L'ARCHIVIO DEL TERRORE

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Intervista al Dr. Martìn Almada

DI GIORGIO BONGIOVANNI

Dietro la storia di un Paese vi sono spesso delle forze sovranazionali che intervenendo in dati momenti tendono a modificare la naturale evoluzione sia essa di natura politica o economica. Talvolta tali intromissioni sono sfociate in repressioni civili e genocidi di Stato come nel caso dell’America Latina durante gli anni ’70 – ’80 quando il Generale Pinochet era ancora Presidente del Cile. Oggi l’ex graduato deve rispondere di pesanti accuse. Contro di lui pende infatti un procedimento per i fondi milionari che fino al 2002 possedeva su conti segreti degli Stati Uniti. La Corte d’Appello di Santiago dovrà decidere se revocargli l’immunità per questi reati, ma nel frattempo ha già dato via libera al giudizio per i crimini commessi dal dittatore cileno nel quadro del “Piano Condor”, la terribile alleanza delle dittature sudamericane di quel periodo. L’operazione “Condor” consisteva in un coordinamento delle Forze di Polizia di Cile, Argentina, Uruguay, Paraguay, Brasile e Bolivia che, sotto la guida degli Stati Uniti e l’appoggio di reti di repressione europee, svolgevano un’attività di annientamento volto a reprimere gruppi e persone di sinistra. “Operacion Condor”, così era chiamata, conterà alla fine 50 mila morti, 35 mila “desaparecidos”, 40 mila prigionieri tra oppositori, militanti di sinistra, sindacalisti, religiosi, giornalisti e uomini di cultura.
L’inchiesta che ha messo in luce il terribile piano dell’alleanza dittatoriale sudamericana è emersa grazie alla tenacia di un avvocato paraguayano il dr. Martin Almada che dopo aver subito gli orrori della repressione di Stroessner tra il 1974 e il 1977, compresa la perdita di sua moglie, è riuscito ad arrivare a “l’archivo del Terror” custodito ad Asunción capitale del Paraguay.
Nato a Puerto Sastre in nel 1937, l’avvocato Almada fonda e dirige la scuola "Juan Bautista Alberdi" di San Lorenzo. E’anche educatore, sindacalista, scrittore, leader del movimento "Por un techo para cada educador paraguayo" e della “Federación de Educadores”.
Nel 1974 all'Università de La Plata, in Argentina Almada discute la sua tesi di dottorato, dal titolo "Paraguay: Educacion y Dependencia". Il contenuto è una critica al sistema educazionale del suo Paese.
Ritenuto dalle autorità uomo di sinistra viene arrestato dalle Forze Militari coinvolte nell' “Operacion Condor” e condotto ad Asuncìon. La sua scarcerazione arriverà solo tre anni dopo grazie alle pressioni di Amnesty International e a uno sciopero della fame durato trenta giorni. Nel 1978 troverà asilo politico a Panama e poi in Francia.
Il dr. Almada racconta così, ad Antimafia Duemila, la sua storia:
<­<­Negli anni ‘60 – ’70, il governo argentino mi dette una borsa di studio e il dottorato in Scienza dell’Educazione. […] con i colleghi avevamo creato alcune cooperative di docenti e promosso iniziative per le abitazioni degli insegnanti più poveri[…]. Furono fatti come questi insieme alla realizzazione della democrazia nelle aule a farci considerare dei sovversivi. Fui sequestrato il 26 novembre 1974 e portato davanti a un tribunale militare, composto da differenti giurati militari argentini, brasiliani, cileni, uruguayani e paraguayani. Lì, per trenta giorni, si studiò il mio caso con continui interrogatori e torture. Vi era un colonnello cileno che voleva sapere delle mie relazioni con i sovversivi in Cile, poiché avevo studiato Sociologia dell’Educazione in Cile, la stessa cosa accadeva per l’Argentina. Alla fine mi definirono un pericoloso terrorista intellettuale>>. Almada viene allora trasferito in un altro commissariato. Continuano le torture: scariche elettriche, manganellate, frustate con sferze che terminavano con biglie metalliche. Le sue grida vengono registrate e poi fatte ascoltare a sua moglie. Una volta le dicono che suo marito è morto, lei non resiste al dolore e viene così stroncata da un infarto. A lui i militari avevano detto che si era trattato di un suicidio. Nel frattempo in Paraguay dove, a differenza di Argentina, Cile, Bolivia, i torturatori lavoravano a volto scoperto (<­<­conoscevamo le loro facce, i loro nomi>>), Almada incontra un poliziotto, arrestato perché il figlio faceva parte del movimento studentesco argentino.
<­<­Lui conosceva tutto e io volevo sapere due cose: perché mia moglie era morta e perché ero stato interrogato da diversi militari stranieri. Fu allora che per la prima volta sentii parlare dell’operazione “Condor”>>. In quel tempo però tra marzo e aprile del ’75, ufficialmente “el Plan Condor” è ancora in fase embrionale anche se di fatto la repressione era già iniziata.
<­<­Fu allora che venni castigato per cattiva condotta, io sfidavo l’esercito e loro mi mandarono alla “Comisarìa Tercera”>>, un carcere speciale cileno chiamato comunemente “sepolcro de vivos” <­<­perché eravamo vivi ma allo stesso tempo morti perché non esistevamo>>. Il carcere accoglie politici, comunisti, “terroristi”, che stavano lì cinque, dieci, quindici anni…
