventare i futuri giornalisti, li guarderemo negli occhi e con una sola voce li intoneremo:

“Sopra i nostri cadaveri”.

Roger Waters,  22 febbraio 2020

Fonte: rogerwaters.com

Link: https://rogerwaters.com/assange-london-speech/

Traduzione per ComeDonChicsciotte.org a cura di Riccardo Donat-Cattin

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