Alexander Dugin incontra Alex Jones di infowars

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FONTE: DEDEFENSA.COM

Certamente è un incontro che a noi sembra uno dei più improbabili nel campo della politica intellettuale: Alexander Dugin (1) considerato spesso come il più grande filosofo russo vivente e come teorico della dottrina geopolitica-spiritualista dell’eurasismo, e Alex Jones, direttore ed animatore tonitruante del sito Infowars.com. In generale nel mondo del blocco BAO (2) tutti gli intellettuali allineati all’ideologia del Sistema, e anche qualcuno – se non parecchi- di quelli che fanno parte del pensiero anti-Sistema, (che hanno di loro stessi la massima considerazione), rabbrividiscono al nome di Alex Jones anche solo per accettare di conoscerlo o di ammettere di conoscerlo. La campagna elettorale USA-2016 ha cambiato questa posizione almeno dal punto di vista della notorietà ufficiale di Jones, particolarmente per questo tipo di intellettuali da salotto.

(Oltre a essere ciò che abbiamo detto, Jones ha una reputazione sulfurea di “complottista”, come si dice, e questo è un filone ampiamente sfruttato dal suo sito Internet. Jones è indubbiamente un personaggio notevole e rumoroso, ha una caratteristica voce rauca, non tratta questi argomenti con i guanti e non sembra intrattenere relazioni particolari con le sottigliezze dell’analisi; d’altra parte è vero che Infowars.com ha una audience fenomenale [circa 20 milioni di lettori/ascoltatori e telespettatori] e altrettanto turbolenta quanto lo è il suo presentatore-animatore. Il sito, con Alex Jones, è stato il promotore principale insieme a Breitbart.News del candidato Donald Trump; l’uno e l’altro restano i principali sostenitori del presidente eletto e Infowars.com resta il più vigile per quanto concerne gli orientamenti del presidente eletto in relazione alle promesse fatte da candidato. l due siti hanno avuto l’onore di essere riconosciuti diciamo “ufficialmente” come protagonisti della comunicazione politica durante la campagna elettorale, e questo segmento della stampa (la stampa anti-Sistema) è diventato un attore diretto importante della vita politica Usa con la nomina a direttore della squadra Trump durante la campagna elettorale, di Steve Bannon, direttore di Breitbart.News e da tre giorni nominato “consigliere strategico” diretto del presidente Trump nella prossima amministrazione. [La nomina ha sollevato una nuova “tempesta mediatica” e una crisi di isteria da parte del mondo progressista del Sistema con delle esagerazioni notevoli da parte loro che già sono super-esagerati, intendendo la esagerata potenza del Sistema]).

L’incontro Dugin-Jones in un certo modo è “Dugin-Trump ” e si tratta effettivamente di un “incontro improbabile”, tanto sembra lontano, sotto il profilo della profondità di pensiero e della sua sottigliezza, il campo intellettuale filosofico nel quale si situa Dugin, rispetto all’ambito in cui troviamo Jones e Trump. Ma l’epoca attuale, per quanto riguarda la vivacità della comunicazione e dal punto di vista psicologico per quanto riguarda i personaggi, è completamente rivoluzionaria. Pertanto gli incontri improbabili in tempi ordinari, non diventano soltanto probabili ma inevitabili e necessari in tempi eccezionali. Nell’area del Sistema si è assolutamente incatenati alla narrazione più falsa che si possa concepire e vi sono quelli che si tappano il naso parlando di Jones e approfittano dell’occasione per screditare o ridicolizzare Dugin accostandolo a Jones, credendo così di sistemarlo per le feste; costoro hanno torto e la maggior parte di loro ha il senso dell’odorato totalmente governato dal puzzo del sistema che è diventato il loro stesso puzzo intellettuale.

Dugin in particolare ha pubblicato due articoli nella sezione francese del sito Katehon.com l’11 novembre e il 14 novembre, che noi pubblichiamo. Ci siamo permessi alcuni interventi sulla forma del testo che riguardano delle imperfezioni di traduzione e abbiamo anche sostituito la parola “mondializzazione” con la parola “globalizzazione” per essere più in sintonia con gli avversari giustamente chiamati “globalisti”; a parer nostro la sostituzione é anche più consona al senso di ciascuna delle due parole in relazione alla situazione di crisi. Il testo dell’ 11 novembre riguarda proprio Alex Jones e Trump e l’intervento del premier nella comunicazione in questa campagna elettorale USA-2016; il secondo testo del 14 novembre (“Donald Trump: “La palude e il fuoco” ) è essenzialmente concettuale. Ci pare che entrambi gli articoli abbiano ciascuno il suo lato interessante ma in ambiti molto diversi; e così procediamo in un modo inusuale per questa Ouverture Libre dividendo in due parti: la prima, quella che state per leggere, riguarda il testo dell’ 11 novembre e la seconda che sarà oggetto di un secondo articolo.