<­<­Io rimasi lì tre anni – continua l’avvocato – parlai con un argentino che raccontò di essere stato anche lui interrogato in un tribunale militare com’era capitato a me. Mi parlò di un cileno Jorge Fuentes Alarcòn, dirigente del Mir, che fu portato davanti al Tribunale militare dell’organizzazione Condor>>. Da lì l’avvocato Martin Almada viene nuovamente trasferito, questa volta nel campo di concentramento cileno “Emboscada”, dove per la terza volta sente parlare del “Plan Condor”, da quel momento comprende di essere entrato <­<­all’interno del suo ventre>>.
È stato solo dopo uno lungo sciopero della fame e grazie all’intervento di Amnesty International che recupera la sua libertà <­<­era il settembre 1977>>.
La sua attività di testimonianza comincia da qui, quando viene trasferito a Panama.
<­<­Fui contattato dall’Unesco, lavorai anche a Parigi per lo sviluppo educativo dell’America Latina>>.
Da allora Almada si è dedicato anima è corpo alla ricerca della verità sulla morte di sua moglie e sui rapporti del “Piano Condor”.
Cosa volevano ottenere i militari con tutte quelle atroci torture? <­<­Nella mia scuola – spiega Almada – c’era un bilancio dei consumi. Per esempio 5 conf. di zucchero, 5 di biscotti ecc.. . Quando venne la polizia a sequestrarmi invece di scrivere biscotti scrivevano 5 pistole, 5 fucili. Io ho sessantasette anni e fino ad oggi non ho mai preso un arma. Odio i militari, odio le armi.>> Il regime gli aveva costruito due identità: una come avvocato, educatore, sindacalista ecc… l’altra come dirigente del Mir, il regime comunista, un guerrigliero <­<­mi presentarono come un guerrigliero agli Stati Uniti che appoggiavano la dittatura>>.
I quindici anni vissuti tra Panama e la Francia sono stati determinanti per l’investigazione di Almada che, una volta caduta la dittatura di Stroessner nel 1989, ritornato in America Latina per intentare una causa contro i responsabili dei crimini della repressione e per cercare gli archivi segreti del “Piano Condor”: “El archivo del terror”.
<­<­Nel 1992 cambiò la costituzione e fece finalmente la sua comparsa una figura giuridica>>. Martin Almada che non sapeva fino a quel momento il motivo della sua cattura, cercò di sapere di cos’era stato accusato ma la Polizia negò tutto, perfino il suo arresto. Con l’aiuto di una donna, il 22 dicembre 1992 trovò l’archivio del terrore del “Piano Condor” con la documentazione che lo riguardava compresa la spiegazione della morte della moglie. Tal
e documentazione è ora custodita nel palazzo di giustizia di Asunción disponibile all’ottavo piano ai giudici di tutto il mondo che indagano sulla repressione latinoamericana di quegli anni.
Ma in che consisteva realmente il “Piano Condor”? E che legami ha avuto con gli altri governi?
<­<­Il “Piano Condor” – afferma Almada – è un patto criminale istituito dai militari del Cono Sud dell’America Latina, probabilmente per contenere l’avanzamento del comunismo ed ebbe il totale appoggio degli Stati Uniti. Questo piano si adoperava per l’interscambio d’informazioni, di sequestrati e la cattura di prigionieri da qualsiasi posto del mondo, non solamente dall’America Latina. Questa era la globalizzazione del terrorismo di Stato. Un’organizzazione finanziata e assistita anche dagli Stati Uniti d’America. Nell’ “archivio del terrore” è conservata tutta la storia della repressione politica del 1929 in Paraguay, l’assoluzione dei nazisti, la documentazione dei comunisti e dei sovversivi e tutto il rapporto del “Piano condor” a livello internazionale>>. Documenti che appartengono alla storia dell’umanità tenuti nascosti dalle ragioni di stato dei governi che si sono succeduti negli anni.
Ma secondo Almada non è tutto. Sostiene infatti che vi siano ragioni di pensare che esistono altri archivi nascosti in altri Stati del Sudamerica relativi a questi e altri reati. Per esempio il Governo paraguayano oltre ad esercitare una spietata politica di repressione, proteggeva i nazisti in cerca di rifugio. Inoltre, per la sua posizione geografica, il Paese rappresentava un luogo tranquillo per far transitare armamenti diretti e provenienti da Iran e Sud Africa. Come se non bastasse le indagini successivamente svolte hanno scoperchiato un’incredibile compravendita di passaporti paraguayani che la Polizia stessa avrebbe fornito, in apparente contraddizione, a persone della sinistra stessa perfino alle Brigate Rosse italiane coinvolte nell’omicidio Moro. Non è un mistero, secondo quanto sostengono gli inquirenti impegnati nelle indagini, che il capo del commando brigatista che eliminò il primo ministro italiano, Moretti, avesse legami con Servizi Segreti americani.
A questo proposito Almada ha fornito un elemento particolare e interessante: <­<­Avevo un amico, un certo Guillermo Correa Martìnez, dirigente del Movimento Popolare Colorado che viveva in Brasile. In quel periodo io stavo scrivendo un libro sulle testimonianze della dittatura e lui mi raccontò di aver dato un passaporto paraguayano al responsabile delle Brigate Rosse. Aveva accettato di inserire la sua storia nel mio libro, ma dopo sei mesi trovarono il suo cadavere ad Asuncìon. Lo avevano ammazzato. Lui conosceva la storia di Moro e stava indagando privatamente, cosa che anch’io stavo facendo perché mi sembrava che molte cose non quadrassero. Io lo ascoltavo, prendevo nota e andavo nell’archivio per cercare riscontri. Facendo una prima analisi sembrava ci fosse solo il problema di una Polizia corrotta che chiedeva denaro in cambio di passaporti paraguayani ma in due casi le cose si mostravano differenti.

