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La Redazione

 

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LO SPREAD

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A cura di God
Il 30 Agosto 2007
117 Views
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blankDI LINO ROSSI

Questa espressione
spesso ci sarà capitato di ascoltarla nella fase della trattativa per
un mutuo o per un finanziamento.

“Lo spread
(1)
è una delle
due componenti del tasso di interesse di un mutuo; è un valore stabilito
contrattualmente che rimane fisso nel tempo e che comprende il margine
di guadagno della banca e le varie spese di gestione. Sommata ad uno
specifico tasso di riferimento preso sul mercato, determina il tasso
di interesse applicato al mutuo. Lo spread applicato dalle banche non
è un valore fisso, ma varia a seconda del tipo di mutuo, del cliente,
della durata e delle condizioni di mercato.
Ad esempio: il tasso di interesse applicato ad un mutuo può essere
pari a Euribor + 1%: la prima componente (Euribor) varia nel tempo con
il variare dei tassi di mercato, la seconda (Spread) rimane fissa.”

Questa definizione
è un po’ datata perché non mi risulta che lo spread comprenda “le
varie spese di gestione”.
Di sicuro non tutte le spese vi sono
comprese.

Ma non è questo
il punto.
Da una vivace discussione sul mio recente intervento (2) con gli amici Argo Fedrigo
ed Ettore Affatati del Comitato di Liberazione Monetaria ( www.colimo.org ) è emerso che questa parola (assai
bruttina, a dire il vero) mette in buca il secondo paradigma: quello
dell’inammissibilità della creazione del denaro libero da debito.

Ammettendo
infatti che

  1. i bilanci delle
    banche centrali e non centrali, delle finanziarie, ecc. siano tutti
    perfettamente veritieri,
    (devo ammettere che l’introduzione di questa
    supposizione ha suscitato una incontenibile ilarità pressoché generalizzata,
    rafforzando sensibilmente il nostro sistema immunitario)

  1. gli interessi
    di riferimento, relativi alle monete creditizie, siano tutti “girati”
    allo Stato,
    (idem c.s.)

risulta pur
sempre che la somma corrisposta alla banca per gli interessi non è
mai stata emessa e quindi, per onorare tutte le rate, è sempre necessario
attingere quel denaro da qualcun altro che a sua volta ha fatto ricorso
al credito, oppure a qualcuno già in possesso di quelle risorse.

Ad esempio,
nell’ipotesi di 100% credito:

  • accendo un mutuo
    ventennale da 100.000 €;
  • il tasso di riferimento
    è il 4%;
  • lo spread è il
    2%;
  • la rata sarà di
    716,47 € ;
  • complessivamente
    pago 71.953 €;

ipotizziamo
che i 71.953 € degli interessi vengano così suddivisi:

  1. 47.969 € allo
    Stato (nella super ottimistica ipotesi di cui al punto 2) sopra riportato);
  2. 23.984 € alla
    banca.

La somma 1),
pur non essendo stata emessa per il “mio mutuo”, và allo Stato
(si fa per dire) e quindi posso ritenere che in qualche modo rimanga
a disposizione della società.

La somma 2),
invece, và nel conto economico della banca; una parte, sotto forma
di imposte (supponiamo 9.594 €), andrà allo Stato (si spera), mentre
l’altra (supponiamo 14.390 €) compenserà giustamente la banca, che
ne disporrà a suo piacimento, magari investendola per uno stabilimento
industriale in Cina.

Ipotizziamo
che NON ci sia nessun altro, dopo di me, che si indebita.

Tutto a posto?

NO!

La nostra società
(quella europea) si trova, rispetto alla configurazione precedente al
“mio mutuo” con 14.390 € in meno. La mia operosità è servita
a depauperare la collettività nella quale vivo. Bravo!

Più lavoriamo
più diventiamo poveri; la moneta migra irresistibilmente, non nelle
tasche di chi lavora, bensì in quelle dell’”alta finanza”.

Al di là delle
mie responsabilità per avere acceso il mutuo, del quale mi pento, non
si può non concludere che il sistema
ispirato dal secondo paradigma è matematicamente instabile.

Se anche la
mia banca non avesse portato in Cina quei 14.390 €, ma li avesse investiti
per acquistare un palazzo in Italia, il bilancio complessivo del mio
mutuo sarebbe:

  • io mi sono fatto
    l’autorimessa;
  • la banca si è appropriata
    del palazzo (perché nel frattempo c’è stato qualcun altro che ha avuto
    la mia stessa brillante idea);
  • i 100.000 € del
    mutuo sono spariti (se tutto funziona come dovrebbe funzionare);
  • la parte degli interessi
    percepita dallo Stato in qualche modo viene rimessa in circolo;
  • la moneta a disposizione
    della società non è cambiata (perché abbiamo ipotizzato che nessun
    altro, dopo di me, si è indebitato).

Ovvero succede
che, un po’ alla volta, tutti i beni diventano di proprietà del sistema
finanziario, perché la moneta migra in quella direzione.

Per chi non
ci crede consiglio di andare in una qualsiasi città ed osservare a
chi appartengono i palazzi più prestigiosi.

Avviene la
stessa cosa, dal punto di vista dello spread anche se l’operazione
non è al 100% creditizia. Non stò a ripetere tutti i passaggi con
tutte le numerose varianti.

Si tratta di
una vera e propria catena di santantonio del debito. (3)

Cosa bisogna
fare per non incorrere in questo tragico sistematico inconveniente?

È necessario
che quei 14.390 € (nell’ipotesi tutta da dimostrare che le procedure
funzionino tutte alla perfezione – siamo per altro certi che ciò non
è) vengano immessi nella società senza indebitare nessuno, ritornando
ovviamente al primo paradigma, quello che è inammissibile che il proprietario
della moneta (lo Stato) si indebiti per averla.

Uno Stato ha
tutta la possibilità di modulare la massa monetaria in modo da raggiungere
lo scopo sociale, senza introdurre inflazione e senza indebitarsi. È
ora di imboccare questa strada. La crescente popolarità di Ron Paul
è assai incoraggiante. Se non si romperà questo incantesimo dovremo
rassegnarci, prima o poi, al collasso.

  1. http://www.unicreditbanca.it/ait/glossario/?idc=757
  2. http://www.disinformazione.it/signoraggio5.htm
  3. http://www.michaeljournal.org/LIsola.htm

Lino Rossi
30.08.2007

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