Questo testo dell’ 11 novembre é ditirambico (3), come lo è d’altra parte nell’altro testo il filosofo dell’euroasianesimo. Qui Dugin si mantiene piuttosto politico e interessato alla comunicazione e analizza le condizioni effettive della vittoria di Trump e il suo significato, ancor sempre all’interno dello stesso ambito. Quello che ci sembra dunque notevole, come abbiamo fatto notare prima, è il saluto entusiasta che Dugin ha indirizzato ad Alex Jones e al suo sito. Da una parte ci si potrebbe meravigliare e forse anche rimproverare a Dugin questo entusiasmo, guardando al passato remoto, ovvero al lavoro di Infowars.com durante gli anni nel quale in più di un’occasione questo sito si è lanciato a costruire ipotesi e connessioni a volte svianti se non stravaganti o grotteschi. La critica nei confronti di Dugin è facile ma è senz’altro infondata e si può spiegare l’entusiasmo di Dugin dal fatto che arriva nel bel mezzo dei fatti, ovvero non essendo certamente stato un lettore assiduo di Infowars.com fino ad allora ed essendolo diventato per le elezioni USA-2016, considera quindi soltanto il lavoro enorme fatto da Infowars.com a favore di Trump e bisogna anche tenere conto di quello che Dugin pensa di Trump. E’ un apprezzamento di non grande portata, ma di semplice buon senso, che riduce l’incontro Dugin-Jones a poche cose, se ci si mette dal punto di vista intellettuale a considerare la profondità delle analisi che riguardano le concezioni fondamentali; questa non è una critica né per l’uno né per l’altro, ma è semplicemente constatare l’evidenza.

C’è un’altra dimensione rispetto alla quale si può considerare questo incontro, ed è quella della comunicazione, dove si ritrovano le solite nostre costanti di riferimento “Sistema contro anti-Sistema. E’ la constatazione che la formidabile potenza della crisi che stiamo vivendo riduce le barriere che i diversi punti di vista intellettuali, per non parlare dei livelli intellettuali, alzano in generale tra i protagonisti classici della vita intellettuale; questa potenza formidabile riduce anche le barriere naturali che esistono tra culture molto diverse, tra grandi nazioni lontane, tra lingue così diverse. Un bell’ esempio di universalismo nel vero senso che dovrebbe avere questa parola, cioè riunire i protagonisti di tutto il mondo per una grande causa comune nel rispetto delle loro identità.

Questo vale soprattutto per il punto di vista di Dugin e dei Russi che sono molto più pronti ed aperti sotto quest’aspetto di quanto non siano gli Americani (e non gli americanisti). Questo giudizio dunque deve essere sfumato per la presenza molto più ampia dei punti di riferimento europei antiSistema (Brexit, LePen, Ungheria, movimenti populisti e sovranisti in Europa, eccetera) nella battaglia populista Stati Uniti/Trump e in particolare nella campagna USA-2016, con la presenza di Farage, il Britannico che ha lanciato la Brexit, alla Convention repubblicana di luglio 2016, e poi per gli insistenti inviti di Trump, in varie occasioni della sua campagna elettorale. Anche gli Stati Uniti si sono aperti al Resto del Mondo nonostante il loro esclusivismo e loro isolazionismo costante a questo riguardo; paradossalmente l’osservazione vale soprattutto se non esclusivamente per i populisti e Trump, ufficialmente bruciati come eretici, ovvero come isolazionisti, mentre invece il lato progressista/intellettuale statunitense, così tanto e voluttuosamente globalista, clintoniano fino all’estasi isterica e anti-Trump in misura uguale e contraria, resta più che mai centrato sull’americanismo e totalmente isolato nella sua “bolla eccezionalista.”