Insieme a Guillermo Correa Martìnez, Almada stava tentando di ricostruire il grande puzzle del “Piano Condor”. Martinez conosceva le doppie identità di molti personaggi. <­<­Mi diceva questo è un agente con una doppia vita, quello era in Brasile ecc… . Attraverso di lui venivo a conoscenza di tante cose. Poi la sua morte, probabilmente voluta dallo stesso “Piano Condor”. Mi dissero che si trattava di un delitto passionale>>. L’inchiesta del dr.Almada, nonostante la morte del suo amico, procede con grandi speranze e con l’aiuto di tanti, tantissimi testimoni e vittime della dittatura ma con il rammarico di chi non viene sostenuto sufficientemente dalle autorità dello Stato.
Il governo del Paraguay infatti, a suo parere, non ha finora attuato una politica incisiva sul perseguimento dei responsabili di quella terribile e disumana repressione. Il Presidente, <­<­troppo giovane e inesperto>> secondo Almada, non sarebbe stato capace di ripulire il Paese dalla corruzione e questo perché intorno a lui ci sarebbero ancora personaggi abbietti, reduci dal vecchio sistema dittatoriale corrotto.
Nonostante dall’agosto 2004 è stata istituita in Paraguay una commissione nazionale per indagare sugli orrori della dittatura, affiancata dall’organizzazione dell’avvocato, la politica del suo presidente non avrebbe finora promosso con fondi e mezzi tale organo causandone l’insuccesso.
Oggi il dr. Almada, a capo della sua fondazione che prende il nome di sua moglie Celestina Perez de Almada, lavora e promuove con l’appoggio economico dell’Italia e della Svezia la tutela dei diritti umani ed inoltre, in cooperazione con Olanda, Canada e Svizzera si occupa della realizzazione di una fonte di energia alternativa: quella solare. Un energia capace di far funzionare le grandi industrie e risolvere il grande problema mondiale derivato dal petrolio <­<­ma – conclude Almada – queste multinazionali sono composte da gente corrotta, con poteri incontrollabili, che controllano i governi e che non hanno vincoli di nazionalità. Poteri che fabbricano le guerre>>.


Giorgio Bomgiovanni
Fonte:www.antimafiaduemila.com/
20.12.04

*con la collaborazione
di Georges Almendras
e Omar Cristaldo

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