LA RIBELLIONE DEL PORTOGALLO FRANTUMA IL COMPIACIMENTO POLITICO DELL’EUROZONA

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DI AMBROSE EVANS PRITCHARD

telegraph.co.uk

Bruxelles deve affrontare una seconda rivolta anti-austerità. La sinistra portoghese strappa il copione e chiede il diritto di governare. La rivolta anti-austerità portoghese è un assaggio di quello che potrà accadere in tutta una serie di paesi-membri dell’Unione Monetaria, quando l’espansione economica globale alzerà bandiera bianca. Non c’è stato, in effetti, alcun riequilibrio durevole dell’economia.

La mina a scoppio ritardato costituita dalle politiche debito-deflazione dell’Eurozona ha fatto esplodere un secondo paese [http://www.telegraph.co.uk/finance/economics/11616002/Europe-faces-second-revolt-as-Portugals-ascendant-Socialists-spurn-austerity.htm]. Il Portogallo ha aderito alla rivolta contro l’austerità.

La traballante impalcatura della disciplina di bilancio e della sorveglianza economica imposta all’Europa Meridionale dalla Germania sta cadendo a pezzi sul suo fronte più vulnerabile.

Antonio Costa, leader socialista del Portogallo e figlio di un poeta di Goa [piccolo stato indiano], si è rifiutato di effettuare ulteriori tagli ai salari dei dipendenti pubblici e di aderire docilmente ad una ‘coalizione di destra’ posta sotto il tallone dell’ormai defunta ‘troika’.

Contro tutte le ipotesi, egli ha sospeso la storica faida fra il suo partito e i ‘comunisti portoghesi’ mettendo insieme una triplice alleanza con il ‘blocco di sinistra’. L’alleanza ha rivendicato il suo diritto a governare il paese visto che raggiunge la maggioranza assoluta nel Parlamento Portoghese.

Il verdetto dei mercati è arrivato molto velocemente. “Saremmo molto riluttanti a investire nel debito portoghese”, ha dichiarato [un esponente della] Rabobank, descrivendo la piega che hanno preso gli eventi come una ‘scossa politica’.

Il Presidente del Portogallo ha il potere costituzionale di rinominare la ‘vecchia guardia’ – e, in effetti, potrebbe anche farlo nei prossimi giorni – ma questa decisione consegnerebbe il paese all’ingovernabilità: sarebbe un’iniziativa veramente pericolosa per una giovane democrazia, visto il ricordo ancora relativamente fresco della dittatura di Salazar.

“La maggior parte del popolo portoghese non ha votato per la coalizione attualmente al governo. I portoghesi vogliono un cambiamento”, ha sostenuto Miriam Costa dall’Università di Lisbona.

Joseph Daul, leader del ‘blocco conservatore’ al Parlamento Europeo, ha avvertito che il Portogallo dovrà ora affrontare sei mesi di caos e rischia di seguire la stessa via della Grecia.

Gli alleati di ‘sinistra-radicale’ del Sig. Costa sono entrambi favorevoli a un ritorno all’’escudo’. Hanno concluso che le tormentate acrobazie della Grecia di Alexis Tspiras dimostrano senza ombra di dubbio che è impossibile perseguire una politica economica sovrana restando entro i limiti della moneta unica.

Il leader comunista Jeronimo de Sousa ha chiesto la ‘dissoluzione dell’Unione Monetaria’ per il bene di tutti, prima che faccia altri danni alla base produttiva dell’economia europea.

Il suo partito chiede la cancellazione del 50pc del debito pubblico portoghese e un taglio del 75pc sul pagamento degli interessi, mirando a strappare il ‘Trattato di Lisbona’ e il ‘Fiscal Compact’. Vuole nazionalizzare le banche, invertire la privatizzazione del sistema dei trasporti, dell’energia e dei telefoni e prendere in consegna il ‘vertice dell’economia’.

Catarina Martins – leader del ‘blocco di sinistra’ – è più sfumata, ma sostiene che se il popolo portoghese dovesse trovarsi a scegliere tra la dignità e l’euro, a prevalere dovrebbe essere la dignità: “Ogni paese che si rifiuta di obbedire a Wolfgang Schäuble deve essere pronto a vedere la chiusura delle sue banche effettuata dalla Banca Centrale Europea”.

La Sig.ra Martins ha sicuramente ragione. La lezione che si può trarre dal dramma greco è che la BCE è il ‘sicario politico’ dell’Unione Monetaria, disposta a mettere in ginocchio i ribelli ‘staccando la spina’ al sistema bancario del loro paese.

Questi due partiti [che compongono il ‘Blocco di Sinistra’] si sono per ora sottomessi alla ‘pietà dell’Eurozona’, accettando di rispettare, ma molto vagamente, le regole di bilancio dell’UEM. Questa adesione di facciata, però, è priva di significato.

Il Fiscal Compact dell’UE prevede che il Portogallo riduca il proprio debito pubblico dal 127pc al 60pc del Pil in 20 anni, sotto pena di sanzioni, con tagli paralleli in Italia, Spagna, Francia e Belgio che si alimenteranno vicendevolmente, intrappolando l’Unione Monetaria in un vortice di recessione per tutta un’altra generazione.

