Visite negli ospedali vietate: la realtà disumanizzata delle corsie raccontata da un figlio

L’accesso di familiari e visitatori è ancora considerato pericoloso e, quindi, rimane interdetto. Il racconto di Francesco.

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di Raffaele Varvara
comedonchisciotte.org

In gran parte degli ospedali e delle RSA d’Italia, le porte delle unità operative, rimangono ancora chiuse alle visite dei parenti. L’accesso di familiari e visitatori è ancora considerato pericoloso e, quindi, rimane interdetto. Al momento del ricovero, la persona è letteralmente sottratta agli affetti dei familiari e rinchiusa nella sua camera di degenza; queste limitazioni fanno sì che il paziente sia completamente spersonalizzato, come se privarlo della sua dimensione relazionale fosse un normale prezzo da pagare in cambio di terapie volte alla guarigione, in tempo di post emergenza covid. Questa situazione è insostenibile sia per noi come operatori, sia per i nostri assistiti ed i loro parenti.

A febbraio, la redazione di Comedonchisciotte.org aveva ricevuto e pubblicato la testimonianza del sig. Francesco Cornaglia, avvocato milanese che in questo articolo denunciava il comportamento illegittimo della Direzione Sanitaria del Pio Albergo Trivulzio di Milano che obbligava i parenti dei ricoverati-lungodegenti a un tampone naso-faringeo, come condizione obbligatoria per le visite agli stessi. Abbiamo deciso di risentirlo per capire se a distanza 5 mesi è cambiato qualcosa.

Tu hai rifiutato di sottoporti a questa procedura e per quanto tempo non hai potuto vedere tua mamma? Ci racconti come è andata e come sono stati i rapporti con operatori e dirigenti della struttura?

“Alla fine del mese di ottobre del 2020, con la scusa che i contagi stavano aumentando a livello nazionale – io da sempre sostengo che i tamponi positivi di per sé non significano niente, ma è importante verificare i veri ammalati e curarli – il Pio Albergo Trivulzio ha chiuso la struttura impedendo le visite ai parenti e così sono rimaste sino a fine gennaio 2021. Da febbraio, ha riaperto le visite per una volta al mese, durata 20 minuti, solo a condizione che ci sottoponesse ad un tampone rapido prima di entrare ed aspettando per circa un’ora il risultato. Ho preso un appuntamento per visitare mia madre – vaccinata già con due dosi in data 04/01 e 31/01 – per il giorno 4 di febbraio, ma ho chiesto di parlare con il Direttore Sanitario, dal momento che non avevo nessuna intenzione di sottopormi ad un tampone obbligatorio. Dopo mezz’ora di discussione, a tratti anche accesa, durante la quale gli ho spiegato che io ero sanissimo e che mia madre era già vaccinata completamente, non mi ha consentito la visita. In pari data ho presentato esposto-querela alla Procura della Repubblica di Milano, depositandola presso la Stazione dei Carabinieri competente per territorio e quindi limitrofa a Via Trivulzio. Purtroppo da quel lontano ottobre 2020 io non ho più visto mia madre, poiché le regole del Trivulzio non sono più cambiate!!!”

A febbraio era un caso isolato quello del Pio Albergo Trivulzio, adesso praticamente tutti gli ospedali impongono misure più o meno restrittive per l’accesso di parenti e amici al letto del congiunto durante la sua malattia. Tu sei stato uno dei primi a sporgere una querela alla Procura della Repubblica di Milano. Hai avuto riscontri?

“Incredibilmente la Procura della Repubblica di Milano non si è degnata di rispondere alla mia querela, nel senso che non so se hanno dato corso ad un’indagine per il reato di abuso d’ufficio che avevo ipotizzato ed indicato o se invece hanno proceduto all’archiviazione della querela stessa”.

Gli ospedali dunque sono diventati dei luoghi di detenzione più che di cura. Tu sei anche un avvocato, cosa si dovrebbe fare, secondo te, per riappropriarci di un diritto, quello di tenere la mano del congiunto durante la degenza in ospedale?

“Purtroppo a questa domanda non so dare risposta, perché il comportamento della Procura di Milano è l’emblema di come il pensiero unico su questa pseudo-pandemia sia difficilmente intaccabile. Da tre mesi sto cercando un’altra struttura, con regole meno folli, dove trasferire mia mamma, ma pare che non sia facile neanche questa strada. Consideriamo che a breve anch’io avrò concluso il ciclo vaccinale e ciononostante il Trivulzio continua a pretendere il tampone per gli accessi, con la scusa della “variante indiana”. Siamo alla dittatura e nessuno dice niente!!”

Grazie Francesco per la tua preziosa testimonianza. 

La situazione si aggrava sempre di più. Questa si appresta ad essere la nuova disumanizzante normalità all’interno delle strutture di “cura”; con il connivente consenso degli ordini professionali, in special modo quello degli infermieri, che dovrebbero far rispettare il codice deontologico, si sono spazzati via anni e anni di studi sull’umanizzazione delle cure.

Rinnovo l’appello ai colleghi animati da umanità e buon senso, ad ascoltare questo grido d’ allarme proveniente dalla società civile e di prenderci cura, come noi sappiamo fare, di questo dramma collettivo. Rendiamoci disponibili per un patto con i cittadini: aiutiamoli a difendere un loro diritto facendo obbedienza deontologica. Il comitato “Di Sana e Robusta Costituzione” è al vostro fianco per ascoltare i disagi e intervenire tempestivamente a fermare questa deriva disumanizzante.

 

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