L’”incontro” Dugin-Jones di conseguenza costituisce un altro segnale, se non un importante punto di riferimento vista l’importanza della posizione ufficiale e intellettuale di Dugin, all’interno del processo di globalizzazione dell’antiSistema, ovvero della globalizzazione virtuosa che adotta l’universalismo con le sfumature essenziali che si sono dette prima: il rovesciamento mimetico della vera globalizzazione; Sistema che destruttura e dissolve. L’incontro rinforza una lezione di politica e di comunicazione che bisogna tenere costantemente presente nel giudicare la situazione generale della Grande Crisi dell’abbattimento del sistema (e la Crisi è vieppiù grande proprio a causa di questo). Si tratta di constatare che la globalizzazione dell’antiSistema sta accelerando la sua espansione e conseguentemente vengono erosi più in fretta i paradigmi spesso dubbi e completamente artefatti che ci imposero la Guerra fredda e ciò che la precedette, che tendevano a dividere il mondo in zone “ideologizzate” in bianco e nero, e la divisione politica artificiale che ne seguì; il tutto a beneficio del Sistema perché questa divisione permette di alimentare dei grossolani strumenti di comunicazione come la russofobia o la solidarietà transatlantica al solo livello delle élite del Sistema (e questo viene sostituito da una vicinanza antiSistema su una base di uguaglianza in questo caso.)

Questa lezione è chiaramente completata dalla riaffermazione formidabile dell’importanza della comunicazione nel quadro anti-Sistema dove ormai essa interviene in un modo più potente che nel caso del Sistema per la stampa del Sistema (l’aspetto Janus del sistema della comunicazione [ovvero l’ambiguità bifronte della comunicazione, definita “effetto Janus” da dedefensa -N.d.T.] favorisce ogni volta di più il suo aspetto antisistema); questa potenza è ben compresa da Dugin in questo caso secondo un punto di vista “globalizzato” in senso buono, e da molto tempo è interpretata da Alex Jones da un punto di vista che è rimasto molto Americocentrico, ma che integra la dimensione della globalizzazione e mette in secondo piano, indubbiamente senza cancellarle, le differenze dei livelli culturali oppure le differenze di campo culturali per impiegare delle espressioni più neutre, tra protagonisti che sono molto importanti ciascuno nel suo ambito, nella battaglia del Sistema contro l’antiSistema.

Dedefensa.org

LA VITTORIA DI DONALD TRUMP

In questi giorni si fa fatica a discutere seriamente di qualunque argomento che non sia la vittoria magnifica di Donald Trump e la disfatta schiacciante della creatura globalista Hillary Clinton nelle elezioni americane. Questo avvenimento è tanto importante per l’ordine mondiale che è possibile esaminarlo e analizzarlo da differenti punti di vista. Tutto è talmente pieno di significati che non si sa neanche da che parte cominciare.

Per intanto l’arrivo di Trump mette termine decisamente al mondo unipolare. Trump rifiuta risolutamente l’egemonia degli Stati Uniti nelle forme “morbide” come ha auspicato il CFR (4) (Council of Foreign Relations) o “rigide” come invece chiedono i nuovi conservatori. Nel corso di queste elezioni i due principali centri di pensiero globalisti americani raccolti intorno alla candidatura della Clinton sono crollati. Questo significa che il mondo unipolare non solo è liquidato per la pressione di altri paesi, ma dall’interno stesso degli Stati Uniti. I popoli e le nazioni del mondo possono finalmente riprendere fiato. L’espansione della globalizzazione si è fermata nel suo centro. Il mondo multipolare significa che gli Stati Uniti diventano ormai uno dei poli dell’ordine mondiale che ha un grande peso e grande importanza ma che non è unico, e che – aspetto fondamentale – non pretende più di essere unico. E’ verso questo che Putin ci ha portati mettendosi all’avanguardia della lotta per la multipolarità. La data dell’ 8 novembre 2016 è diventata quella della vittoria importantissima della Russia e di Putin personalmente. L’ordine multipolare non ha più alternative e adesso siamo finalmente in grado di creare una nuova architettura mondiale – e non per mezzo della guerra […] Tutto questo è stato portato da Trump. La vittoria di Trump mette in evidenza che oggi vi sono due Stati Uniti: quelli della Clinton e quelli di Trump. Gli Stati Uniti di Trump sono tradizionalisti e conservatori. Sono gli Stati Uniti sani e degni di rispetto. Questa è l’America che ha detto un sonoro no alla mondializzazione e all’espansione del ideologia liberale. Questa è la vera America, l’America del realismo che ha scelto il suo presidente e ha resistito alla falsa propaganda globalista dei media liberali. Questo significa non soltanto una sconfitta completa di tutte le reti e praticamente di tutte le consorterie mediatiche, salvo il Los Angeles Times che aveva predetto la vittoria di Trump a dispetto di tutti gli altri. Significa anche la comparsa di una nuova sfera informatica simboleggiata dal sito Infowars.com di Alex Jones che è diventato una sorgente forte di vera informazione negli Stati Uniti e la cui audience è salita a 20 milioni in pochi giorni, battendo le catene che hanno grandi mezzi economici. E questa non è soltanto una sensazione, è l’affermazione di tutta la potenza della verità.