Per il Portogallo tutto questo comporterebbe un ‘avanzo primario di bilancio’ di portata tale da non essere assolutamente compatibile con l’’agenda economica’ della sinistra.

Le proposte di Antonio Costa – di poco più moderate – lo hanno messo in rotta di collisione con la Commissione Europea. Egli ha promesso di ‘voltare pagina sull’austerità’, di invertire i tagli della ‘troika’, di mitigare la riforma del lavoro, di rivedere le privatizzazioni del trasporto pubblico e delle opere idriche, lanciando infine un pacchetto di reflazione pari a 55 punti di Pil, volto soprattutto all’assistenza sanitaria e all’istruzione.

Il ribaltone in Portogallo ha colto le élites europee alla sprovvista. L’Eurozona sta vivendo un rimbalzo ciclico, guidato dalla felice combinazione di energia a basso costo, euro a buon mercato e credito a tassi molto bassi. Il Quantitative Easing della BCE ha sommerso il sistema di liquidità anche se, a dire il vero, l’Europa ha tutt’ora un piede nella deflazione.

I leaders europei pensavano che la crisi fosse finita arrivando a credere persino alla loro stessa propaganda, ovvero che il Portogallo fosse avviato sulla strada della sicurezza [di bilancio] e che si sarebbe strettamente attenuto alle condizioni della ‘troika’. Ma questo è sempre stato un pio desiderio [ovvero impossibili da attuare].

William Buiter, economista-capo del Citigroup, ha detto che il Portogallo ha molte delle ‘patologie economiche’ della Grecia, con gli ‘indici d’indebitamento’ già al di là del ‘punto di non ritorno’. Una nuova crisi di solvibilità sarà pressoché inevitabile in occasione della prossima recessione.

La combinazione fra debito pubblico e privato del Portogallo è al 370pc del Pil. E’ un livello che pone il paese al secondo posto fra tutti quelli del mondo sviluppato, subito dopo il Giappone. Ma quest’ultimo è un creditore internazionale, mentre il Portogallo ha passività nette sull’estero pari al 215pc del Pil. “È necessaria una soluzione sistemica al problema dell’eccessiva leva finanziaria”, ha spiegato il Fondo Monetario Internazionale.

Il FMI ha lodato le esportazioni ‘miracolose’ del Portogallo, ma ha avvertito al contempo che i guadagni devono essere utilizzati in modo restrittivo. Nonostante le esportazioni portoghesi siano passate, dal 2010, dal 30pc al 40pc del Pil, non ci sono stati altrettanti progressi nel ‘valore aggiunto nazionale’ [generato dalle stesse], che è quello che importa per la competitività: “Non c’è stato un riequilibrio duraturo dell’economia e il settore non-tradable è ancora dominante” [non-tradable: beni e servizi che non possono essere venduti in luoghi distanti da quelli in cui vengono prodotti].

Ed ha aggiunto: “Il Portogallo dovrà affrontare una sfida molto acuta per poter crescere. Nel corso dell’ultimo mezzo secolo la crescita della produttività è diminuita. La popolazione in età lavorativa del Portogallo diminuirà, mentre il ‘capital stock’ del paese andrà a contrarsi per l’insufficienza degli investimenti”.

E’ proprio questo mix costituito dall’‘alto debito’ e dalla cronica ‘bassa crescita’ ad essere così tossico, e sarà ulteriormente aggravato dalle forze deflazionistiche che stanno avvelenando le dinamiche del debito.

Il FMI dice che l’unico modo sicuro per sfuggire alla ‘trappola della stagnazione’, nel rispetto dei limiti dell’Unione Monetaria, è che ci sia un autentico scoppio di radicali riforme di mercato. Tuttavia, le importanti riforme che sono state avviate negli anni passati sono pervenute ad una fase di ‘stallo’. Ora sembrano essere del tutto inefficaci.

La rivolta anti-austerità che sta avendo luogo in Portogallo è un assaggio di quello che potrà accadere in tutta una serie di paesi-membri dell’Unione Monetaria, quando l’espansione economica globale si fermerà. Evento che avrà luogo nel giro di un paio d’anni, guardando ai modelli storici.

I danni sociali e politici causati dall’auto-inflitta recessione dell’Eurozona, nel periodo 2008-2014, sono ancora in fase di fermentazione: un’atmosfera decisamente infiammabile se l’UE fosse presto colpita da una nuova crisi.

Da qualsiasi punto vogliamo guardarla, l’Eurozona è in condizioni peggiori di quanto non lo fosse prima della crisi Lehman. I livelli del debito sono di 35 punti percentuali di Pil più elevati, mentre il livello della disoccupazione è bloccato all’11pc. La credibilità della leadership dell’Eurozona è a brandelli.

Potenti forze populiste sono in attesa dietro le quinte di Spagna, Italia e Francia. Gli eventi in Portogallo hanno dimostrato che ogni elezione nel Sud Europa è ormai da considerarsi come un evento ‘a rischio’. I nodi politici stanno venendo al pettine, e il tempo sta per scadere.

Ambrose Evans-Pritchard

Fonte: www.telegraph.co.uk

Link: http://www.telegraph.co.uk/finance/economics/11946412/Defiant-Portugal-shatters-the-eurozones-political-complacency.html

21.10.2015

Scelto e tradotto da FRANCO per www.comedonchisciotte.org

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