La verità è importante – sottolineava Alex Jones che esprimeva la posizione della vera America. Quella che ha visto in Trump il suo rappresentante plenipotenziario. Più della metà della popolazione americana non crede che a se stessa e non alla falsa propaganda liberale globalista delle élite transnazionali. E’ una splendida notizia. Con questa America è certamente possibile dialogare. E’ uscita dall’ombra, questa seconda America, e in questo momento i simboli delle sue risorse mediatiche sono il Los Angeles Times e la catena di televisioni via internet di Alex Jones. Alex Jones afferma direttamente: la vittoria di Trump segna l’inizio della Rivoluzione Americana. La gente ha detronizzato l’élite transnazionale. E’ l’alba della lotta per la liberazione nazionale. Le reti del governo mondiale hanno allentato la loro presa alla gola degli Stati Uniti e l’America è ormai nella stessa situazione di tutti gli altri stati all’interno della stessa battaglia – quella delle popolazioni, delle culture e delle tradizioni contro l’ossessiva setta liberale dei globalisti.

Oggigiorno siamo tutti solidali con il popolo americano. Dopo questa scelta, dobbiamo abbandonare l’anti-americanismo brutale che era comunque ragionevole quando gli Stati Uniti erano governati dai globalisti, ma che non è più attuale. Se l’America, come ha promesso Trump, si concentra sui suoi problemi interni e lascia in pace l’umanità non c’è più motivo di odiarla. Dopotutto il problema non è negli Stati Uniti ma nel fatto che le sue Elite imponevano aggressivamente all’umanità dei valori perversi, distruttivi e difformi, mettevano sotto il loro comando alcuni Stati, seminavano il terrore e il caos con la scusa della “democrazia”, versavano oceani di sangue e facevano irruzione negli Stati sovrani. Trump non è affatto in relazione con queste élite. Non ne fa parte. La sua politica verso il resto del mondo sarà diversa.
I liberali europei hanno perso il loro supervisore. Quando telefoneranno piagnucolando per domandare o organizzare una nuova marcia dei “valori” Hollande e Merkel riceveranno una sola risposta, semplice e grossolana, all’americana: “Andate a quel paese! [nel testo : “Fuck you!” N.d.T.] Ancora di più gli ambienti globalisti in Russia – le innumerevoli ONG e gli agenti stranieri – perderanno il loro sostegno. Se volete aiutare l’America di Trump venite negli Stati Uniti a lavorare con costanza ed onestà. Non vi daremo più fondi per denigrare e distruggere cultura e tradizioni.

Contrariamente a Clinton Trump non considera la comunità LGBT, il femminismo e il postmodernismo come l’ultimo grido del Progresso. E’ una malattia. Al massimo si potrebbe elemosinare dagli Stati Uniti un finanziamento per trattare le perversioni. La Fondazione Soros, un’ organizzazione già messa al bando in Russia, apparentemente nel prossimo futuro sarà giudicata estremista anche sul territorio degli Stati Uniti. E tutto grazie a Donald Trump. E a tanti altri fatti.
Adesso ci accuseranno di sovrastimare Trump. Ieri ci prendevano in giro quando predicevamo la sua vittoria. Oggi è venuta la nostra occasione. Si è aperta una finestra di opportunità. Se non riusciamo ad approfittarne adesso, non potremo prendercela che con noi stessi.

Alexander Dugin

Fonte: www.dedefensa.org

Link: http://www.dedefensa.org/article/alexandre-douguine-meets-alex-jones

15.11.2016

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIAKKI49

(1) Aleksandr Gel’evič Dugin (Mosca, 7 gennaio1962 -vivente) è un politologo e filosofo russo. È noto anche al di fuori della Russia per aver teorizzato la fondazione di un “impero euro-asiatico” in grado di contrapporsi agli interessi nord-atlantici[1][2][3]. È stato l’organizzatore e il primo leader del Partito Nazional Bolscevico e, in seguito, di altri partiti di estrema destra (Fronte Nazionale Bolscevico, Partito Eurasia). Il suo programma politico mira all’unificazione di tutti i popoli di lingua russa in un unico paese attraverso lo smembramento territoriale delle repubbliche ex-sovietiche.
(2) BAO: Blocco Americanista-Occidentalista
(3) Ditirambico : Da Wikipedia, l’enciclopedia libera. – Il ditirambo era, nell’antica Grecia, un canto corale in onore del dio Dioniso. [Qui il richiamo viene usato nel senso, acquisito in seguito, di poema celebrativo.- N.d.T.]
(4) CFR : The Council on Foreign Relations (CFR) è un’organizzazione apartitica indipendente di opinionisti e pubblicisti (da Wikipedia)

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